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21: Il fedele testimone

Matteo 26:57-75

Se Gesù sia il Cristo, il Figlio di Dio, è la questione cruciale. Quella fu la questione dibattuta davanti al sinedrio. Questa questione è la questione per ogni persona cui giunge l’evangelo. Possiamo fare molte domande sulla  bibbia, la chiesa e il cristianesimo ma qui siamo confrontati personalmente dal Cristo. Non dico questo per separare Cristo dalla bibbia. Al contrario, Cristo ci appare nell’abito delle Scritture. Attraverso le Scritture ci troviamo faccia a faccia con Cristo.

È per questo che l’udienza davanti al sinedrio fu di tale tremenda importanza. Fin dal primo momento la domanda determinante per Caiafa e il sinedrio deve essere stata se Gesù fosse il Cristo. Dapprima, comunque, evitarono questa questione e cercarono falsi testimoni. Quando non ebbero successo in quel modo si volsero alla questione centrale. Quindi evocarono dal Cristo la sua testimonianza sulle basi della quale lo avrebbero condannato.

L’evento fu terribile, diciamo noi, ma per natura noi tutti facciamo la stessa cosa. Prima giriamo intorno alla questione centrale con ogni sorta di scuse ma successivamente ci troviamo comunque faccia a faccia con Cristo. Allora viene il momento della decisione.

          Concetto principale: Il Mediatore si sottopone alla morte sostitutiva
                                                  nel suo essere rigettato come il Cristo.

          In cerca di falsi testimoni. Dopo che Gesù fu fatto prigioniero nel Getsemani, fu portato a casa di Caiafa ove il concilio supremo si era radunato in fretta e furia. Normalmente questo concilio si riuniva vicino al tempio ma questa volta erano nella casa del sommo sacerdote.

In questo concilio erano rappresentati tre gruppi di persone: gli anziani della sinagoga di Gerusalemme, gli scribi o rabbi che si dedicavano allo studio delle Scritture e i capi sacerdoti, ovvero i membri delle più importanti famiglie sacerdotali. Questi tre gruppi erano divisi in due partiti, cioè i Sadducei e i Farisei. I Sadducei credevano di poter conoscere tutte le cose da soli e non dipendevano dalla rivelazione di Dio nella sua Parola. I Farisei erano dell’opinione che potevano provvedere alla propria salvezza, che non avevano bisogno del dono di Dio.

Per quanto differissero, questi due partiti erano eguali nella ferocia con cui detestavano il Signore Gesù. Gesù aveva detto che Dio ci salva per la grazia che ci rivela nella sua Parola e ci elargisce nel Cristo. Il Signore Gesù aveva detto che dipendiamo totalmente dalla grazia di Dio e dobbiamo sottomettervici. Aveva predicato il Regno della grazia, il dominio della grazia. Quella grazia era apparsa in lui perché lui è il Cristo, il mandato da Dio.

Tutti loro lo avevano rigettato perché aveva detto di essere il Cristo nel quale la grazia di Dio era apparsa. Tuttavia, dapprincipio non vollero fargli ancora la domanda cruciale, o non osarono. Fu come se ancora temessero di rigettare la grazia di Dio così espressamente. Perciò evitarono la domanda. Fecero comparire ogni sorta di falsi testimoni per vedere se si potesse trovare un appiglio per condannarlo. Quell’approccio non funzionò perché la legge richiedeva che ci fossero almeno due testimoni concordanti. Due testimoni così non furono trovati.

Per tutto questo tempo Gesù non aveva detto niente. Capì il loro gioco ma lo sopportò in silenzio. Lo soffrì per noi. Anche noi portiamo molte false accuse contro Dio: in questo e quest’altro Dio sbaglia; e per questa e quest’altra ragione è ingiusto. Ma con queste false accuse cerchiamo di sfuggire alla questione principale: non siamo disposti ad umiliarci davanti alla sua grazia. Com’è meraviglioso che il Signore Gesù abbia sofferto ed espiato per questo! Ora può tendere la mano a persone che lo accusano falsamente.

          L’accusa riguardante il tempio. Si presentarono infine due testimoni che testificarono: “Costui ha detto: ‘Io posso distruggere il tempio di Dio e riedificarlo in tre giorni’”. Erano falsi testimoni perché il Signore Gesù non aveva detto così. Ciò che aveva detto era: “Distruggete questo tempio e in tre giorni io lo ricostruirò” (Giovanni 2:19).

Quelle parole, proferite da Gesù, erano profetiche. Il tempio sarebbe certamente stato distrutto, ma Gesù non intendeva il tempio di pietre a Gerusalemme. Quel tempio era un simbolo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Il suo dimorare era completo nel Signore Gesù Cristo. Se lo avessero rigettato e ucciso avrebbero distrutto il tempio. Comunque, sarebbe risorto il terzo giorno. Egli stesso ripieno di Spirito santo avrebbe versato lo Spirito sul suo popolo. Quindi Dio avrebbe avuto una dimora col suo popolo per sempre. In quella maniera Cristo avrebbe fatto risorgere il tempio di nuovo.

Quando il Signore Gesù aveva detto queste cose la gente non lo aveva capito. Spesso non capiamo perché non vogliamo capire. Se egli costruisce veramente il tempio, tutta la vita deve essere santa al Signore. A quel punto noi stessi non siamo più signori e padroni qui, che è esattamente ciò che non vogliamo. Ecco perché non comprendiamo quest’affermazione del Signore  Gesù. Egli ce lo deve insegnare affinché lo comprendiamo per fede. Il tempio lo edificherà lui, di fatto lo sta già facendo ora. Lui santifica le vite di tutti quelli che credono.

Neppure quest’accusa produsse una replica da parte del Signore Gesù malgrado il fatto toccasse il suo santo operato. Dietro a ciò che stavano facendo vide la loro cattiva intenzione e il loro odio. Non tentò di rigettare l’accusa, nemmeno quando il sommo sacerdote gli chiese una spiegazione. Soffrendo in silenzio espiò l’odio che per natura tutti noi dirigiamo contro la sua opera di santificazione. Per suo mezzo, anche noi riceviamo la forza di soffrire in silenzio per amore suo.

          Il giudizio per blasfemia. Neppure questi due testimoni erano in completo accordo (vedi Marco 14:59). Di conseguenza le loro accuse non fornirono le basi per una condanna. Il sommo sacerdote dovette ora farsi avanti con la vera questione. Disse: “Ti scongiuro per il Dio vivente, dicci se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio!” Stava chiedendo a Gesù di testimoniare sotto giuramento che era il Messia.

Questo fu il momento terribile. La testimonianza gli fu sollecitata per poterlo condannare in base ad essa e poi rigettarlo. A quel punto il popolo di Dio, per mezzo delle loro pubbliche autorità, rigettarono ufficialmente la grazia di Dio che era stata data in Cristo. Ogni carne fa la stessa cosa.

Il Signore Gesù Cristo era stato ufficialmente chiamato dalle autorità giudaiche a testimoniare sotto giuramento. Ora non avrebbe potuto restare in silenzio. Inoltre, avrebbe dovuto testimoniare chi egli fosse e di ciò che Dio aveva dato in lui. Perciò rispose solennemente: “Tu l’hai detto”. Con questo giurò di essere stato dato da Dio per grazia eterna. Lo fece nonostante sapesse cosa avrebbero fatto con la sua testimonianza. Si stava quindi sottomettendo volontariamente alla morte. Quella sarebbe stata la condanna del sinedrio. Tuttavia, con la sua morte avrebbe fatto espiazione per persone che, per natura, rigettano tutte la grazia. Per quello scopo si consegnò.

Volle avvertire il sinedrio ancora una volta, perciò aggiunse immediatamente alcune parole alla sua testimonianza di sé: “Anzi io vi dico che in avvenire voi vedrete il Figlio dell’uomo sedere alla destra della Potenza, e venire sulle nuvole del cielo”.

Allora avrebbero visto in Lui il regno della grazia di Dio. È avvenuto effettivamente. Poco dopo la sua morte li raggiunse il rapporto della sue resurrezione. Dopo lo spargimento dello Spirito santo la grazia di Dio in lui fu predicata dappertutto. Le nazioni si sottomisero al regno della sua grazia. Come devono esserne rimasti impressi! Ma non si sottomisero. Al contrario, il sommo sacerdote si stracciò le vesti e accusò Gesù di aver bestemmiato. Fu condannato a morte all’unanimità su questa accusa. Ora la grazia di Dio era rigettata. Se Cristo non fosse morto e avesse espiato per quel peccato nessuno potrebbe essere salvato. Per natura, noi tutti rigettiamo quella grazia.

          La distruzione del tempio. Dopo questa sentenza Gesù era per loro un fuorilegge. Gli sputarono in faccia e lo colpirono coi loro pugni. Altri lo derisero come profeta. Stavano distruggendo il tempio. Stavano rigettando Gesù come il santo; rigettarono la dimora di Dio in lui. In più. Procedendo come fecero, mutilarono quanto rimaneva in loro dell’immagine di Dio. Come fu profanata la vita umana dal loro odio!

Anche questo, Cristo soffrì in silenzio per poter far risorgere il tempio che stavano distruggendo. Che misericordia infinita! E ora egli costruisce nelle vite di così tante persone. Un giorno l’intera creazione di Dio sarà un tempio santo di nuovo.

          Il rinnegamento di Pietro. Mentre il Signore Gesù stava testificando  di sé che lui era il Cristo e che la grazia di Dio era apparsa in lui, uno dei suoi discepoli lo stava rinnegando. Dapprima, quando Gesù era stato fatto prigioniero nel Getsemani, Pietro era fuggito con tutti gli altri, ma poi era tornato. Si vergognava di sé. Il Signore Gesù non lo aveva forse avvertito insieme agli altri apostoli? Al tempo lui aveva detto che anche se i discepoli si fossero scandalizzati di Gesù, ciò non sarebbe mai accaduto a lui. Pietro aveva detto di essere pronto a morire con Gesù. E adesso fuggiva?

Pietro tornò indietro e lo seguì a una certa distanza. Anche Giovanni aveva fatto la stessa cosa. Siccome Giovanni conosceva qualcuno nella casa del sommo sacerdote Pietro fu fatto entrare. Si sedette al fuoco che dei soldati avevano fatto. Non era lì per fede, arreso al Signore Gesù, aspettandosi da lui forza e fedeltà; era lì perché si vergognava di scappare. La sua autostima era stata scossa.

Quando fosse venuta la tentazione non poteva che cadere. E la tentazione venne molto presto. Fu riconosciuto come uno dei discepoli del Signore Gesù. Prima fu individuato da una serva e poi, dopo che ella aveva attirato l’attenzione su di lui, anche dalla gente intorno al fuoco e dopo di questo, anche da un’altra persona ancora, mentre stava cercando di uscire. L’accento Galileo di Pietro aveva tradito la sua identità. Tutte e tre le volte negò qualsiasi associazione con Gesù; lo negò perfino con un giuramento. Disse che invocava su di sé una maledizione se fosse stato uno di loro. Dichiarò che lui Gesù non lo conosceva nemmeno. Quell’uomo gli era estraneo. Rinnegò il suo salvatore tre volte.

Questo fu terribile per Pietro, e fu peggio ancora per il Signore Gesù che sapeva ciò che stava succedendo. Gesù sopportò quel rinnegamento nella sofferenza mentre egli stesso stava confessando chi Dio era in lui per i suoi discepoli. La sua sofferenza davanti al sinedrio non era già abbastanza crudele in sé senza che vi fosse aggiunto questo tradimento da parte di un discepolo?

Nella sua opera di espiazione Gesù soffrì anche questo per poter offrire di nuovo grazia ai discepoli che lo avevano rinnegato e così da poterli portare a sottomettersi a lui in fede e quindi diventare forti. C’era perdono, anche per Pietro. Mentre stava uscendo, colse uno sguardo del Signore Gesù che guardava verso di lui. Quello sguardo deve avergli parlato della sofferenza causata da amore deluso, ma anche di misericordia.

Come risultato della grazia manifestata a lui di nuovo, Pietro non fuggì dal Signore Gesù definitivamente, come Giuda. Fu invece portato a pentimento. Allora non si vergognò più di se stesso; sentì piuttosto vergogna dinanzi all’amore del Signore. Uscì e pianse amaramente. Per lui ci fu dunque salvezza. Anche questo soffrì il Signore Gesù per poterlo espiare.


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