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12: Tu sei il Cristo

Matteo 16:13-28

Gesù è il Cristo, cioè l’Unto. Il fatto che deteneva un ufficio (una funzione) governò la sua esistenza di Figlio dell’Uomo. Governò anche la natura che assunse al concepimento e alla nascita. Perché era il Cristo, avrebbe dovuto soffrire. Questo era lo scopo del suo ufficio, ed era a questo fine che era stato mandato nel mondo dal Padre. Di conseguenza, mediante la sua capacità ufficiale come Cristo egli abbracciò tutti quelli che sono suoi. Fu per loro che soffrì.

Essendo egli stesso un ufficiale passò il suo ufficio anche ai suoi discepoli. È in virtù di quell’ufficio: la chiamata a proclamare il Cristo, che Pietro è la pietra su cui sarà edificata la chiesa. Similmente, i nomi dei dodici apostoli sono scritti nelle fondamenta delle mura della Nuova Gerusalemme. La chiesa è stata edificata sulle loro parole che hanno predicato nel nome di Cristo. Mediante le loro parole aprirono e chiusero le porte del Regno. Mediante le loro parole legarono o slegarono: interpretarono ciò che doveva essere accettato come vero e ciò che doveva essere rigettato come falso.

“Carne e sangue” è l’uomo com’egli vive qui sulla terra. A causa del peccato l’uomo è tagliato fuori dalla comunione con Dio. Perciò “carne e sangue” diventano un contrasto con “il Padre che è in cielo”. Frequentemente, parole  e frasi come mondo, terra, figli degli uomini, carne e sangue, e naturale (fisico), che in sé non indicano alcunché di sfavorevole, evidenziano lo stato dell’uomo che è di essere tagliato fuori da Dio a causa della Caduta.

Le porte dell’inferno nel verso 18 sono le porte del reame dei morti. Quando parliamo del reame dei morti non dobbiamo pensare di un luogo particolare come una sorta di luogo d’attesa perché sappiamo che la separazione tra credenti e non credenti avviene immediatamente dopo la morte. I credenti sono con Gesù, i non credenti sono sotto giudizio. Il reame dei morti è meramente un termine collettivo per i morti, proprio come parliamo del regno vegetale e del regno animale.

Il reame dei morti è qui dipinto come una potenza. Per l’uomo il reame dei morti significa in realtà oblio, totale futilità. I nome degli empi perirà insieme ad essi. Però, nella sua morte, Cristo è entrato nel reame dei morti. Dopo tutto, anche lui ha fatto parte dei morti. Alla sua resurrezione ha spalancato quel reame per sé e per quelli che gli appartengono.

Alla resurrezione il reame dei morti restituirà il credente e il suo nome sarà ripristinato. Ci sarà una resurrezione anche per i non credenti nel giudizio universale — ma solo in modo che potranno essere consegnati ad altro oblio e futilità.

Le porte del reame dei morti non prevarranno contro la Chiesa. La Chiesa, i credenti, non saranno sottoposti a oblio e futilità. Quando verrà il giorno della resurrezione riceveranno un nome nuovo.

La stessa parola (psyche) è usata nel verso 25 per “vita” e nel verso 26 per “anima”. Qui il significato è vita col suo frutto. Chiunque cerchi di salvare la propria vita vivendo per se stesso la perderà. Un giorno la sua vita verrà  giudicata vana e infruttuosa. Che giova all’uomo se guadagna il mondo intero e un giorno perde la sua vita, ovvero se un giorno la sua vita è eternamente rigettata perché è stata vana e infruttuosa?

Il Figlio dell’Uomo è venuto nel suo Regno. È pervenuto al potere alla sua resurrezione, alla sua ascensione e all’effusione dello Spirito santo. Da allora regna nella potenza della sua grazia su tutte le cose. Oggi continua a dirigere la storia.

          Concetto principale: Ai suoi, Gesù è conosciuto come il Cristo.

          Una professione sotto la guida del Padre. Il popolo e i suoi anziani non riconobbero il Signore Gesù: non lo accettarono come Colui che era stato mandato da Dio. Uno scontro tra Gesù e il popolo fu inevitabile. Le cose stavano puntando gradualmente in quella direzione. Anche i discepoli sarebbero stati coinvolti nel conflitto. Lo avrebbero conosciuto loro? Avrebbero compreso il significato del suo ufficio (ministero) sulla terra?

Gesù doveva preparare se stesso e i discepoli per ciò che sarebbe successo. Attraversarono il confine e andarono nel distretto di Cesarea di Filippi. Siccome la folla non lo seguì lì, potè essere solo con i suoi discepoli.

Lì, per la prima volta, chiese loro chi la gente diceva che lui fosse. Quando ministrava in mezzo a loro come uomo, non aveva nascosto di essere venuto con una chiamata precisa. Di che chiamata si trattava secondo il popolo d’Israele?

I discepoli erano bene informati a questo riguardo perché avevano udito il parlare che circolava tra il popolo. Risposero che la gente pensava che Gesù fosse un profeta, o forse Geremia o Elia dei quali speravano il ritorno. Erode il Tetrarca aveva fatto uccidere Giovanni Battista: lui temeva che Giovanni fosse riapparso nel Signore Gesù la qual cosa gli spiegava perché quei poteri fossero all’opera in lui.

Gesù aveva fatto loro questa domanda all’inizio per chiedere successivamente se loro avessero visto in lui qualcos’altro. In effetti sì! Ciò che la gente non voleva riconoscere lo professarono loro per bocca di Pietro: “Tu sei il Cristo, il figlio dell’Iddio vivente. Tu sei il Messia mandato sulla terra per fare l’opera del Padre. Tu, in quanto suo Figlio, sei stato mandato a dare al suo popolo la grazia rivelata nel Vecchio Testamento. Tu sei il Salvatore che è stato mandato e che, a quello scopo, ha ricevuto un ufficio da Dio”.

Come erano giunti Pietro e gli altri discepoli a questa conoscenza? Non la possedevano da sé. Il fatto era che c’erano molti in Israele che non avevano visto questo nel Signore Gesù. Il Padre celeste ce lo deve mostrare; Lui deve aprire i nostri cuori a questa realtà. Allora lo vediamo per fede, cioè per la fede che accetta il Signore Gesù Cristo come il Salvatore mandato da Dio. In conformità, per quella fede lui è il nostro Salvatore. Chiunque non si arrenda a lui in fede non può vederlo e non lo vedrà come il Cristo. Se lo vediamo in quella luce siamo beati: abbiamo trovato la felicità nella vita. È ciò che disse il Signore a Pietro e in lui a tutti i discepoli.

          La potenza dell’ufficio apostolico. Però, i discepoli dovevano comprendere anche la loro chiamata. Un giorno il Signore sarebbe stato tolto dalla terra. Allora avrebbero dovuto proclamare dappertutto la verità che lui è il Cristo.  Quella era la ragione per cui li aveva chiamati ad essere apostoli. Lui stesso era stato mandato dal Padre, e lui a sua volta avrebbe mandato loro. Su questi uomini nel loro ufficio di apostoli, nella loro potenza di dare dappertutto una testimonianza del suo nome, il Signore Gesù Cristo avrebbe edificato la sua chiesa. Le loro parole avrebbero formato il fondamento della chiesa di tutte le età. Per questa ragione Gesù Chiamò Simone, al quale si rivolse come a Simone figlio di Giona, col nome di Pietro. Simone stesso, come figlio di Giona, non era nulla, ma per la chiamata apostolica sarebbe diventato una pietra. Pietro avrebbe proclamato dappertutto la sua professione con grande fedeltà e tenacia. Sarebbe stato la pietra su cui sarebbe stata edificata la chiesa.

Profferendo le parole di Dio gli apostoli avrebbero aperto e chiuso le porte del Regno dei cieli. Tutti quelli che avrebbero accettato le le loro parole per fede avrebbero trovato il regno aperto per loro. Chiunque avesse rigettato il loro messaggio ne sarebbe stato condannato ed escluso dal Regno. La Parola che proclamarono era come fosse la chiave del cancello del Regno dei cieli. Se crediamo quella Parola siamo già dentro al Regno; ne siamo cittadini. Un giorno ne condivideremo la gloria. Nella Parola che proclamarono, gli apostoli avrebbero definito cosa sia vero: cosa debba essere accettato e cosa respinto. Fortunatamente, abbiamo ancora quella Parola come è stata predicata dagli apostoli. Crediamola in tutta semplicità! Allora anche per noi si aprirà la porta del Regno dei cieli.

Gli apostoli potrebbero essere stati colti dall’entusiasmo per la  meravigliosa chiamata che avevano ricevuto. Avrebbero potuto voler proclamare già allora che Gesù è il Cristo. Ma l’opera del Signore non era ancora progredita fino a quel punto. Prima lui stesso avrebbe professato quella chiamata e ne sarebbe morto. Nemmeno i discepoli erano ancora pronti. Avevano visto molto, ma avevano ancora molto da imparare. Neppure la gente era ancora pronta. Avrebbero voluto fare di lui un Messia secondo le loro proprie concezioni — e nel farlo travisare la chiamata del Padre. Per queste ragioni Gesù proibì ai suoi discepoli di dire che lui era il Cristo.

          La necessità che il Cristo soffrisse. I discepoli stessi avevano forse compreso cosa significasse che il Signore Gesù era il Cristo? Non lo immaginavano neanche. Ma ora egli cominciò a rivelarglielo. Egli era il Cristo che aveva ricevuto un ufficio dal Padre, che era chiamato a compiere il mandato del Padre. Di che mandato si trattava? Come ufficiale, come Capo del suo popolo, abbracciava (includeva) tutti quelli che gli appartenevano. Tutta la loro colpa divenne sua. Il giudizio di Dio sarebbe stato trasferito a lui. Avrebbe sopportato l’ira e la maledizione di Dio. E quando sofferse la maledizione, tutti quelli che gli appartenevano sarebbero stati inclusi nel suo Regno. Li avrebbe liberati dal peccato e dal conseguente giudizio. Quel soffrire sarebbe dovuto venire. A quello scopo lo aveva mandato il Padre; per quella ragione egli era il Cristo.

Avrebbe alfine sofferto l’ira e la maledizione di Dio quando gli uomini lo avrebbero rigettato e ucciso. I capi del popolo gli avrebbero fatto questo; avrebbero compiuto loro quel triste servizio. Avrebbero scaricato il loro odio su di lui ma non avrebbero capito che la loro azione era il mezzo per cui Cristo avrebbe sofferto il giudizio di Dio sui peccati del suo popolo. Dio avrebbe sicuramente visitato il loro crimine sugli anziani del popolo. Eppure, precisamente per mezzo della sofferenza inflitta su di lui dagli anziani, Cristo avrebbe salvato il suo popolo.

Il Signore Gesù cominciò a parlare ai suoi discepoli delle cose che avrebbe dovuto soffrire. Aggiunse anche che sarebbe risorto il terzo giorno, ma essi non lo compresero. Non lo udirono nemmeno. Fu perché non ascoltarono tutte quelle parole in fede. Non sentirono che tutto questo sarebbe dovuto accadere, che Dio aveva consegnato Gesù a questo passaggio e che per questo scopo egli era il Cristo. Non riconobbero la mano di Dio in tutto questo perché questo implica vedere e udire in fede. Perciò non furono in grado di ascoltare che Dio lo avrebbe resuscitato dai morti il terzo giorno. Videro solo ciò che la gente gli avrebbe fatto. Per questo motivo, Pietro, parlando di nuovo a nome di tutti, disse che Dio avrebbe avuto misericordia di lui e che questo non gli sarebbe successo di sicuro.

Come furono orribili queste parole di Pietro! In queste parole Gesù udì una tentazione, un tentativo di fargli mettere in dubbio il mandato del Padre. Era veramente venuto al mondo per quello scopo? Il Padre non lo amava dunque? Come temeva quella sofferenza! Ma comunque egli era il Cristo, il Capo del suo popolo. Perciò non poteva fare altro che morire per quel popolo.

Ecco perché non volle sentire tali parole da Pietro. Era sembrato che a parlare fosse stato Satana. Satana stava manipolando Pietro. Ecco perché si allontanò da lui esclamando: “Vattene via da me, Satana!”

Pietro era una pietra d’inciampo per far cadere Gesù. Pietro non vedeva cosa la chiamata di Dio implicasse per Gesù e cercò d’oscurarla anche per Gesù. Meno male che Gesù rimase fedele al suo mandato e rigettò le parole di Pietro con veemenza! Voleva salvare il suo popolo ed essere obbediente al Padre.

          Condivisione nelle sofferenze di Gesù. Chiunque voglia vedere Cristo nella luce delle sue sofferenze deve essere pronto a servire il Padre come lui fece e ad ascoltare la sua chiamata. Inoltre, deve vivere, non per se stesso, ma per Dio. Chiunque viva per se stesso, condurrà una vita vana e infruttuosa. Della sua vita non resterà nulla; perirà sotto il giudizio di Dio. Ma chiunque arrende la sua vita a Dio la manterrà perché essa produrrà frutto che rimarrà per sempre.

Questo significa che ci sarà conflitto anche per il credente perché noi vogliamo così tanto vivere per noi stessi! Tutto ciò che c’è in questo mondo ci stimola a volerlo solo per noi stessi. Se vogliamo prendere la stessa strada che ha preso Gesù, cioè vivere per Dio, dobbiamo rinnegare noi stessi e prendere la nostra croce. Allora lo staremo veramente seguendo. Egli ha percorso quella strada prima di noi e perciò possiamo stare certi del suo favore  della sua comunione. Allora seguire quella strada ci sarà facile.

Che altro c’è per cui vivere? Che giova all’uomo se guadagna il mondo intero per sé? Vivrebbe una vita infruttuosa, una vita che verrebbe sotto il giudizio di Dio. Perderebbe la sua vita e da quei tesori che possiede non potrebbe dare nulla che la redima dal giudizio.

Un giorno Gesù ritornerà come Giudice del cielo e della terra. Gli angeli di Dio lo circonderanno come segno della sua potenza e maestà. In quel giorno giudicherà ciascuno di noi. Abbiamo vissuto per noi stessi o per il Signore? È vero che non siamo capaci di cambiare noi stessi ma Cristo ci può cambiare per la potenza della sua grazia talché cominciamo a vivere per il Signore. Questo è il potere che ha ricevuto alla sua resurrezione e ascensione. Ed egli esercita quel potere mediante lo Spirito santo che ha mandato. Quando ha sparso lo Spirito, i credenti hanno testimoniato la sua potenza nel suo Regno. Perciò profetizzò già che alcuni dei suoi discepoli (di fatto la maggior parte di essi) non sarebbero morti senza averlo visto venire nel suo Regno. Egli ora regna in quel Regno. Crediamo noi nella potenza della sua grazia, per la quale può cambiare anche noi? E faremo di tutto per vivere anche noi per il Signore?


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