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24: Maledetto da Dio

Matteo 27:32-56

Matteo, che scrisse per i Giudei, ritrae il Signore Gesù come il Messia promesso, come il compimento delle profezie del Vecchio Testamento incluse quelle dei servizi cerimoniali. Vediamo la maledizione specialmente nel suo soffrire sulla croce. Cristo è come il capro che era mandato nel deserto carico dei peccati del popolo. Proprio come il capro era soggetto all’abbandono, così il Cristo fu abbandonato sulla croce.

Questo abbandono lo riguarda in quanto il Cristo, l’Unto, il titolare di un ufficio. Per quanto concerne il suo ministero terreno nella sua posizione ufficiale, Dio si ritira da lui. Non è così di Gesù in quanto Dio, e neppure in quanto uomo. È così per lui nell’unità del suo ministero sulla terra come il Cristo.

In virtù del suo ufficio, cioè in quanto il Cristo, Gesù abbraccia tutti quelli che sono suoi. Non è una questione che lo riguardi come Persona, la sua natura: ha a che fare col suo ufficio. Se un ufficiale fa qualcosa pubblicamente, coinvolge nella sua azione tutte le persone che rappresenta, se lo fa realmente nella capacità della sua funzione.

Cristo sofferse nell’essere abbandonato da Dio fino alla fine. Raggiunse il culmine di quella sofferenza e con ciò esaurì ovvero vinse la morte eterna.

Essere abbandonato da Dio, cioè essere abbandonato dal favore di Dio, fu per lui una piena realtà. Per quelli del suo popolo, perciò, l’abbandono non è mai una completa realtà. Sono abbandonati da Dio per poterli attirare più vicini a sé. Anche quando Dio toglie loro la sua comunione, li tiene sicuri in Cristo.

          Concetto principale: Cristo fu maledetto da Dio per poter ottenere per noi
la benedizione di Dio.

          Il fuorilegge. All’ordine di Pilato alcuni soldati condussero il Signore Gesù per le strade di Gerusalemme e infine fuori delle porte della città. Gesù doveva essere crocefisso fuori dalla città. Fu cacciato fuori dalla città e separato dal suo popolo. Fu bandito. Che sofferenza deve avergli causato, lui che amava il suo popolo con un amore tanto grande e gli era legato con così tanti legami!

L’atto di essere portato fuori dalla città adempì un aspetto del vecchio servizio sacrificale. Il capro su cui venivano imposti i peccati del popolo veniva mandato fuori nel deserto e abbandonato alla maledizione. Il Signore Gesù fu similmente bandito da mezzo al suo popolo e consegnato all’abbandono.

Gesù portò la propria croce. Era già indebolito dalla sofferenza che aveva sopportato ed evidentemente i soldati temettero che non riuscisse ad arrivare il luogo della crocifissione. Perciò si guardarono intorno in cerca di qualcuno che la portasse per lui. Ma tutti rifuggivano la croce perché vi era attaccata una maledizione.

Giunse un uomo dalla direzione opposta, uno che aveva un campo fuori Gerusalemme, forse con la sua tomba. Aveva dato un’occhiata al proprio campo ed ora stava tornando in città. Costui era Simone, che un tempo aveva vissuto a Cirene. I soldati costrinsero Simone a portare la croce. Dovette essere costretto a farlo perché anche lui si tirava indietro davanti alla croce. Come deve aver sofferto il Signore quando vide Simone costretto a portare la croce! Gli fece sentire la vergogna della sua croce.

Simone portò la croce dietro a Gesù. Nel suo cuore deve aver maledetto il tiranno straniero che lo costringeva a questa vergogna. E pensa che occhiate avrà dato al Maledetto, la cui croce stava portando! Magari più tardi sarà giunto a considerarlo un onore poter aver  fatto questo per Gesù.

In ogni caso, Simone che porta la croce dietro a Gesù ci parla come solo le immagini riescono. Il Signore Gesù sopportò la maledizione per i nostri peccati, ma noi dobbiamo lo stesso portare la croce dopo di lui: i nostri peccati devono morire, e noi dobbiamo rinnegare noi stessi per amore suo.

          Innalzato sulla croce. Quando giunsero alla collina chiamata Golgota, diedero da bere a Gesù del vino mescolato con qualcosa di amaro. Dopo averlo assaggiato, lo rifiutò.  A quanto pare il vino doveva servire a calmare il dolore. Ma Gesù volle sperimentare ciò che doveva soffrire in uno stato di piena coscienza. Si donò volontariamente per il nostro bene.

Poi lo innalzarono sulla croce. Fu scacciato dalla terra ma non fu accettato in cielo. Cielo e terra si rivoltarono contro di lui. Questo è ciò che significa essere maledetto. Essere implicato in una maledizione significa che tutto è contro di noi.

Non fu coincidenza che Gesù sia stato crocifisso su una collina. I romani facevano così ogni volta che fosse possibile talché la vergogna del criminale fosse visibile a tutti. Al Golgota la vergogna del nostro peccato fu esibita nel Cristo. In quella vergogna Dio maledì il nostro peccato.

Questo avvenne per tutti quelli che credono in lui, per tutti quelli che credono che Gesù, in quanto il Cristo, morì per tutti quelli che gli appartengono. Quelli che sanno che anche il loro peccato è stato colpito dalla maledizione di Dio e in principio è stato distrutto devono anche loro morire al loro peccato, per fede.

Il peggio per Gesù non fu la sua sofferenza corporale; il peggio fu essere maledetto da Dio. Questa consapevolezza fu ulteriormente rafforzata in lui da ciò che le gente gli fece.

I suoi indumenti gli furono tolti e i soldati se li divisero giocandoli ai dadi. Anche quello era stato profetizzato di Gesù. Lo stavano già trattando come uno già morto. Gli uomini avevano chiuso i conti con lui. La sua vita era dunque stata inutile?

Fu qui che Gesù sentì come Dio lo avesse rigettato e non voleva più niente a che vedere con suo Figlio. Cristo soffrì quel rigetto per amore nostro benché noi meritiamo pienamente che Dio chiuda i conti con noi per tutta l’eternità.

          Se tu sei il Figlio di Dio. Chiunque passò di lì la pensò allo stesso modo. Pensarono tutti che Gesù era morto. Si aggiungeva la beffa del fatto che l’accusa con cui il sinedrio l’aveva consegnato a Pilato fu posta su un’iscrizione sopra la sua testa. Se non bastasse, fu crocefisso in mezzo a due assassini. Quello che si era presentato come il Re dei Giudei terminava la sua vita in mezzo a criminali. Non era tutto ridicolo? La gente che passava davanti scuoteva il capo in derisione.

I capi del popolo avevano ancora una carta nella manica. Sottolinearono come Gesù avesse sempre detto di essere il Figlio di Dio che condivideva nel suo amore. Aveva preteso di essere stato mandato dal cielo e di essere il diletto del Padre, aveva detto di essere venuto a redimere gli uomini. Perciò aveva voluto essere il Re d’Israele. Se fosse stato tutto vero, Dio non lo avrebbe ora abbandonato in questo modo. Col favore di Dio adesso Gesù sarebbe riuscito a salvarsi. La fine che stava facendo non era forse una negazione del suo intero ministero? Nel mezzo di tutte queste irrisioni il Signore sentì che tutto questo era corretto; sentì che Dio ora lo stava abbandonando. Il Padre si ritirava sempre più da lui, e Gesù divenne sempre più solo. Il suo isolamento fu intensificato da questa ridicola farsa.

          Coperto dalle tenebre. Come deve aver bramato l’amore del Padre mentre fu sulla croce! Lui era quello che non poteva vivere un momento senza l’amore di Dio. E invece qui questo amore gli fu completamente tolto. Aveva sofferto anche durante la sua vita, ma allora c’era stata ancora parecchia consolazione per lui. Ora tutta la luce si stava spegnendo. Stava scomparendo stella dopo stella finché nel suo spirito viveva in un’oscurità nella quale non poteva più veder a una spanna dal naso. Fu completamente abbandonato da Dio.

A mezzogiorno perfino la luce del sole fu oscurata e le tenebre coprirono tutto il paese. C’era da aspettarselo. Colui che era il Capo del mondo, colui per mezzo del quale giungono a noi ogni grazia e benedizione, fu abbandonato da Dio. È forse strano che la luce del sole, che esiste anch’essa per mezzo suo, sia stata rimossa? Per lui questo rese l’orrore quasi tangibile.

Le tenebre durarono tre ore. Fu il tempo del suo più intenso soffrire. Ma a motivo del buio quella sofferenza fu celata agli occhi di tutti gli uomini. Poi una grande paura s’impossessò di lui: un mondo senza Dio! Lui, il Capo del mondo senza Dio! Voleva dire tenebre eterne, morte eterna, l’inferno stesso. Nella sua angoscia gridò: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Non sapeva perché Dio lo aveva abbandonato? Sapeva meglio di noi che era accaduto a causa dei nostri peccati. Ma sulla croce dovette, per così dire, sperimentare da sé quella risposta; dovette scoprire la totale ampiezza e profondità della colpa e della punizione per i nostri peccati e subirne l’intera cifra. Quando sarebbe giunto al limite?

Subì tutto il peso della maledizione di Dio e soffrì l’orrore ultimo. Morì mille morti quando soffrì per noi la morte eterna. Questo è ciò che significa essere completamente abbandonati da Dio. Perché era il Cristo, soffrì in obbedienza per tutti quelli che gli appartengono. Ancora chiamò Dio il suo Dio. In questo modo distrusse il potere della morte eterna. Soffrì per noi, soffrì quello che noi meritiamo a causa dei nostri peccati. Noi tutti meritiamo la morte eterna: meritiamo di essere abbandonati da Dio per sempre. Con la sua sofferenza e morte Cristo ci coprì davanti a Dio e fece espiazione per noi, togliendoci quella maledizione.

Lo fece per tutti quelli che sono suoi. Cioè per tutti quelli che credono. La maledizione è veramente stata tolta da tutti quelli che credono. Hanno eterna comunione con Dio e non sono mai abbandonati da lui. A causa dei loro peccati, il Signore può effettivamente ritirare da loro la sua comunione, ma solo parzialmente e per un tempo. Per amore di Cristo se li tiene eternamente stretti e li conduce, mediante quel temporaneo abbandono ad una nuova, più intima comunione.

Al Golgota tutti rimasero impressionati da quelle tenebre. Ma quando Cristo pronunciò quelle parole di abbandono, la folla rispose di nuovo con beffe. Lo scherno era l’unico mezzo per per vincere l’ansia. La gente non si umiliò davanti al giudizio che veniva manifestato con le tenebre. A quanto pare le tenebre avevano cominciato a scemare. Il Signore Gesù gridò: “Elì, Elì, lammà sabactanì!” Ora lo derisero: “Sta chiamando Elia”. E quando qualcuno di loro per empatia mise su una canna una spugna imbevuta di aceto e gli offrì da bere, gli altri schernirono: “Aspetta, vediamo se Elia viene a salvarlo”. I loro cuori erano completamente chiusi a ciò che stava accadendo. Non solo gli negarono qualsiasi compassione, ma nemmeno poterono vedere alcunché della sentenza che stava per compiersi sul Cristo da parte di Dio. La possiamo vedere solo per fede.

Se vediamo la sofferenza di Cristo in questo contesto, anche noi ne abbiamo parte perché è avvenuta anche a noi. Allora anche noi siamo liberati dalla maledizione. Cristo ebbe tutto contro: cielo e terra gli si erano rivoltati contro. Ma se crediamo, abbiamo tutto a nostro favore: allora cielo e terra sono per noi. Tutte le cose cooperano al bene per quelli che sono chiamati secondo il proposito di Dio.

          La morte sotto maledizione. Alla fine, dopo ore di dolore, giunse per il Signore Gesù il momento di morire. Soffrì e morì volontariamente per il suo popolo: si diede nella morte. Questo fu rivelato chiaramente nel momento della sua morte perché gridò a gran voce e rese il suo spirito. Eppure fu lo stesso una morte sotto maledizione. Gesù morì sulla croce come Colui che è maledetto.

Per il suo popolo fu una grande benedizione perché portò i loro peccati. Si era identificato coi loro peccati. Perciò la maledizione di Dio fu diretta solo al Cristo. Ora era come se lui, in quanto il Maledetto, stesse ancora tra Dio e il suo popolo. Lui, con la maledizione che stava su di lui, doveva essere eliminato. Allora Dio avrebbe di nuovo potuto venire al suo popolo e dare loro la sua piena comunione.

Ciò avvenne quando Cristo morì. Dio lo fece anche sapere quando, nel momento in cui il Signore Gesù morì, il velo del tempio, che separava il luogo santissimo dal luogo santo, si stracciò in due da cima a fondo. Fino a quel momento Dio aveva dimorato in mezzo ad Israele nascosto dietro al velo. C’era ancora stato qualcosa tra Dio e il suo popolo perché il peccato e la maledizione non erano ancora stati rimossi. Con la morte di Cristo, però, avvenne la rimozione. Ora Dio poteva uscire dal velo e prendere dimora nei cuori dei suoi. Ora non era più il Dio nascosto che viveva dietro il velo. Fu pienamente rivelato al suo popolo nel suo favore e la sua comunione con loro fu ancor più intima.

Il Signore fece sapere che la maledizione era ora rimossa in un altro modo ancora. La terra tremò, le rocce si spaccarono, e le tombe si aprirono. Molte persone pie che erano morte tornarono in vita. Dopo che il Signore Gesù fu risorto dai morti apparvero ai credenti di Gerusalemme.

Questo fu un preludio di ciò che Dio farà alla fine dei tempi: scuoterà i cieli e la terra. Tutti i morti risorgeranno e Dio farà nuove tutte le cose. Tutte le conseguenze della maledizione saranno allora completamente rimosse. Dio ci ha dato uno scorcio profetico di quella gloria in ciò che avvenne alla morte del Cristo. Quello fu il momento della vittoria sulla maledizione.

Non sappiamo cosa sia avvenuto a quelle persone che furono resuscitate a vita. Forse sono ascesa al cielo come Enoch e come Elia. Lo scopo di questo episodio nelle Scritture non è soddisfare la nostra curiosità. Ciò che dovremmo fare è riflettere su quella resurrezione di credenti a Gerusalemme e su quella piena comunione con Dio che è espressa dal velo stracciato. Se in fede vediamo quella comunione come il frutto della morte di Cristo, noi stessi ne avremo parte e condivideremo nella nuova vita.

Il centurione e i suoi soldati furono così profondamente impressi da ciò che accadde alla morte di Cristo che il Centurione esclamò: “Veramente costui era il Figlio di Dio!” A modo suo, da pagano, intese dire che Colui che era morto era un figlio degli dèi. Non comprese correttamente la morte di Cristo, né conosceva il vangelo.

La morte di Cristo deve aver fatto un’impressione ben diversa sulle molte donne che avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo e che erano presenti alla sua morte. La sua morte portò disperazione nei loro cuori quando avvenne, ma più tardi, in parte a motivo dei segni che accompagnarono questo avvenimento, la videro come una espiazione per i loro peccati.


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