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73: Il Re d’Israele

Luca 19:28-48

La gente aveva voluto proclamare Cristo loro re più di una volta. Ogni volta Gesù li aveva elusi. Questa volta accettò volentieri la loro lode. Il preludio a tutto questo era già avvenuto durante il suo viaggio attraverso Gerico. Gesù doveva essere rivelato come Re d’Israele. Questa è la proclamazione della sua vittoria su tutti i bisogni della vita.

L’ingresso a Gerusalemme si colloca ancora tra la realtà e le ombre. Dal lato della realtà, Cristo è il compimento della profezia che era presente simbolicamente nella processione dei re d’Israele e dell’arca del patto al monte del Signore. Dall’altro lato, il suo ingresso è ancora un’ombra: gli osanna della folla erano ancora in gran misura falsi e tuttavia in essi egli udì la lode che gli sarebbe stata offerta dei suoi eternamente. Pertanto l’ingresso di Cristo è una profezia della sua ascensione al trono celeste in mezzo ai cantici di lode degli angeli e, inoltre, è una profezia del suo ingresso per il suo Spirito nei cuori di tutti i suoi e della sua venuta nella gloria del suo Regno al suo ritorno.

Luca ci racconta che fece il suo ingresso a Gerusalemme piangendo. Che la Gerusalemme delle ombre  sarebbe stata rimpiazzata dal servizio di Dio in spirito e verità non era in sé motivo di tristezza. Ma Gerusalemme sarebbe stata distrutta, sarebbe venuta in giudizio a causa dei suoi peccati, in particolare il peccati di glorificare se stessa. Gerusalemme è dipinta come una città della carne. Ma Gesù entrò a Gerusalemme per riconciliare i peccati che avrebbe preso su di sé. Con ciò ripristinò il vero servizio di Dio.

La purificazione del tempio è in relazione con questo. Anche questa è una profezia della restaurazione del vero servizio di Dio. Il tempio, dunque, rappresenta non solo i nostri cuori, o la chiesa, ma il mondo intero. Cristo farà diventare nuovamente l’intera creazione un tempio di Dio.

          Concetto principale: Cristo si rivela quale Re d’Israele.

          Tra cantici di lode di Israele. Gesù si stava avvicinando a Gerusalemme. Era domenica mattina e lui era pronto a fare il suo ingresso nella città. Le strade erano trafficate perché perché erano i giorni che precedevano la Pasqua e folle di pellegrini stavano entrando in città. Tra questi un gran numero che veniva dalla Galilea e che conosceva lui e i suoi miracoli. Anche l’ultimo miracolo fatto a Gerico aveva alimentato grande entusiasmo. C’era un sacco di attesa per quello che avrebbe fatto e ciò che sarebbe avvenuto di Lui.

Gesù sapeva che questo era il suo ultimo viaggio a Gerusalemme e che ora stava entrando in città per soffrirvi. Prima che avvenisse volle rivelare a Israele chi era. Sebbene le folle e perfino i suoi discepoli ne avessero una nozione sbagliata era comunque il Re d’Israele. La gente doveva ora vederlo rivendicare per sé quell’onore benché la via al suo trono sarebbe stata interamente diversa da come la immaginavano.

Così, quando furono vicini al  Monte degli Ulivi al villaggio di Betfage, ordinò a due dei suoi discepoli di entrare nel villaggio e prendere un puledro d’asina che avrebbero visto legato sul lato della strada. Lo Spirito di Dio lo  aveva illuminato e perciò sapeva queste cose. Se qualcuno avesse loro chiesto perché lo prendevano dovevano rispondere che il Signore ne aveva bisogno e sarebbe stato dato loro immediatamente. È evidente che anche il proprietario del puledro confessasse Gesù come il Cristo. I discepoli trovarono ogni cosa come Gesù aveva detto e gli portarono il puledro.

Ora i discepoli compresero cosa esattamente stesse facendo. Da così tanto tempo avevano voluto che si rivelasse come re. Ora era lui stesso che li incoraggiava in quel desiderio. Lo voleva anche lui benché in modo diverso dal loro. Gettarono i loro mantelli sul puledro e vi fecero montare Gesù. Poi distesero i loro mantelli per terra perché lui vi passasse sopra. A quel punto uno shock attraversò la folla. Videro ciò che stava accadendo e compresero che ora si sarebbe fatto proclamare Re. Anche la folla cominciò a distendere per terra i mantelli o rami tagliati dagli alberi ai lati della strada, lodando Dio per tutte le opere potenti che avevano visto e gridando: “benedetto sia il Re che viene nel nome del Signore! Pace in cielo e gloria nei luoghi altissimi!”. Fu come se riprendessero dalle lodi che gli angeli avevano cantato alla sua nascita. Il nome di Dio sarebbe stato lodato nei cieli altissimi e ci sarebbe stata pace con Dio per il suo popolo perché il Re che era stato dato da Dio era venuto. Davide e Salomone, e tutti i redentori del popolo  erano stati solo figure di Lui del Vecchio Testamento.

Infatti il Signore l’aveva intesa proprio in questo modo Qui c’era il compimento di tutte le promesse nella storia del Vecchio Testamento. Ora il vero Re stava venendo. E tuttavia questo non era ancora l’effettivo compimento. Molti nella folla non lo conoscevano veramente. Le loro grida di gioia erano solo eccitazione per le sue opere potenti, non un riconoscimento in fede del Redentore. Eppure permise tutto questo giubilo. Per Lui era una profezia di tutto il giubilo che lo avrebbe circondato alla sua ascensione e di quando lungo i secoli sarebbe sceso a dimorare nei cuori dei suoi per il suo Spirito: sarebbe ritornato in gloria. Lungo in secoli c’è ora una festosa processione che circonda Cristo. Siamo in quella folla a urlare la nostra gioia?

          Gerusalemme, Gerusalemme! Non tutti si unirono alla lode. Alcuni erano inaspriti e stettero zitti. Erano i farisei. Avrebbe ancora usurpato il loro dominio? Se il suo Regno, il Regno della grazia fosse venuto, sarebbe stata la fine del loro. Vollero ancora provare a prevenire tutto questo rifacendosi al suo precedente fastidio con le lodi delle folle. Gli chiesero pertanto di rimproverare i suoi discepoli. Ma il momento voluto dal padre era giunto, ora doveva accadere. Perciò rispose che se i discepoli fossero stati zitti  avrebbero gridato le pietre. Le lodi di tutta la terra dovevano essergli portate dalle labbra degli uomini.

Riflessa nella richiesta dei farisei c’era l’ostilità di Gerusalemme. Quando era giunto in prossimità della città Gesù aveva pianto su di essa. Le sue lacrime caddero sul puledro. Gerusalemme non vide la propria vera salvezza. Ci sarebbe stata pace per lei solo mediante la fede nella grazia di Dio. Ora si gloriava in se stessa e rigettava il Signore e il suo patto di grazia. Il giudizio sarebbe venuto inevitabilmente. La città sarebbe stata assediata e conquistata e i suoi abitanti trucidati; sarebbe stata livellata. Non l’aveva Dio visitata ancora una volta con la sua grazia? Ma la città non aveva voluto riconoscerLo.

Questo fu il suo lamento. Anche questo ingresso fu una sofferenza per lui. Ma con ciò prese su di sé la colpa del peccato per espiarlo. Con la sua espiazione avrebbe ricevuto l’autorità per creare un diverso tipo di vita, una vita in cui gli uomini potevano realmente servire il Signore e cercare la sua grazia. Quello era lo scopo della sua venuta e quello era ciò che desiderava mostrare al popolo durante quei giorni a Gerusalemme.

          La santità della casa del Signore. Quando fu entrato nel cortile interno del tempio, il cortile dei gentili, vide alcuni cambiamonete e alcuni mercanti che vendevano animali per i sacrifici. I cambiamonete dovevano, in effetti, essere vicini al tempio, perché le offerte potevano essere fatte solo in un certo conio. E anche quelli che vendevano animali per i sacrifici o colombe per i sacrifici dei poveri dovevano essere vicini. Ma che facessero i loro affari nel cortile del tempio dimostrava che non gliene importava niente della santità del Signore che si rivelava lì. Importava loro soltanto dei loro interessi: si preoccupavano solo per sé. Quello era il risultato del servizio della giustizia autonoma. In quel servizio ognuno badava a se stesso. Queste persone non si interessavano di Dio o rivolgevano un solo pensiero alla  santità della sua grazia.

In santa ira Signore Gesù Cristo li cacciò a sferzate. Mise fuori i venditori e rovesciò le tavole dei cambiamonete. Era zelante per la casa del Signore. Avrebbe dovuto essere una casa di preghiera ma era stata trasformata in un covo di assassini. Perché quando gli uomini pensano solo a se stessi, la vera vita, quella che cerca Dio, è messa a morte. Lì si erse come Re d’Israele, e nessuno osò resistergli.

Questo zelo di Cristo è ancora all’opera. Vuole restaurare i nostri cuori insieme con tutta la vita a un tempio santo (vedi Vol. I, p. ????; Vil. II, pp. ????).  facendo espiazione per i nostri peccati ottenne dal Padre autorità per farlo. Egli non tollera che non si sia santi. È sua volontà che tutta la vita sia dedicata a Dio. Un giorno purificherà tutta la creazione. Riconosciamolo , per fede, nella sua autorità! Allora purificherà anche la nostra vita.


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