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6: Invitati a Nozze

Matteo 9:9-17

Sembra esserci qualche difficoltà col detto: “Desidero misericordia, non sacrificio”. Questi sacrifici non li ha ordinati il Signore? Certamente! Ma dobbiamo non dimenticare che il Signore non ordinò che i sacrifici fossero portati nello stesso modo in cui Israele e i Farisei spesso facevano. I loro erano sacrifici gravosi per mezzo dei quali le persone cercavano di ottenere qualcosa per se stesse, sacrifici per un guadagno personale. Il Signore desiderava sacrifici che fossero evidenze della gioiosa accettazione in fede della sua grazia nel suo Patto.

L’accettazione della grazia di Dio fa dei credenti degli invitati a nozze. Durante il periodo dell’Antico Testamento, la piena liberazione della vita non era ancora giunta; perciò fu dato l’ordine di digiunare. Inoltre, non dovremmo dimenticare che nella Legge furono dati solo pochi comandi concernenti il digiuno. Questi comandamenti furono sostanzialmente allargati in tempi posteriori, specialmente dai Farisei. Una volta che fu introdotto il concetto di acquistare e guadagnare i pesi vengono necessariamente estesi.

Perfino nel Nuovo Testamento, il digiunare può essere appropriato se il Signore ritira la sua comunione e rivela la sua ira. Ma, con la venuta di Cristo, ci è stato dato il pieno favore di Dio, e con l’effusione dello Spirito santo, la creazione ci è stata data per nostro utilizzo. Ora i credenti sono invitati alle nozze seduti alla tavola dell’amore di Dio. Un modo in cui fanno questo è godendo ogni cosa che egli dà loro su questa terra.

Il nostro posto come invitati al matrimonio dell’amore di Dio sulla terra non è compromesso dalla chiamata che abbiamo ad essere misericordiosi: la chiamata a donare noi stessi al nostro prossimo, specialmente ai miserabili, la chiamata ad impegno sociale. Se non godiamo con gioia la comunione del Signore in tutte le cose che egli desidera che abbiamo, non saremo capaci di proclamare la gioia del vangelo del Regno, né saremo capaci di mostrare misericordia. Avendo comunione col Padre, Cristo  poté sedere a tavola nella casa di Matteo. Per la stessa ragione Gesù rigettò il rimprovero dei farisei. Le persone che, come i farisei, non conoscono la libertà e la gioia del Regno della grazia non sono capaci di dare. Hanno il timore di finire in una situazione compromettente associandosi con i “collettori di tasse”. Ma Cristo fu capace di dare se stesso alla tavola di Matteo. A quella tavola regnò la misericordia perché Cristo aveva comunione col Padre.

          Concetto principale: Poiché Cristo è venuto, in terra i credenti sono
                                                  divenuti degli invitati a nozze.

          Matteo chiamato alla festa di nozze. Proprio all’inizio del suo ministero in Galilea, il Signore Gesù aveva chiamato alcuni discepoli che avrebbero dovuto seguirlo. Egli desiderava preparare questi uomini in modo molto speciale a divenire suoi collaboratori. Erano solo alcuni di loro, ed egli ne cercava altri fino a completare il gruppo di dodici. Essi dovevano vivere confidando nella grazia di Dio piuttosto che in se stessi. Questa è la norma per la vita nel Regno.

A Capernaum il Signore Gesù trovò un altro discepolo, uno che noi non avremmo mai immaginato. In quella città c’era un ufficio doganale dove venivano esatte tasse da beni importati ed esportati. Capernaum era una città di frontiera. Gli odiati Erode avevano appaltato il lavoro di raccogliere le tasse. C’erano alcuni Giudei che facevano questi servizi in locazione (o sub-appalto) e si arricchivano imponendo troppe tasse. Ma la cosa peggiore era che questi collettori di tasse si mettevano al servizio del tiranno straniero e tradivano il loro proprio popolo.

Un giorno il Signore Gesù stava passando davanti all’ufficio della dogana quando vide un certo Levi o Matteo seduto al tavolo della gabella. Egli vide che il Padre desiderava dargli quest’uomo come discepolo. Come è strana l’elezione di Dio! Questo collettore di tasse, questo traditore, era un uomo che Dio scelse come discepolo per Gesù. Il Signore Gesù lo chiamò e gli disse: “Seguimi!”

Matteo si alzò e seguì Gesù. Com’è strano che abbia potuto lasciare il proprio lavoro così prontamente  e abbia seguito Gesù. Come ha potuto un tal peccatore osare seguire Gesù da subito?

Con ogni probabilità Matteo aveva sentito molto parlare di Gesù  in precedenza, perché Gesù era passato spesso per le strade di Capernaum. Ma Matteo deve essere stato dell’opinione che il vangelo del Regno non fosse per lui, perché egli aveva tradito la causa del suo popolo vendendosi all’odiato Erode.

Poi, improvvisamente, il Signore Gesù lo stava chiamando! La grazia del Regno si aperse a Matteo ed egli vide che per grazia i nostri peccati sono conquistati e perdonati, quando Dio ci adotta come suoi figlioli. Con la chiamata di Gesù venne la rivelazione della grazia. Questo è ciò che conquistò Matteo, e a quella rivelazione egli si arrese.

Com’è meraviglioso essere in quel Regno! Lì regna suprema solo la grazia di Dio. Lo stesso Matteo, più tardi diventerà un apostolo e dobbiamo a lui il primo vangelo. Egli comprese la felicità nel Regno dei cieli e di essa predicò.

          La misericordia che cerca. Che Matteo avesse compreso la grazia e la gioia del Regno è evidente dal fatto che egli organizzò un pranzo a casa sua al quale invitò il Signore Gesù assieme ai suoi discepoli e anche molti altri collettori di tasse. Che gioia deve essere stato quel pranzo per Matteo! Ora che egli stesso viveva per grazia, gli era permesso far conoscere Gesù agli altri collettori di tasse cosicché anch’essi avrebbero potuto credere. Un incontro a pranzo sarebbe stato una buona occasione. In che consiste la vita del credente se non nel sedere alla tavola dell’amore di Dio ed essere nutrito dalla grazia? Questo, Matteo lo aveva capito bene.

I Farisei di Capernaum videro che il Signore Gesù stava seduto a tavola coi collettori di tasse, questi disprezzati traditori della causa nazionale. Come poteva fare una tale cosa? Se egli si associava con questo tipo di persone, non ci si poteva aspettare altro da lui. Non osarono dirlo a lui direttamente, ma protestarono a questo riguardo coi suoi discepoli. Il Signore Gesù udì le loro accuse e rispose loro: “Voi non mi cercate; non avete bisogno di me come vostro medico”. Egli disse loro: “Solo le persone che si sentono male chiamano il dottore. Voi mi chiudete i vostri cuori perché pensate di essere giusti. La vostra apparenza esteriore come persone giuste è la ragione per cui la mia chiamata non vi arriva. Essa penetra molto più rapidamente nelle persone che sono conosciute pubblicamente come peccatori. Il vostro orgoglio è ciò che vi sbarra la strada. Va sempre così con le persone che credono di essere giuste, che pensano di dare a ciascuno ciò che gli spetta, mentre trattengono i loro cuori da Dio e dal  loro prossimo”.

I farisei pensavano di potersi prendere cura da soli della propria giustizia e della propria salvezza. Essi operavano solamente per guadagnare qualcosa da Dio. Con questo in mente, portavano pure i loro sacrifici, orgogliosi dei loro risultati. Nel loro orgoglio disprezzavano i collettori di tasse e non si sarebbero mai seduti a tavola con loro. Ai Farisei non era mai passato per la testa di andare incontro a questi collettori di tasse. Essi stessi non erano spiritualmente ricchi, benché pensassero di esserlo, e di conseguenza non avevano nulla da dare ad altri.

Il Signore Gesù, che comprendeva la grazia del Regno, aveva  così enormemente tanto da dare. Questo è il motivo per cui si sedette coi collettori di tasse e mostrò loro la misericordia di Dio che li cercava. Ai farisei disse: “È scritto nelle Scritture che Dio desidera misericordia, e non sacrificio come voi lo offrite nella vostra volontà autonoma e per potere con esso guadagnare qualcosa. Imparate ciò che significa!”

          La festa di nozze. Dopo che ebbero finito di mangiare, vennero a lui i discepoli di Giovanni Battista. Essi non avevano capito il loro maestro molto bene, perché egli aveva sempre allontanato da sé l’attenzione e indirizzata verso il Signore Gesù. I discepoli di Giovanni volevano ancora onorare il loro maestro più del Signore Gesù. Perciò, con fare scontento, vennero a lui con questa domanda: “Perché sia noi che i farisei digiuniamo molto, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”

Giovanni Battista era venuto a predicare che noi abbiamo perso ogni diritto a qualsiasi cosa a motivo dei nostri peccati. Per rendere chiara questa realtà egli digiunava molto spesso e fece fare lo stesso ai suoi discepoli. Il Signore Gesù venne col messaggio che col suo soffrire  avrebbe riacquistato indietro tutto per noi. Attraverso di lui la vita sarebbe diventata un costante godimento della comunione di Dio e un godimento di tutto ciò che Dio ci dà. In questo modo la vita diventa una grande festa di nozze. E siccome digiunare a una festa di nozze è fuori discussione, il Signore Gesù insegnava ai suoi discepoli di non digiunare.

Nel Vecchio Testamento Dio aveva a volte ordinato al suo popolo di digiunare per insegnare loro che a causa dei loro peccati avevano perso tutto. Giovanni Battista, col quale il Vecchio Testamento giunse alla fine, portò ancora una volta questo messaggio, in modo anche più forte che nel Vecchio Testamento. Ma Giovanni doveva preparare la via per la venuta del Signore Gesù, col quale Dio ci avrebbe di nuovo donato tutte le cose.

I discepoli di Giovanni volevano accettare il nuovo ordinamento portato da Gesù (comunione con Dio per mezzo di Cristo), ma anche restare aggrappati al vecchio ordinamento (comunione con Dio sotto la Legge). Questo è impossibile. “Non si può metter una pezza nuova su un abito vecchio” disse Gesù, “poiché lo strappo diventerà peggiore. E non si può mettere vino in fermentazione in otri vecchi ed essiccati, perché si romperanno”.

Ai discepoli del Signore Gesù era permesso di godere la piena felicità del Regno. Insieme al Signore Gesù ricevettero comunione con Dio. Dopo un certo periodo, quando sarebbe venuto il tempo del suo soffrire e morire, Gesù sarebbe stato loro tolto. Allora avrebbero fatto cordoglio e avrebbero digiunato. Ma alla sua resurrezione egli sarebbe stato loro restituito. E dopo la sua ascensione avrebbe dato loro lo Spirito santo. In quello Spirito  sarebbe rimasto con loro per sempre.

Questo fa della vita nel Regno una festa di nozze. Questo è ciò che essa è ora per il credente. A volte può succedere che Dio si ritiri da noi a motivo dei nostri peccati, ed è possibile che dobbiamo fare cordoglio e digiunare, ma, se confessiamo i nostri peccati, Dio si dà sempre a noi di nuovo. Allora la vita diventa nuovamente una festa.


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