INDICE:

Il Primo Comandamento

 4. Le Leggi dell’Appartenenza al Patto

Coloro i quali obbediscono il primo comandamento: “Non avrai altri dèi davanti a me”, sono membri del patto. I due riti basilari del patto nel Vecchio Testamento furono la circoncisione e la pasqua, e, nel Nuovo Testamento sono il battesimo e la comunione.

Genesi 17:9-14 ci da l’istituzione della circoncisione in quanto segno del patto. La condizione del patto è obbedienza alla legge morale (Ge. 17:1; 18:17-18). “Per di più, il carattere etico della religione veterotestamentaria è simboleggiato dalla circoncisione”.1  La circoncisione era largamente prevalente in tutte le culture, e sempre religiosa. È l’atto di tagliare via il prepuzio dell’organo genitale maschile.

Per la comprensione dottrinale sono importanti due fatti: il primo è che essa fu istituita prima della nascita di Isacco e, il secondo è che, nella rivelazione che l’accompagna, si fa riferimento solo alla seconda promessa, relativa alla discendenza numerosa. Questi due fatti, insieme considerati, mostrano che la circoncisione ha qualcosa a che fare con il processo della procreazione, non nel senso che l’atto in sé sia peccaminoso, perché non esiste traccia di questa idea in nessun altra parte dell’Antico Testamento; non è l’atto, ma il prodotto, cioè la natura umana, ad essere impura e ad aver bisogno di purificazione e di rinnovamento. Quindi la circoncisione non è, come per i pagani, praticata sui giovani divenuti adulti, ma sui neonati di otto giorni di età. La natura umana è impura e inadeguata fin dalla sua origine. Il peccato, di conseguenza, non è solo una questione individuale, ma di razza. Nell’Antico Testamento, il bisogno di una modificazione dovette essere posto in particolare rilievo. A quel tempo, le promesse di Dio avevano un immediato riferimento a cose naturali e temporali, quindi c’era il pericolo di ritenere che la discendenza naturale avesse diritto alla grazia di Dio. La circoncisione insegna che la discendenza fisica di Abraamo non è sufficiente per fare dei veri Israeliti: devono essere rimosse l’impurità e l’inadeguatezza della natura. Dogmaticamente parlando, pertanto, la circoncisione rappresenta la giustificazione e la rigenerazione, più la santificazione (Romani 4:9-12; Colossesi 2:11-13).2

La circoncisione è richiesta dalla legge in Levitico 12:3, all’ottavo giorno. Chiunque desiderasse partecipare della pasqua, sia Ebreo che forestiero, doveva essere circonciso (Es. 12: 48-49). Sia Gesù, sia Giovanni Battista furono circoncisi (Lu. 1:59; 2:21), come pure san Paolo (Fi. 3:5), il quale insistette che Timoteo, che aveva madre Ebrea e padre Greco, fosse circonciso (At. 16:3), ma Paolo non lo ritenne un requisito per Tito (Ga. 2:3).

Il significato e le conseguenze spirituali della circoncisione furono comprese fin dal principio:

Circonciderete perciò il prepuzio del vostro cuore e non indurite piú il vostro collo (De. 10:16).
L’Eterno, il tuo DIO, circonciderà il tuo cuore e il cuore dei tuoi discendenti, affinché tu ami l’Eterno, il tuo DIO, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, e così tu viva (De. 30:6).

Simili espressioni si trovano in Levitico 26:41; Geremia 4:4; 6:10; Romani 2:28-29; Colossesi 2:11, ecc.

I commentatori moderni non notano una grande distinzione tra la circoncisione Ebraica e quelle pagane.3 Le differenze, invece, sono molto grandi. Per il cristiano, la differenza principale è che il rito biblico fu ordinato da Dio come parte della sua rivelazione. Per quanto concerne il significato del rito, nel paganesimo è un rito d’iniziazione alla mascolinità, e d’ingresso nella tribù o nel clan. Mentre altre religioni riconoscono comunemente un difetto nella natura umana, sostengono anche che il difetto possa essere rimediato dall’uomo; di qui il collegamento della circoncisione con l’arrivo della virilità. Il giovane uomo assume le proprie responsabilità nella società e anche la sua responsabilità religiosa di conformarsi allo standard religioso con un atto di volontà. Il Paganesimo è Pelagiano fino al midollo. La circoncisione nell’ottavo giorno toglie all’uomo il potere del rito e lo dà a Dio: il giovane bambino non è capace di giustificare, rigenerare, santificare sé stesso: nel rito è completamente passivo. È in questo modo esibito il fatto della grazia divina. Proprio come il patto rappresenta interamente l’iniziativa e la grazia di Dio, così anche il segno del patto rappresenta le stesse cose. Il comandamento, perciò, era chiaro: la circoncisione doveva avvenire nell’ottavo giorno (o dopo), quando il sangue del bambino sarebbe coagulato correttamente e quindi permesso l’operazione.

Una cerimonia relativa alla circoncisione è la purificazione delle donne dopo il parto (Le. 12). L’impurità della donna è riferita all’impurità religiosa e sacramentale. Di Levitico 12:2 Micklem ha osservato:

La traduzione con impura è qui peculiarmente infelice perché suggerisce inevitabilmente disapprovazione o disgusto e anticipa una visione Manichea del male come inerente la carne. Il passo può essere parafrasato: “Quando una donna ha partorito un figlio, il sentimento appropriato richiede che rimanga in casa per una settimana, poi il figlio deve essere circonciso; anche allora deve rimanere in casa per un mese, e il suo primo tragitto all’esterno sarà alla chiesa”.4

Il punto riguardo al Manicheismo è molto pertinente, ma in ballo c’è molto di più che del “sentimento appropriato”! Né la carne né lo spirito dell’uomo caduto sono puri davanti a Dio. Non c’è nelle cose dello spirito maggior speranza che nelle cose materiali. La circoncisione testimonia del fatto che la speranza dell’uomo non è nella generazione ma nella rigenerazione, e la testimonianza della cerimonia di purificazione della donna è la stessa.

I giorni dell’impurità per un maschietto erano sette: la circoncisione, con la sua testimonianza alla grazia pattizia, terminava quel periodo. Per una femminuccia i giorni d’impurità erano quattordici, durante i quali la donna non toccava cose santificate e le era proibito l’ingresso al santuario. Questi periodi di tempo erano seguiti dal tempo della purificazione, trentatré dopo la nascita d’un figlio e sessantasei dopo la nascita d’una figlia, dopo i quali la madre veniva al santuario con un’offerta, un agnello d’un anno, o, in caso di povertà, come per Maria (Lu. 2:21-24), due piccioni o colombe. La circoncisione serviva ad accorciare il tempo riguardo al parto d’un maschio, e il rito di purificazione era la testimonianza dell’appartenenza pattizia per le figlie. Serviva a ricordare che la giustizia pattizia proveniva dalla grazia di Dio, alla madre e al bambino/a, e che la grazia, e non la razza o il sangue, è la sorgente della salvezza.

Il servizio continua nella chiesa, e compare, ad esempio, nel Book of Common Prayer come “Il Rendimento di Grazie della Donna dopo il Parto” o “The Churching of Women”. Comincia con la dichiarazione del pastore: “Poiché è piaciuto a Dio Onnipotente, per la sua benignità, darti una sicura liberazione, e preservarti nel grande pericolo del parto: tu renderai grazie a Dio di tutto cuore,” e conclude con la presentazione da parte della donna di un dono prescritto.

Il rito ha riferimento, non al peccato attuale, ma al peccato originale ed è un riconoscimento della caduta dell’uomo e della grazia del patto. La vecchia ribellione di Adamo è reintrodotta per nascita nella casa pattizia nella forma di un bambino la cui natura è ereditata da Adamo. Questa corruzione ereditaria è riconosciuta e la grazia pattizia è implorata nel rito di purificazione delle donne. Non c’è una ragione valida per la sua cessazione. È stato ridotto ad un semplice ringraziamento nel The Book of Common Prayer, che è un’atrofia del suo significato, ma questo comunque supera di gran lunga la pratica di altre chiese.

Il battesimo è il segno del patto rinnovato che rimpiazza la circoncisione. Era stato un segno di purificazione religiosa e di consacrazione nel Vecchio Testamento (Es. 29:4; 30:19, 20; 40:12; Le.15; 16:26, 28; 17:15; 22:4, 6; Nu. 19:8). In Ezechiele 36: 25,26 ci è dato il battesimo (“spanderò”= per aspersione) come segno della rigenerazione del popolo pattizio dopo la cattività, ed è associato con un “cuore nuovo”. Geremia 31: 31-34 associa questo “cuore nuovo” col nuovo patto in Cristo. Nei termini di questi testi, i proseliti che desideravano diventare Israeliti venivano battezzati prima della circoncisione il che indica che si pensava al nuovo patto. Giovanni Battista, chiamando al battesimo tutto Israele, creò un’agitazione, perché ciò indicava che l’epoca del Messia era vicina.

Il battesimo, come la circoncisione, dev’essere amministrato ai bambini, a meno che non si tratti di un adulto che sia stato convertito, quale segno dell’appartenenza al patto per grazia. Non sorprende che la maggior parte degli oppositori del battesimo degl’infanti siano logicamente pure Pelagiani o quantomeno Arminiani. Costoro insistono nel reclamare per l’uomo le prerogative in salvezza.

L’altro rito di appartenenza al patto, la pasqua, fu istituito in Egitto (Es. 12; 13:3-10; Nu. 9:1-14; De.16:3-4; Es. 23:18) per celebrare l’atto culminante della redenzione da parte di Dio nel suo giudizio sull’Egitto. Tutti i primogeniti d’Egitto furono uccisi da Dio, che passò oltre le case di quegli Israeliti e di altri credenti che avevano spruzzato il sangue di un agnello o di un capretto sugli stipiti e sull’architrave, e i membri di quelle case stettero alzati col bastone nella mano, aspettando di muoversi nei termini della liberazione promessa. L’agnello o il capretto fu arrostito intero e mangiato con pane azzimo (per significare l’incorruttibilità del sacrificio: Levitico 2:11; 1 Corinzi 5: 7-8) e con erbe amare per significare l’amarezza della loro schiavitù in Egitto.

Centrale, per la pasqua, è il sangue. Nel patto con Abrahamo (Ge. 15:17-21), ad Abrahamo fu richiesto di passare tra gli animali tagliati a metà, a rappresentare la morte dello stipulatore del patto, cioè la morte del vero sacrificio che doveva venire, Gesù Cristo, e il giudizio di morte su chi tradisse il suo patto. Mosè, al Sinai, prese il sangue e lo spruzzò sia sull’altare sia sul popolo (Es. 24:4-8) per indicare sia che il patto fondava su una espiazione provveduta interamente da Dio, e sia che la pena per l’apostasia dal patto è la morte. Stibbs ha abilmente riassunto il significato principale di “sangue” nelle Scritture:

Il sangue attesta visibilmente di una vita terminata violentemente; è un segno di vita data o presa con la morte. Tale dare o prendere la vita è in questo mondo l’estremo sia del dono o del premio sia del crimine e della pena. L’uomo non ne conosce uno più grande. Perciò, primo, l’offerta o servizio più grande che si possa rendere è dare il proprio sangue ovvero la propria vita. “Nessuno ha amore piú grande di questo: dare la propria vita per i suoi amici” (Giovanni 15:13). Secondo, il crimine o la malvagità più grande sulla terra è prendere il sangue o la vita, cioè l’omicidio colposo o assassinio. Terzo, la pena,

o la perdita più grande che si possa subire è d’avere il proprio sangue sparso o la propria vita presa. Così, sta scritto di chi sparge sangue: “Il suo sangue sarà sparso dall’uomo”; e pertanto Paolo dice del magistrato: “…Non porta la spada invano: poich’egli è un ministro di Dio, un vendicatore con ira contro colui che fa il male” (Ro. 13:4). “Il salario del peccato è la morte” (Ro. 6:23). Quarto, la sola espiazione possibile o adeguata è vita per vita e sangue per sangue. L’uomo non può fare questa espiazione. (Sa. 49:7, 8; Mc. 8: 36, 36). In quanto peccatore, non solo la sua vita è già perduta, ma anche la sua vita appartiene già a Dio (Sa. 50:9, 10). Pertanto l’uomo non ha “sangue” che possa dare. Questo dono, necessario ma non ottenibile in altro modo, Dio l’ha dato. Egli ha dato il sangue per fare espiazione (Le. 7:11). L’espiazione, perciò, è possibile solamente per mezzo del dono di Dio. O come l’ha espresso P. T. Forsyth: “Il sacrificio è il frutto e non la radice della grazia”. Inoltre, quando nostro Signore dichiarò di essere venuto “Per dare la sua vita in riscatto per molti” (Mc. 10:45), affermò implicitamente sia la sua divinità sia la sua umanità senza peccato, indicando il compimento di ciò che il sacrificio di animali aveva meramente tipizzato. Qui in Gesù, il Figlio incarnato, c’era Dio venuto in persona per dare come uomo l’unico sangue che può fare espiazione. La chiesa di Dio è pertanto acquistata col suo proprio sangue (At. 20:28).

Tutti questi quattro significati di “sangue” in quanto sparso, s’incontrano sulla croce di Cristo. Lì, il Figlio dell’Uomo nei nostri sangue e carne, per noi uomini e per la nostra salvezza, fece l’offerta più grande. Diede la sua vita. (Si veda Gv. 10:17, 18). Secondo, egli divenne la vittima del più grande peccato dell’umanità. Fu ignobilmente e ingiustamente messo a morte. Terzo, “Egli fu annoverato tra i trasgressori” (Lu. 23: 37 da Isa 53:12), e soffrì la pena estrema dei malfattori. La mano della Legge (di Dio) e del magistrato romano lo misero a morte. Il suo sangue fu sparso dall’uomo. Quarto, Egli, in quanto Dio fatto carne, diede, come solo Egli poteva fare, il suo sangue umano per compiere l’espiazione. Il pentimento e la remissione dei peccati possono perciò essere ora predicati nel suo nome. Noi siamo giustificati per il suo sangue.5

La pasqua celebrava la redenzione d’Israele, proprio come il sacramento della Cena del Signore celebra la redenzione della vera chiesa di Dio per mezzo del sangue di Gesù Cristo. La celebrazione del sacramento significa la ricezione per fede della redenzione e della purificazione dal peccato, e la benedizione della vita pattizia in Cristo per mezzo del suo sacrificio espiatorio.

La pasqua era doppiamente una testimonianza che il sangue fosse il requisito. Il sangue era dovuto, primo, da tutto l’Egitto per la loro incredulità. I primogeniti rappresentavano il tutto, e la sentenza di morte loro comminata era una sentenza di morte contro tutti. Secondo, Israele era sotto sentenza di morte non meno dell’Egitto. Non c’erano in essi meriti che potessero salvarli, né potevano esserci. Ma la sentenza di morte passata contro il popolo pattizio fu presa su di sé da Dio il Figlio nel tipo del sangue dell’agnello.

La stessa duplice testimonianza al sangue compare nella croce. Primo, Israele fu sentenziato a morte (Mt. 24) e destinato alla distruzione per il suo tradimento del patto. Secondo, il popolo di Cristo fu redento dai loro peccati per il sangue del patto e furono liberati dal giudizio passato su Gerusalemme e sulla Giudea.

Il sacramento della cena del Signore è la pasqua cristiana: “la nostra pasqua infatti, cioè Cristo, è stata immolata per noi. Celebriamo perciò la festa non con vecchio lievito, né con lievito di malvagità e di malizia, ma con azzimi di sincerità e di verità” (1 Co. 5: 7b, 8). La prima celebrazione della cena del Signore, nella stanza superiore, avvenne alla conclusione e in compimento della pasqua.

La stessa duplice testimonianza è fondamentale per la Cena del Signore, e non può essere celebrata veramente se quest’aspetto è negato o trascurato. Primo, la pasqua di Israele fu celebrata nell’aspettativa della vittoria. Gli ebrei dovevano mangiare in fretta: Dio li avrebbe liberati quella stessa notte dal loro oppressore e nemico con un potente giudizio contro l’Egitto e la spoliazione degli egiziani (Es. 12:11, 29-36). La pasqua cristiana esprime la liberazione del credente dal peccato e dalla morte e la sua liberazione dal nemico. È una salvezza sia spirituale sia materiale. Celebrare la morte del primogenito di Dio per la nostra salvezza è celebrare la morte dei nemici di Dio, dei loro primogeniti, la loro totalità, sotto il suo giudizio. Richiede che ci muoviamo nei termini della vittoria (Es. 12:11) se la dobbiamo ricevere. Limitare il sacramento ad una vittoria spirituale è agire da manichei piuttosto che da cristiani, è vedere Dio come Signore solo del reame spirituale e non anche di quello materiale. Perciò, secondo, come è chiaramente evidente, la cena del Signore è vittoria perché è giudizio. San Paolo dichiarò che il sacramento è un giudizio contro i credenti che ne partecipassero “indegnamente … non discernendo il corpo del Signore” (1 Co. 11: 27-30). Se è giudizio contro credenti che trasgrediscono, quanto più la cena del Signore proclama dannazione ad un mondo in ribellione contro Dio?

Ma, terzo, i bambini del patto, vale a dire i bimbi maschi circoncisi e le figlie del patto, ne partecipavano. Di fatto, il servizio era disegnato per dichiarare il significato del sacramento al più giovane dei figli maschi capace di parlare al quale era riservato il ruolo rituale di chiedere: “Che significa per voi questo servizio?”. A quel punto il padre dichiarava il suo significato a tutti. Nella chiesa primitiva i bambini partecipavano del sacramento secondo tutte le documentazioni. L’evidenza di san Paolo indica che le famiglie intere attendevano a partecipavano: era il pasto serale (1 Co. 11). In Antiquities of the Christian Church, Joseph Bingham cita l’evidenza di una pratica ben consolidata di partecipazione da parte di bambini e infanti. Questa pratica era chiaramente presa dalla pasqua di Israele, e non c’è evidenza scritturale di un suo abbandono. Allo stesso tempo, si deve notare che la chiesa primitiva escludeva rigorosamente dl sacramento ‘quelli di fuori’. Gli argomento contro questa inclusione sono più razionalisti e Pelagiani che biblici.

Il comandamento: “Non avrai altri dèi davanti a me” richiede, primo, che una persona sappia che la sua sola speranza di salvezza è nel sangue del sacrificio di Dio, l’Agnello di Dio, e vivere in grata obbedienza. Secondo, la persona deve riconoscere che tutto il sangue è governato da Dio e dalla sua parola-legge, e che fare qualsiasi cosa senza la sua parola-legge è peccato, “perché tutto ciò che non viene da fede è peccato” (Ro. 14: 23). Come ha scritto Stibbs:

Inoltre, la convinzione che permea le scritture del Vecchio Testamento è che la vita fisica è creazione di Dio. Perciò appartiene a lui e non all’uomo. Inoltre, in modo particolare nel caso dell’uomo creato ad immagine di Dio questa vita è preziosa davanti a Dio. Perciò, non solo nessun uomo ha alcun diritto indipendente o libertà di spargere sangue e prendere la vita, ma anche, se lo fa, renderà conto a Dio per la sua azione. Dio richiederà il sangue di chiunque lo sparga. L’assassino attira sangue su sé stesso non solo agli occhi degli uomini ma prima di tutto agli occhi di Dio. E la pena che era dovuta a Dio e che altri uomini erano stati fatti responsabili di infliggere, era che la vita dell’assassino deve essere presa. Tale uomo non è più degno di godere ulteriormente dell’amministrazione del dono divino della vita. Deve pagare la pena terrena estrema e perdere la propria vita nella carne. Inoltre, il carattere della pena era anche significativamente descritto dall’uso della parola “sangue”. “Chiunque spargerà il sangue di un uomo, il suo sangue sarò sparso per mezzo di un uomo” (Ge. 9: 5-6).6

Non avere alcun altro Dio, significa non avere legge altra che quella di Dio, e nessuna attività o pensiero separato dalla sua parola-legge. Che sia per cibo, per tutelare la legge civile, in guerra, o in autodifesa, il sangue può essere sparso solo nei termini della parola di Dio. Dove Dio lo permetta, l’uomo non può contraddire Dio o proporre una via “migliore” o “superiore” senza commettere peccato. Pertanto, considerare il vegetarianismo, il pacifismo, o la non-resistenza in tutti i casi, una via “superiore” è trattare la via di Dio come inferiore a quella dell’uomo.

Correlata molto strettamente alla dottrina della pasqua è la redenzione dei primogeniti e la loro santificazione.

L’Eterno parlò a Mosè, dicendo:
“Consacrami ogni primogenito, quello che apre il grembo tra i figli d’Israele, tanto di uomini che di animali; esso mi appartiene” (Es.13: 1-2).

Quando l’Eterno ti avrà fatto entrare nel paese dei Cananei, come giurò a te e ai tuoi padri, e te lo avrà dato, consacrerai all’Eterno tutti quelli che aprono il grembo e ogni primo parto del bestiame che ti appartiene: i maschi apparterranno all’Eterno. Ma riscatterai ogni primo parto dell’asino con un agnello; se però non lo vuoi riscattare, gli spezzerai il collo; così riscatterai ogni primogenito dell’uomo fra i tuoi figli. Quando in avvenire tuo figlio ti interrogherà dicendo: “Che significa questo?”, gli risponderai: “L’Eterno ci fece uscire dall’Egitto, dalla casa di schiavitú, con mano potente; e avvenne che, quando il Faraone si ostinò a non lasciarci andare, l’Eterno uccise tutti i primogeniti ne paese d’Egitto tanto i primogeniti degli uomini che i primogeniti degli animali. Per questo io sacrifico all’Eterno tutti i maschi che aprono il grembo, ma riscatto ogni primogenito dei miei figli”. Ciò sarà come un segno sulla tua mano e come un frontale fra i tuoi occhi, poiché l’Eterno ci ha fatto uscire dall’Egitto con mano potente (Es. 13:11-16).

Non indugerai a offrirmi il tributo del tuo raccolto e di ció che cola dai tuoi strettoi. Mi darai il primogenito dei tuoi figli.Lo stesso farai del tuo bue e della tua pecora: il loro primo parto rimarrà sette giorni presso la madre; l’ottavo giorno me lo darai (Es. 22: 29,30).

Chiunque apre il grembo è mio; e mio è ogni primo parto maschio di tutto il tuo bestiame, sia bovino che ovino.Ma riscatterai con un agnello il primo nato dell’asino; se non lo vuoi riscattare, gli romperai il collo. Riscatterai pure ogni primogenito dei tuoi figli. Nessuno comparirà davanti a me a mani vuote (Es. 34:19,20).

Ma nessuno potrà consacrare i primogeniti del bestiame, perché come primogeniti appartengono già all’Eterno; sia esso un bue o un agnello, appartiene all’Eterno (Le. 27:26)

Consacrerai all’Eterno, il tuo DIO, tutti i primogeniti maschi che nasceranno dalla tua mandria e dal tuo gregge. Non farai alcun lavoro con il primogenito della tua vacca e non toserai il primogenito della tua pecora.Li mangerai ogni anno, tu e la tua famiglia, davanti all’Eterno, il tuo DIO, nel luogo che l’Eterno ha scelto(De. 15: 19,20).

Ora, se le primizie sono sante, anche la massa è santa; e se la radice è santa, anche i rami sono santi (Ro. 11: 16).

La redenzione è qui una questione molto fisica perché la redenzione non deve mai essere separata dal mondo fisico o da quello spirituale. Israele era fisicamente asservito all’Egitto così come in schiavitù al peccato. La caduta dell’uomo lo ha posto, corpo e anima, in schiavitù, e la redenzione di conseguenza è totale, interessa l’essere totale dell’uomo, non meramente un suo aspetto. Limitare la salvezza all’anima dell’uomo e non al suo corpo, alla sua società e a tutti i suoi aspetti e relazioni, è negarne il significato biblico. Di fatto, l’intera creazione è alla fine coinvolta nella redenzione (Ro. 8:20-21).

Il primo parto a cui si riferisce la legge è il primo nato di una madre piuttosto che d’un padre: è “quello che apre il grembo” (Es. 13:2).7 L’analisi di Fairbairn della redenzione del primo nato è particolarmente buona:

Abbiamo una triplice azione di Dio, primo, l’atto di infliggere la morte ai primogeniti di uomini e bestie in Egitto; l’esenzione da questo giudizio da parte d’Israele in considerazione del sacrificio pasquale; e infine, come commemorazione di quell’esenzione, la consacrazione al Signore di tutti i primogeniti a venire. L’elemento fondamentale su cui il tutto procede, è evidentemente il carattere rappresentativo del primogenito; la prima prole dei due genitori rappresenta l’intero frutto del grembo, essendo quello nel quale il tutto prende il proprio inizio; in modo che l’uccisione dei primogeniti d’Egitto fu virtualmente l’uccisione di tutti – implicò che uno e lo stesso destino era sospeso sul capo di tutti, e, conseguentemente, che la salvezza dei primogeniti d’Israele e la loro susseguente consacrazione al Signore, fu, per quanto concerne le intenzioni divine e l’efficace virtù, la salvezza e la consacrazione di tutti. Pertanto, Israele nel suo insieme fu designata il primogenito di Dio: E tu dirai al Faraone: “Così dice l’Eterno: Israele è il mio figlio, il mio primogenito.Perciò io ti dico: Lascia andare il mio figlio, affinché mi serva; ma se tu rifiuti di lasciarlo andare, ecco io ucciderò il tuo figlio, il tuo primogenito” (Es. 4: 22,23).8

L’atto di redenzione fu così il rituale di confermazione dell’appartenenza pattizia. Tutto Israele, uomini e bestie, fu riconosciuto come proprietà di Dio, il suo “primogenito” per grazia e adozione. Israele meritava di morire non meno dell’Egitto: la sua redenzione fu un atto di grazia sovrana. Questo fatto era stato dimostrato ad Abrahamo nella richiesta del sacrificio di Isacco. La bibbia non condanna il sacrificio umano in principio. “Tutti i sacrifici biblici si fondano sul principio secondo cui il dono della vita a Dio, sia nell’atto della consacrazione che dell’espiazione, sia necessario ai fini del ristabilimento religioso”. Dall’altro lato, “ l’uomo, a causa della sua condizione anomala dovuta al peccato, non è idoneo ad offrire questo dono della vita mediante la propria persona, per cui entra in gioco il principio della sostituzione: una vita prende il posto di un’altra vita”.9, Ma anche senza peccato l’uomo non può dare a Dio niente che non abbia già ricevuto da Dio. Il fatto che il riscatto del primogenito fosse normalmente collegata con l’ottavo giorno, il tempo della circoncisione, dell’ingresso nel patto, ne faceva al contempo una confermazione del patto da parte dei genitori. Gli animali erano spesso dati direttamente al sacerdote. La tribù di Levi divenne una tribù sacerdotale sostitutiva, devota a Dio, come i primogeniti (Nu. 3: 40,41). La legge si premuniva di proteggere i genitori da un costo esorbitante del riscatto (Le. 27: 1-8). Altre leggi che concernono i primogeniti, cioè la ri-affermazione della consacrazione, sono Numeri 8:16, 17, che collega il diritto di Dio ai primogeniti d’Israele con l’uccisione dei primogeniti d’Egitto; Numeri 8:18, che stabilisce i Leviti come sostituto, e Numeri 3: 11-13, 44-51, che da dettagli specifici di questa sostituzione. I primi parti di greggi e armenti sono specificati in Esodo 13: 11-13 ed Esodo 22: 30, come anche in Esodo 34: 19, 20; Levitico 27: 26, 27; e Numeri 18: 15-17. In Numeri 18: 15-17, è specificato che il primo parto di una mucca, una pecora o una capra non possono essere riscattati, ma devono, secondo Deuteronomio 14: 23; 15: 19-22, insieme alla decima del frumento, del mosto e dell’olio, essere mangiati davanti a Dio come seconda decima. Waller ha commentato su Deuteronomio 14: 22, 23, 28, quanto segue:

(22) Tu darai accuratamente la decima. – Il Talmud e gli interpreti giudaici in genere concordano col parere che la decima menzionata in questo passo, sia qui sia nel verso 28, e anche la decima descritta nel capitolo 26: 12-15, siano una cosa sola: “la seconda decima”; ed interamente distinta dalla decima ordinaria assegnata ai Leviti per la loro sussistenza in Numeri 18: 21, e da cui essi davano a loro volta la decima per i sacerdoti (Nu. 18:26) …

(23) Mangerai davanti all’Eterno, il tuo Dio – Cioè tu mangerai la seconda decima: Questo era da farsi per due anni; ma nel terzo e sesto anno c’era una disposizione diversa (cf. vs. 28). Nel settimo anno, che era sabbatico, probabilmente non c’era decima, perché non c’era raccolto. Il prodotto della terra era per tutti, e ognuno era libero di mangiarne a piacere…

(28) Alla fine di ogni tre anni, metterai da parte tutte le decime dei tuoi prodotti – Questo è chiamato dai Giudei Ma’ser ’Ani, “la decima dei poveri” . Essi la considerano identica alla seconda decima, che era ordinariamente mangiata dai proprietari a Gerusalemme; ma che ogni terzo e sesto anno era elargita ai poveri.10

Si nota che questa seconda decima non era strettamente un decimo, perché un secondo decimo non era messo da parte dal bestiame specificato, “ma i primi parti prendono il posto della seconda decima degli animali”.11

In aggiunta al riscatto dei primogeniti, un testatico era richiesto a ogni maschio dai vent’anni in su (Es. 30: 11-16), che originariamente fu usato per la costruzione del tabernacolo (Es. 38: 25-28). Era pagato dai Leviti e da tutti gli altri. Era un memento che tutti erano preservati in vita solo per la grazia di Dio. Dopo che il tabernacolo (la stanza del trono e il palazzo di governo di Dio) fu costruito, questo introito fu usato per mantenere l’ordinamento civile. La messa a ruolo formale al raggiungimento della maturità significava il pagamento di mezzo siclo in riconoscimento della grazia provvidenziale di Dio. Tutti pagavano la stessa somma. “Era un riconoscimento di peccato, che accomunava tutti in modo eguale, e perciò fatto uguale per tutti, e salvava dalla vendetta di Dio quelli che se fossero stati troppo orgogliosi per pagarlo, sarebbero stati puniti da qualche piaga”. 12 Il testatico era un promemoria che essi vivevano per la grazia di Dio, e che avevano perso il diritto alla loro vita e le loro sostanze per tradimento contro Dio. Era perciò una cerimonia il cui significato era associato con la redenzione dei primogeniti, la pasqua, e col Giorno dell’Espiazione, piuttosto che con la decima.

Ambedue le primizie del gregge e del campo, con le eccezioni descritte, dovevano essere date al Signore per il mantenimento dei Leviti, secondo la Legge del Patto.13 La legge delle primizie compare in Levitico 23: 10-17 e Deuteronomio 26: 1-11, anche Numeri 15: 17-21; Esodo 22. 29; 23: 19. Il Nuovo Testamento fa rifermento alle primizie in Romani 8: 13; 11: 16; 16: 5; I° Corinzi 15: 20-23; 16: 15; Giacomo 1: 18; Rivelazione 14: 4. Gesù Cristo è dichiarato essere, quando risorto dai morti: “il primo covone agitato davanti al Signore nel secondo giorno pasquale, proprio come Cristo infatti ha fatto saltare i legami della morte proprio in quel periodo liturgico”. 14 San Paolo ha dichiarato: “Anche noi stessi, che abbiamo le primizie dello Spirito santo; noi stessi, dico, soffriamo in noi stessi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo” (Ro. 8:23).

L’offerta dei primi nati e delle primizie era strettamente collegata con la decima, e con essa, costituiva un’offerta simbolica del tutto. La decima, comunque, era in aggiunta all’offerta dei primi nati e delle primizie.

La chiesa primitiva vide l’offerta dei primogeniti compiuta in Cristo, essendo l’offerta stata fatta da Dio in compimento dei requisiti per la casa della fede. Si seguitò, però, a fare l’offerta delle primizie, benché fosse stata in egual misura adempiuta da Cristo. La colletta delle primizie avveniva con forme diverse tipo le prebende sul primo raccolto dell’anno richieste dal papa dalle prebende in Inghilterra che erano state destinate agli stranieri. Enrico VIII s’impadronì di queste collette, ma la regina Anna le restituì alla Chiesa d’Inghilterra per incrementare piccole parrocchie.15

Rispetto alla decima, secondo Bingham: “Gli antichi credevano che la legge della decima non fosse semplicemente un comando cerimoniale o politico, ma un obbligo morale perpetuo”.16 Per molti secoli la decima fu pagata in natura, cioè letteralmente un decimo del raccolto piuttosto che il suo equivalente in moneta. Furono costruiti granai per immagazzinare la decima.17 La decima fu comandata dal Concilio di Trento pena la scomunica, ma fu abolita in Francia nel 1789 ed è gradualmente caduta in disuso. Era richiesta nei circoli protestanti una volta, ma anche qui è stata negletta o è semplicemente divenuta una decima alla chiesa.18

La decima compare molto presto, molto prima di Mosè; quando Abrahamo la pagò (Ge. 14:20; Eb. 7: 4, 6), era apparentemente una pratica in uso, cosicché la sua origine potrebbe risalire alla rivelazione originale ad Adamo. Anche Giacobbe parlò della decima (Ge. 28: 20-22). Porzioni appartenenti al Signore collegate alla decima compaiono nella guerra contro Madian, ove Dio fissò la proporzione delle spoglie in una su cinquanta, e una su cinquecento, a seconda del bottino (Nu. 31: 25-54).

La legge della decima compare in Levitico 27: 30-33; Numeri 18: 21-26; Deuteronomio 14: 22-27; 26: 12, 15. I rabbini e molti studiosi ortodossi distinguono tre decime; alcuni studiosi ortodossi e virtualmente tutti i modernisti ne vedono solo una.19  L’esistenza di tre decime fin dal primoperiodo è una questione documentata; vale a dire dal primissimo periodo dei documenti ebraici collegati alle Scritture, cioè dagli Apocrifi. Tobia, datato dal 350 a.C., o dal 250 al 200 a.C. da Davis,20 e “verso la fine del terzo secolo a.C.” da Gehman, 21 da evidenze molto chiare di tre decime (Tobia 1: 5-8). Evidenze simili si trovano nelle Antichità di Giuseppe Flavio, Libro IV, e in Girolamo, ad una data posteriore.22 L’evidenza storica rivela la pratica; le Scritture fanno riferimento a tre tipi di decima. L’onere della prova è su chi insiste a ridurle a una.

Nell’analizzare la decima, perciò, diventa manifesto che, primo, ci sono tre tipi di decima, una prima decima, la decima del Signore (Nu. 18: 21-24), che andava ai leviti che ne rendevano un decimo ai sacerdoti (Nu. 18: 26-28); una seconda decima, una decima festiva da godere davanti al Signore (De. 12: 6-7, 17-18); una terza decima, la decima per i poveri, ogni terzo anno, da condividersi localmente con i leviti del posto, gli stranieri, gli orfani e le vedove (De. 14: 27-29).23

Secondo, il Signore in quanto creatore di tutte le cose, stabilisce i termini della vita dell’uomo e dell’uso delle proprietà dell’uomo. Certe specifiche somme sono sante al Signore. La decima era in natura, cioè dei nuovi nati del gregge o del bestiame, o del prodotto della terra. Se riscattata, cioè pagata in denaro al Signore, doveva essere aggiunto un quinto della somma. Nel dare la decima, un uomo non doveva scegliere il buono o il cattivo per il Signore, ma doveva prendere ogni decimo nato. Se uno avesse contato sedici vitelli, ne avrebbe dato solo uno, il decimo. Aggiungendo un quinto alla decima in moneta si tendeva a pareggiare il conto, ma, nel complesso, il requisito favoriva l’uomo (Le. 27: 3-33).

Terzo, la seconda decima doveva essere usata per gioire davanti al Signore nelle tre festività annuali. Poteva essere portata al santuario in forma monetizzata, per spenderla per sé durante la Pasqua, la Festa dei Tabernacoli, la Festa delle Settimane, più di due settimane di vacanze “religiose” (De. 12: 6-7; 14: 22-27; 16: 3, 13, 16). Eccetto che per i Leviti, coi quali era condivisa una porzione, questa decima rimaneva al datore ed era usata per il proprio piacere. Non c’era seconda decima degli animali nella seconda decima; i primogeniti del gregge prendevano il loro posto nella seconda decima (De. 12: 17-18).

Quarto, la terza decima era per i poveri, da usarsi in loco con i poveri, le vedove, gli orfani, stranieri senza mezzi, persone incapaci di aiutarsi da sole a motivo di età, malattia o altre condizioni speciali. Anche i Leviti dovevano essere ricordati (De. 14: 27-29).

Quinto, la decima, secondo Thompson, ammontava in questo modo a un decimo per il Signore, un decimo per i poveri, e una piccola somma per i Leviti dalla seconda decima. Thompson la definì “un sesto del reddito di una persona” visto che la seconda decima era dovuta due volte ogni periodo di sei anni.24 In questi termini, Thompson vide la decima complessiva come un giorno di lavoro su sei.25 Potrebbe essere un conteggio un po’ alto, ma è vicino alla realtà. Senza calcolare la seconda decima come costo (cioè la porzione dei Leviti), si arriva al 13,33 per cento annualmente, mentre i calcoli di Thompson lo porta ad una percentuale più alta.

Sesto, non c’era decima del prodotto della campagna il settimo anno o anno sabbatico (Le. 25: 1-7). In quell’anno non doveva esserci mietitura, potatura, vendemmia o raccolta. Gli alberi e le vigne dovevano far cadere a terra i loro frutti, eccetto tutto ciò che i poveri avrebbero raccolto per i propri bisogni, o che bestiame e animali selvatici avrebbero mangiato, o usati sulla tavola del proprietario (Es. 23:11). Rawlinson ha commentato:

Sotto il sistema così divinamente imposto agli Israeliti, si compivano tre scopi benefici. 1. Ne beneficiava il proprietario. Non solo era prevenuto dall’esaurire la sua campagna con l’uso intensivo, e quindi finire in povertà, ma era anche obbligato a sviluppare abitudini di accortezza e di previdenza. Necessariamente doveva mettere da parte qualcosa per il settimo anno e in questo modo imparava a calcolare i propri bisogni, a immagazzinare il suo frumento, e a tenere qualcosa da parte per un futuro avverso. In questo modo furono sviluppate la sua ragione e le sue capacità riflessive, ed egli fu fatto avanzare, da mere braccia produttive a coltivatore di buon senso. Ne beneficiavano i poveri. Poiché qualsiasi cosa fosse cresciuta nel settimo anno sarebbe cresciuta spontaneamente, senza spese o problemi da parte del proprietario, non poteva legittimamente essere considerata appartenere esclusivamente a lui. La legge Mosaica la collocava alla pari con i frutti selvatici, e a disposizione del primo venuto (Le. 25: 5,6). Con questa disposizione i poveri erano abilitati a profittare, visto che erano essi in particolare a raccogliere ciò che la generosità della Natura aveva provveduto. Nel clima secco della Palestina, dove molti chicchi di frumento andavano sicuramente dispersi durante la mietitura, la crescita spontanea dev’esser stata considerevole e sarebbe stata ampiamente sufficiente al sostentamento di chi non aveva altre risorse. Ne beneficiavano le bestie. Dio si prende “cura del bestiame”. Egli istituisce l’anno sabbatico, in parte, in modo che “gli animali dei campi” possano avere abbondanza da mangiare. Quando l’uomo raziona loro il loro cibo, essi hanno spesso una porzione risicata. Dio desidera che almeno un anno su sette possano mangiare a sazietà.26

Contrariamente a Rowling su un punto, l’uso sabbatico dei campi e delle vigne era senza dubbio simile alla spigolatura, vale a dire che il proprietario governava l’ammissione concedendola ai poveri meritevoli. Tratteremo ulteriormente del sabato agricolo più avanti.

Settimo, dare la decima significava dare proporzionatamente. La decima di un povero è piacevole agli occhi di Dio quanto quella di un ricco. Il principio della decima è dichiarato chiaramente nella legge: “Ognuno da parte sua secondo la benedizione che l’Eterno, il tuo Dio, ti ha dato” (De. 16:17). Questo stesso principio è ripetuto da san Paolo in II° Corinzi 8: 12 quale essenza del dare cristiano. San Paolo ha scritto, riguardo alla colletta per i poveri, ed ha citato il principio della decima per raccogliere dai cristiani la decima per i poveri. Mediante l’offerta proporzionata, non era posto peso indebito su nessuno: non ci aspettava che i ricchi facessero tutte le donazioni, né l’onere era lasciato ai solerti.

Ottavo, mediante la decima esisteva una realistica relazione con Dio. Secondo Malachia 3: 7-12, la maledizione di Dio è contro quelli che negano il comando di Dio di dare la decima, perché questo equivale ad allontanarsi dalla legge di Dio (Ml. 3:7). Similmente, la benedizione di Dio è riversata come un diluvio su quelli che obbediscono la legge della decima. Come scrisse Samuel Rutheford (1600-1661): “Sono persuaso che Cristo è responsorio e ligio alla legge nel ricompensare qualsiasi cosa sia arrischiata o elargita per Lui; le perdite per Cristo non sono altro che beni messi in banca nelle mani di Cristo”.27 Questo non è salario da Dio, che non deve nulla a nessuno, ma benedizione. Primariamente, Malachia promette una benedizione nazionale, come vedremo più tardi, ma l’aspetto personale non è assente. G. H. Pember ha scritto, in Earth’s Erliest Ages:

Noi sappiamo in senso generale che la grazia di Dio segue ogni azione di diretta obbedienza da parte nostra. Se noi andiamo alla ricerca perfino dei comandi più piccoli della sua legge, e li mettiamo in pratica: se dimostriamo che non permetteremo che una sola parola pronunciata dalla sua bocca cada a terra, noi rendiamo testimonianza a noi stessi e agli altri che proprio con i fatti e non solo con le parole riconosciamo Lui come nostro Dio e nostro Re … Nè egli, da parte sua, sarà lento nel riconoscere noi come suoi sudditi, come quelli che vantano un diritto al suo aiuto e alla sua protezione.28

E, come ha scritto il Rev. Samuel Chadwick (1860-1912): “Nessun uomo può derubare Dio senza affamare la propria anima”.29

Nono, La decima del Signore e la decima dei poveri, assolvevano le funzioni sociali basilari che, sotto il moderno totalitarismo, sono diventate territorio dello stato: educazione e welfare. L’educazione era una delle funzioni dei Leviti (di quelli non occupati nel santuario). I Leviti assistevano i sacerdoti nei doveri religiosi collegati al santuario (I° Cr. 23: 28-31; II° Cr. 29: 34; 35: 11), e come funzionari, giudici e musicisti (I° Cr. 23: 1-5). In un ordinamento civile pio il gruppo meglio istruito nella legge di Dio avrà chiaramente da rendere servizi sociali di ampia portata. Poiché il loro mantenimento è sostenuto dalla decima, il costo basilare del governo civile in una società diventa assai modesto. La decima è un riconoscimento che Dio è Re; in I° Samuele 8: 14-19, sono citate le conseguenza del rigetto di Dio come Re. sono totalitarismo, oppressione, perdita di libertà, e un aumento del costo del governo civile. Senza la decima, le funzioni sociali basilari cadono dentro a due tipi di trappole: da un lato, lo stato assume queste funzioni, e, dall’altro, individui ricchi e fondazioni esercitano un potere preponderante sulla società. Dare la decima libera la società da questa dipendenza dallo stato e da individui ricchi e fondazioni. La decima colloca il controllo basilare della società nelle mani dei datori della stessa. Ad essi è comandato di “portare tutte le decime alla casa del tesoro” (Ml. 3.10). La casa del tesoro che menziona Malachia era letteralmente questo: un magazzino fisico che era del Signore, cioè, apparteneva a quella tradizione religiosa di Leviti i quali, anziché essere apostati o sincretisti, erano fedeli a Dio e alla sua parola-legge. Il donatore della decima non avrebbe dato se la sua decima fosse andata ad una casa del tesoro priva di fede; era suo dovere giudicare dunque tra pii ed empi Leviti. Allo stesso modo, il datore di oggi non da a meno che la sua decima vada ad opere veramente pie, a chiese, a cause missionarie, e a scuole che insegnano fedelmente la parola-legge. Inoltre, la decima dei poveri è nelle mani del donatore, egli non la può utilizzare, o utilizzare il prodotto dell’anno sabbatico, o la spigolatura dei suoi campi per sussidiare il male, l’ignavia o l’apostasia. La decima per i poveri ha come scopo il rafforzamento di una società pia, non la sua distruzione.

Come abbiamo visto, la decima andava ai Leviti, che davano la decima della decima ai sacerdoti. Pertanto, solo una piccola porzione della decima andava ai sacerdoti per il mantenimento del culto. Nel periodo del deserto, i Leviti ebbero doveri importanti nella cura e nel trasporto del tabernacolo, ma più tardi questi doveri scomparvero. I Leviti assunsero una funzione sociale più ampia, e nessun profeta ha mai criticato o messo indubbio queste più ampie funzioni, il che significa che erano chiaramente dentro la dichiarata vocazione di Dio. I Leviti, in quanto tribù dei “primogeniti” per scelta di Dio, erano pertanto la tribù con le funzioni basilari del primogenito, le quali erano governative nel senso più ampio del termine. Mentre lo “scettro” era stato dato a Giuda (Ge. 49.10), per altri aspetti Levi, in quanto tribù dei primogeniti (Nu. 8:18) aveva le basilari funzioni di governo. C’era in questo modo una basilare divisione dei poteri tra lo stato (Giuda ed il trono) e le ampie funzioni governative (Levi). Questa divisione è stata distrutta dalla scomparsa della decima come fattore di governo.

Nell’Europa medievale e della Riforma, ampie funzioni di governo appartenevano al mondo della decima. Una ragione per la frequente mancanza di diffidenza nei confronti dello stato era il ruolo generalmente limitato dello stato. Scuole, ospedali, lazzaretti per i lebbrosi, carità verso orfani, vedove, stranieri e i poveri, tutto questo ed altro era territorio della decima. Ammesso che ci sia stata corruzione nella chiesa medievale, pure quella corruzione è stata oscurata dal degenerato e dissoluto stato moderno.

Si dovrebbe rammentare anche che la decima andava alla chiesa locale, o diocesi. Le leggi di Edmondo emesse in un’assemblea a Londra, (942-946) capitolo 2, dicono: “Comandiamo ad ogni cristiano nella sua cristianità, di pagare decime, contributi ecclesiali, l’obolo di san Pietro, diritti sulle terre arate. E se alcuno non lo fa, sia egli scomunicato.” Le leggi di Ethereld, (1008) capitolo 11, dichiaravano:

E i contributi ecclesiali saranno pagati ogni anno, specificamente, i diritti sulle terre arate due settimane dopo Pasqua, la decima sull’incremento del gregge a Pentecoste, e i frutti della terra alla messa di Ognissanti, e l’obolo di san Pietro alla messa di Pietro, e il canone delle luci tre volte durante l’anno.30

La bibbia provvede, quale legge fondamentale di un pio ordinamento sociale, la legge della decima. Per comprendere la piena implicazione della decima, è importante sapere che la legge biblica non ha tasse sulla proprietà; il diritto di tassare immobili è implicitamente negato allo stato, perché lo stato non possiede terra da tassare. “La terra è del Signore” (Es. 9:29; De. 10:14; Sa. 24:1; I° Co. 10:26, ecc.); pertanto, solo Dio può tassare la terra. Per lo stato, reclamare il diritto di tassare la terra è fare di sé stesso Dio e creatore della terra, mentre lo stato è invece il ministro di Dio per la giustizia (Ro. 13. 1-8). Per lo stato entrare nell’ambito riservato a Dio è attirare il giudizio.

L’immunità dalla tassazione della terra da parte dello stato significa libertà. Un uomo, a quel punto, non può essere spossessato della sua terra, ogni uomo possiede una sicurezza basilare nella sua proprietà. Come ha sottolineato Rand:

Era impossibile spossessare gli uomini della loro eredità sotto la legge del Signore perché non c’erano tasse esatte per i terreni. Indipendentemente dalle responsabilità personali di un uomo, egli non poteva diseredare la propria famiglia con l’essere spossessato della sua terra per sempre.31

Poiché la terra non è proprietà dello stato, né il terreno è parte della giurisdizione dello stato, lo stato perciò non ha diritto sotto Dio di esigere tasse per la terra di Dio. In più, per lo stato richiedere tanto quanto Dio, cioè un decimo del reddito di un uomo, è un segno d’apostasia e di tirannia, secondo I° Samuele 8: 4-19. Lo stato moderno, invero, richiede diverse decime in tasse.

La decima non è un dono a Dio; è la tassa di Dio per l’uso della terra, che è in ogni punto sotto la legge e la giurisdizione di Dio. Solo quando il pagamento al Signore ecceda il dieci per cento è chiamato un dono e “un’offerta volontaria” (De. 16:10, 11; Es. 36: 3-7; Le. 22: 21, ecc.).

La decima è stata raccolta legalmente per secoli, vale a dire che lo stato provvedeva i requisiti legali perché la decima fosse pagata alla chiesa. Quando la Virginia abrogò la propria legge che rendeva obbligatorio il pagamento della decima, George Washington espresse la sua disapprovazione in una lettera a George Mason, il 3 Ottobre, 1785. Egli credeva, disse, nel “far pagare alle persone per il sostegno di quelle cose che professano”.32 Dal quarto secolo in avanti, i governi civili cominciarono a richiedere la decima, perché si credeva che una nazione potesse negare a Dio la sua tassa solo a proprio rischio e pericolo. Dalla fine del 18° Secolo, e specialmente in anni recenti, tali leggi sono scomparse sotto l’impatto di movimenti ateistici e rivoluzionari. Anziché liberare gli uomini da una tassa “oppressiva”, l’abolizione della tassa ha aperto la strada ad una tassazione veramente oppressiva da parte dello stato per poter assumere le responsabilità sociali una volta mantenute dal denaro della decima. Se non sono pagate da un popolo cristiano responsabile nel dare la decima, saranno pagate da uno stato tirannico che userà welfare ed educazione come trampolini di lancio verso il potere totalitario.

La questione è stata abilmente riassunta da Lansdell:

Sembra chiaro, pertanto, alla luce della rivelazione, e dalla pratica di, probabilmente, tutte le nazioni antiche, che l’uomo che nega a Dio il diritto su una porzione della ricchezza che passa per le sua mani, è molto affine ad un anarchico spirituale; mentre, chi destini così meno di un decimo del suo reddito o dell’incremento è condannato dalle Scritture come ladro. Di fatto, ai giorni di Malachia non versare la decima era considerato furto, può un cristiano che trattenga la decima, essere oggi, diversamente da allora, considerato onesto nei confronti di Dio?

Dare in modo giusto è parte del vivere in modo giusto. Il vivere non è giusto quando il dare è sbagliato. Il vivere è sbagliato quando rubiamo la porzione di Dio per spenderla su noi stessi. 33

È significativo che in Unione Sovietica, qualsiasi attività caritatevole sia proibita a gruppi religiosi.34  Se un gruppo ecclesiale dovesse raccogliere fondi o beni per amministrare conforto a malati e bisognosi della congregazione o della comunità, creerebbe immediatamente un potere indipendente dallo stato come rimedio per i problemi sociali. Creerebbe inoltre un potere che giungerebbe alla gente in modo più diretto, più efficiente e più potente. La conseguenza sarebbe un diretto affronto alla preminenza dello stato. Per questa ragione, nelle democrazie, gli orfanotrofi sono stati stabilmente il bersaglio di legislazioni repressive per eliminarli, e la carità è stata prevenuta sempre più dallo stato come passo importante verso il totalitarismo.

Lansdell aveva ragione. Quelli che non danno la decima sono anarchici spirituali: distruggono sia la libertà che l’ordinamento della società e scatenano i demoni dello statalismo.

Note:

1 Geerardus Vos: Teologia Biblica Antico e Nuovo Testamento, Caltanissetta, Alfa e Omega, 2005, p. 151.

2 Ibid. p.153, 154.
3 Si veda, ad es. Nathaniel Miklem: “Levitico” in The Interpreter’s Bible, vol II, p.60 s. e J.P. Hyatt:

“Circumcision” in The Interpreter’s Dictionary of the Bible, A-D, pp. 629-631. 4 Micklem, Interpreter’s Bible, II, 60.

5 A. M. Stibbs: The Meaning of the Word ‘Blood’ in Scriptures; London, The Tindale Press, 1948, 1962, p. 30 s.

6 Stibbs, op. cit., p. 11.
7 The Torah, The Five Books of Moses, A New Translation; Philadelphia: Jewish Pubblication

Society, 1962.

8 Patrick Fairbairn: “First Born”, in Fairbairn’s Imperial Standard Bible Encyclopedia;Grand Rapids, Zondervan, [1891], 1957, II. p. 297 s.

9 G. Vos. Teologia Biblica, p. 157.
10 Waller, in Ellicott, II, p. 44 s.
11 P. W. Thompson: All tee Tithes or Terumah; London: The Covenant Publishing Co., 1946, p. 19.

12 Rev. George Rawlingson, in H.D.M. Spence e J. s. Exell, editori: The Pulpit Commentary: Exodous,Vol II; New York: Funk & Wagnalls, p. 305, Si veda anche J. C. Connell: “Exodous”, F. Davidson, A. M. Stibbs, E.F. Kevan, Editori: The New Bible Commentary; Grand Rapids: Eerdamns, 1953, p. 128; Keil & Delitzsch: The Pentateuch, III, p. 210-212.

13 U. Z. Rule: Old Testament Institutions: Their Origin and Development London: S.P.C.K., 1910, p. 322.

14 A. Edersheim: The temple, Its Ministry and Services as they were at the time of Chist; New York: Harper, 1894, III, p. 574.

15 John M’Clintock e James Strong: Cyclopedia of Biblical, Theological and Ecclesiatical Literature, New York: Harper, 1894, III. p. 574.

16 Joseph Bingham: The Antiquities of the Christian Church; London, Bohn, 1850, I. p. 189.

17 Per immagini di granai per la decima nell’Inghilterra medievale, si veda Sacheverell Sitwell, Perks, Monks, Nuns, and Monasteries; New York, Holt, Rinehart e Wisnton, 1965. Illustrazioni a pp. 42 e 43.

18 George C. M. Douglas: “Tithe” in Fairbairns Bible Encyclopedia, IV, p. 290.

19 Per la decima, si veda Oswald T. Allis: “Leviticus”, in Davidson, Stibbs e Kevan, op. cit., p. 161s.; H.H. Guthrie, Jr. “Tithe” in Interpreter’s Dictionary of the Bible, R-Z, p. 654 vede le tre decime come la pratica del Giudaismo posteriore, cioè prima dell’epoca del NT e inclusivo di essa.

20 Davis: op. cit., p. 44.
21 Revisione di John D. Davis da parte di Henry Snyder Gehman: The Westminster Dictionary of

the Bible; Philadelphia, The Westminster Press, 1944, p. 34.

22 Henry Lansdell: The Tithe in Scriptures; London, SPCK, 1908, p. 32s.

23 Ibid., pp. 23-36.

24 P. W. Thompson: All the Tithes, p. 30.

25 ibid., p. 22 s.

26 Rawlinson in Pulpit Commentary, Exodous, II, p. 205.

27 P. W. Thompson: All Thine Increase; London: Marshall, Morgan &, 1937, terza edizione, p. 109. Scott

28 Citato in: ibid., p. 140. 29 Ibid., p. 216.

30 William E. Lunt: Papal revenues in the Middle Ages, vol. II, Records of Civilization, Columbia University, n. XIX; New York: Columbia University Press; 1934, p. 56 s.

31 Howard B. Rand: Digest of the Divine Law; Merrimac, Mass.: Destiny Publisher, [1943] 1959, p. 111.

32 Jared Sparks, editore The Witings of George Washington; Boston, Ferdinand Andrews, 1838, IX,p. 137.

33 Lansdell: Tithe in the Scriptures, p. 148.

34 St. Mary’s School of Religion for Aduts: An Illustrated Digest of the Church and State Under Communism; Port Richmond, Staten Island, N.Y. , 1964, p. 15.


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