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61: Il mio prossimo

Luca 10:25-37

Uno scriba chiese a Gesù: “Cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Il Signore rispose: “Fa’ questo e vivrai”. La risposta di Cristo rese chiaro allo scriba che guadagnare la salvezza come lui l’aveva in mente era impossibile. C’è davvero vita eterna nell’osservare i comandamenti, ma solo la fede in Cristo può renderci capaci di osservarli. L’obbedienza guidata dalla fede rafforza l’eterna comunione con Dio.

Una vita volta a guadagnare salvezza e ricompense, come la intendevano gli scribi, crea sempre solitudine. Questo tipo di persone pensa sempre alla propria salvezza, non riconoscono più il loro prossimo. Ecco perché la domanda: “Chi è il mio prossimo” era una domanda seria per lo  scriba. Un uomo che vive per fede è restaurato alla comunione con gli altri. Per costui “chi è il mio prossimo” non è più una questione. Si sente legato al suo prossimo e sa di esserne responsabile.

Notate come il samaritano si sia sentito responsabile per tutte le spese implicate nella cura della vittima. Notate anche le parole del Signore Gesù alla fine. Non disse che la vittima fosse il prossimo del samaritano ma che il samaritano fu il prossimo della vittima. Il samaritano provò di essere il prossimo, sapeva di esserlo. Dimostrò di sapere cosa fosse una correlazione con altri.

Non dovremmo fare di lui un credente. Neppure era intenzione di Cristo raccomandare la filantropia. C’è un tipo di carità praticata da lontano, senza comunione personale. Ma questo samaritano sapeva cosa fosse la relazione, dedicare se stessi ad un altro. In ragione della bontà di Dio, qualcosa di questa carità si può trovare anche tra i non-credenti. Ma lì il fiore è reciso dalla sua radice. La radice di quella relazione è la fede in Gesù Cristo, nel quale la comunione è stata restaurata. In questo modo la misericordia del samaritano richiama l’opera di restaurazione di Cristo. È lui il realmente misericordioso: restaura la comunione e la pratica. Per mezzo suo noi possiamo di nuovo esercitare comunione e carità. In quella comunione e misericordia c’è vita eterna, ma non nel senso dello scriba che pensava che la vita eterna potesse essere guadagnata.

          Concetto principale: Per fede sappiamo di essere il prossimo di
                                                  chiunque Dio metta sulla nostra strada.

          La via alla vita. Mentre il Signore Gesù stava parlando della gloria del Regno di Dio si fece avanti uno scriba e lo interruppe dicendo: “Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?”. Era sua intenzione cogliere Gesù  deviare dalla tradizione. Non stava insegnando qualcosa di completamente diverso dagli scribi? Essi dicevano che gli uomini dovevano osservare la legge e con ciò guadagnarsi la vita eterna. Invece Gesù cosa stava insegnando? Era qualcosa di completamente diverso, tuttavia nessuno era riuscito a identificare l’eresia. Ora questo scriba voleva farlo cadere in trappola. Che risposta avrebbe dato a questa domanda?

Gesù rispose con un’altra domanda. “Cosa sta scritto nella legge? Come leggi? Cosa trovi nella legge a questo riguardo?” La risposta dello scriba fu assolutamente corretta. Non sommò insieme diversi comandamenti ma disse che la legge richiede che amiamo Dio con tutto il nostro cuore e le nostre azioni e il nostro prossimo come noi stessi. Aveva visto il significato profondo della legge perciò Gesù disse che aveva risposto esattamente.

In base alle sue parole Gesù lo istruì: “fa’ questo e vivrai”. Certamente lo scriba deve essere rimasto basito! Dopo tutto era proprio quello che anche loro insegnavano. Insegnava dunque anche lui la stessa cosa? Eppure non era la stessa cosa. Gli scribi dicevano che l’uomo doveva guadagnarsi la vita eterna osservando la legge. Fu come se il Signore Gesù volesse mettere lui nella trappola delle sue stesse parole: Provaci, dai! Perché nel profondo del cuore lo scriba deve aver avuto il sentimento di non potercela fare e di non poter mai riuscire a rendersi meritevole di vita eterna. Ma se crediamo la grazia di Dio e lui ci concede il suo favore, ci insegnerà a vivere secondo la sua volontà. Avremo allora comunione o vera vita con Dio in obbedienza alla sua volontà. Questo è ciò che Gesù intendeva quando disse: “fa’ questo e vivrai”. La via della vita è dunque la fede, non i meriti.

          Chi è il mio prossimo? Lo scriba si sentì in qualche modo imbarazzato dalla risposta di Gesù davanti alla folla. Aveva inteso intrappolare Gesù ma Gesù aveva ribaltato la situazione rispondendogli con le sue stesse parole. E tuttavia comprese che le parole di Gesù avevano un altro significato. Lui, lo scriba, era stato messo in confusione. Ora avrebbe dovuto salvare la faccia di fronte a tutti e dimostrare che la sua domanda non era stata stupida. Pertanto chiese: “Chi è il mio prossimo?”

Gli scribi avevano un dibattito aperto su se dovessero considerare loro prossimo solo un giudeo o anche un gentile. Ma in queste domanda venne a galla un difetto più profondo. Costui non sapeva chi fosse il suo prossimo. E di fatto non aveva nessun prossimo, non riconosceva nessuno come suo prossimo, non aveva relazione con l’altro.

Come era giunto a essere così solo nella vita? Il suo dramma era provenuto dal suo volersi guadagnare la propria salvezza. Se siamo in quella categoria di persone pensiamo egoisticamente solo della nostra salvezza e non abbiamo posto per nessun altro. Se viviamo per fede, e ci aspettiamo ogni cosa dalla grazia di Dio, nella nostra vita facciamo spazio per gli altri e ci riconosciamo in comunità con altri. Sappiamo di condividere insieme la colpa ma sappiamo anche che per mezzo di Cristo possiamo essere salvati insieme.

          La comunità. Gesù volle mostrare allo scriba cosa ancora gli mancasse, perciò gli raccontò una parabola. Uno uomo percorreva una strada poco battuta tra Gerusalemme e Gerico quando improvvisamente fu attaccato da dei ladroni i quali dopo averlo spogliato e battuto lo lasciarono sulla strada mezzo morto. Poco dopo passò di lì un sacerdote che aveva appena terminato il proprio servizio al tempio di Gerusalemme. Perché aveva fatto quel servizio? Per quel sacerdote il suo servizio non sgorgava da fede, gratitudine o lode perché tutto il suo servizio era meritorio. Il suo egoismo nel cercare il merito dettava tutto ciò che faceva. Vide la vittima giacere sul ciglio della strada ma passò oltre cambiando lato della strada. Similmente, un levita che percorreva lo stesso itinerario fece la stessa cosa.

Poco dopo passò di lì un samaritano. Quando vide l’uomo picchiato che giaceva per terra non pensò neanche un momento del pericolo che minacciava anche lui. Non stette a pensarci sopra ma riconobbe la sua unità con quell’uomo e fu mosso a compassione. Si prese cura di lui, lo portò in una locanda e il mattino dopo diede due denari al locandiere e si fece responsabile per ulteriori spese. Si prese cura dell’uomo come se fosse stato un suo fratello. Sapeva di avere un legame con quella persona e se ne fece responsabile. Eppure non gli passò nemmeno per la testa di stare facendo un’opera meritoria. Forse, se il sacerdote e il levita l’avessero vista come opera meritoria si sarebbero anch’essi fermati ad aiutare. Ma il samaritano si diede spontaneamente, per un senso di solidarietà.

          Va’ e fa’ anche tu lo stesso. Dopo aver raccontato la parabola Gesù chiese quale dei tre si fosse dimostrato il vero prossimo. Quando lo scriba rispose: quello che gli usò misericordia, Gesù replicò: “Va’ e fa’ anche tu lo stesso”. Grazie a Dio misericordia come quella del samaritano si può trovare ancora qui e là nel mondo. Qualcosa del genere si trova anche tra i non-credenti.  È un dono della bontà di Dio. Ma se lo scriba, che aveva imparato a pensare per primo a sé, avesse cominciato a praticare la misericordia, avrebbe significato la sua conversione. Il Signore Gesù fece quel punto con molta chiarezza dipingendo il sacerdote e il levita come persone prive di misericordia. Il samaritano, che non era stato così tanto influenzato dall’idea di meritare qualcosa per la propria opera, potè ancora esibire misericordia. Com’era sbagliata e quanto corrompeva l’intera prospettiva dei Farisei e degli scribi! La conversione da quella prospettiva poteva venire solo per fede nella grazia di Dio nella quale ci dona tutte le cose senza che le meritiamo. Cristo stesso è il Misericordioso: ristabilisce la comunione e ha dato se stesso per gli altri. Per mezzo suo conosciamo di nuovo la nostra unità con altri e impariamo a praticare la comunità. Quella comunità è la rivelazione della vera vita con Dio.


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