INDICE:

Il Sesto Comandamento

 3. Le Origini dello Stato: Il Suo Ufficio Profetico.

Storicamente, i teologi hanno assai regolarmente individuato le origini dello stato, o governo civile, nel sesto comandamento, o, più accuratamente, nella Caduta dell’uomo. Prima della caduta, si sostiene, non c’era bisogno dello stato perché l’uomo era senza peccato. Dopo la caduta, la morte entrò nel mondo a motivo del peccato come giudizio di Dio sul peccato, e lo stato fu creato in modo da tenere il peccato dell’uomo sotto controllo, e per comminare pene, fino a quella di morte, in giudizio sul peccato. Lo stato è così il carnefice di Dio, un’istituzione che esiste tra la caduta e la Seconda Venuta per tenere l’uomo in riga.

Questa visione è richiamata ampiamente in Cullmann, il quale vede lo stato “come qualcosa di ‘provvisorio’”.[1]  Secondo Cullmann, Cristo e la cristianità rigettano “L’ideale teocratico giudaico … come satanico”.[2]  Inoltre: “Gesù non considera lo Stato come un’istituzione finale da paragonarsi in qualche modo col Regno di Dio. Lo Stato appartiene ad un epoca che oggi ancora esiste, ma che scomparirà definitivamente non appena il Regno di Dio viene”.[3] Non è necessario che lo stato sia cristiano, ma è necessario che lo stato “conosca i propri limiti”.[4]  In stretta relazione a questa visione c’è quella Scolastica e Luterana che fonda lo stato sulla ragione naturale e in questo modo lo assolve da ogni diretto collegamento con Dio e con la responsabilità nei suoi confronti.

In un senso, questa posizione è accurata, se sosteniamo che il carattere provvisorio dello stato si riferisce alla forma dello stato. Ma si può dire la stessa cosa della chiesa: anch’essa è provvisoria nella sua forma. Non ci saranno funzioni di vescovi, pastori, anziani o diaconi in cielo o nella finale nuova creazione. Ciò non significa che la chiesa sia meramente provvisoria, e la stessa cosa vale per lo stato.

Inoltre, Cullmann è brutalmente in errore nel sostenere che l’ideale teocratico d’Israele fosse satanico agli occhi di Cristo, poich’Egli è venuto per restaurare quel vero regno. Satanica era la perversione di quel regno, la perversione e l’imitazione. A questo punto Cullmann è corretto nell’osservare che “Imitare Dio appartiene alla natura intima del diavolo”.[5] Ciò che viene imitato è il governo divino, il Regno di Dio. Questo regno esisteva nell’Eden; le sue leggi governavano Adamo ed Eva e furono alla fine trasgredite da Adamo ed Eva. Le autorità civili, quanto la chiesa, la scuola, e la famiglia furono ordinate da Dio come svariati aspetti del duraturo Regno di Dio; ciascuno di questi porta i segni della Caduta, ma tutti sono ordinati da Dio. Da allora il governo diretto di Dio è stato mediato attraverso varie istituzioni, una delle quali è lo stato. È precisamente perché perfino queste istituzioni oberate di peccato riflettono ancora il governo del mondo da parte di Dio che è comandata l’obbedienza e la resistenza è dichiarata essere resistenza a Dio (Ro. 13:1-7). Inoltre, come Calvino ha chiaramente evidenziato:

…disprezzare la provvidenza di colui che è il fondatore del potere civile, è seguitare a guerreggiare con lui. Comprendete inoltre, che le potenze sono da Dio, non come sono dette provenire da lui pestilenza, e fame, e guerra e altre visitazioni per il peccato; ma perché egli le ha istituite per il legittimo e giusto governo del mondo.[6]

Piaghe, fame e guerra sono i risultati e i giudizi sull’uomo per i suoi peccati, ma lo stato non è una di queste visitazioni (benché governanti malvagi lo possano essere) ma è piuttosto un aspetto del giusto governo di Dio. Ci sarà governo nella nuova creazione come c’è in cielo e deve essere sulla terra. La necessità di essere giusti e retti non scompare nella nuova creazione; anzi, la perfetta obbedienza diventa il riscontro al perfetto governo.

Ora ‘governo’ è un termine enormemente più ampio dello stato. Governo significa, prima, auto-governo, poi la famiglia, la chiesa, lo stato, la scuola, la vocazione, e associazioni private e tanto altro. Ma lo stato in quanto un potere “altissimo” ma non il più alto, rappresenta il ministero della giustizia di Dio, la cui pienezza si trova in cielo e all’inferno. Per lo stato, culminare insieme con la chiesa, la famiglia, la scuola e la vocazione, nel regno di Dio nella nuova creazione non è la sua fine più di quanto il tempo della nascita non è la morte del feto. Anzi, è la sua vita più vera.

Il primo e basilare dovere dello stato è di favorire il Regno di Dio riconoscendo la sovranità di Dio e della sua parola e conformandosi alla parola-legge di Dio. Lo stato pertanto ha un dovere di essere cristiano. Deve essere cristiano proprio come l’uomo, la famiglia, la chiesa, la scuola, e qualsiasi altra cosa devono essere cristiani. Sostenere altrimenti è asserire la morte di Dio nella sfera dello stato. A causa del proprio errore nel non richiedere che lo stato sia cristiano, a motivo di questa implicita teologia della morte di Dio, la chiesa ha arreso lo stato alla ragione apostata e al diavolo. La chiesa ha fatto questo perché ha negato la legge di Dio. Ha infatti fatto intendere che Dio è morto fuori dai muri della chiesa, e quindi ne deve predicare la morte anche all’interno.

La ragione per cui il concetto dello stato fondato sulla Caduta e nel peccato ha fallito è perché lo stato è stato separato da Dio eccetto che come una sorta di schiaffo da Dio come una pestilenza o una carestia. Poi, quando si cerchi una dottrina positiva dello stato, questa deve essere locata, non nel Regno di Dio, ma nella ragione naturale, la ragione autonoma dell’uomo naturale. Se lo stato è separato da Dio, quanto durerà l’idea di peccato? Dopo tutto, il peccato è un’offesa contro Dio e la sua regalità, contro la legge del suo regno. Il risultato è che se lo stato non è parte del regno, allora non c’è peccato nel mondo della giustizia e delle relazioni umane.

Questo, ovviamente, è l’essenza dell’umanismo. L’umanismo si disillude facilmente di Dio, dell’uomo, e della società quando tutto non va bene, ma non è disilluso di se stesso. Perciò, il poeta libanese Kahlil Gibran nella sua gioventù “concepì l’universo come perfetto e privo del male”.[7] In reazione alla sua disillusione col mondo e con Dio, divenne un discepolo di Nietzsche, la cui filosofia ha dominato gli scritti di Gibran.[8]

In quei termini egli vide sorgere l’era del superuomo. “Noi viviamo in un era i cui uomini più umili stanno diventando più grandi degli uomini più gradi delle epoche precedenti”.[9] La sua attitudine, da arrivato superuomo, era di totale giustizia in persona. Quale proprio superuomo e dio, egli era al di sopra di ogni critica e al di sopra della legge.

È chiaro che, se lo stato non è un aspetto del regno di Dio, lascerà inevitabilmente cadere il concetto di peccato perché non ha vero Dio. E, poiché sotto l’umanismo l’uomo diventa il proprio dio, a quel punto non c’è legge che possa governare degli dèi che sono la propria legge. Come ha notato Calvino, senza leggi lo stato, la magistratura civile “non può sussistere, come, dall’altra parte, senza magistrati le leggi non hanno forza. Non c’è dunque osservazione più corretta di questa: di chiamare ‘magistrato muto’ le leggi e ‘legge vivente’ il magistrato.[10]

Uno stato perciò testimonia contro se stesso quando, in qual che sia misura, mantiene l’ordine giuridico di Dio, e se uno stato non mantiene quell’ordine giuridico in qualche misura, crolla nell’anarchia. Lo stato è riconosciuto come un ordine al quale l’uomo sotto Dio deve rendere obbedienza, e le Scritture richiedono continuamente quest’obbedienza, dove l’obbedienza sia dovuta, perfino quando l’autorità sia un Nerone. Noi non possiamo disprezzare oro e argento semplicemente perché sono nelle mani di un empio. Al contrario, dobbiamo cercare di possederli noi con mezzi pii. Dobbiamo confessare che l’oro è oro chiunque lo possegga e comunque lo usino. Similmente, lo stato è lo stato, creato e destinato ad essere parte del Regno di Dio, chiamato a magnificare Dio facendo osservare il suo ordine giuridico, e pertanto non può essere disprezzato, per quanto empi possano essere i governanti. Se disprezziamo e abbandoniamo l’oro, non possiamo lamentarci se i suoi nuovi padroni non sono di nostro gusto; se rinunciamo allo stato come ordinato da Dio e come aspetto importante del suo Regno, possiamo lamentarci se uomini malvagi ne fanno uso?

Il Sesto Comandamento: “Non uccidere”, ha sia un lato negativo, la punizione di coloro che commettono ingiustamente un atto di violenza, e sia un lato positivo, la protezione della vita nei termini della legge di Dio. Lo stato è usualmente basato sull’aspetto negativo ed è tuttalpiù considerato il carnefice di Dio. Lo stato deve infatti essere “il terrore di chi fa il male” [KJV] e il protettore del bene, “e riceverai la lode da essa” (Ro. 13:3). Proteggendo la vita e favorendo la sicurezza della famiglie e della religione, lo stato è chiaramente positivo nel suo ministero. La protezione non è una mera negazione: è un clima presente e continuo di pace e sicurezza. L’affidamento di Re Giosafat ai giudici di Giuda è significativo: “E disse ai giudici: «Badate a ciò che fate, perché non giudicate per l’uomo ma per l’Eterno, che sarà con voi quando amministrerete la giustizia. Perciò ora il timore dell’Eterno sia su di voi. Fate attenzione a ciò che fate, perché nell’Eterno, il nostro DIO, non c ‘è alcuna ingiustizia, né parzialità, né accettazione di doni»” (2° Cr. 19:6-7).

La legge è data come princìpi (i dieci comandamenti) e come casi (i comandamenti dettagliati), e il suo significato deve essere elaborato con l’esperienza e nel processo. Questo non significa che la legge sia una cosa in sviluppo ma che la cognizione dell’uomo delle sue implicazioni si sviluppa quando nuove situazioni portano nuova luce sulla possibile applicazione della legge. Il salmista nel Salmo 119 chiaramente vide la legge come una forza positiva nella sua crescita e nella sua capacità di affrontare le avversità della storia.

Il santuario, come abbiamo visto, era la sala del trono di Dio. Quando fu stabilito il governo civile d’Israele, ciò fu fatto davanti al santuario. Lì Dio parlò coi settanta anziani del popolo e versò su di loro il suo Spirito cosicché la prima Pentecoste fu la Pentecoste civile durante l’ordinazione delle autorità civili (Nu. 11:16-17, 24-30). Il significato di questo evento è generalmente trascurato perché è trascurata la legge nel suo insieme. Mosè qui, come rappresentante di Cristo il Re, mediò il dono dello Spirito. Che questo non fu un evento eccezionale è reso palese dall’unzione di Saul il quale profetizzò pure (1 Sa. 10:1-7). La profezia non era il loro ufficio o la loro vocazione, né coi settanta anziani, né con Saul: erano governanti civili. La testimonianza della profezia che era generata dallo Spirito attestava che il loro ufficio o chiamata era ordinato da Dio. Le due Pentecoste civili giunsero all’inizio delle due forme di governo civile in Israele, la comunità (federazione) delle tribù e la monarchia. L’ordinazione di altri avveniva per unzione. Che la prima chiesa intese la propria continuità con la Pentecoste della chiesa è evidente nei suoi riti di incoronazione. La forma del rito rimane ancora oggi benché la fede non ci sia più. Il giuramento richiesto dalla Regina Elisabetta II diceva:

Vostra Maestà, manterrete all’estremo delle vostre forze le leggi di Dio e la vera professione del Vangelo? Manterrete Voi nel Regno Unito, all’estremo delle vostre forze, la Religione Protestante Riformata stabilita dalla legge? Manterrete e preserverete inviolabilmente l’accordo della Chiesa d’Inghilterra, e la dottrina, il culto, la disciplina e il relativo governo come stabilito per legge in Inghilterra. E preserverete ai Vescovi e al Clero d’Inghilterra, e le Chiese lì affidate alla loro cura tutti quei diritti e privilegi che per legge appartengono e apparterranno ad esse o ad alcune di esse?[11]

Dopo questo giuramento, il moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia portò alla regina la Bibbia, dicendo:

Nostra graziosa regina: per tenere vostra Maestà sempre consapevole della Legge e del Vangelo di Dio quale Regola per l’intera vita e il governo di Principi Cristiani, Vi facciamo dono di questo Libro, la cosa più preziosa che questo mondo possa dare.

Qui c’è sapienza; Questa è la legge reale; questi sono i vitali Oracoli di Dio.[12]

Dopo l’unzione, che citò l’unzione di Salomone, seguì la presentazione della Spada dello Stato, con l’arcivescovo di York che ricevendola dal lord gran ciambellano, la presentò alla regina con queste parole:

Ricevete questa spada regale, presa dall’altare di Dio, e consegnata a Voi con le mani di noi Vescovi e servi di Dio, benché indegni. Con questa spada fate giustizia, fermate la crescita dell’iniquità, proteggete la santa chiesa di Dio, aiutate e difendete vedove ed orfani, restaurate le cose che sono andate in sfacelo, mantenete le cose che sono restaurate, punite e riformate ciò ch’è sbagliato, e confermate ciò ch’è in buon ordine: possiate essere gloriosa in ogni virtù nel fare queste cose, e così servire fedelmente nostro Signore Gesù Cristo in questa vita, che possiate regnare per sempre con lui nella vita a venire. R. Amen.[13]

Quando il globo con la croce fu dato alla regina, l’arcivescovo dichiarò:

Ricevete questo Globo posto sotto la Croce, e ricordate che il mondo intero è sottoposto al Potere e all’Impero di Cristo nostro Redentore.[14]

Questa cerimonia riecheggia le antiche cerimonie d’incoronazione e la fede biblica, per quanto spesso abusata nei riti d’incoronazione, dichiarando che l’ordine civile è direttamente sotto Dio ed è stabilito dal suo ordine come parte del suo Regno. Quando il popolo rimpiazza Dio come signore e sovrano, la Pentecoste civile lascia il posto a Babele e alla confusione delle lingue.

Gli studiosi hanno fatto tentativi per trasformare questi settanta uomini di Numeri 11:16, 17 in figure ecclesiali, ma non c’è legittimazione per farlo, e la Pentecoste parallela dell’unzione di Saul, che echeggia Numeri 11:24-30, rende chiaro che in questione c’è l’ordine civile. Il dono di profezia era incluso in entrambi i casi, non perché divennero profeti intesi come predicatori, ma perché l’ufficio di magistrati civili, funzioni di stato, sono uffici profetici, in quanto l’ordine civile deve parlare per Dio, e il significato principale di profeta è uno che parla per Dio. Lo stato, pertanto, può parlare per Dio, e i funzionari dello stato sono profeti, nella misura in cui osservano, obbediscono, studiano, e fanno osservare la legge di Dio. Se lo stato ricerca una funzione profetica indipendente, ha rinunciato alla propria funzione ed è diventato un falso profeta.

Che sia per l’imposizione delle mani, per unzione, o mediante un giuramento con preghiera, i funzionari di chiesa e stato sono inseriti nella funzione di profeta e sono uomini che parlano per Dio nelle rispettive sfere. Questo è un fatto trascurato, ma è nondimeno un fatto delle Scritture. La prospettiva ecclesiastica fu espressa molto schiettamente dall’Anglicano, il Rev, R. Wintterbotham nel suo commentario su Numeri 11:17, 24-30: “I doni dello Spirito non sono indipendenti dall’ordine ecclesiastico,” pur aggiungendo che “È il proposito di Dio ad essere operativo, non il cerimoniale, per quanto autorevole. Lo Spirito di Dio è uno Spirito libero, anche quando elegge d’agire mediante certi canali (cf. At. i. 26; xiii. 2; 1 Co. xii. 11; 2 Co. iii. 17),”[15] egli nondimeno confinò lo Spirito alla chiesa, un punto di vista totalmente falso. Piuttosto, i doni dello Spirito non sono indipendenti dall’ordine di Dio, e ambedue, chiesa e stato possono essere parte di quell’ordine. Possono anche essere ostili ed alieni all’ordine di Dio.

 

Note:

1 Oscar Cullmann: The State in the New Testament; London: SCM Press, 1955, p.12. 2 Ibid., p. 14.
3 Ibid., p. 43.
4 Ibid., p. 69.

5 ibid., p. 59.
6 John Calvin: Commentary on the Epistle to the Romans; Grand Rapids: Eerdmans, 1948, cap.

13:1, p. 478s.

7 Anthony R. Ferris, “Introduction”, to Kahlil Gibran: Thoughts and Meditations; New York: Bantam, [1960], 1968, p. 7.

8 Annie Salem Otto: The Parables of Kahlil Gibran; New York: Citadel Press, 1963, p.25. 9 Gibran: Thoughts and Meditations, p. 87.
10 Calvino: Istituzioni, IV, cap. XX, 14; II, p.1729.

11 The Music with the Formof Order of the Service to be Performed at the Coronation of Her Most Excellent Majesty Queen Elizabeth II in the Abbey Chuech of Westminster on Tuesday the 2nd Day of June, 1953; London: Novello and Company, 1953, p. 14.

12 Ibid., p. 15. 13 Ibid., p. 66. 14 Ibid., p. 67.

15 H. D. M. Spence and Joseph S Exell, editori: The Pulpit Commentary, Numbers, Rev. R. Winterbothem: “Exposistion and Homiletics”; Nw York: Funk and Wagnalls, p. 117.


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