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43: La risposta alle domande

Marco 12:13-44

Dobbiamo guardarci dall’idea che questa porzione della Scrittura mostri solo quanto geniale fosse Gesù nel confutare quelli che lo interrogavano. Tutto ciò che dice è rivelazione, più specificamente è auto-rivelazione, rivelazione della grazia di Dio in lui.

Farisei ed Erodiani sulla tasse. Non c’è contraddizione nelle parole: “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio”. Solo se diamo a Dio ciò che gli è dovuto possiamo dare a Cesare e ai governanti terreni ciò che appartiene a loro propriamente. Quando, per mezzo di Cristo, diamo a Dio l’amore del nostro cuore possiamo condurre la nostra vita correttamente nelle nostre relazioni terrene.

I Sadducei e la resurrezione. Che Dio, il quale si definisce il Dio dei patriarchi, sia il Dio dei vivi implica la rivelazione della resurrezione dai morti. I patriarchi erano morti e appartenevano al reame dei morti, ovvero appartenevano ai morti. Questo è il modo in cui la Scrittura ce lo presenta. Questo non è negare che fossero salvati ma è dire che solo quando sono resuscitati appartengono nuovamente ai vivi. Pertanto, il fatto che Dio sia il Dio dei vivi richiede la loro resurrezione. Solo allora la loro vita terrena sarà restituita.

          Concetto principale: Il Cristo stesso è la risposta alle domande.

          Le tasse per Cesare. Il Signore Gesù era a Gerusalemme, la gente lo aveva portato in città giubilando. Lo avevano onorato come il Messia, il Figlio di Davide. E lui l’aveva tollerato sebbene l’adorazione di molti non fosse genuina. Onorarlo doveva essere una proclamazione della sua regalità. Ma ora Gesù era a Gerusalemme, il centro dell’opposizione contro di lui.

I capi del popolo erano lungi dall’essere felici di quegli onori. Lo incalzarono da tutte le parti sperando di coglierlo a deviare dalla legge di Mosè o di farlo sembrare inaccettabile al popolo. Cristo stette lì al centro del fuoco nemico e continuò a predicare malgrado sapesse come sarebbe finita.

I capi del popolo mandarono alcuni Farisei e alcuni Erodiani per metterlo in trappola. Questi pensavano di aver escogitato una trappola eccellente. Cominciarono con l’adularlo dicendo che era un uomo verace che quando parlava non aveva riguardi per nessuno. In quel modo sarebbe sicuramente caduto nella trappola. Poi tirarono fuori la loro domanda: si dovevano pagare le tasse a Cesare, o no? Se avesse risposto di sì avrebbe avuto contro la gente perché il popolo odiava il dominio romano. Se avesse risposto di no, sarebbero andati dai romani e l’avrebbero accusato d’insurrezione.

Gesù capì immediatamente il loro intento. Adirato, li rimproverò per la loro ipocrisia, per essersi presentati amichevolmente mentre gli stavano tendendo una trappola. Tuttavia volle rispondere alla loro domanda e nella riposta ancora una volta diede loro un insegnamento.

Si fece portare da loro una moneta d’argento (un denario), una moneta romana che era in circolazione. La moneta portava l’effige di Cesare. Mostrò loro l’immagine e li costrinse a dire che era l’immagine di Cesare. Con ciò dimostrò loro che usando quella moneta avevano di fatto accettato il dominio di Cesare cosa che portava con sé l’obbligo di pagare le tasse. In questo modo rispose loro che avrebbero dovuto dare a Cesare ciò che gli era dovuto.

Questa realtà poteva essere combinata col servizio del Signore in Israele? Non erano destinati a servire il Signore e ad essere liberi da governanti stranieri? Non dovevano un giorno essere governati dalla casa di Davide, ovvero dal Messia? Non dovevano stare attaccati a quella promessa per fede e resistere qualsiasi dominazione straniera?

In effetti, avrebbero dovuto servire solo il Signore e attendere il compimento della sua promessa. Per mezzo del Messia il Signore li avrebbe governati nella sua grazia. Ma se lo avessero veramente creduto, avrebbero anche visto i loro peccati e riconosciuto la dominazione romana come un castigo. Potevano certo gemere sotto quella dominazione e pensare della liberazione possibile da quel giogo, ma ciò avrebbe dovuto avvenire ritornando al Signore confessando i peccati. Di conseguenza avrebbero dovuto dare a Dio ciò che gli appartiene, vale a dire che dovevano dargli i loro cuori aspettando la sua salvezza.

Se diamo al Signore i nostri cuori e riconosciamo il governo sovrano del Signore Gesù Cristo, sapremo anche come condurre le nostre vite nelle relazioni terrene. Allora non saremo rivoluzionari ma riconosceremo la mano di Dio nella direzione (nella guida) della storia e riconosceremo pure il governo che ci ha dato. D’altra parte, questo non significa che approveremo qualsiasi cosa o che aspetteremo passivamente che ciò che è sbagliato migliori. Noi combatteremo pure contro tutto ciò che non è in armonia col Regno di Dio. Ma possiamo farlo solo in accordo con la sua volontà e la sua Parola.

          La resurrezione dei morti. I Farisei e gli Erodiani mandati dai capi del popolo avevano subito una sconfitta ignominiosa. La gente guardava Gesù con meraviglia. Ora giunsero delle persone da un altro partito, ovvero dai sadducei. I sadducei non credevano nell’esistenza degli angeli né nella resurrezione del corpo. Pensavano di dover accettare solo ciò che potevano comprendere e ciò che le loro menti suggerivano loro. Non erano affatto aperti alla meraviglia della grazia di Dio che vince il peccato e la morte.

Questi sadducei confezionarono una storia per dimostrare l’impossibilità della resurrezione dai morti. Procedettero da una clausola della legge di Mosè che diceva che se un uomo moriva senza figli, suo fratello doveva sposare la sua vedova. Il loro primo figlio sarebbe stato considerato figlio del deceduto di modo che il suo nome non venisse cancellato da Israele (Vedi Deuteronomio 25:5-6). Succedeva, dissero, che per questa ragione sette fratelli avevano avuto la stessa moglie. Essi chiesero quindi a Gesù di quale dei sette sarebbe stata moglie alla resurrezione dai morti.

Nel fare questa domanda presupponevano che se siamo restaurati alla vita nei nostri corpi, la vita continuerà come adesso, col matrimonio con lo stesso ruolo che ha ora. Prima di tutto il Signore Gesù dovette rimproverarli per la loro mancanza d’intendimento. Attualmente la gloria del Regno di Dio verrà. Ciò non implica solo un ripristino della vita presente fatta eccezione per il peccato. Tutta la vita, incluse tutte le relazioni attuali, entrerà in una gloria più eccelsa. Non ci sarà più nessun matrimonio perché lo sviluppo e la crescita  della razza umana sarà terminata. In quel regno di gloria ci sarà un eterno fiorire. Lì Dio sarà tutto in tutti, com’è coi suoi angeli.

Oltretutto, il Signore Gesù volle mostrare ai sadducei la loro incredulità. Dio non dice forse nella bibbia di essere il Dio di Abrahamo, di Isacco e di Giacobbe? Ma questo non avrebbe alcun significato se i patriarchi dovessero essere considerati appartenere al reame dei morti definitivamente, Dio infatti è il Dio dei vivi, non dei morti. L’onore di Dio, che è il loro Dio, richiede che siano attualmente restituiti alla terra di nuovo come esseri viventi.

I sadducei non conoscevano la potenza della grazia, la quale produrrà un completo restauro della nostra vita. Se crediamo nella potenza della grazia di Dio per amore di Cristo, la questione sarà risolta. Allora ciò che sembra essere impossibile diventa possibile. In principio, la soluzione di tutte le questioni risiede nella fede nel Signore Gesù Cristo, semplicemente perché lui ci dà la completa restaurazione delle nostre vite.

          Il grande comandamento. Uno degli scribi (studiosi della legge di Mosè) era presente ed aveva udito la conversazione. Sembrava cercare la verità sinceramente e fu felice della risposta data da Gesù ai sadducei. Anche lui gli fece un’altra domanda, ma non per prenderlo nelle sue parole. La sua era una domanda che lo stava realmente disturbando. Chiese quale comandamento venisse per primo cioè quello che era il più importante e che doveva essere osservato prima di tutti gli altri.

Quella era in realtà una domanda che proprio uno scriba avrebbe chiesto. Essi pensavano che gli uomini dovessero guadagnarsi il paradiso osservando i comandamenti. Pensavano in termini di un sacco di comandamenti che a volte potevano essere conflittuali. Pertanto, la domanda era quale precedesse tutti gli altri: le leggi che concernevano i sacrifici, per esempio, o le leggi di purificazione, o le leggi riguardanti il sabato? L’uomo era seriamente interessato a questa questione perché voleva agire coscienziosamente.

Il Signore Gesù dovette rigettare l’intera metodologia. Il primo comandamento è che c’è un solo Dio nel quale dobbiamo credere con tutto il nostro cuore. In quella fede c’è anche amore. Pertanto dobbiamo amare Dio con tutto il nostro cuore. A quel punto questo amore dirigerà tutte le nostre azioni. Per amore di Dio ci ameremo anche gli uni gli altri. Quello è il secondo comandamento ma è un requisito dato immediatamente col primo; è dato col primo perché dobbiamo amarci gli uni gli altri per amore di Dio. Ne risulta che non ci sono molti comandamenti alcuni dei quali possono confliggere con altri, ma in realtà ce n’è uno solo. Quel comandamento, che governa la nostra intera vita, è che dobbiamo amare Dio.

Lo scriba esultò a quella risposta. Era proprio così: ama Dio al di sopra di tutto e il tuo prossimo come te stesso. Era anche il modo in cui lo aveva espresso il Vecchio Testamento  ed era anche esattamente come egli stesso lo voleva benché non ne fosse stato consapevole. Vide che in questo modo era sfuggito alla confusione dei molti comandamenti. Vide anche qualcosa della gloria di quel grande requisito che governava tutti i comandamenti, perfino quelli relativi ai sacrifici.

Gesù gioì della perspicacia dello scriba, tuttavia, quella perspicacia non bastava perché lo scriba vedeva ancora l’amore come qualcosa che dobbiamo fare per ottenere il favore di Dio. Ma anche l’amore per Dio, l’amore che dirige ogni altra cosa è un dono: è una risposta all’amore con cui Dio ci ha amato per primo.

Nel Regno questo amore  ci è elargito per fede nell’amore di Dio che fa grazia, l’amore rivelato nel Signore Gesù. Ecco dunque che la fede nel Signore Gesù è la chiave della risposta alla questione di quale comandamento venga per primo. Questo lo scriba non lo vedeva ancora. Era più serio degli altri e cercava più in profondità. Per quella ragione il Signore Gesù gli disse: “Tu non sei lontano dal Regno di Dio”. E tuttavia doveva ancora vedere, in fede, la gloria della grazia di Dio in quel regno.

          Il Signore di Davide. Il Signore Gesù aveva risposto alle domande in modo tale che nessuno osava chiedergli altro, Perciò cominciò lui a fare domande: Gli scribi dicono che Cristo è figlio di Davide. Come può, Davide stesso, e lo fa sotto l’ispirazione dello Spirito santo, che il Messia è il suo Signore? Nel salmo 110 egli dice: “L’Eterno dice al mio Signore: «Siedi alla mia destra finché io faccia dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi»”.

Gli scribi non furono in grado di rispondere. Non avevano mai affrontato la questione benché avessero sicuramente letto quelle parole di Davide molte volte. Se non leggiamo le Scritture in fede, vale a dire arrendendoci in fede al Signore che si rivela a noi in esse, non saremo confrontati col miracolo della grazia. Allora leggendo ci passiamo sopra.

Il miracolo consiste in questo: che l’eterno Figlio di Dio, che è il Signore di Davide, divenne anche il figlio di Davide, ovvero l’eterna Parola fatta carne. Dio stesso venne a noi in Cristo per la nostra redenzione. Gli scribi non comprendevano nulla di quella miracolosa condiscendenza di Dio in Cristo per la nostra salvezza. Volevano salire a Dio per mezzo delle loro opere buone.

Gesù non rispose alla propria domanda. Li lasciò a rifletterci su. Avrebbero guardato in faccia il miracolo nelle Scritture e l’avrebbero trovato in fede? Ad ogni modo, egli parlò parecchio di quel miracolo della condiscendente misericordia di Dio.  La gente lo ascoltava avidamente. Lo comprendevano in fede? Magari in qualche caso i loro cuori furono aperti.

          Servire il Signore in apparenza o in verità? Come dobbiamo servire il Signore? Anche questa deve essere stata una domanda scottante tra la gente. Doveva essere fatto nel modo prescritto dagli scribi?

Gesù pronunciò un avvertimento contro le vie degli scribi. Gli scribi servivano il Signore solo in apparenza. Nei loro cuori non c’era altro che egoismo. Era evidente dal fatto che amavano pavoneggiarsi per le strade in lunghe vesti per sembrare importanti e pii e che amavano ricevere saluti rispettosi dagli altri. Amavano anche avere i primi posti nelle sinagoghe e i posti d’onore ai banchetti. Richiedevano perfino la tariffa piena per il servizio del tempio anche alle povere vedove. Essi sapevano cosa fosse dovuto al Signore! Essi stessi erano molto pii e lo mettevano in mostra con le loro lunghe preghiere in pubblico! Lo facevano principalmente per guadagnarsi il rispetto degli uomini. Il loro giudizio sarà maggiore a motivo di questa religione delle apparenze. Nel servizio sincero del Signore non dobbiamo cercare la nostra gloria. Dobbiamo tenerlo a mente sempre.

Il Signore Gesù ebbe un’eccellente opportunità per illustrare cosa intendeva. Era seduto coi suoi discepoli nel cortile delle donne dove era collocata la cassa del tesoro per le offerte del popolo. Ricchi e poveri depositavano lì le loro offerte.

Gesù vide una povera vedova gettare due spiccioli nella cassa. Era tutto quello che aveva. “Fate un paragone con ciò che danno i ricchi” disse Gesù. “Essi donano dalla loro abbondanza, ma questa vedova ha dato tutto quello che ha – tutto ciò che aveva per sopravvivere”. Molto probabilmente aveva fatto un voto ed ora lo stava pagando al Signore.

Possiamo offrire tutto ciò che abbiamo solo quando realizziamo che abbiamo ricevuto ciò che possediamo come un dono della grazia di Dio. Non è necessario darlo via tutto ma quando lo utilizziamo deve servire Dio. Allora sapremo anche dare la giusta porzione per il suo servizio nella chiesa. Tutto diventa un dono di grato amore.

Dio ci ha dato tutto dalla sua grazia per amore di Cristo. Noi gli diamo solo ciò che è suo di diritto. Però, molti che gettavano il loro dono nella cassa lo avevano fatto dalla loro abbondanza e pensavano di aver fatto molto per il Signore e che il Signore doveva loro molto indietro. Gli scribi avevano insegnato al popolo che si poteva comprare il favore di Dio.

Lo scopo degli scribi nel donare era comperare il favore di Dio. Non comprendevano nulla della sua grazia che dona tutto liberamente. Noi quella grazia la accettiamo per fede.

Il servizio degli scribi era superficiale, cosmetico, perché essi non comprendevano nulla della grazia di Dio. Erano privi della fede in Cristo. Solo per fede nel Signore Gesù Cristo e nella grazia che ci è conferita in lui possiamo imparare a servire Dio in spirito e verità.


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