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15: In cerca di frutto

Matteo 21:18-46

Dio cerca frutto nella nostra vita, il frutto della fede, ma non lo trova. Perciò il suo giudizio e la sua maledizione scendono su di noi. Ma quando il Cristo pronuncia il giudizio, allo stesso tempo prende la maledizione su di sé. Di conseguenza c’è speranza malgrado tutto. Da un lato, quando il Signore Gesù pronuncia la maledizione e dice: “Non nasca mai più frutto da te in eterno!”, è  la fine, ma dall’altro lato egli crea la fruttuosità di nuovo.

L’Israele disobbediente del vecchio patto sta morendo ma il nuovo Israele viene preservato e rinnovato nei suoi eletti. La vita è redenta perché Cristo si pianta lui stesso il mezzo alla maledizione.

Secondo Marco era troppo presto per trovare fichi. Nel caso del fico compare prima il frutto e poi le foglie. Il Signore Gesù trovò un fico che inusualmente presto nella stagione era pieno di foglie. Come accade spesso in natura, le foglie ebbero il sopravvento a spese del frutto. È la stessa cosa nella vita dell’uomo.

          Concetto principale: Cristo porta egli stesso la maledizione della nostra infruttuosità
affinché noi si possa portare
frutto.

          Deludente infruttuosità. Il Signore Gesù era venuto a Gerusalemme. Il venerdì camminò fino a Betania e vi trascorse il sabato. La domenica entrò a Gerusalemme in mezzo alle grida giubilanti delle folle. Prima che fosse passata la settimana la gente gli si sarebbe rivoltata contro. Ciò nonostante egli insegnò apertamente nel tempio. Ogni sera ritornò a Betania per passarvi la notte.

Una certa mattina, mentre stava ritornando di nuovo da Betania a Gerusalemme, vide un fico lungo la strada. Il fico era pieno di foglie benché fosse presto nella stagione: era proprio poco prima della Pasqua. Gesù si accorse del fico perché aveva fame. A quanto pare quella mattina non aveva mangiato nulla. Di solito il fico produce i suoi primi frutti commestibili non appena ha sviluppato il fogliame. Sperando di trovarvi qualcosa da mangiare Gesù si avvicinò al fico. Ma rimase deluso: non c’erano frutti sull’albero.

Il Signore Gesù vi vide un riflesso della vita umana. Dio cerca frutto nella nostra vita e noi abbiamo molto da mettere in mostra. Le nostre vite sono pienamente sviluppate e apparentemente produttive — siamo, per così dire, in piena foglia — ma tutti gli uomini sono interessati solo a se stessi e non c’è frutto per Dio.

Il Signore Gesù pronunciò sul  quel fico una maledizione e dichiarò che non avrebbe mai più fatto frutto. Con ciò intese dire che la maledizione sarebbe caduta nello stesso modo sulla vita infruttuosa degli uomini, incluso lo sterile Israele. La sua opera in mezzo ad Israele sembrava essere stata infruttuosa. Il popolo non si era lasciato raccogliere da Gesù. Nel cuore di Israele e dei suoi anziani la decisione di ucciderlo era già stata presa. L’avrebbero fatto in quella stessa settimana. Perciò la maledizione avrebbe colpito Israele.

E tuttavia Il Signore Gesù si piantò egli stesso nel mezzo della maledizione che aveva pronunciato. Dopo tutto, era venuto per assumersi la maledizione. Così rappresentò lui il fico che era stato maledetto. Lui avrebbe esaurito quella maledizione e in tal modo salvato i suoi, Israele incluso. Anche Israele sarà tra le nazioni che un giorno loderanno il Signore per la loro salvezza.

Anche la nostra vita è maledetta dal Signore; o meglio: il nostro vecchio uomo è maledetto. Ma per fede la nostra vita verrà anche preservata. Il Signore farà in modo che questa vita qui sulla terra porti frutto.

Il giorno seguente il Signore Gesù passò davanti allo stesso posto con i suoi discepoli. Il fico era già secco, miracolosamente. I discepoli ne furono sbalorditi e vi attirarono l’attenzione di Gesù. Non dovrebbero essere stati sorpresi perché lo stesso potere era a loro disposizione se solo avessero creduto. Se avessero parlato dalla fede avrebbero potuto dire alla montagna su cui era edificata Gerusalemme: “Gettati in mare” e sarebbe avvenuto.

Ovviamente non significava che sarebbero stati capaci di fare ogni sorta di gesta magiche. La fede è sempre occupata con la venuta del Regno di Dio. Nel servizio di quel Regno i discepoli sarebbero stati in grado di pronunciare la maledizione per spostare tutto ciò che ostacolasse la venuta del Regno. Tutte le maledizioni che avessero pronunciato sarebbero andate ad effetto. Qualsiasi cosa avessero desiderato in accordo con la sua volontà l’avrebbero ricevuto.

Anche i credenti eserciteranno grande potere se si saranno arresi alla volontà di Dio. Tutto ciò che non porta frutto soffrirà la maledizione e farà posto per ciò che è fruttifero.

          Cuori chiusi. Quando Gesù arrivò a Gerusalemme, gli scribi e gli anziani gli si avvicinarono e gli chiesero con quale autorità facesse quelle cose. Chi gli aveva dato quell’autorità? Non era una domanda onesta. In realtà non volevano essere istruiti riguardo al Regno di Dio. Non volevano sentir parlare della sua autorità nel Regno perché non credevano che Dio gli avesse data alcuna autorità. Speravano di fargli un trabocchetto mediante il quale Gesù si incriminasse da solo. In simili circostanze Gesù non poteva donarsi a loro nella sua grazia. Per quanto volesse darsi loro nella sua grazia, non avrebbe loro risposto se non desideravano la sua grazia.

Perciò rispose facendo a sua volta una domanda per confrontarli con la loro indisponibilità ad ascoltare e col pregiudizio dei loro cuori. Chiese se Giovanni Battista fosse stato mandato da Dio a battezzare o se l’avesse fatto di suo.

La domanda li mise in una posizione imbarazzante. Se avessero detto che Giovanni era stato mandato da Dio, Gesù avrebbe chiesto perché non gli avevano creduto. Se avessero detto che il ministero di Giovanni era stato una sua invenzione avrebbero avuto il popolo contro perché il popolo considerava Giovanni un profeta.

Non era intenzione del Signore, comunque, di dare loro scacco matto. Volle solo sottolineare che non erano né interessati ad ascoltare  né volevano arrendersi. In questo modo avevano perso il diritto d’una risposta sulla grazia divina. Per salvarsi dall’imbarazzo risposero che non lo sapevano, al che Gesù dichiarò che in quel caso non avrebbe rivelato loro la fonte della sua autorità.

Così giudicò la durezza dei loro cuori. La parola di Dio divenne per loro un libro chiuso. Ma per questo Israele, che era ora condannato grazie ai suoi capi, c’era salvezza perché Gesù era venuto a caricarsi del giudizio. Anche noi facciamo molte domande, non da un desiderio di ascoltare la grazia di Dio che preserva, ma per giudicare Dio. A quel punto meritiamo che il segreto della grazia di Dio ci sia chiuso per sempre. Ciò nonostante Dio ce lo rivelerà lo stesso e aprirà i nostri cuori a quel segreto. Stiamo ascoltando?

          Servizio di labbra. Il Signore Gesù volle penetrare ancor più in profondità nella loro consapevolezza affinché scoprissero chi erano. Erano sempre pronti a fare appello alle loro molte opere buone e alla loro obbedienza alla legge. Volle insegnare loro che si trattava di servizio di labbra, che non facevano quelle opere per amore di Dio.  Non avevano mai conosciuto Dio nell’amore della sua grazia. Tutto ciò che facevano era per se stessi. Nei loro cuori erano disobbedienti al Signore.

Gesù volle insegnarlo loro ancora con una parabola. C’era un uomo che aveva due figli. Il padre disse al più vecchio che quel giorno avrebbe dovuto lavorare nella vigna. Il figlio non ne aveva voglia e disse subito che non l’avrebbe fatto. Tuttavia questo giovane conosceva suo padre. Era affezionato a suo padre e in cuor suo riconobbe che suo padre aveva il diritto di chiedergli di farlo. Perciò cominciò a pentirsi della ribellione e quel giorno andò alla vigna a lavorarci.

Nel frattempo il padre era andato dal figlio più giovane e gli disse di andare nella vigna a lavorare. Egli annuì. Dalle apparenze si era sottomesso alla volontà del padre ma nel suo cuore si interrogava su che diritto avesse suo padre di dargli ordini. Non conosceva suo padre e non gli era affezionato. Ignorò la propria promessa e non andò.

Anche nel cerchio della famiglia c’è una relazione pattizia in cui ciascun figlio ha il proprio posto e il padre ha autorità. Questa relazione pattizia è un’immagine riflessa della relazione in cui viviamo col Signore. Questa è la ragione per cui il Signore Gesù poteva usare questo paragone nel parlare con gli anziani  d’Israele.

Chiese loro quale dei due figli avesse fatto la volontà del padre. Quando risposero: il più vecchio, egli replicò che molti dei collettori di tasse e dei pubblicani in Israele erano come quel figlio più vecchio. Avevano rigettato la Parola del Signore e ignorato il suo patto. Ma poi era venuto Giovanni Battista, che si attenne rigidamente alla legge, e disse che questa legge anticipava la venuta del regno della grazia. E quando predicò che questo regno era ora vicino, collettori di tasse e pubblicani peccatori si volsero al Signore e gli divennero obbedienti in fede.

Gli anziani del popolo, invece, erano stati sordi alle parole di Giovanni ed erano ora disturbati dall’esempio dei collettori di tasse e dei pubblicani. Questo aveva dimostrato che la loro obbedienza alla legge era servizio di labbra. Non erano diventati obbedienti al padre che era anche venuto a loro nella sua grazia mediante la legge. Quella era la ragione per cui non erano stati capaci di ascoltare le parole di Giovanni né avevano voluto farlo.

Quanto sbagliamo se ci lusinghiamo con l’idea d’essere obbedienti mentre in realtà non lo siamo! Spesso fingiamo di obbedire ma non ci sottomettiamo alla grazia. Viviamo ancora per noi stessi. E tuttavia Cristo ha espiato per questo giudizio che ha pronunciato. Anche per tali persone c’è salvezza. La potenza della grazia di convertire è grande abbastanza anche per quel peccato. Lo crediamo?

          I frutti rifiutati. Il Signore Gesù raccontò un’altra parabola agli anziani del popolo. Una volta, spiegò, un proprietario piantò una vigna. Ne prese ottima cura, le mise un recinto per tenere fuori ladri e animali selvatici, vi scavò un luogo ove pigiare l’uva e costruì una torre dove potevano abitare i locatari. Poi assunse certi vignaioli perché la lavorassero.

Il proprietario partì. Al tempo della vendemmia mandò dei servi a prendere il frutto. Ma i vignaioli rifiutarono di versarglielo. Volevano tenersi il frutto tutto per sé. Batterono i servi, ne uccisero alcuni, altri li scacciarono lanciando pietre contro di loro. La stessa cosa avvenne quando furono mandati altri servi.

Infine il padrone mandò il proprio figlio. Sicuramente avrebbero rispettato lui! Il figlio avrebbe trattato con loro con maggiore autorità. Ma essi presero il figlio, lo gettarono fuori dalla vigna e lo uccisero con l’intenzione di tenersi la vigna. Probabilmente il proprietario non era più in grado di occuparsene e oltretutto non aveva più un erede cui lasciarla.

“Quando verrà il padrone della vigna” chiese il Signore Gesù, “cosa farà a quei vignaioli?”.  “Li farà perire miseramente”, risposero gli anziani,  “e affiderà la vigna ad altri vignaioli, i quali gli renderanno i frutti a suo tempo”.

Con quella risposta pronunciarono la sentenza su se stessi. Il Signore aveva dato a Israele la promessa del Regno e il patto della sua grazia. Poi aveva mandato i suoi profeti con una chiamata: dovevano dire al popolo di dare al Signore i frutti della fede e della conversione.

Il Signore cerca frutto  dalla fede che ha piantato nella sua grazia. Israele, invece, aveva battuto e ucciso i profeti: Israele voleva vivere per se stesso. Infine Dio aveva mandato suo figlio che chiese le stesse cose che avevano chiesto i profeti, cioè che Israele credesse e si volgesse al Signore nella grazia. Avrebbero ucciso il Figlio. Il Signore non lo avrebbe forse vendicato?

Tuttavia il Signore Gesù avrebbe sofferto la morte per la loro ribellione, il loro rifiuto di consegnare il frutto. Avrebbe sofferto per espiare tutti i loro peccati. Poi sarebbero venuti altri che sarebbero stati inseriti nel patto di Dio e nel suo Regno e che non avrebbero rifiutato i loro frutti al Signore.

          La pietra rigettata. Dio avrebbe fatto un miracolo che avrebbe portato giudizio e salvezza. Il Signore Gesù Cristo sarebbe stato rigettato. Precisamente a causa di quella reiezione avrebbe sofferto la morte e rimosso quella reiezione. In questo modo sarebbe diventato una benedizione e avrebbe salvato persone che avevano un tempo rigettato la grazia divina in lui. Ma guai a chi avrebbe continuato a rigettarlo! A questi egli sarebbe diventato un giudizio eterno.

Questo è ciò che volle dire agli anziani del popolo. Per fare questo punto, fece riferimento a un detto del Vecchio Testamento che era familiare a tutti. Nel salmo 118 leggiamo che ci sarebbe stata una pietra che i costruttori avrebbero rigettata perché l’avevano giudicata inadatta. Ma Dio avrebbe reso quella pietra la più importante di tutto l’edificio: la pietra angolare. Quella pietra era il Signore Gesù Cristo. Gli anziani d’Israele lo avrebbero rigettato come dannoso per il popolo. Tuttavia, su di lui Dio avrebbe costruito il suo tempio spirituale del quale i credenti sono pietre viventi.

Ma questo Israele sotto questi capi sarebbe stato rigettato. Dio avrebbe chiamato un popolo per sé tra le nazioni del mondo incluso Israele. A quel popolo avrebbe dato il regno. Guai a quelli che si fossero scandalizzati del Signore Gesù. Quella pietra li avrebbe stritolati.

I capi sacerdoti e i farisei compresero molto bene che il Signore Gesù stava parlando di loro in queste parabole. Ma non diedero retta all’avvertimento e non si sottomisero alla parola della grazia. Odiarono ancor di più il Signore Gesù per i suoi ammonimenti e complottarono insieme per intrappolarlo.

Queste faccende che avevano con lui dovevano terminare perché quella grazia di cui parlava, la grazia di cui non volevano sapere, stava mettendo a repentaglio la loro posizione presso il popolo. In quel momento non osarono arrestarlo per timore della folla. Tutto il popolo lo considerava un profeta.


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