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58: Si è caricato i nostri dolori

Luca 7:11-17

La resurrezione del giovane di Nain avvenne in circostanze diverse da quella della figlia di Iairo in quanto questa fu fatta non in presenza di solo alcune persone ma su una pubblica strada. Non ci fu nessun desiderio di provocare del sensazionalismo da parte di Gesù; fu un caso di genuina empatia col dolore di questa vedova. “Una grande folla della città era con lei”. Il Signore Gesù entrò in quella sofferenza. Nelle parole del profeta Isaia: “Si era caricato dei nostri dolori” (53:4).

Inoltre, la reazione della folla dopo il miracolo fu più genuina che in altre occasioni. La folla fu presa da timore e tutti glorificavano Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi” e “Dio ha visitato il suo popolo”. Specialmente in quest’ultima testimonianza c’era un grato riconoscimento della fedeltà di Dio nel suo patto.

          Concetto principale: Cristo porta i nostri dolori.

          Il taglio dei legami. Il Signore Gesù stava di nuovo attraversando la Galilea. Con lui c’erano molti dei suoi discepoli e lo seguiva anche una grande folla. Stavano per entrare in una città chiamata Nain. Dalla città stava uscendo verso di loro un funerale. La folla del funerale era eccezionalmente grande perché la perdita che piangevano era veramente grande. Una vedova aveva perso il suo unico figlio, il suo unico sostegno e speranza. L’intera città  soffriva per lei.

La vita è così. Anche i legami più profondi della vita non sono immuni dalla morte. Perché questo giovane non poteva essere risparmiato? Poteva ancora aver fatto molto per sua madre. E come sarebbe stata ora la vita di sua madre senza suo figlio? La morte è così crudele. Nondimeno, essa è il risultato del nostro peccato. Non dobbiamo quindi ergerci in ribellione contro Dio ma cercare di comprendere il peso della colpa di cui ci siamo caricati con i nostri peccati.

Nella sua grande perdita, la sola consolazione della vedova era la compassione della folla. La compassione umana è una delle benedizioni di Dio: ci permette di condividere il dolore di un altro. Permetteva alla folla di condividere il dolore della madre che stava seguendo il feretro di suo figlio.

          Mosso a compassione. Tuttavia, la simpatia della gente è solo un tenue conforto. Non può mai entrare pienamente non nostro dolore né lo può eliminare. Ma col Signore Gesù è diverso. Non appena incrociò la processione e seppe che grande perdita era stata sofferta, fu mosso a compassione per questa donna. Lui sapeva molto meglio di chiunque di noi le conseguenze del peccato ed era in grado di assumere quel peso su di sé completamente. Lo faceva del continuo. Poteva portare la croce del nostro dolore perché aveva assunto su di sé  la causa del nostro dolore, vale a dire il nostro peccato e per esso avrebbe fatto espiazione.

Significa molto. Per fede possiamo sapere che c’è qualcuno che condivide i  nostri pesi e ne sente totalmente il peso. Non siamo soli nel soffrire. Nella sua opera di mediatore Gesù prende su di sé il nostro giogo. Questo spiega anche l’empatia che troviamo tra i nostri simili. Gesù ha dato agli uomini qualcosa del suo spirito compassionevole. L’imperfetta empatia che troviamo nei nostri simili convince il credente della perfetta empatia di Gesù. A lui possiamo confidarci completamente. Come sarebbe stato invece se fossimo stati lasciati soli nel dolore?

          Il dolore viene eliminato. Eppure Gesù fa più che meramente simpatizzare col nostro dolore: può perfino eliminarlo. Un giorno farà proprio questo. Ripristinerà tutti i legami che sono stati santificati in lui. Un giorno, quando ripristinerà il suo popolo nel suo glorioso regno sulla nuova terra, asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi. Allora vedremo che i nostri legami sulla terra non erano solo temporanei e insignificanti ma scopriremo il loro significato santificato e glorificato.

Gesù volle dimostrare che restaura e salva i legami che ci sono tra persone. Disse alla madre di non piangere e pose la sua mano sul feretro. I portatori  si fermarono e Gesù disse: “Giovinetto, io ti dico, alzati”. E il morto si sedette sulla portantina e si mise a parlare. Allora Gesù lo consegnò a sua madre: ripristinò il legame che era stato rotto.

Poteva farlo perché avrebbe espiato il peccato e in quel modo vinto la morte, la conseguenza del peccato. Se quella madre e suo figlio lo hanno riconosciuto come il Redentore, il ripristino alla vita non sarà stato solo temporaneo. Avranno servito il Signore lungo tutta la loro vita. La restaurazione della vita qui sarebbe stata seguita da una restaurazione eterna. Questo è ciò che Gesù profetizzò nel resuscitare il figlio unico di questa vedova. In Lui noi possiamo significare qualcosa l’uno per l’altro. Quel legame rimarrà perché un giorno lo ritroveremo. Allora tutto ciò che nella nostra relazione è peccaminoso sarà eliminato. Allora possiamo dimenticare peccato e imperfezione perché Dio lo getta nel mare dell’oblio.

          Dio ha visitato il suo popolo. La folla fu presa da timore e glorificava Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto fra noi” e: “Dio ha visitato il suo popolo”. Non sorprende che le gente fosse impaurita. Avevano visto la rivelazione della gloria di Dio — la gloria della sua grazia che conquistava il peccato e la morte. Perciò non fu un timore timido da parte della folla ma un timore che la spingeva a glorificare Dio.

La fede stava operando tra la gente, magari non in tutti, e non in totale chiarezza, tuttavia molti occhi furono aperti. La gente pensò del Signore e del suo patto. Dissero che il Signore stava visitando il suo popolo, li cercava nella sua grazia, come ai vecchi tempi. Credevano che Gesù fosse un profeta mandato da Dio per avvertirli che la grazia di Dio era vicina, confermando le sue parole con potenti segni come questo.

Veramente Gesù rivelò che Dio ci ha visitati con la sua grazia e ci ha dato il suo Spirito nel quale è sempre vicino a noi. Cercate l’Eterno mentre lo si può trovare, invocatelo mentre è vicino!


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