INDICE:

Il Settimo Comandamento

8. Il Levirato

 

Mace osservò, riguardo “Alla vera causa della poligamia ebraica” che “non può esserci dubbio che questa fosse il desiderio di un erede”.[1]  Ciò è vero se ci rendiamo conto che il desiderio di un erede era più che solo l’amore per un figlio. La famiglia era basilare alla società e alla cultura; la famiglia pia doveva essere perpetuata, e la famiglia empia tagliata fuori. Il bastardo era tagliato fuori da chiesa e stato, per quanto concerne qualsiasi statuto giuridico, fino alla decima generazione (De. 23:2). Avrebbe potuto essere un uomo pio, ma non sarebbe stato un cittadino. Nella legge canonica la chiesa escludeva i bastardi dagli ordini ecclesiali, benché fossero fatte eccezioni su dispensa papale. Lo scopo della poligamia ebraica, che per essere accurati era di solito bigamia, era pertanto il perpetuarsi della famiglia. Inoltre, alla luce dei fatti, come ha indicato il Mace: “Siamo costretti a immaginare la comunità come in generale quasi interamente monogama”.[2]

Alla famiglia, quale basilare unità sociale e religiosa era proibito di diventare endogamica e isolata dalla sua comunità con la legge contro l’incesto perché la legge non proibiva solo la consanguineità ma consanguineità più affinità, vale a dire la moglie del padre, la moglie di un figlio, la moglie di un fratello, o simili. Questi rapporti erano classificati come incestuosi religiosamente benché non incestuosi geneticamente, benché possa esistere qualche evidenza scientifica del cambiamento fisico della donna col matrimonio. La bibbia afferma chiaramente che le relazioni sessuali stabiliscono realmente una profonda relazione fisica tra due persone, talché perfino una unione casuale con una prostituta stabilisce un’unione, secondo San Paolo (1 Co. 6:16). Di conseguenza, l’unione con parenti acquisiti col matrimonio è incesto. L’unione sessuale fa di due persone “una carne” (Ge, 1:24). Potranno non essere “una mente” ma sono “una carne”. (Antiche versioni del Book of Common Prayer avevano una “Tavola di Parenti e Affinità” di Usser che elencava la relazioni maritali proibite.)

Il riconoscimento che l’unione sessuale stabilisce, in qualche senso profondo benché non ancora compreso, una relazione, o comunica qualcosa di fisico tra le due parti, è comune alla maggior parte della culture. Le applicazioni superstiziose di questa credenza abbondano, come testimonia il Tantra Yoga e le relazioni domnei o donnoi dei Troubadours, dei Catari ed altri simili gruppi del Medio Evo. Molto comunemente, uomini vecchi dormivano con delle vergini, senza consumare il sesso, nella credenza che questo servisse a ringiovanire. La pratica era largamente usata nella Parigi del XVIII secolo, ed era praticata regolarmente da Mahatma Gandhi.3 I medici che servirono Re Davide potrebbero essere stati influenzati da simili idee nell’utilizzare Abishag (1 Re 1:1-4); però, in questo caso, la consumazione sembra essere stato l’obbiettivo dei medici.

In anni più recenti, un esempio considerevole di questo modo di pensare è stato l’artista Pablo Picasso, al quale furono date non solo due giovani donne ma anche il suo giovane figlio spogliato di alcuni articoli d’abbigliamento nella speranza che “Un po’ della gioventù di Claude entrasse nel suo proprio corpo”.[4]

Queste sono evidenti assurdità, ma testimoniano del fatto ampiamente riconosciuto che l’unione fisica effettivamente comunichi qualcosa. Il divieto biblico del matrimonio e/o di relazioni sessuali con parenti di sposo o sposa è basato su questo fatto.

La capacità della pelle di assorbire ed essere influenzata dal tocco e dal contatto non è sufficientemente apprezzata eccetto quando si tratta di veleni. La vagina in particolare è la più assorbente come rivela l’insufflazione sessuale. Quando un amante soffi violentemente dentro la vagina, l’aria passa ai vasi del sangue e porta morte alla donna per embolia. Sono anche stati registrati casi di insufflazione rettale tra omosessuali usualmente risultanti nella morte.[5]

Poiché secondo la Scrittura l’unione sessuale fa dei due “una carne” il matrimonio di un vedovo o di una vedova con parenti del defunto sono proibiti come incesto, con una singola eccezione.

L’unica eccezione consentita è la legge del levirato (De. 25:5-10). Secondo questa legge, se un uomo muore senza figli, il suo parente più prossimo aveva il dovere di prendere in moglie la vedova e dar vita ad una famiglia che portava il nome del morto. Questa legge era più vecchia di Mosè, e fu applicata alla casa di Giuda (Ge. 38:8). Con Ruth abbiamo un  esempio più tardo della legge del levirato. Il levirato era comune anche agli altri popoli dell’antichità. Un libro del Talmud: Yebamoth, è dedicato al soggetto.

Giuseppe Flavio ci dà la sua reazione al significato della legge del levirato:

… poiché questa procedura sarà per il beneficio pubblico, perché con essa le famiglie non verranno meno, e l’asse patrimoniale continuerà tra i parenti; e questo sarà di conforto delle mogli nella loro afflizione che devono sposarsi al parente più prossimo del loro ex marito.[6]

Per Giuseppe Flavio la protezione e la perpetuazione della famiglia è pertanto lo scopo basilare del levirato. Questo è ovviamente, il chiaro intento della legge: “Perché il suo nome non sia cancellato in Israele” (De. 25:6). Secondo Lutero:

La legge che un uomo debba prendere la moglie lasciata indietro da suo fratello e far crescere una progenie per il fratello morto, fu stabilità per una ragione molto buona. Primo, come stabilisce il testo, un ramo famigliare non muoia ma sia moltiplicato; ciò concerne la promozione e l’allargamento del commonwealth d’Israele. In secondo luogo, in questo modo Dio provvede sesso per le vedove e le infelici per sostenerle e provvedere per loro, poiché la donna, da sé un vaso debole e commiserevole, lo è ancor di più quando vedova, perché è allo stesso tempo abbandonata e disprezzata. Egli fa osservare, comunque, questo atto di carità, per mezzo di una eccezionale disgrazia. All’uomo che non coltivi la crescita della comunità nella quale soggiorna e delle cui leggi egli gode sarà chiamato scalzato, e la gente deve sputare dove passa : “Vergognati!”. Costui merita il disprezzo di tutti. E la gente deve sputare per terra davanti a lui e dire “Tu hai la vergogna addosso!”. Il suo piede scalzo deve essere un segno di vergogna e motivo di perpetua denuncia. Egli merita di essere scalzato, nudo al piede, cioè senza casa e dipendenti, che sono denotati dalla calzatura; perché mediante questo unico atto egli si scalza dal suo obbligo di sostenere la casa di suo fratello. Così il segno è simile all’azione in cui egli pecca.[7]

Anche i commenti di Calvino sono interessanti, specialmente perché egli vede la negazione del levirato come un furto ai danni dell’uomo morto:

Questa legge ha qualche similitudine con quella che permette ad una persona promessa in sposo di restituire la moglie che non ha ancora presa; giacché l’obbiettivo di entrambe le leggi è di preservare ad ogni uomo ciò che possiede, in modo che non sia obbligato a lasciarlo a estranei, ma che possa avere eredi generati dal proprio corpo: infatti, quando un figlio succede al padre, che rappresenta, sembra quasi che non sia avvenuto alcun cambiamento. Perciò, anche, è manifesto quanto grandemente piaccia al Signore che nessuno sia privato dei suoi possedimenti, visto che provvede anche per chi muore, che ciò che non potevano rassegnare ad ad altri senza rincrescimento e disappunto, sia invece preservato per la loro progenie. Pertanto, a meno che il suo parente non ovviasse alla mancanza di figli del morto, quest’azione inumana era considerata una forma di furto. Infatti, poiché essere senza figli era una maledizione di Dio, in questa condizione era una consolazione sperare in una progenie prestata, che il nome non si estinguesse del tutto.[8]

Calvino dubitava che la parola “fratello” avesse significato letterale, visto che contraddiceva, apparentemente, la legge sull’incesto. Però, la legge ovviamente intendeva “fratello” e qualsiasi parente prossimo se non ci fosse stato fratello; il caso dei figli di Giuda lo conferma (Ge. 38:8), quanto il caso citato dai sadducei concernente i sette fratelli senza figli (Mt. 22:23-33), nel quale la legittimità dei loro matrimoni di levirato con una donna è accettato da tutti.

Il levirato, in ogni caso, non fu considerato da Lutero e Calvino una reliquia giuridica obsoleta.È esistito lungo i secoli. Il levirato fu praticato molto comunemente in Scozia fino all’ XI secolo.[9]  Esiste ancora tra i cristiani d’ Abissinia, con un fattore aggiuntivo, se l’uomo è castrato in guerra, ed è pertanto incapace di generare figli, viene applicato il levirato.[10]  Ci sono evidenze della sua pratica in Europa, e ricche famiglie ebree di New York hanno mantenuto questa pratica almeno fino a poco tempo fa. Birmingham riporta che “Anche i Seligman seguirono la pratica ebraica di offrire le vedove della famiglia al successivo figlio non sposato”.[11]

Per comprendere il significato del levirato, è importante che esaminiamo di nuovo la dottrina del matrimonio, e la collochiamo in una prospettiva che farà luce sul levirato.

Prima di tutto, il matrimonio è basilare al regno di Dio, agli scopi creativi di Dio per l’uomo e per la terra. La terra deve essere portata sotto il dominio di Dio dall’uomo, che deve sottomettere la terra e governarla sotto Dio. La cerimonia matrimoniale ebraica, databile al I secolo a.C. ha sette benedizioni che coprono la storia d’Israele, richiamando la creazione di Dio e il suo mandato, la speranza messianica d’Israele, e l’obbiettivo di un ordinamento pio. La quarta e la settima di queste benedizioni recitano:

Benedetto Tu sei; O Signore nostro Dio, Re dell’universo, che facesti l’uomo a tua immagine, secondo la tua somiglianza, e gli hai preparato, emanato dal suo proprio essere, un tessuto perpetuo. Benedetto Tu sei, o Signore, Creatore dell’uomo.

Benedetto Tu sei, o Signore nostro Dio, Re dell’Universo, che creasti gioia e contentezza, sposo e sposa, allegria ed esultanza, piacere e delizia, fratellanza, pace e comunione. Possa presto essere udita nelle città di Giuda, e per le strade di Gerusalemme, la voce della gioia e della contentezza, la voce dello sposo e la voce della sposa, la voce giubilante degli sposi dai loro baldacchini, e dei giovani dalle loro feste di cantico. Benedetto Tu sei, o Signore, che fai gioire lo sposo con la sposa.[12]

Sia prima che dopo la caduta, il matrimonio rimane basilare al regno di Dio.

Secondo, poiché la famiglia è l’istituzione basilare di Dio, la proprietà è strettamente legata alla famiglia. Il Kethubah, databile al I secolo a.C. fa riferimento molto specificamente agli accordi matrimoniali nei giuramenti del matrimonio, che furono registrati: “Sii tu mia moglie secondo la Legge di Mosè e d’Israele. Io lavorerò per te; ti onorerò; ti sosterrò e manterrò, in accordo coi costumi dei mariti giudaici che lavorano per le loro mogli, le onorano, sostengono e mantengono nella verità”. Dopo aver specificato l’ammontare della dote come primo titolo della sposa nel patrimonio di lui, lo sposo giurava: “Tutti i miei averi, fino al mantello sulle mie spalle, sarà impegnato a garanzia di questo contratto e di quella somma”.[13]  La stesura di questo documento era necessaria prima che il matrimonio fosse consumato:

I Saggi, in conformità, hanno proibito le relazioni matrimoniali finché il Kethubah non sia stato completato. Inoltre, essi hanno dichiarato che fosse proibito a marito e moglie vivere assieme per un solo momento senza un Kethubah; e se il Kethubah venisse smarrito, debbano astenersi dai rapporti fino a che non ne sia stato redatto un altro.[14]

Questi regolamenti sono pienamente in conformità con la legge biblica. L’uomo è un peccatore, e su ogni punto ha bisogno della restrizione della legge. Se un uomo è disposto ad essere sotto legge in relazione ad altri uomini, dovrebbe essere particolarmente disposto a collocare sotto la legge la propria relazione con sua moglie. Tale relazione giuridica esiste già nel contratto di matrimonio. L’amore non è sufficiente per stabilire un matrimonio: è richiesto un contratto da tutti gli interessati, come prova d’amore. Siccome l’uomo, perché peccatore, è spesso propenso a prendersi vantaggio di quelli che più si fidano di lui, collocare tale relazione sotto la legge è evidenza d’amore di buona fede, non di sfiducia. È un riconoscimento della realtà.

Le leggi moderne che regolano la bancarotta, malgrado i loro abusi, riflettono non solo la liberazione sabbatica biblica dai debiti, ma anche la preservazione alla moglie e alla famiglia della prima casa dalle pretese dei creditori. Nella legge biblica la moglie è il primo creditore.

Terzo, come abbiamo visto, i delinquenti minorili incorreggibili dovevano essere messi a morte (De. 21:18-21), e anche tutti i criminali abituali. Tali persone erano pertanto cancellate dalla comunità. Quando e se questa legge è osservata, alle famiglie empie, che si danno all’anomia, è negato un posto nella nazione. La legge in questo modo opera chiaramente per eliminare il male e far progredire le famiglie pie.

Quarto, come abbiamo notato, i bastardi non potevano essere riconosciuti come legittimi, né una prole da matrimonio con un certo grado di affinità poteva essere riconosciuto come erede. Poiché la legge non premia mai il peccato, la legge ebraica del divorzio applicò tutto questo coerentemente e logicamente:

Probabilmente il tratto più caratteristico della Legge Giudaica sul Divorzio è la sua assoluta proibizione che l’adultero sposi l’adultera. Anche nei casi in cui tale matrimonio fosse stato contratto mediante la soppressione dei fatti reali, deve essere dissolto.[15]

La cittadinanza era ristretta alla famiglie pia, e pertanto la società doveva essere governata da uomini provenienti da famiglie pie.

La bibbia fornisce un’eccezione alla legge giudaica che proibisce il matrimonio di una coppia adulterina, ma in quella eccezione, Dio stesso punì la coppia benché abbia permesso e benedetto l’unione. Questo caso fu quello di Davide e Bathsheba (2 Sa. 11,12), da cui nacque Salomone (Mt. 1:6) e Nathan (Lu. 3:3) ambedue antenati di Gesù Cristo.

Quinto, questo perciò getta luce sul levirato. Lo scopo della legge è di sopprimere, controllare, e/o eliminare gli empi e, allo stesso tempo, stabilire, mantenere, e far progredire la famiglie pie. Si figura una società nella quale l’eredità è per i pii, e ciascuna generazione pia trasmette a quella successiva un degno assetto ereditario. La creazione e perpetuazione di famiglie pie è dunque basilare per la legge. Giuseppe Flavio citò tre scopi del levirato: 1) la continuazione di una famiglia pia, 2) la preservazione della proprietà, e 3) il welfare delle vedove. Tutti e tre sono chiaramente contemplati. Alla vedova viene data ulteriore assicurazione di un possibile figlio come suo erede e sostegno nella vecchiaia. Il levirato è ancora una risposta migliore al problema cui si rivolge di quanto nessun uomo sia stato capace di escogitare. Il suo disuso generale oggi è perché le leggi dell’umanismo sono essenzialmente ostili alla famiglia e al suo benessere. Quando la famiglia sia nuovamente restaurata al suo posto biblico, il levirato prenderà tranquillamente il proprio posto in quella cornice giuridica.

Sesto, l’adozione è un fattore correlato, e la sua collocazione nella legge nei termini del levirato, e quella di alternativa. L’uso biblico della parola adozione è teologico, avendo riferimento alla nostra adozione in Cristo come figli Dio. L’uso biblico riflette un fatto della vita famigliare. L’adozione nell’antichità normalmente differiva dalla pratica moderna in quanto generalmente uomini maturi venivano formalmente adottati come eredi, uomini che si facevano notare per fede e carattere. Abrahamo aveva adottato il maturo e fidato Eliezer di Damasco come proprio erede ed amministratore (Ge. 15: 2, 3).Così, poiché fede e carattere erano fondamentali alla condizione di erede, la maturità era richiesta per poter esibire nei fatti evidenze di quelle caratteristiche.


Note:

1 David R. Mace: Hebrew Marriage, A Socialogical Study; New York: Philosophical Libraray, 1953, p. 123.

2 Ibid., p. 129.
3 Omar Garrison: Tantra, The Yoga of Sex; New York; Julian Press, 1964, p. 126 ss.

4 Francoise Gilot e Carlton Lake: Life with Picasso; New York: McGraw-Hill Book Company, p. 232.

5 Dr. Georges Valensin: Sex From A to Z; New York: Berkeley Medallion Books, 1967, p. 129.

6Giuseppe Flavio: Antichità Giudaiche, Libro IV, cap. VIII, 23.
7 Martin Luther: Lectures on Deuteronomy, p. 248 s.
8 John Calvin: Commentaries on the Last Four Books of Moses, III, 177 s.

9 George Ryley Scott: Curious Customs of Sex and Marriage; London: Torchstream Books, 1953, p. 102.

10 George A. A. Barton: “Marriage (Semitic)” in ERE, VIII, 471.
11 Stephen Birmingham: “Our Crowd”, The Great Jewish Families of NewYork; New York: Dell,

1967, 1968, p. 21. (I Seligman sono una famiglia dinastica ebraica di rilievo. N.d. T)

12 J. H. Hertz: “Forewords”, Yebamoth, The Babylonian Talmud, Seder Nashim, Londra: Soncino Press, 1936, I, xvi-xvii.

13 Ibid., p. xvi. 14 Ibid., p. xxxiii. 15 Ibid., p. xx.

14 Ibid., p. xxxiii.

15 Ibid., p. xx.


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