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39: Tutta la vita è un miracolo

Marco 7:31-8:26

Tutti i miracoli di Cristo hanno un significato simbolico. Però, dobbiamo stare attenti quando lo diciamo. Non dovremmo leggere “anima cieca” per occhio ceco o “anima zoppa” per gamba zoppa” in uno sforzo di allegorizzare i miracoli. Se lo facessimo, partiremmo da una malsana divisione tra “il naturale” e “lo spirituale”, tra “il temporale” e “l’eterno”. Saremmo poi inclini a dire: “questo miracolo si applica ‘solo’ al materiale e temporale, mentre lo spirituale e l’eterno sono su un piano molto più alto”.

Non lo si può fare. Cristo ha redento la vita. Guarendo il sordomuto, cioè un uomo che era isolato da ciò che lo circondava, ripristinò la comunione alla vita. Quello fu un risultato della grazia di Dio nella sua presenza in Cristo. Dio diede a Cristo quel potere a motivo della riconciliazione che lui avrebbe compiuto.

Tale miracolo non viene compreso da un non-credente. Per il non-eletto, per l’incredulo, il miracolo non è una benedizione eterna: è “solo temporale”. Ma per il credente quell’atto di guarigione è la rivelazione della grazia eterna di Dio in Cristo. Il credente vi vede anche la grazia. Per lui quella restaurazione non è solo temporale ma ha portata eterna. Può servire Dio di nuovo in restaurata comunione la quale porta frutto eterno. È vero che la vita di un credente e tutto ciò che possiede perirà per un tempo alla morte, ma sarà restituita alla resurrezione, santificata e glorificata. Nella misura in cui quella guarigione miracolosa è una rivelazione di quella grazia eterna che restaura tutta la vita – e questa grazia deve esservi riconosciuta — possiamo parlare del significato simbolico dei miracoli.

Lo scopo dei miracoli dunque, è comunicarci che tutta la vita è il frutto della grazia di Dio in Cristo, il frutto di quella grazia operante miracoli. A quel punto, la vita intera diventa un miracolo. Non c’è infatti nulla nella vita che non sia miracoloso. Per quella ragione, non ha veramente senso per il credente distinguere tra temporale ed eterno.

(Per evitare malintesi, indicherei di nuovo che, mentre la grazia eterna di Dio in Cristo è per tutto il mondo e per il tutto della vita, gli increduli non ne beneficiano. Per dire il vero, anche i non-credenti ricevono benefici che fluiscono dalla grazia eterna di Dio per il mondo ma quei benefici sono per loro solo una benedizione temporale.)

Solo per fede è possibile credere che la vita, ogni giorno e in ogni modo, è miracolosa. Credere che la vita è totalmente miracolosa è l’opposto del vivere nel timore e nell’ansia: di vivere nell’incredulità. Cristo lo fece notare ai suoi discepoli quando furono preoccupati perché si erano dimenticati di prendere con sé del cibo.

Li mise in guardia dal lievito dei Farisei e dal lievito di Erode. Per quanto i farisei ed Erode fossero diversi, erano uguali in una cosa: l’incredulità era la sorgente delle loro vite: entrambi erano incapaci di vivere per il miracolo della grazia e non erano disposti a farlo. In special modo col miracolo della moltiplicazione del cibo per sfamare le folle, Cristo aveva insegnato ai suoi discepoli che la vita era un miracolo. Ora richiamò la loro attenzione a questo fatto.

          Concetto principale: Cristo ci insegna che la vita è un miracolo
e che viviamo per un miracolo.

          Effata! Gesù non volle per il momento lasciare il paese del nord per tornare in Galilea. Ciò che aveva rivelato fino a quel momento doveva sedimentarsi nella mente del popolo. Dovevano anche imparare a desiderare lui e chiedersi cosa avessero veramente visto in lui.

Perciò andò ben oltre i confini settentrionali d’Israele e fece un lungo viaggio attraverso territorio pagano dove non si rivelò. Attraversò Tiro e viaggiò lungo la costa fino a Sidone dove vide il Mediterrane sul quale il vangelo sarebbe stato portato alcuni anni dopo a popoli che vivevano lontano a occidente. Chissà che pensieri attraversarono la sua mente! Da Sidone  girò verso oriente, passò oltre il Libano e poi si volse verso sud. Rimase comunque fuori dalla Galilea, il territorio di Erode. Giunse infine sul lato orientale del Mar di Galilea, un territorio in cui era già stato solo occasionalmente.

Fu lì, nel territorio dei Gadareni che gli fu chiesto di lasciare il paese. Tuttavia non era quivi rimasto sconosciuto perché l’uomo che era stato  guarito dalla possessione demonica raccontò alla gente di tutta la Decapoli ciò che il Signore Gesù aveva fatto per lui.

Adesso gli portarono un uomo che era sordo e aveva un impedimento a parlare. Chiesero a Gesù che gli imponesse le mani. A quanto pare volevano prova del suo potere magico ma lui non avrebbe fatto nessun miracolo in tali circostanze.

Prese da parte il sordomuto. Come poteva fargli capire chiaramente cosa stava per succedergli? L’aspettazione della fede doveva essere risvegliata in lui. Siccome Gesù non poteva raggiungerlo con la voce gli mise le dita negli orecchi. Poi inumidì le dita con la sua saliva e gli toccò la lingua. In questo modo fece crescere in lui l’aspettativa. Dopo di questo Gesù alzò gli occhi al cielo e sospirò per indicare all’uomo che la guarigione proveniva dal Padre e che sarebbe venuta mediante la preghiera. Avendo così risvegliato l’aspettativa di fede dell’uomo, Gesù pronunciò: “Effata” cioè “apriti”. Immediatamente le orecchie gli si aprirono e l’uomo poteva parlare.

Quell’uomo era stato come una città chiusa con niente che entrava o usciva. Ora era stato aperto e il contatto col suo ambiente attraverso l’udito e la parola era stato ripristinato. Ma come avrebbe capito quell’uomo? Aveva visto che il miracolo era avvenuto in modo che lui potesse servire sul Signore nella sua comunità? In quel caso il beneficio della grazia sarebbe divenuto per lui una benedizione eterna. Allora avrebbe conosciuto la grazia eterna che era apparsa in Cristo e la sua intera vita sarebbe diventata evidenza della grazia di Dio che opera miracoli. Il miracolo non sarebbe stato vano.

E come reagì la folla quando vide quest’uomo ritornare guarito? Ancora una volta Gesù ordinò loro di non parlarne con nessuno perché non voleva essere essere conosciuto come operatore di miracoli. Ma essi lo proclamarono ancor di più. Erano pieni di stupore, dicevano: “Egli ha fatto bene ogni cosa: egli fa udire i sordi e parlare i muti! È incredibile, è come una favola. È come fosse ritornato il paradiso! Egli toglie ogni malattia”.

Per la maggior parte delle persone in quella folla rimase solo quello: una favola. Non vi videro la grazia eterna di Dio — quella grazia che poteva dare loro riposo e restituire le loro vite alla comunione con Lui. Ad ogni modo, non è una favola ma è la realtà della grazia di Dio che rende la vita un miracolo. Molto pochi lo videro e anche oggi non sono molti quelli che lo vedono.

          Provvidenza per la vita mediante la grazia di Dio. Gesù rimase nella regione del Transgiordano per un po’. Una folla imponente lo seguiva da tre giorni. Non c’era più cibo e Gesù fu mosso a compassione per loro. Non poteva licenziarli senza  dare loro qualcosa da mangiare perché sarebbero venuti meno sulla via di casa. Discusse la cosa coi suoi discepoli i quali gli dissero che era semplicemente impossibile provvedere cibo per quattromila persone.

I discepoli devono aver esitato nel dirlo perché avevano già visto una volta come aveva sfamato miracolosamente una folla. Perciò lo ascoltarono attentamente e fecero ciò che disse. Replicarono timidamente che avevano solo sette pani e due pesci che non bastavano nemmeno per loro.

Allora Gesù disse alla folla di sedere. Prese i sette pani, rese grazia, spezzò il pane e lo diede ai discepoli che lo passarono alla gente. Continuarono a distribuirlo e ce ne fu abbastanza per tutti. Il pane semplicemente si moltiplicava nelle sue mani. Accadde la stessa cosa con i due pesci. Distribuì anche quelli dopo aver reso grazie e aver chiesto  su di essi la benedizione di Dio.

Che meravigliosa rivelazione riceviamo qui! Cristo, la Parola della grazia, ha potere su tutte le cose. È per mezzo suo, del resto, che il frumento cresce nei campi. Anche quella è opera della sua meravigliosa grazia. In questa istanza fece in modo che il pane e i pesci si moltiplicassero in modo veramente miracoloso. C’era qualcosa di troppo meraviglioso per lui? Perfino la cosiddetta crescita naturale del frumento nel campo è un miracolo che accade per la potenza della sua grazia.

I discepoli, la folla e anche noi dobbiamo vedere in questa miracolosa moltiplicazione come tutta la vita è mantenuta e nutrita dalla grazia di Dio. Allora la nostra vita quotidiana è un miracolo e anche noi usiamo la vita per il Signore. La nostra vita non è vana e non è necessario che siamo ansiosi per cosa alcuna!

Che l’intera folla abbia visto le cose in questo modo? Molte persone devono essere ritornate a casa grate per il cibo e stupite del miracolo ma senza aver afferrato la grazia eterna di Dio in Cristo. Tuttavia, il miracolo parlò chiaro quanto basta: non solo furono tutti sfamati, ci fu anche del cibo avanzato. A quanto pare ciò avvenne sulla costa del mar di Galilea dove c’era già una barca pronta a riportarli in Galilea. In quella barca c’erano delle ceste che riempirono di avanzi.

Se noi non vediamo la grazia eterna di Dio nelle sue misericordie quotidiane, possiamo essere benedetti per un tempo ma non siamo veramente redenti e la nostra vita sarà vana. Ma se in fede vediamo la grazia di Dio, possiamo avere la certezza che le nostre vite sono nella sua cura in ogni maniera.

          Il lievito dei Farisei e di Erode. Dopo aver sfamato le folle Gesù le licenziò. Salì immediatamente sulla barca coi suoi discepoli e passò alla riva occidentale del lago. Dopo una lunga assenza era ora di nuovo in Galilea. La gente come lo avrebbe ricevuto?

Il primo incontro fu lungi dall’essere piacevole. I Farisei vennero da lui e cominciarono a discutere. Che diritto aveva, chiesero, di farsi passare profeta e atteggiarsi a guida del popolo? Non erano invece loro le guide riconosciute del popolo? Essi temevano che lui stesse usurpando la loro posizione di primato. Ammisero che facesse molti miracoli, ma ora, essi erano del sentimento che lui dovesse far avere loro un segno dal cielo, un segno in cui Dio desse prova di averlo mandato. Senza tale prova tutti quei miracoli non avevano significato per loro. Con quanta ferocia i capi del popolo già si opponevano a lui!

Avrebbe dovuto trarne la conclusione che il popolo intero gli era contro? Lo stavano forse seguendo per i suoi miracoli senza riconoscerlo come mandato dalla grazia di Dio a redimere la vita? Sospirò profondamente. Che sofferenza deve avergli causato quel rigetto! Vide che avrebbe dovuto espiare i peccati di questo popolo ostinato se ci fosse dovuta essere salvezza per il nocciolo, per il residuo di quel popolo.

Nella loro incredulità i farisei avevano desiderato un segno come se si possa mai essere portati a vera fede come risultato di un segno! Dio richiede sempre la fede nella sua Parola. Dopodiché dà un segno per confermare quella fede. Ma nessun segno viene mai dato agli increduli. Perciò Gesù replicò che a quella generazione non sarebbe stato dato alcun segno. Parlò di “questa generazione” perché vide in quei Farisei un riflesso dello spirito di tutto il popolo. Inoltre, la loro richiesta tentava Cristo a produrre un’evidenza forzata del favore di Dio dal cielo. Se a avesse ceduto si sarebbe arreso (succumbed) al diavolo, perciò voltò loro le spalle e se ne andò.

Quel primo incontro al suo ritorno in Galilea era sicuramente stato molto deludente. Di nuovo si ritirò dalla gente. Salì sulla barca e andò all’atra sponda.

Una volta in mare i discepoli di ricordarono che avevano dimeticato di acquistare cibo. Avevano a bordo solo una pagnotta. Che dovevano fare? A questo punto Gesù cominciò a parlare. Dichiarò che facessero attenzione al lievito dei Farisei e al lievito di Erode. I discepoli non compresero. Sapeva che non avevano pane? Voleva dire che avrebbero dovuto rifiutare qualsiasi pane fosse loro offerto dai farisei o dagli Erodiani?

Gesù intendeva qualcosa di completamente diverso. Il lievito è una materia che fa fermentare il pane. Similmente, c’è anche un principio che fa fermentare la nostra intera vita. O è il principio della fede o è quello dell’incredulità. Coi Farisei e con Erode il principio era quello dell’incredulità. I discepoli dovevano guardarsi da quel principio. E quel principio non era forse già all’opera nelle loro vite se si fermavano a preoccuparsi per il pane comune? Non credevano che lui era in grado di prendersi cura di loro? La loro vita non era forse mantenuta dalla grazia di Dio? Non lo avevano ancora imparato? Erano i loro occhi così chiusi e le loro orecchie così sorde? Erano i loro cuori così induriti da non poterlo vedere? “Quante ceste avete raccolto quando ho sfamato cinquemila persone con cinque pani?” “Dodici” risposero imbarazzati. “E quante ceste quando ho sfamato le quattromila persone con sette pani?” “Sette” risposero. “E allora” chiese loro, “non capite ancora che la vostra vita è sostenuta dal miracolo della grazia di Dio? Il miracolo della grazia di Dio si rivelerà nella vostra vita intera. E allora vivete per quel miracolo!” Il Signore Gesù dice la stessa cosa a noi. Dobbiamo vivere per il miracolo della grazia di Dio che sostiene la nostra intera vita.

          La miracolosa guarigione del cieco. Subito dopo questi fatti avvenne un altro miracolo che era destinato a confermare la fede dei discepoli. Non attraversarono il lago fino alla riva opposta ma si diressero verso la riva settentrionale dov’era situata Betsaida, nel punto in cui il Giordano si getta nel mare di Galilea.

Lì alcune persone portarono a Gesù un cieco e lo implorarono che lo toccasse. A quanto pare anch’essi credevano che Gesù guarisse per qualche sorta di potere magico.

Gesù prese il cieco da parte e lo condusse fuori dal villaggio. Lì avrebbe risvegliato nel cieco l’aspettativa della fede. Mise della saliva sui suoi occhi e gli impose le mani. Poi gli chiese se vedesse qualcosa. Vedeva infatti qualcosa ma solo molto indistintamente. Vedeva le persone come fossero alberi che camminano. Che gioia deve aver già sperimentato! Allo stesso tempo deve aver sperato che il Signore lo guarisse completamente! Cristo pose di nuovo le mani sui suoi occhi. Quando l’uomo li aperse di nuovo vedeva chiaramente, anche da lontano.

Sarebbe di nuovo stato in grado di lavorare nella società. Poteva lavorare con le proprie mani ed essere utile ad altri. Che abbia visto la sua guarigione come prova della grazia di Dio, e che abbia dedicato la sua vita e il suo lavoro nella società al Signore? Se lo fece la sua guarigione aveva restaurato la sua vita per tutta l’eternità.

Il Signore volle salvarlo dalle chiacchiere superficiali e portarlo a riflettere sulla grazia di Dio. Perciò lo rimandò a casa e gli comandò di non tornare al villaggio. Non doveva dire a nessuno di ciò che era accaduto.

Che i discepoli abbiano visto il miracolo che governa e realizza la nostra vita? E noi lo vediamo?


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