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25: Nel reame dei morti

Matteo 27:57-66

Secondo le Scritture, morire  ed essere sepolto, significa entrare nel reame dei morti. Non dobbiamo pensare il reame dei morti come un luogo particolare perché sappiamo che la morte porta una separazione immediata tra quelli che sono con Gesù e quelli che sono sotto la maledizione. Il regno dei morti è i morti presi collettivamente. Proprio come parliamo del regno animale e del regno vegetale, le Scritture parlano del regno dei morti.

Entrare nel reame dei morti ha prima di tutto un significato negativo, ovvero che non siamo più nella terra dei viventi, non siamo più sotto il sole. Ma l’ingresso in questo reame è il risultato del peccato. Ciò che questo significa principalmente è che siamo dimenticati: che il nostro nome perisce con noi. Allora la nostra vita intera diventa vuota e inutile.

Per i credenti quella maledizione è ora stata veramente tolta. Il loro nome non perirà con loro. Un giorno la loro vita sarà restaurata alla gloria, non saranno esistiti invano. Ma questo non altera il fatto che anche i credenti entrano nel reame dei morti, che per un tempo appartengono ai morti. Da un lato, per loro la morte è un guadagno in quanto entrano nella più intima delle comunioni con Cristo; dall’altro è una perdita perché la loro vita e il loro nome sta ancora aspettando di essere ripristinato alla luce.

In connessione alla sepoltura dei morti, pertanto, non dobbiamo pensare solo al corpo. Secondo le Scritture l’uomo entra nel reame dei morti. Se non lo comprendiamo non afferreremo il significato della morte e sepoltura di Cristo. Alla sua sepoltura non solo fu fatto qualcosa col suo corpo ma egli entrò il reame dei morti. Le Scritture di solito non dicono che sia resuscitato dalla “morte” ma “dai morti”. Come uomo Gesù andò anche “ai morti”.

D’altro lato, questo non esclude che Cristo, nello Spirito, sia andato al Padre, Dipende tutto dal lato da cui si vedono le cose. Con la morte e la sepoltura di una persona la sua presenza nel corpo qui sulla terra scompare; qui il suo nome scompare. Quel nome richiede restaurazione. D’a un’altra prospettiva tale credente è con Gesù.

Anche Cristo entrò nel reame dei morti. La maledizione cadde anche su di lui. Perciò sarebbe stato dimenticato lì per sempre. La sua vita sarebbe stata inefficace e il suo nome sarebbe perito con lui. Quella era stata esattamente l’intenzione degli anziani quando sigillarono la pietra davanti alla tomba.

Però, Cristo patì la pienezza della maledizione sul peccato, perciò poté spalancare le porte di quel regno e resuscitare dai morti. Il suo nome non perì con lui. Quella vittoria fu guadagnata per tutti quelli che gli appartengono.

          Concetto principale: Cristo entra nel reame dei morti per aprirne le porte.

          Sepolto per mano dei suoi amici. Tra i discepoli del Signore Gesù in senso ampio c’era un certo ricco di Arimatea di nome Giuseppe. Quest’uomo aveva creduto in lui ma era sempre rimasto sulle retrovie. Quando seppe che Gesù era morto andò da Pilato e ne richiese il corpo per poterlo seppellire. Amici di persone condannate, o membri delle loro famiglie lo facevano spesso. Pilato non fece obiezioni.

Giuseppe e alcuni altri con lui andarono al Golgota e insieme tolsero il corpo dalla croce. Lo toccarono delicatamente. Pesava tanto sulle loro braccia e le loro spalle. Lo avvolsero un un lenzuolo di lino di ottima qualità e lo trasportarono ad una tomba nuova lì vicino di proprietà di Giuseppe. Egli fece rotolare davanti all’apertura una grande pietra e se ne andò. Alcune delle donne furono testimoni di questa sepoltura.

Era meraviglioso che Gesù fosse stato seppellito per mano dei suoi amici che continuavano a mostrargli amore e rispetto. Eppure, lo avevano fatto nella convinzione che ora toccava a loro fare quello che potevano per Gesù. Era effettivamente il corpo di Gesù quello che stavano seppellendo e tuttavia era come se lui non fosse realmente lì. Nella loro mente la sua vita sulla terra era una storia chiusa. Anche lui qui aveva finito. Era andato ai morti, ovvero a quelli che sono dimenticati sulla terra. Il suo ministero aveva sollevato grande clamore in Israele ma ora tutto sembrava essere stato inutile. Di lì a un po’ nessuno si sarebbe più ricordato di lui.

Quello è infatti il giudizio che ci è caduto addosso a causa del nostro peccato. Non passa molto che moriamo e siamo sepolti, e poi dimenticati. Che rimane di tutti i nostri affanni e delle nostre fatiche? A causa del nostro peccato risulta tutto futile. Ma il Signore Gesù prese su di sé la maledizione del nostro peccato per averne la vittoria. Lui ha esaurito, ha assorbito fino in fondo la maledizione.  Perciò la sua vita non sarebbe stata vana. Questo era già stato anticipato nel modo in cui Gesù fu seppellito: per mano di amici. Con questo i suoi amici sembrarono esprimere la speranza che la sua vita non fosse ancora  del tutto terminata. Anche nella morte rimasero attaccati a lui con fasce d’amore. La sua vita non era stata vana e non lo sarebbe stata neppure quella dei suoi, e nemmeno lo sarebbe stato il loro amore.

          La tomba sigillata. Il mattino dopo, nel sabato, i capi sacerdoti e i farisei andarono da Pilato. Andare da Pilato di sabato non era un passo che avrebbero fatto con leggerezza, specialmente nel sabato di una festività. Dev’esserci stato qualcosa di speciale che li ha sollecitati a farlo. Erano probabilmente ben consapevoli di ciò che era avvenuto dopo che Gesù era morto e di come era stato sepolto. Queste cose li rendevano inquieti. Adesso il Signore Gesù era morto; la sua vita era terminata. I loro problemi con lui avrebbero dovuto essere finiti, ma ora dovevano esserne sicuri. La sua vita non doveva avere nessun permanente effetto postumo.

Ricordarono che quando era ancora vivo aveva detto che dopo tre giorni sarebbe risorto. Se ne erano ricordati perché aveva fatto effetto su di loro sebbene avesse fatto poca impressione ai discepoli.

I capi sacerdoti e i Farisei non avevano creduto quella dichiarazione. Nella loro incredulità avevano chiuso il loro cuore a quella verità. Tale dichiarazione può essere creduta solo se ci si arrende ad essa e si  spera per la nostra salvezza per mezzo di quella resurrezione. Eppure quell’affermazione li allarmò. Immaginarono che i suoi discepoli avrebbero potuto rimuovere il corpo e dire che era risorto. Ciò avrebbe fatto insorgere ancora più malintesi tra la gente. A quel punto Gesù avrebbe dato loro ancora fastidi. Questo è ciò che dissero a Pilato.

Pilato diede loro una guardia armata e il permesso di sigillare la tomba in qualsiasi modo avessero voluto. Ed è ciò che fecero. Sigillarono la pietra che era stata rotolata davanti alla tomba e vi misero le guardie armate. Con ciò avevano eliminato qualsiasi possibilità di mistificazione. Allora i loro cuori poterono stare tranquilli: Gesù era andato per sempre; il suo nome sarebbe perito con lui. Il Regno della grazia che aveva predicato e portato non avrebbe prevalso. Sarebbe invece rimasta la loro idea di redenzione dell’uomo mediante la propria giustizia (mediante la propria stretta adesione alla legge). Il seggio della loro autorità era ben stabile di nuovo.

Però, il Signore Gesù con la sua morte fece espiazione per i nostri peccati che furono posti su di lui. Di conseguenza, il giudizio che il suo nome sarebbe perito con lui fu respinto. Sarebbe risorto e tornato in vita e la sua Parola e il suo Spirito avrebbero rivoltato il mondo. Non molto tempo dopo gli anziani del popolo allarmati avrebbero detto ai discepoli: “Avete riempito Gerusalemme col suo nome” (vedi Atti 5:28). Allora sarebbe stato chiaro quanto si fossero sbagliati. La tomba non poteva trattenere il Signore Gesù perché aveva sofferto ed era morto come espiazione.

Neppure quelli che gli appartengono periranno nella morte. Un giorno la loro presenza sulla terra sarà ripristinata. Allora sarà evidente che la loro vita non è stata vana e che i loro nomi non sono periti con loro.


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