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52: La consolazione di Israele

Luca 2:21-39

La presentazione di Gesù nel tempio deve essere avvenuta prima che i Magi d’oriente fossero arrivati a Gerusalemme. Dopo la loro venuta Gerusalemme non sarebbe stata sicura per il neonato.

Per mezzo di Simeone e Anna, la sua presentazione divenne di dominio pubblico nella cerchia di quelli che stavano aspettando consolazione per Israele. Tuttavia, quando arrivarono i Magi nessuno sembrava saperne qualcosa. Com’è evidente che questa cerchia viveva distaccata dalla Gerusalemme ufficiale! Proprio come a Betlemme  (vedi sopra a p. ???), gli anelli di congiunzione si erano spezzati a Gerusalemme.

Più tardi Cristo si rivelò da Nazareth. Luca non ci dice nulla della venuta dei Magi o della fuga in Egitto. Da Gerusalemme Giuseppe e Maria devono essere prima ritornati di nuovo a Betlemme che distava solo otto chilometri.

Cristo nacque sotto la legge (Galati 4:4). La sua circoncisione, come il suo battesimo, fu una profezia del suo patire. Si sottopose a quel patire come Colui che portò i nostri peccati. Che fosse il portatore dei nostri peccati è evidente anche dal fatto che anche sua madre era cerimonialmente impura per la sua nascita (Levitico 12:2). Oltre a ciò, il fatto che avrebbe portato i nostri peccati fu evidente dalla sua presentazione al tempio. Quella presentazione, vi ricorderete, era in relazione alla maledizione di Dio sul peccato del popolo al Sinai, che impediva al primogeniti di essere sacerdoti. La tribù di Levi aveva preso il posto dei primogeniti (vedi Esodo 13:2, 11-15; Numeri 3:11-13; 18:15; Levitico 12). Perfino Cristo partecipò in quella reiezione. Portò i peccati del suo popolo.

Non dobbiamo pensare che Simeone fosse stanco di vivere e volesse morire. Quel desiderio di morire è contrario alle Scritture. Non era caratteristico dei credenti.

Simeone poteva morire perché aveva finalmente visto la salvezza che Dio aveva preparato per tutte le genti; ciò vale a dire che sapeva che per mezzo del Messia sarebbero venute la resurrezione dai morti e la restaurazione della vita davanti a Dio. Perciò poteva deporre la vita per un po’. Di conseguenza, è significativo che abbia usato la parola per Signore che esprime con forza la relazione tra padrone e schiavo. Sapeva che la sua vita apparteneva al Signore e sapeva che attualmente il Signore l’avrebbe restaurata al suo servizio.

In connessione con le parole: “per essere segno di contraddizione”, l’espressione “costui è posto per la caduta e per l’innalzamento di molti in Israele” deve essere compresa in questo senso: per la caduta di alcuni e  l’innalzamento di altri.

Anna, la profetessa, “professava” Dio. Professava  (parlava) qui è usato nel senso di “rispondeva a ciò che Dio le rivelava”. A tutti quelli che stavano aspettando la redenzione che sarebbe avvenuta a Gerusalemme, lei fece conoscere la consolazione di Israele.

          Concetto principale: Il Cristo è rivelato nel tempio come
la consolazione d’Israele.

          Nato sotto la legge. Sebbene Israele si fosse allontanato dall’attesa del Messia, cullando l’aspettativa solo in apparenza mentre di fatto faceva affidamento su di sé, c’erano ancora dei pii giudei che aspettavano con speranza la sua venuta. Una tale cerchia c’era specialmente a Gerusalemme. A quella cerchia Dio volle far sapere che il Salvatore era arrivato. Per la loro consolazione avrebbero dovuto porre le loro speranze su quel bambino. Il Signore usò l’obbedienza alla legge esibita da Giuseppe e Maria per rivelare il Signore Gesù  a questa cerchia in Gerusalemme.

Giuseppe e Maria osservavano la legge fedelmente. Per cominciare, il bambino era stato circonciso a Betlemme nell’ottavo giorno. Come tutti i maschietti in Israele, aveva ricevuto il segno della messa a morte del peccato in lui. Per lui quel segno aveva significato solo perché portava i nostri peccati. Quei peccati sarebbero stati rimossi da lui col suo soffrire sulla croce. Così la sua circoncisione era già una profezia della sua passione sulla croce. Alla sua circoncisione ricevette il nome che l’angelo aveva menzionato: fu chiamato Gesù che significa Salvatore.

Quando aveva un figlio una madre doveva portare un sacrificio di purificazione al tempio di Gerusalemme quaranta giorni dopo il parto. Giuseppe e Maria potevano farlo facilmente perché Betlemme distava da Gerusalemme otto chilometri. E c’era qualcos’altro che doveva avvenire al bambino. Tutto Israele era un popolo di sacerdoti. Era stata intenzione del Signore che ogni primogenito facesse la funzione di sacerdote ma Israele aveva perduto questo onore peccando al Sinai. Al posto di tutto il popolo d’Israele rappresentato nei primogeniti fu quindi chiamata la tribù di Levi.

Tuttavia, ogni primogenito, quando aveva trenta giorni, doveva essere presentato al Signore nel tempio per essere riscattato da questo speciale servizio sacerdotale. Doveva avvenire così anche per il Signore Gesù: anche lui era rigettato dal sacerdozio. In questo portò il vituperio di tutto il suo popolo. Ma con la sua obbedienza avrebbe ottenuto il diritto di offrire se stesso a Dio al posto del suo popolo come sacrificio espiatorio. Con ciò divenne allo stesso tempo sacerdote e agnello sacrificale.

Col suo sacrificio avrebbe compiuto l’intero significato di quel servizio sacerdotale nel tempio. Col suo sacrificio sarebbe venuta la fine di quel servizio e anche della legge delle ombre. Allora il popolo non avrebbe più servito il Signore in ombre o figure che nel tempo del Vecchio Testamento  avevano rappresentato il vero culto (servizio) al Signore. Avrebbe invece avuto il privilegio di servire Dio in spirito e verità. A quel tempo nessuno comprese che il Signore Gesù, perfino da bambino, era comunque sottoposto a tutte quelle leggi che erano ombre per poter liberare il popolo da esse e così portare il popolo al servizio spirituale di Dio. In questo modo il popolo sarebbe passato dalla fanciullezza alla maturità.

Ciò che Simeone vide. Quando Giuseppe e Maria entrarono nel tempio per presentare il loro bambino al Signore, Simeone, uno della cerchia di persone che aspettava la consolazione d’Israele si avvicinò a loro. Lo Spirito santo gli aveva rivelato che quel piccolo bambino era il Redentore. Ispirato dallo Spirito era venuto nel tempio proprio in quel momento. Lo Spirito spesso lo muoveva sicché riceveva illuminazione profetica. Qui c’era ulteriore evidenza che il Signore stava cominciando a parlare di nuovo al suo popolo dopo secoli di silenzio.

Simeone viveva col Signore nel suo patto. Aveva comunione col Signore in preghiera e aveva dimostrato di essere un servo del Signore. Bramava intensamente il compimento della promessa e la grazia di Dio era stata meravigliosamente su di lui: il Signore gli aveva rivelato che avrebbe vissuto fino a vedere quel compimento. Era una consolazione per lui e per tutti quelli che con lui la stavano attendendo.

Oh, il Signore come voleva ravvivare la speranza in quelle persone, la speranza per la venuta del Redentore, in modo che fosse da loro ricevuto con grande gioia! Ma questa promessa fatta a Simeone non penetrò in molti altri. I cuori delle persone erano chiusi alla grazia del Signore nel Redentore e pertanto anche al suo Spirito e alla sua Parola.

Simone ora sperimentò l’apice della sua vita. Lo Spirito gli rivelò che il bimbo era il Redentore. Allora per lo Spirito vide l’intera salvezza, l’intera redenzione, la perfetta beatitudine che sarebbe venuta. Lodò il Signore.

Simeone fu il primo ad affermare chiaramente che questa salvezza non era solo per Israele ma per tutti i popoli. La vita tenebrosa e peccaminosa  dei pagani sarebbe stata illuminata dalla luce della grazia che radiava dal Redentore. Insieme a tutte le nazioni, il vero Israele che credeva nel Redentore avrebbe gioito e sarebbe stato glorificato.

Il cuore di Simeone batteva forte per la gioia! Per mezzo del Redentore un giorno i morti sarebbero risorti. Allora il popolo del Redentore, ora senza peccato, avrebbe avuto il privilegio di servire Dio nella gloria. Poiché vide tutto questo non temeva più la morte. Aveva visto la salvezza di Dio e un giorno, da servo di Dio, lo avrebbe servito in gloria. Ora poteva andarsene in pace e rinunciare alla sua vita per un tempo.

Simeone prese il piccolo nelle sue braccia mentre benedisse il Signore. Nella loro estasi, Giuseppe e Maria furono di nuovo confrontati con una rivelazione dal Signore. Era già stato rivelato loro così tanto e loro stessi avevano già sperimentato gran beatitudine ed estasi. Eppure, quando sperimentarono questo si meravigliarono di nuovo. La salvezza del Signore, se la vediamo, ci sorprende del continuo.

          Un segno di contraddizione. Ma come sarebbe stato ricevuto il Redentore in Israele? Illuminato dallo Spirito del Signore Simeone vide anche quello. Molti avrebbero rigettato Cristo, rinnegando Colui che era un segno e la rivelazione della grazia di Dio. In quel modo sarebbe stato non solo una benedizione e una speranza per Israele; per molti sarebbe stato la loro caduta. Siccome lo avrebbero rigettato, sarebbe diventato per loro una maledizione. Cosa non avrebbe fatto rivelare nella gente: amore, bramosia, fede, ma anche opposizione, incredulità e odio! Per mezzo di Cristo le cose nascoste nel cuore degli uomini sarebbero diventate pubbliche davanti a Dio.

Quanto avrebbe dovuto sopportare Cristo! E che impatto avrebbe avuto tutto questo su Giuseppe e specialmente su Maria? Simeone li benedì. Certamente le parole non possono esprimere quanto furono benedetti in questo figlio. Ma come avrebbe dovuto soffrire Maria quando il figlio fu rigettato da Israele. Una spada le avrebbe trafitto l’anima. Anche questo predisse Simeone. Fortunatamente c’era qualcos’altro implicito nella sua benedizione: Maria sarebbe anche vissuta per fede e avrebbe  glorificato il  suo Redentore in suo Figlio. Per quella fede sarebbe stata restaurata (recuperata a Dio?).

Maria dovette veramente soffrire in un modo molto speciale perché era la madre del Redentore. Ma chiunque ami il Signore Gesù soffre la reiezione, anche ai nostri tempi. Vivere con lui in questo mondo significa sempre soffrire. C’è anche molto in noi che deve essere messo a morte, ma c’è anche un altro lato: siamo vincitori nel nostro soffrire mediante la fede. Per fede possiamo contemplare la salvezza di Dio per tutti i popoli e per tutta la vita.

          Professare il Signore. Un’altra persona della cerchia di persone che aspettava la redenzione di Gerusalemme si accostò a loro: una donna molto vecchia di nome Anna. Era stata sposata per sette anni e dopo la morte del marito era vissuta ancora per altri 84. Era pertanto ben oltre i cento. Ma veniva ancora al tempio ogni giorno. Non le passò mai per la mente che si stesse guadagnando qualcosa per sé perché rendeva questo servizio nel tempio. In tutti quei sacrifici quanto nel tempio stesso vide la grazia del perdono dei peccati e della vicinanza di Dio. Bramava la presenza del Signore e si stupiva della sua grazia. Anche lei era una profetessa. Mediante il suo Spirito il Signore si rivelava anche a lei.

Anche lei riconobbe il Redentore in quel piccolo bambino. E, come Simeone, anche lei professava il Signore. Professava che il Signore è fedele nel compiere la sua promessa e spiegò il significato della nascita di Cristo all’intera cerchia che stava aspettando la redenzione di Gerusalemme. È evidente che aveva una posizione speciale in quella cerchia.

A quella cerchia il Signore rivelò che il Redentore era venuto. Sfortunatamente questa conoscenza rimase all’interno della cerchia. Israele non aperse il suo cuore per ricevere la gioiosa notizia. E col passare degli anni quella cerchia si spense.

Giuseppe e Maria lasciarono Gerusalemme per tornare a Nazareth. Fu impossibile rimanere in contatto con loro e così i legami con quella cerchia furono interrotti. Quando il Signore Gesù cominciò il suo ministero pubblico in Israele trent’anni dopo, era sconosciuto.

Quanto poco adatto è il mondo a ricevere il messaggio della salvezza! Ma viene lo stesso, e con quel messaggio il Signore vince il mondo!


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