INDICE:

51: Cristo il Signore

Luca 2:1-20

L’angelo disse ai pastori: “È nato per voi Cristo il Signore”, ovvero Colui che è stato mandato dal Dio del patto, Colui che è stato istituito Signore. E Cristo stesso è anche il Dio che per mezzo del suo patto è unito col mondo in grazia e amore.

L’unione più intima fu stabilita nella venuta della Parola nella carne. Pertanto, la nascita del Cristo fu il compimento della promessa fatta nel patto. È vero che questa unione di Dio e l’uomo nel Cristo trascende di gran lunga la comunione del patto, ma la comunione pattizia è fermamente garantita in questa unione.

La nascita di Cristo portò un nuovo inizio, un nuovo punto di partenza. La catena fatale indicata  dalle parole: “Chi può trarre una cosa pura da una impura?” (Giobbe 14:4) era ora stata spezzata. Ciò fu possibile nel caso di Cristo perché la sua nascita fu dallo Spirito. Ciò che era accaduta era da Dio solo, era un perfetto miracolo della sua grazia.

In un certo senso non c’erano punti di contatto qui nella vita sulla terra, nel senso che senza la grazia nulla sarebbe stato in sintonia con Dio, nessuno avrebbe cercato Dio. Per quanto concerne la direzione della vita c’è una completa opposizione (antitesi) tra lo Spirito e la vita della carne.

Eppure fu possibile per Dio nascere nella carne. È perché lo scopo della creazione era ancorato alla comunione dell’uomo con Dio. Nel suo patto Dio desiderava darsi al suo popolo. Voleva essere glorificato in quella comunione pattizia. Quella è la ragione per cui aveva creato l’uomo e il mondo intero. In questo modo, la nascita di cieli e terra fu una nascita provenuta dallo Spirito di comunione. A quel tempo la comunione era ancora provvisoria: l’uomo poteva ancora ritrarsi da essa, come infatti fece. A causa della Caduta, la vita della carne ora forma un contrasto con lo Spirito, ma l’originale disposizione dello Spirito verso la comunione non è stata persa. Nella sua opera di redenzione Dio potè applicare i suoi sforzi in quella direzione. Questa nostra vita potè di nuovo conoscere la comunione dello Spirito e quindi diventare spirito – non provvisoriamente ma per sempre perché divenne spirito. Siccome l’originale disposizione dello Spirito alla comunione non fu persa, fu possibile a Dio nascere nella carne.

La comunione fra Dio e l’uomo è lo scopo dell’intera creazione di cielo e terra. Di conseguenza, è in quella comunione che l’uomo è signore di cielo e terra e pertanto anche degli angeli. Ora che questa più stretta unione è stata costituita in Lui, Cristo è anche il Signore. Poiché questa comunione fra Dio e l’uomo era lo scopo della creazione, l’esistenza del mondo e anche degli angeli dipendeva da quella comunione. Ecco perché la Scrittura può dire in Colossesi 1:20 che tutte le cose che siano sulla terra o in cielo sono state riconciliate.

Mediante iil ripristino della comunione tra Dio e l’uomo in Cristo, anche gli angeli sono stati riportati alla giusta relazione con Dio. Lo scopo della loro esistenza risiedeva anch’esso nella comunione fra Dio e l’uomo. Non dobbiamo considerare gli angeli che cantarono nei campi di Efrata degli spettatori disinteressati della nascita di Cristo. Loro stessi avevano un grande interesse in quella nascita. Poiché la comunione fra Dio e l’uomo è stata ripristinata, cielo e terra sono uniti di nuovo in Cristo, e uomini e angeli sono di nuovo in grado di comprendersi a vicenda.

Diventando carne Cristo entrò anche nella storia di questa vita. Perciò questa storia non rimane aliena a Dio ma diventa storia del patto. Questo evento si unisce a tutto ciò che è accaduto prima nel patto; in altre parole, tutto ciò che era avvenuto in precedenza e sarebbe accaduto successivamente è collegato a questo evento a Betlemme. Questo evento governa tutta la storia: dire patto è dire storia.

Davide fu signore, e lo fu pure Salomone. Il legame tra Dio e loro era stato dato nel suo patto, e per quel legame possedettero la terra. Ma furono ciò che furono per mezzo di Cristo.

          Concetto principale: Cristo è nato come Signore.

          A Betlemme. Dopo aver visitato Elisabetta, Maria ritornò a Nazareth. Con chi avrebbe potuto discutere ciò che era accaduto lì se non con Giuseppe, il suo fidanzato, al quale pure l’angelo aveva rivelato il miracolo? Ma l’annuncio della nascita da parte dell’angelo rimase un segreto fra loro due, segreto che non avrebbero rivelato a nessun altro.

In genere, il mondo assume uno strano atteggiamento nei confronti del miracolo della grazia di Dio. La grazia di Dio è realmente venuta nel mondo ma chi ne conosce qualcosa o la vive? Chi vive per il miracolo? (Vedi capitolo 39 sopra).

Ma Giuseppe e Maria furono presi nella spirale che in quei giorni aveva coinvolto il mondo intero. L’imperatore di Roma aveva emesso un decreto che tutto il mondo venisse registrato. Tutta la gente dell’impero doveva essere censita e le proprietà catastate. In questo modo l’imperatore avrebbe potuto farsi un’idea del potere che aveva. Quant’è estranea questa vita dove la gente si gloria del proprio potere se paragonata a quell’altro mondo in cui la gente vive per il miracolo della grazia, quel mondo in cui gli uomini si gloriano solo nella misericordia di Dio!

Il censimento dell’impero romano deve aver scomodato terribilmente Giuseppe e Maria perché li costrinse a viaggiare e scombussolò la loro vita normale. Giuseppe non era di Nazareth; era venuto lì come forestiero. La sua famiglia era di Betlemme, lui era infatti un discendente di Davide. Ed era fatto obbligo che ciascuna persona fosse censita nella città d’origine della famiglia. Perciò Giuseppe dovette andare a Betlemme. Ma non osò lasciare a casa Maria perché era circa il tempo che il suo bambino nascesse. Cosa sapeva la gente di Nazareth del meraviglioso segreto di questa nascita? Così viaggiarono insieme da Nazareth a Betlemme.

Quanto poco quei due sospettarono che la grazia di Dio governasse questo corso d’eventi nella storia dell’impero romano e nelle loro stesse vite! Dio aveva voluto che il Redentore nascesse a Betlemme, nella città di Davide, dove era vissuta la famiglia di Davide. Nel suo provvidenziale governo della storia Dio colse questo collegamento. Non aveva forse dato liberazione al suo popolo per mezzo di Davide?

Davide aveva  vissuto in comunione con Dio e Dio in comunione con lui. Questo è ciò che aveva fatto di Davide signore sul suo popolo e sulla sua terra. E con Davide la gente aveva avuto il privilegio di possedere la propria terra. A Davide era stata data la promessa che il Cristo sarebbe nato nella sua discendenza. Nel Cristo fra Dio e l’uomo sarebbe venuta una comunione molto più intima perché egli stesso era sia Dio che uomo. Perciò sarebbe stato Signore non solo su Israele e sul paese di Canaan ma su tutti i popoli, sopra entrambi il cielo e la terra. E il suo popolo avrebbe di nuovo posseduto cielo e terra con lui. La promessa data a Davide sarebbe stata compiuta in un modo molto più stupendo di quanto chiunque avesse mai potuto  immaginare. Ma era il compimento della promessa fatta a Davide. Pertanto Cristo doveva nascere a Betlemme; Dio stava dirigendo le cose in quella direzione.

          Nato nella carne. Quando furono a Betlemme, Giuseppe e Maria non riuscirono a trovare alloggio. A causa del censimento generale era giunta in città molta gente e l’albergo era al completo. Trovarono infine posto in una stalla. Come devono essersi sentiti strano lì. Nei loro cuori c’era un’estasi troppo grande per loro da contenere. Non c’era nessuno con cui condividerla; in effetti ad uno di fuori sarebbe sembrato come se il Signore non fosse più con loro in questa cosa visto che aveva permesso che finissero in un tale tugurio.

Lì nacque il piccolo bambino. Maria stessa lo fasciò e lo depose nella mangiatoia. Che meravigliosa gioia deve essere stata per Maria! L’amore di una madre faceva sprizzare la gioia dappertutto. Ma all’opera qui c’era più che amore materno; la sua fede e quella di Giuseppe deve aver visto la grandezza dell’evento. Quel piccolo bambino era il Figlio di Dio, il Redentore del mondo. Allo stesso tempo era il suo piccolo bambino, sua carne e sangue.

Devono essere stati senza parole dalla gioia quando Maria avvolse il bambino in fasce. Anche Giuseppe lo prese in braccio. Era Dio così vicino a loro? Era nella loro carne? Di fatto si è avvicinato a noi proprio tanto così. Ma guai a noi se non lo riconosciamo nel suo amore e non desideriamo conoscerlo. Poteva avvicinarsi più di così, più di nascere nella nostra carne? Non lo afferreremo con le nostre mani e diremo: “Sei mio”?

E tuttavia Giuseppe e Maria devono anche essere stati sconcertati. Quel piccolo era il Figlio di Dio nella nostra carne. Perché dunque era nato in simili circostanze? Anche Maria deve aver sognato i propri sogni. Le circostanze devono essere state per lei una grande delusione.

Non c’è dubbio che comprese meglio successivamente. Quel piccolo bambino era il Figlio di Dio, nato da un miracolo dello Spirito santo. Era possibile? Era possibile che Dio nascesse nella nostra carne che era così carica di colpa e così completamente corrotta dal nostro peccato? Allora doveva esser nato per espiare quella colpa; doveva esser nato per soffrire. Questa umiliazione di Gesù alla nascita era già una profezia del suo soffrire.

Più tardi Maria deve aver visto una profezia della croce in quella stalla e quella mangiatoia. Ma egli dovette nascere per santificare la nostra carne. Se crediamo in lui che è venuto a espiare i nostri peccati, egli santifica anche noi e giungiamo a partecipare della sua santità. Allora siamo nati di nuovo. Anche per noi questa nascita è dallo Spirito. Dovremmo essere travolti dal fatto che sia stato possibile che Dio nascesse nella nostra carne.

          Gloria a Dio nell’alto dei cieli! La nascita di Dio nella nostra carne concerne non solo la terra ma anche il cielo. Cristo è Signore anche degli angeli. Se un uomo ha comunione con Dio è signore a nome di Dio su tutte le cose, in cielo e sulla terra. E per certo, colui che è sia Dio che uomo è Signore degli angeli. Il cielo e gli angeli gioirono alla sua nascita. Quella stessa notte avvenne qualcos’altro: la lode degli angeli ci fu rivelata.

Quella notte c’erano pastori nei campi intorno a Betlemme che tenevano d’occhio le loro greggi. Questi pastori non stavano certo pensando di angeli. E noi quanto spesso li pensiamo? È come se gli angeli non facessero parte della vita sulla terra. Santi angeli che si mescolano con questa vita oscura, peccaminosa? Angeli? Sembra quasi una fiaba. Crediamo veramente che esistano? Simili spiriti che sono totalmente luce,  comunicano spiritualmente con questa nostra vita tenebrosa? Ci sono completamente estranei. E noi per natura non siamo per niente pronti per un’apparizione di angeli.

Non lo erano neanche quei pastori. Eppure, improvvisamente, eccoli! Dapprima c’era solo un angelo nel bagliore della gloria celeste. Quello è lo splendore della gloria della grazia di Dio. Quella gloria non è nulla che debba causare paura perché Dio vuole rivestire con essa le nostre vite. Ma spesso non lo crediamo. Quanto lontani spesso siamo da quella gloria a causa della nostra incredulità! Perciò quella gloria da adito alla paura. Dopo tutto noi siamo peccatori che semplicemente non riescono a vedere quella gloria. Così i pastori furono similmente riempiti di paura.

L’angelo disse che non dovevano avere paura perché portava una notizia gioiosa, ovvero che la paura che la gente aveva del cielo era tolta perché era nato il Salvatore. Cristo avrebbe ottenuto cielo e terra per Dio mediante il suo sangue e con ciò avrebbe riconciliato cielo e terra, angeli e uomini. Era nato a Betlemme, nella città di Davide. La promessa, fatta a Davide, sarebbe stata adempiuta in lui in un modo molto più glorioso di quanto lo fosse stata ai giorni di Davide. Tutto il popolo di Dio avrebbe gioito in lui.

La loro fede avrebbe ricevuto pure un segno. Se fossero andati a Betlemme, avrebbero visto un bambino fasciato, coricato in una mangiatoia. Quello era effettivamente uno strano segno. Devono aver immaginato il Signore di cielo e terra in circostanze alquanto diverse. D’altro lato, se avessero trovato le cose come aveva detto l’angelo, ciò avrebbe confermato la loro fede nella parola dell’angelo.

La fede, quella che accetta i miracoli, ha anche i suoi segni miracolosi. E per certo questo particolare segno è divenuto molto significativo per la nostra fede. Nella sua umiliazione, in quelle fasce e in quella mangiatoia, era a disposizione di tutti. Essendo nato in una stalla il Signore di cielo e terra non era troppo remoto neanche per i più umili sulla terra.

Improvvisamente i pastori videro una moltitudine di angeli in quel bagliore celestiale. E udirono parole che sembravano musica. Anche il significato delle parole li raggiunsero. Udirono gli angeli lodare Dio e dire: “Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e pace in terra agli uomini, su cui si posa il suo favore”. Gli angeli cantavano di armonia tra il cielo dove Dio è glorificato e la terra dove gli uomini, condividendo nel beneplacito di Dio, hanno pace. Potrebbe sembrare che gli uomini, anche quando sono consapevoli del beneplacito di Dio, non abbiano molta pace con se stessi, con gli altri e con la vita in generale. Tuttavia gli angeli, nel loro cantico di lode, hanno indicato la via a quella pace. Se siamo uniti agli angeli nel lodare Dio per il miracolo della salvezza, quella pace è in noi.

I pastori non avevano mai sperimentato nulla di simile prima d’allora e niente di simile è stato sperimentato sulla terra di nuovo. Gli angeli se ne andarono via e tornarono in cielo.Volarono sempre più alti in lode al Signore. Eppure, per fede, andiamo con loro.

Se lodiamo Dio per il miracolo della sua grazia in Cristo, voliamo alti quanto gli angeli. Non c’è più alcuna opposizione tra la vita degli angeli e la nostra vita di fede. Gli angeli non sono più una fiaba ma appartengono alla nostra vita sulla terra sebbene i nostri occhi non li vedano.

          L’adorazione dei pastori. I pastori devono aver visto il contrasto tra gli angeli e se stessi solo per un momento. Essi avevano visto la luce celeste e udito la musica celeste poi improvvisamente tutto era scomparso. Eccoli lì di nuovo con i loro piedi per terra. Era buio tutto attorno a loro e nel mondo era tutto nero come la pece a causa del peccato. Era stata un’allucinazione o dopo tutto era vero? Ma tutto ciò non era possibile. La loro fede ancora lottava con le tenebre del mondo.

Tuttavia, avevano ricevuto un segno, prova di ciò che avrebbero trovato a Betlemme. Perciò si affrettarono verso Betlemme e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino che giaceva nella mangiatoia, proprio come l’angelo aveva detto e la loro fede prese il volo perché lì giaceva il Salvatore che avrebbe rimosso l’opposizione tra cielo e terra: Cristo il Signore, il padrone di cielo e terra. In Lui il pieno favore di Dio era con gli uomini.

Potevano veramente crederlo? Era vero! Questo bambino era quello atteso. Si sgomitarono davanti alla mangiatoia per poter dare una buona occhiata. Forse lo hanno pure toccato per un momento e preso la sua piccola mano nelle loro mani callose. Quello era il salvatore! Credettero e vollero essere una parte di lui. Lui apparteneva loro perché Dio lo aveva loro dato, e loro appartenevano a lui.

E noi dobbiamo credere perché Colui che è Dio, la pienezza della grazia di Dio, è della nostra carne e sangue. Il suo posto è in mezzo a noi, Dio ce lo ha dato. Guai a noi se desiderassimo annullare questo atto di Dio.

I pastori non riuscivano ad averne abbastanza ma alla fine dovettero andarsene. Tuttavia non poterono tacere. A chiunque volesse ascoltare raccontarono ciò che l’angelo aveva detto, vale a dire che il piccolo bambino era il Salvatore, il Signore. Tutta la gente che alloggiava a Betlemme, molti di loro della casa di Davide, ne sentirono parlare insieme e tutta Betlemme. Dio fece in modo che la notizia fosse data per prima alla casa di Davide. Cosa ne fecero? Successivamente non si sente più nulla della loro risposta.

Giuseppe e Maria udirono tutto quello che i pastori dissero. Maria non era ancora troppo emozionata per esprimere i propri sentimenti. Per lei, quella salvezza, quel miracolo, divenne sempre più grande. Il cielo era stato aperto dal suo piccolo bambino e la gloria del cieli era destinata al mondo. Non riusciva a pensarci abbastanza. Vedeva infinite possibilità. Non poteva ancora prevedere o comprendere tutto, ma credere, credette, e sperimentò un’incommensurabile gioia. Molte persone rifiutano di credere ciò che non riescono a comprendere, ma non Maria.

I pastori dovettero ritornare alle loro greggi ma tornarono con un cantico nel loro cuore e portarono con sé la gioia dell’adorazione. Sentirono  che realmente ora potevano prendersi di nuovo cura delle loro greggi perché la lode del Signore non era più in conflitto con le loro occupazioni terrene.

Mediante questo collegamento col cielo, siamo santificati al Signore in tutte le cose, e questo ci abilita anche a svolgere le nostre mansioni sulla terra. Grazie al Cristo, la nostra intera vita e il nostro lavoro possono essere visti alla luce del cielo.


Altri Studi che potrebbero interessarti