INDICE:

Il Secondo Comandamento  

6. La Legge Come Belligeranza

Le leggi bibliche trattano ampiamente i dettagli del culto di adorazione com’esso fu ordinato per Israele. Questi dettagli non concernono noi, eccetto ove essi coinvolgono o esprimono concetti e principi di legge.

Considerando tali istanze, primo, l’efod e il pettorale del sommo sacerdote sono significativi. In Esodo 28:6-14 è descritto l’efod, un indumento sacerdotale, e in Esodo 28:15-30 il pettorale. Entrambi questi articoli avevano una caratteristica in comune: l’efod aveva sulle spalle due pietre sulle quali erano incisi i nomi delle tribù d’Israele, da essere portati dal sommo sacerdote davanti al Signore (Es. 28:12), e il pettorale aveva dodici pietre, una per ciascuna tribù (Es. 28: 21,29). Queste pietre sono importanti sia religiosamente sia giuridicamente. Quando il sommo sacerdote approcciava l’altare ed il trono egli rappresentava davanti a Dio il popolo pattizio. Le sue preghiere pertanto erano basilarmente per il popolo di Dio. Giuridicamente, le pietre, rappresentando il popolo di Dio, indicavano che il governo di Dio è essenzialmente per i propositi di Dio, i quali includono chiaramente il suo popolo pattizio. Agli ordini di Dio, la funzione primaria del sommo sacerdote, nei confronti di Dio, è d’intercedere per il popolo pattizio. Egli non prega in modo promiscuo: la sua vocazione essenziale è pregare per quelli che appartengono a Dio. La funzione del trono è proteggere il popolo del trono. La priorità del popolo di Dio, come esibita dall’efod e dal pettorale, è un assetto comandato da Dio.

Pertanto, c’è sia una parzialità sia un’imparzialità della legge di Dio. In un senso generale la legge di Dio funziona imparzialmente per far sì che il sole splenda allo stesso modo sia sul giusto che sull’ingiusto e che piova sul giusto e sull’ingiusto (Mt. 5:45). Inoltre, riguardo alla nazione, l’eguale protezione e governo della legge si applicava a tutti, ai “nati in casa” e allo “straniero” o alieno (Ez. 12:49; Le. 24:22; Nu. 9:14; 15:15, 16, 29). Il principio di “una legge” per tutti è basilare per la legge biblica.

Dall’altro lato, c’è una ben delineata parzialità della legge biblica. In casi troppo numerosi per citarli, Dio “interviene” nella storia per abbattere i nemici del suo popolo pattizio, vengono usati fattori meteorologici, la pestilenza, e una varietà di mezzi, dalle piaghe contro l’Egitto in avanti. Inoltre, la legge come fu data ad Israele è parziale nel fatto che protegge un ordinamento, l’ordinamento giuridico di Dio, e il popolo di quell’ordinamento. L’idolatria è proibita; le violazioni dell’ordinamento giuridico sono punite e, ad ogni punto, la legge di Dio è la protezione dell’ordinamento di Dio e del popolo dell’ordinamento giuridico di Dio. Il concetto moderno di tolleranza totale non è un valido principio giuridico, ma il patrocinio dell’anarchismo. Devono essere tollerate tutte le religioni? Ma come abbiamo visto ogni religione è un concetto di ordinamento giuridico. La tolleranza totale
significa totale permissività per qualsiasi tipo di pratica: idolatria, adulterio, cannibalismo, sacrifici umani, perversioni e tutte le altre cose. Tale tolleranza totale non è né possibile né desiderabile. Le pietre dell’efod e del pettorale presentano il principio della parzialità. Per l’uomo, agire nei termini di questa parzialità mediante la preghiera e la legge non è né malvagio né egoistico, ma semplicemente pio. Pregare per altri è certamente pio, ma non preoccuparsi di tutta la nostra casa e dei nostri bisogni non è pio; rende un uomo peggiore di un non-credente o infedele (1Tm. 5:8). E per un ordinamento giuridico rinunciare alla propria protezione è sia malvagio sia suicida. Tollerare la sovversione è essa stessa un’attività sovversiva.

Un secondo principio è evidente in un’altra situazione materia di giurisprudenza, Deuteronomio 23:18: “Non porterai nella casa del Signore tuo Dio, il guadagno di una prostituta né il prezzo di un cane, per sciogliere un qualsiasi voto, poiché sono entrambi abominevoli per il Signore tuo Dio”; il verso precedente, 23: 17 dice: “Non vi sarà alcuna prostituta fra le figlie d’Israele, né vi sarà alcun uomo che si prostituisca tra i figli d’Israele” (cf. Le. 19:29). La parola “prostituta” in Deuteronomio 23:17 è spiegata nelle note ai margini come “sodomita femmina”; la proibizione della prostituzione era già stata data precedentemente in Levitico 19:29. Apparentemente qui il riferimento è alle lesbiche. La legge contro l’omosessualità compare in Levitico 18:22 e 20:13. Il riferimento in Deuteronomio 23:17,18 è alla prostituzione sacra in quanto parte del culto religioso della fertilità. Questa pratica comparve più tardi nella nazione (I Re 14:24; 15:12; II Re 23:7; Amos 2:7; ed è usata per descrivere l’apostasia d’Israele in Ge. 3:2, 6; 8:9, 13). Si noti che la bibbia usa un termine spregiativo: “cane” per l’omosessuale maschio. Il punto della legge, comunque, è questo: particolarmente vituperevole agli occhi di Dio è proprio la pulsione religiosa stessa della prostituta e dell’omosessuale, il loro guadagno non può mai essere un dono accettabile a Dio. Non sono i peccatori ad essere preclusi dal dare, ma piuttosto è il profitto fatto col peccato a non poter essere accettato. Il punto è significativo. Noi siamo abituati a pensare di tali doni in modo ecclesiastico. Ma il “voto” presenta un caso, un caso religioso di giurisprudenza. I termini di un voto posseggono una speciale santità. Ma quando il voto e il suo pegno rappresentano un ordinamento giuridico alieno, quel pegno non è ammissibile e costituisce una “abominazione”. La persona che sta facendo il voto non ha collocazione davanti alla legge, non ha statuto davanti al trono. La prostituta e il sodomita che avessero portato i loro pegni non erano semplicemente peccatori davanti alla legge, ma, più che quello, fuorilegge, al di fuori della legge. C’è una marcata differenza tra un peccatore davanti alla legge e un nemico della legge. Perciò non era accettabile alcuna tassa o offerta da un nemico della legge. Al peccatore era comandato di portare un’offerta, al fuorilegge era proibito offrirla. Poiché la legge era “una legge” per tutti, il fuorilegge aveva diritto alla giustizia sotto tale legge, come testimonia l’appello alla corte di Salomone delle due meretrici (I Re 3:16-28). Il fuorilegge riceveva giustizia ma non cittadinanza. Tassare il crimine è dargli legittimazione e statuto giuridico davanti alla legge quale sostenitore finanziario della legge: il passo successivo è eguali diritti alla protezione della legge, che significa immunità dalla prosecuzione. Sotto l’influenza della bibbia, la maggior parte della nazioni hanno decretato che i criminali perdono la loro cittadinanza, e le persone condannate non hanno esistenza giuridica. Oggi la pressione è contro tale legislazione, e la tassazione è applicata a tutti, con l’aumento della rappresentazione per tutti. Deuteronomio 23:17, 18 è il fondamento giuridico per la cittadinanza esclusiva nei termini dell’ordinamento giuridico. È significativo che il termine comune per prostituta nella Scrittura sia una “estranea” o “donna straniera”, vale a dire una forestiera. Non solo la prostituzione era una pratica estranea al popolo del patto, ma una ragazza Israelita era una “profana” (Le. 19:19), cioè fuori dal tempio, fuori dal principio della cittadinanza, se fosse diventata una prostituta. Anche l’omosessuale era fuori dalla legge; la prostituta quanto meno, benché chiamata “donna straniera” (Pr. 2:16; 5:3, 20; 6:24; 7:5; 23:27, 33; 27:13), quel termine la includeva ancora nel genere umano, ma l’omosessuale, come un “cane” (De.23:18; Ap. 22:15), è considerato come fuori della razza dell’uomo; egli è, come rende chiaro il testo greco di Romani 1: 27, il bruciato prodotto finale della ribellione. (consumato dal fuoco, dalla parola greca che in it. è tradotta ‘accesi’) 

Ci sono, in via generale, tre possibili modi per la legge di trattare col fuorilegge e col dissenziente, e la differenza tra i due è grande benché entrambi siano contro la legge. Primo, c’è l’attitudine che si può riassumere come quella della chiesa “medievale”: che gli eretici hanno perso i loro diritti davanti alla legge. In questo modo Jan Hus ricevette un salvacondotto per andare al Concilio di Costanza, e poi il salvacondotto fu revocato sulla valutazione che era un eretico. Sigismondo fu forzato a infrangere il suo pegno di salvacondotto in ragione della sua propria sicurezza: “perché chi proteggesse un eretico era egli stesso un eretico”.1 Tale mentalità rendeva difficile qualsiasi protezione dall’ordine stabilito mediante la legge. La legge si presumeva che custodisse la società contro l’eresia, ma in realtà il sistema, esso stesso libero di praticare eresie, poteva distruggere qualsiasi critico solamente con un’accusa. Il sospetto distruggeva i diritti; una persona era colpevole dell’insinuazione prima che la colpa fosse provata.

Un secondo possibile modo per la legge di considerare il fuorilegge e il dissenziente si trova nello stato moderno liberale, come negli Stati Uniti. Sono stati fatti tentativi diretti di attaccare la legge che nega la cittadinanza a criminali riconosciuti colpevoli. Indirettamente, i loro diritti sono stati più che restituiti. La Corte Suprema ha virtualmente distrutto leggi che riguardavano diffamazione e calunnia; in questo modo il “criminale” è favorito rispetto alle sue vittime. Violentatori e assassini confessi sono stati prosciolti su cavilli immaginari, in manifesta parzialità a favore del criminale e contro la vittima. Gardner ha osservato, riguardo ai tribunali e alla “legge” oggi: “I diritti dell’individuo sono protetti, purché l’individuo abbia commesso un crimine.”2 Benché le leggi di molti stati ammettano e in alcuni casi richiedano la pena capitale per certi crimini, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dichiarato che: “La sentenza di morte non può essere comminata da una giuria dalla quale siano state automaticamente escluse persone con scrupoli di coscienza o religiosi contro la pena di morte”.3 In altre parole, la corte ha richiesto che a persone che negano la validità della legge fosse richiesto di “applicare” la legge! Questo è, ovviamente, un preciso attacco alla pena capitale ed in effetti una sua abolizione. La Corte non sollevò la questione della possibile innocenza del condannato; la sua colpa era ammessa implicitamente. Ma la Corte ancora una volta decise in favore dei diritti superiori del criminale e del dissenziente e a sfavore della legge e del cittadino ligio ad essa.

Un terzo possibile modo per la legge di considerare il fuorilegge e il dissenziente è quella biblica: “Vi sarà un’unica legge per i nativi del paese e per lo straniero che risiede tra di voi” (Es. 12:49). La legge deve dare a tutti eguale giustizia. Una persona è innocente finché non è provata colpevole e sono necessari due testimoni (Nu. 35:30; De. 17:6). Le due prostitute del tempo di Salomone poterono fare appello per il loro caso lungo tutta la procedura fino a Salomone (I Re 3:16-28). Ma il loro diritto d’appello non le fece cittadine: che le due donne fossero di sangue Israelita o di estrazione forestiera, erano straniere per legge, senza diritti di cittadinanza. I loro doni erano esclusi dal tempio. Poiché il luogo santissimo era la sala del trono di Dio, la proibizione di fare qualsiasi voto al trono era una negazione di cittadinanza; era un’esenzione delle tasse, visto che la persona non aveva esistenza giuridica come membro dello stato.

Nell’analizzare Levitico 4, abbiamo visto che livelli o gradi di sacrificio sottolineavano il principio che: maggiore la responsabilità, maggiore la colpa, maggiore il peccato. È ora evidente anche che l’irresponsabilità criminale significa una perdita di diritti. Un uomo che non sia all’interno della legge è un fuorilegge; i diritti conferiti dall’ordinamento giuridico appartengono a coloro i quali vivono all’interno dello stesso. I retti hanno i diritti. C’è pertanto una cospicua differenza tra corretta procedura penale e privilegi di cittadinanza.

Abbiamo visto, sin qui, primo, riguardo al pettorale e all’efod, la parzialità quanto l’imparzialità della legge; secondo, abbiamo visto, inoltre, che l’irresponsabilità criminale significa una perdita di diritti. Ora, terzo, giungiamo all’apice della questione, e cioè che la legge è una forma di belligeranza, e, di fatto, la principale e continua forma di belligeranza. Il secondo comandamento proibisce immagini scolpite nel culto di adorazione; richiede la distruzione di tutte tali forme di adorazione: “Non ti prostrerai davanti ai loro dèi, e non li servirai. Non farai ciò che essi fanno, ma li distruggerai interamente e spezzerai le loro colonne” (Es. 23:24). In Deuteronomio 12:1-14, il contrasto è tracciato con chiarezza: ubbidienza significa da un lato distruggere tutti i luoghi di culto idolatrico, e, dall’altro lato, portare offerte a Dio nel modo prescritto e al luogo prescritto. Il comandamento di distruggere luoghi d’idolatria e immagini è ripetuto in Deuteronomio 7:5; 16:21,22; Numeri 33:52; ed Esodo 34:13,14. Ma, in certi casi, la distruzione di immagini scolpite richiese anche la distruzione del popolo di quelle immagini (De. 7:1-5); non solo sono proibiti patti con i Canaaniti, ma anche i matrimoni misti. I Canaaniti erano stati “votati” o messi da parte, “santificati” a morte dall’ordine di Dio. Questo è un punto importante che richiede accurata attenzione. La legge proibiva specificamente rappresaglie contro Egiziani o altri stranieri; piuttosto che vendicarsi, avrebbero dovuto ricordare la loro oppressione in Egitto come motivo di maggior dedicazione alla giustizia per tutti sotto la legge di Dio (Le. 19:33-37). Avendo sofferto l’ingiustizia per mano straniera, avrebbero essi stessi dovuto aver cura d’evitare di essere come gli Egiziani, d’essere essi stessi strumenti d’ingiustizia. L’Egitto cercò di sterminare tutti gli Ebrei (Es. 1:15-22), ma a Israele fu richiesto di rendere giustizia agli egiziani nei termini della loro individuale ubbidienza o disubbidienza alla legge. Ma tutti i Canaaniti erano votati alla morte. Il criterio non era l’inimicizia verso Israele ma la legge di Dio. L’Egitto era nemico di Dio quanto Canaan, ma l’iniquità dei Canaaniti era “giunta al colmo” o totale agli occhi di Dio (Ge. 15:16; Le. 18:24-28; ecc.). La prostituzione e l’omosessualità erano divenute pratiche religiose al punto che la gente era radicata nella depravazione e orgogliosa di esserlo. La loro iniquità era giunta al “colmo” o totale. Di conseguenza Dio li sentenziò a morte e fece d’Israele il giustiziere. Ora, questo fatto è stato ripetutamente citato come “evidenza” che la bibbia rappresenta un Dio immorale e un’orrenda moralità; tale accusa rappresenta odio, non intelligenza. Se individui e nazioni ripetutamente sono scomparsi improvvisamente dalla storia, ciò indica chiaramente qualche forma di “giudizio” da parte della storia, (o dal materialismo dialettico, o dall’evoluzione, o da qualsiasi altro dio uno assuma) su quelle persone o nazioni. Gli storici citano ripetutamente e concordano con questi giudizi. Il punto d’offesa riguardo al giudizio dei Canaaniti è il criterio di giudizio usato da Dio. Se Dio avesse dichiarato che i Canaaniti erano crudeli, oppressori capitalisti, e pertanto sotto giudizio, il suo verdetto riceverebbe un’accorata lode da molti intellettuali. Ma Dio è Dio, e non gl’intellettuali, e, di conseguenza, il criterio di Dio prevale e non quello dell’uomo. I Canaaniti nel loro insieme erano meritevoli di morte; la pazienza di Dio diede loro alcuni secoli dai giorni di Abrahamo a quelli di Giosuè e poi diede ordine di eseguire il suo giudizio. Il fallimento d’Israele di eseguirlo fino in fondo divenne alla fine il loro proprio giudizio.

La sentenza di morte contro Canaan è semplicemente un fatto realistico di guerra. A volte la guerra è fatta con obbiettivi limitati; altre volte, la guerra è fino alla morte perché la natura della lotta lo richiede. Quando, nei secoli passati, la guerra non riguardava principi profondamente radicati ma semplicemente questioni locali, la guerra era limitata in portata e micidialità. Quando la rivoluzione prese piede sulla scena occidentale con la Rivoluzione Francese, la guerra totale divenne una realtà, guerra fino alla morte nei termini di principi reciprocamente esclusivi. Quando sia fatta guerra contro il cielo, le conseguenze sono la morte, non la morte di Dio ma la morte delle persone e nazioni contendenti.

In breve, ogni ordinamento giuridico è uno stato di guerra contro i nemici di quell’ordine, e tutta la legge è una forma di guerra. Ogni legge dichiara che certi criminali sono nemici dell’ordinamento giuridico e devono essere arrestati. Per crimini limitati ci sono pene limitate, per crimini capitali, la pena capitale. La legge è uno stato di guerra; è l’organizzazione dei poteri del governo civile per consegnare alla giustizia i nemici dell’ordinamento giuridico. I funzionari della legge sono adeguatamente armati; in uno stato pio dovrebbero essere armati della giustizia della legge quanto d’armi di guerra per difendere la società contro i suoi nemici.

Gli amici della legge, perciò, cercheranno sempre di migliorare, rafforzare e confermare un ordinamento giuridico pio. I nemici della legge saranno di conseguenza in guerra continua contro la legge. L’inimicizia nei confronti della legge sarà diretta e indiretta, ricorrerà alla sovversione interna mediante legislature e tribunali, e ad assalti diretti mediante disobbedienza, disprezzo e attacchi intellettuali. Ogni ordinamento giuridico sarà soggetto ad attacchi perché, fatta eccezione per il cielo, ogni ordinamento giuridico avrà i suoi nemici al proprio interno. La domanda critica, perciò, non è: “La legge verrà attaccata?” ma piuttosto: “L’ordinamento giuridico resisterà gli attacchi?” C’è salute nel corpo politico per resistere la malattia? Quando Israele ricevette l’ordine di distruggere i Canaaniti (De. 7:1-11), gli fu detto anche che l’ubbidienza sarebbe risultata in salute: fertilità per uomini e bestie immunità dalle funeste malattie dell’Egitto (7:12-26). Si noti la giustapposizione di promessa e comando:

Se darete ascolto a queste prescrizioni, se le osserverete e le metterete in pratica, il Signore, il vostro Dio, manterrà con voi il patto e la bontà che promise con giuramento ai vostri padri. Egli ti amerà, e ti benedirà, ti moltiplicherà, benedirà il frutto del tuo seno e il frutto della tua terra: il tuo frumento, il tuo mosto e il tuo olio, i parti delle tue vacche e delle tue pecore, nel paese che giurò ai tuoi padri di darti. Tu sarai benedetto piú di tutti i popoli e non ci sarà in mezzo a te né uomo né donna sterile, né animale sterile fra il tuo bestiame. Il Signore allontanerà da te ogni malattia e non manderà su di te nessuna di quelle funeste malattie d’Egitto, che ben conoscesti, ma le infliggerà a coloro che ti odiano.
Sterminerai dunque tutti i popoli che il Signore, il tuo Dio, sta per dare in tuo potere; il tuo occhio non si impietosisca, e non servire i loro dèi, perché ciò sarebbe per te un’insidia (De 7:12-16).

È chiaro che la distruzione del male sociale è predicato e condizione della salute sociale.

Poiché la legge è una forma di belligeranza, ne consegue che esiste obbligatoriamente una continua barriera tra la pace e il male. L’uomo non può ricercare la coesistenza col male senza con ciò dichiarare guerra contro Dio. La legge dichiara, parlando degli Amorei e dei Moabiti, evidentemente in questo caso nel loro continuare a vivere nei termini della loro cultura giuridica: “Non cercherai né la loro pace né la loro prosperità, finché tu viva, mai” (De. 23:6). Un ordinamento giuridico non può sfuggire la belligeranza: se fa pace in un’area, dichiara con ciò guerra contro un’altra. Un sistema giuridico è una forma di belligeranza. Il fatto della belligeranza rimane costante: l’oggetto della belligeranza può cambiare. Gli stati Marxisti dichiarano d’essere per la “pace mondiale”, ma ciò solo nei termini della conquista totale e della guerra totale contro Dio e contro tutti gli uomini. Più sia totale la pace desiderata, più totale sarà la belligeranza richiesta. La nuova creazione di Gesù Cristo è il risultato finale della sua guerra totale contro un mondo decaduto; richiede la totale soppressione del male all’inferno. La nuova creazione richiesta dalla varie forme di socialismo richiede la permanente soppressione del Dio della Scrittura e del suo popolo pattizio. Può esserci pace in cielo, ma nessuna pace tra il cielo e l’inferno. Il giurista protestante irlandese, John Philpot Curran (1750-1817), disse, in un discorso su “Il Diritto ad Eleggere”: “È destino comune degl’indolenti vedere i loro diritti diventare preda dei solerti: La condizione su cui Dio ha dato libertà all’uomo è l’eterna vigilanza; se trasgredisce questa condizione, la conseguenza del suo crimine e la punizione della sua colpa è la subitanea schiavitù”.

Quelli che cercano la pace col male non cercano la pace che professano ma la schiavitù, e la pace più sicura di tutte è la morte e la tomba.

Note:

1 Poul Roubicek e Joseph Kalmer: Warrior of God, the Life and Death of Jan Hus. London: Nicholson and Watson, 1947, p. 172.

2 Earle Stanley Gardner: “Crime in the Streets,” This week Magazine 18 Agosto, 1968; p.4.

3 “Top Court Hits at ‘Stacking of Juries’”, in Los Angeles Herald Examiner, Lunedì, 3 Giugno, 1968, p. 1.


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