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60: Governati dal Regno

Luca 9:49-10:24

Sebbene il vangelo di Luca non segua in genere una linea cronologica, notiamo tuttavia un cambio nel ministero di Gesù. La predicazione in Galilea era giunta a termine. Nel verso 51 Luca scrive che, mentre si stava compiendo il tempo in cui egli doveva essere portato in cielo, egli diresse risolutamente la sua faccia per andare a Gerusalemme. In questo periodo Gesù parlò specialmente del discepolato. Essere un cittadino del regno significa anche  essere un operaio del regno. Quel regno ci deve governare in ogni cosa.

L’uomo che scacciava demoni era evidentemente un credente. Non si trattava qui dell’uso del nome di Gesù come formula magica, come avvenne in effetti successivamente coi figli di Sceva (vedi Atti 19:14). Che Giovanni e i suoi compagni discepoli glielo abbiano proibito scaturì da un’idea errata della loro funzione. Pensarono di essere stati i soli a ricevere lo Spirito per la salvezza della vita. La grandiosità della loro funzione li aveva condizionati. Non videro la benedizione che lo Spirito dà anche ad altri perché sia sparsa. Abbiamo qui una situazione simile a quella che avvenne ai giorni di Mosè quando Giosuè desiderò che il profetare fosse proibito a tutti eccetto i settanta che erano stati messi da parte (vedi Numeri 11:16-30). Giovanni e i suoi compagni discepoli  stavano ancora cercando il loro proprio interesse e non solo quello del Regno.

Condannando il desiderio di Giovanni e di Giacomo che il fuoco consumesse i samaritani, il Signore Gesù non condannò ciò che Elia aveva fatto. Infatti, Cristo stesso un giorno farà scendere fuoco dal cielo. La proclamazione del regno è anche un annuncio di giudizio su chi non crede. In quel senso sì dovevano essere Boanerges, figli del tuono. Ma qui il loro orgoglio era stato ferito. Non erano solleciti solo per il regno e per il vangelo di quel Regno altrimenti avrebbero compreso che il tempo del giudizio non era ancora giunto, specialmente non per i samaritani che non avevano ancora tutti udito il vangelo e che erano irritati dall’orgoglio nazionale dei giudei.

Quando, alla fine di questa sezione, Cristo disse che i suoi non avrebbero dovuto gioire perché gli spiriti erano loro sottomessi ma perché i loro nomi erano scritti in cielo, non predicò l’egoismo spirituale, un interesse esclusivo per la loro salvezza dopo questa vita. Che i nostri nomi sono scritti in cielo significa che siamo cittadini del Regno. In quanto cittadini, nel nome del Signore possiamo usare di nuovo la terra nella sua pienezza in pace. Questa è l’essenza del Regno. Poiché questo regno non è ancora pienamente realizzato sulla terra, ma deve spingersi con forza in avanti, questi fenomeni notevoli, come il dominio sugli spiriti, era necessario. Ma i discepoli videro questi segni speciali come di valore maggiore di ciò che è la vera essenza del regno: il nostro uso della terra nel nome del Signore. Inoltre, purtroppo, è ancora così anche oggi. Cerchiamo il regno in ogni sorta di segni e non nella nostra vita di ogni giorno nel timore del Signore.

          Concetto principale: Lo Spirito del Regno di Dio governa i suoi operai
in tutti gli  ambiti.

          Chi non è contro di noi è per noi. Il Signore Gesù non avrebbe potuto fare il lavoro in Galilea  tutto da solo. Perciò mandò i suoi dodici discepoli a predicare il vangelo del Regno dappertutto nel suo nome. A tal fine diede loro il potere di compiere molti segni. Predicarono con molto zelo e fecero molti miracoli. Il Signore benedì grandemente la loro opera.

Che abbiano fatto tutto quel lavoro esclusivamente per il Signore e per il suo regno? No, cercarono anche il loro proprio interesse. Ciò fu evidente dal fatto che quando ritornarono da Gesù si misero a discutere su chi di loro avesse fatto di più e chi fosse il più grande nel Regno. Il Signore dovette svergognarli. La nostra importanza non risiede in ciò che crediamo di aver compiuto ma nella nostra adozione come figli di Dio. Un figlio adottato da Dio è di grande importanza nel Regno. In quanto suoi figli dobbiamo considerare la nostra adozione da parte di Dio mediante il suo amore come la benedizione più grande.

Quando Gesù parlò di figli adottati, Giovanni si ricordò di cosa lui e i suoi compagni discepoli avevano incontrato durante la loro missione. Avevano visto un uomo che scacciava i demoni nel nome del Signore Gesù. Costui non apparteneva ai dodici e perciò glielo avevano proibito. Mentre Gesù parlava di figli adottati che servono il regno in modo esclusivo, gli venne il dubbio se avessero fatto bene a fargli quella proibizione. Lo chiese a Gesù.

E infatti, Gesù disse che avevano fatto male. Quell’uomo stava scacciando demoni in fede. Non stava cercando di competere col Signore Gesù e coi suoi discepoli. Non era contro di loro o contro il Regno di Dio. E se non era contro di loro, allora era per loro e per il Regno. La potenza dello Spirito non è legata alla funzione (office) o limitata a quelli cui il Signore ha dato una posizione speciale nel Regno. Se solo fossero stati capaci di concentrarsi sul Regno avrebbero gioito in ciò che quell’uomo stava facendo. Che bello che l’opera del Signore sia così multiforme!

          È venuto a servire. Il Signore Gesù e i suoi discepoli avevano lavorato molto in Galilea ma la Galilea non lo aveva accettato. Il tempo in cui doveva operare lì era giunto a conclusione. I giorni del suo soffrire si stavano avvicinando. Durante quel tempo di crisi Gesù istruì i suoi discepoli specialmente sul significato del servizio del Regno.

Dalla Galilea si spostò a Gerusalemme per andarvi a soffrire e morire. Lungo la strada aveva ancora molto da fare. Passò attraverso il paese dei samaritani. Verso la fine del giorno di cammino mandò avanti Giacomo e Giovanni al borgo più vicino perché trovassero alloggio per la notte per lui e per la grande folla che lo seguiva.

C’era grande gelosia tra i samaritani e i giudei. Gli alteri giudei guardavano con disprezzo i samaritani che ne erano irritati. In più, i samaritani avevano saputo del ministero pubblico di Gesù. Ora stava venendo nel loro territorio ma senza predicarvi o fare miracoli ma solo a passarvi la notte nel sui itinerario verso Gerusalemme. Ciò li irritò ulteriormente per cui rifiutarono categoricamente di accomodare Giacomo e Giovanni.

Stravolti, Giacomo e Giovanni tornarono da Gesù e gli chiesero se non dovessero invocare il fuoco dal cielo a consumare i samaritani, come un tempo aveva fatto Elia. Non glielo chiesero perché il vangelo del Regno era stato rigettato. Se nella loro mente il vangelo fosse stato l’interesse principale si sarebbero resi conto di quanto poco fosse ancora stato predicato ai samaritani e di come i Giudei avessero irritato i samaritani con la loro alterigia. Giacomo e Giovanni lo chiesero invece perché il loro orgoglio era stato ferito. Solo che  quella non era stata la ragione per cui Elia aveva fatto cadere fuoco dal cielo….

Di conseguenza, Gesù li rimproverò dicendo loro che non sapevano che spirito avesse fatto loro dire queste cose. Era lo spirito della carne e del maligno, lo spirito che ha in testa il proprio interesse. Quello spirito distrugge tutto. Ma il Figlio dell’Uomo non era venuto per distruggere ma per salvare la vita dell’uomo riportandola a comunione con Dio. Solo dopo che gli uomini hanno rigettato il vangelo rimanendo nella loro incredulità Cristo porterà su di loro il giudizio. Il motivo del giudizio, però, non sarà l’orgoglio ferito della carne ma il fatto di aver respinto l’amore di Dio che è stato rivelato nel Regno.

Il Signore Gesù avrebbe sofferto per la salvezza dell’uomo. Il tempo del giudizio non era ancora giunto. Perciò proseguì verso un altro villaggio per passarvi la notte. Come fu pronto a sopportare il disprezzo! Col suo sacrificio avrebbe fatto espiazione per questo insulto da parte degli uomini di quel borgo samaritano.

          Seguire Gesù. Per la strada incontrò un uomo che gli disse che lo avrebbe seguito dovunque fosse andato. Ecco qui uno che si era offerto volontario per servirlo. Non avrebbe dovuto gioirne? Tuttavia, Gesù aveva visto che quest’uomo non aveva compreso cosa implicasse essere discepolo. Lo mise dunque alla prova dicendo: “Le volpi hanno tane e gli uccelli del cieli hanno nidi ma il Figlio dell’Uomo non ha posto ove posare il capo”. Cristo era uno straniero in terra ove regna il peccato. Era effettivamente venuto per espiare quel peccato e far sì che la grazia prevalesse e per il suo Spirito avrebbe di nuovo spalancato la vita per i suoi e dato loro un posto sulla terra dove avrebbero potuto servire Dio in libertà. Tuttavia, lui stesso era costretto a girovagare  per ottenere quella libertà per quelli che gli appartengono. Chiunque volesse seguirlo a quel tempo doveva essere disposto a condividere la sua vita di umiliazione. Oltre a ciò, a causa del peccato, c’è così tanta ostilità sulla terra che a questo riguardo ogni credente deve sentirvisi uno straniero. Dobbiamo essere disposti a condividere quell’alienazione col Signore  Gesù. E chiunque sia veramente suo discepolo deve sentire di essere un estraneo al regno del peccato in questa età presente. Di conseguenza, un credente deve sacrificare tutto a beneficio del proprio discepolato.

Gesù chiamò un’altra persona ancora a seguirlo, ma il padre di costui era appena morto per cui egli gli chiese il permesso di andare prima a seppellire il proprio padre. La sepoltura doveva essere fatta correttamente, secondo l’usanza. L’uomo aveva pacificamente accettato il fatto della morte e non vide che il Regno di Dio, il Regno della vita, significa vittoria sulla morte. Quelli che sono spiritualmente morti accettano proprio in questo modo la morte perché non la vedono come la ricompensa del peccato. Gesù sentì che se l’uomo non fosse lui stesso spiritualmente morto avrebbe fatto meglio a lasciare quell’incombenza a quelli che morti lo erano.

Che vedesse la morte in questo fu evidente dal fatto che chiese il permesso di andare prima ad assistere alla sepoltura. Vide la sepoltura come qualcosa che doveva essere finito prima, come parte della sua vita precedente con cui doveva fare i conti. Nel Regno di Dio anche noi seppelliamo i nostri morti ma con una vigorosa protesta nel nostro cuore contro la morte come risultato del peccato e con la certezza della vittoria definitiva contro la morte. Per cui, anche se impegnati con una sepoltura possiamo lo stesso darci da fare nel Regno di Dio.

Un altro ancora venne da Gesù dicendo di volerlo seguire. Ma chiese la possibilità di salutare prima la sua famiglia. Un tempo anche Eliseo aveva salutato i suoi parenti quando fu chiamato da Elia, ma lui lo aveva fatto profeticamente col cuore pieno di gioia per il compito che stava per accettare (vedi 1 Re 19:19-21). Quest’uomo invece lo vedeva come un grande sacrificio che lo vedeva riluttante. Il suo cuore era più attaccato alla vita di casa sua che a compiere la sua vocazione nel Regno.

Seguire Gesù diventa una questione di merito per il quale uno ottiene un posto nella gloria. Tale persona guarda sempre indietro a ciò che ha lasciato ed è pertanto inadeguato per il suo lavoro nel Regno come uno è inadeguato per arare se, anziché guardare avanti per tirare un solco diritto, continua a guardare indietro. Per servire nel Regno noi non dobbiamo abbandonare tutto, a meno che originariamente non l’abbiamo ottenuto separatamente dal Signore e dal suo Regno. Possiamo gloriarci di ciò che possediamo solo se lo usiamo per servire il Signore.

          Lavoratori nella sua messe. Gesù e i suoi discepoli avevano lavorato sodo in Galilea ma erano stati nelle altre province solo sporadicamente. Voleva ancora operare in sezioni della Giudea e del Transgiordano. Ma come sarebbe stato possibile in così poco tempo mentre stava percorrendo solo villaggi e città? A questo scopo designò settanta dei suoi seguaci perché andassero a due a due a operare nei villaggi e nelle città dove lui stesso stava per arrivare. In questo modo sarebbe poi stata sufficiente una sua breve sosta.

Ai settanta diede le stesse istruzioni e la stessa autorità che precedentemente aveva dato ai dodici che aveva mandato in Galilea. Non dovevano prendere niente per il viaggio. Siccome l’operaio è degno della sua mercede, quelli che avrebbero creduto il vangelo li avrebbero ospitati nelle loro case e provveduto per le loro necessità vitali. Non avrebbero dovuto esitare d’accettare l’ospitalità perché venivano nel nome del Re il quale ha un diritto su tutti i beni della terra. Non dovevano attardarsi per via in chiacchiere inutili e cerimonie. L’opera del Regno non poteva attendere e gli operai erano pochi. Uno spartano augurio di pace sarebbe stato sufficiente e avrebbero dovuto procedere col lavoro immediatamente. Ci sarebbero stati quelli che avrebbero accettato la loro pace in fede in quanto offerta nel nome del Signore. Se la loro pace non fosse stata accettata sarebbe ritornata a loro ma la loro pace interiore non sarebbe stata turbata perché sapevano che stavano facendo il lavoro del Re e potevano lasciare i risultati a lui.

Gesù li avvertì che avrebbero incontrato molta ostilità. Li stava mandando come agnelli in mezzo ai lupi. La comunione con quelli che rigettassero il vangelo doveva essere rotta scuotendo simbolicamente la polvere dai loro piedi. Malgrado il rigetto dovevano persistere e dire che il Regno della grazia di Dio si era avvicinato. Il giudizio per la reiezione sarebbe stato severo, più del giudizio di Sodoma. Rammentò loro anche di Corazim e di Bethsaida e specialmente di Capernaum, dove lui e i suoi discepoli avevano tanto faticato.

Come Gesù cercò tutto Israele ora cerca tutto il mondo. Estende dappertutto la sua misericordia. Tuttavia, il giudizio per il rigetto di quella misericordia è certo perché la persona che rigetta i suoi messaggeri rigetta sia Gesù che il Padre che lo ha mandato. Ma noi, come suoi messaggeri, non dobbiamo focalizzarci sulla nostra gloria per non oscurare la causa del Regno.

          Gioia nel Regno. I settanta ritornarono con gioia dicendo che i demoni erano loro sottoposti. Ciò che li rendeva felici era il successo che avevano avuto. Non videro che il loro successo era dovuto al fatto che il potere di Satana era stato spezzato. Era stato spezzato quando Gesù aveva assunto il proprio ufficio, era stato unto con lo Spirito santo e aveva vinto satana nel deserto. Ora lo disse loro. Aveva visto Satana cadere come folgore dal cielo. Dovevano prestare attenzione specialmente alla sua opera non al loro successo.

Il Signore Gesù ammise che in quei miracoli il Regno di Dio si stava facendo strada ma disse che quello non era l’elemento essenziale. L’essenza del Regno è che siamo di nuovo vivi e facciamo uso dei beni della terra nel nome del Signore, che nella nostra vita quotidiana siamo cittadini del Regno e che i nostri nomi sono registrati in cielo come cittadini di quel regno. Dobbiamo trovare la nostra gioia più grande nella comunione con Dio in tutto ciò che abbiamo e facciamo proprio come il Signore Gesù gioì nella sua comunione col Padre. Tutte le cose gli erano state affidate dal Padre affinché lui redimesse il mondo. Solo il Padre conosceva il Cristo come Redentore del mondo e nessuno, eccetto Gesù, conosceva la volontà del Padre di redimere il mondo. Solo Cristo poteva rivelare il Padre. Solo allora gli uomini avrebbero visto la gloria del Regno.

Vedere quella gloria non è riservato ai sapienti e agli intelligenti ma ai bambini e agli umili. A loro è stata rivelata la gloria del Regno. I discepoli erano beati perché la vedevano e ciò vale anche per noi. I profeti e i re del Vecchio Testamento  avevano desiderato vedere e udire l’essenza del Regno ma non poterono. Non videro la totalità della vita e la terra intera aperta al popolo di Dio come possiamo vederlo noi. Che gioia ci deve essere nella vita dei credenti di questa epoca!


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