INDICE:

Nono Comandamento

21. Perfezione

 

Una dichiarazione nella legge dice: “Tu sarai integro davanti al Signore tuo Dio” (“Irreprensibile” CEI) (De. 18:13). Questo è riaffermato nel Sermone sul Monte con Gesù Cristo che ha dichiarato: “Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro, che è nei cieli” (Mt. 5:48).

La legge non ci comanda di fare ciò che l’uomo non può fare. In che modo possiamo dunque comprendere questo requisito, e come e in che modo possiamo essere perfetti davanti al Signore senza fare falsa testimonianza riguardo a noi stessi?

Ci è detto che Noè fu “perfetto” (Ge. 6:9), e Abrahamo fu chiamato ad essere perfetto (Ge. 17:1). In Salmo 37:37 abbiamo un riferimento all’ “uomo perfetto” come un fatto della vita di tutti i giorni. In Salmo 101:2 Davide dichiarò: “Avrò cura di condurre una vita integra. … Camminerò con cuore integro dentro la mia casa”.

Le parole del Vecchio Testamento tradotte come “perfetto” significano retto, integro, senza macchia, e le parole del Nuovo Testamento hanno il significato di maturo, completo [1].  Chiaramente questo è qualcosa di diverso dall’essere senza peccato. Il commento di Lensky è proprio sul punto riguardo alla confusione della “perfezione” biblica con l’assenza di peccato:

La traduzione inglese “perfetto” è ampiamente responsabile per l’idea di assoluta assenza di peccato spesso data come il significato … ed è sfortuna che non abbiamo un derivato da “meta” che sia adeguato per rendere il greco. Il fatto che l’assoluta assenza di peccato non sia il pensiero qui espresso lo si vede dal verso 6 (di Matteo 5), dove i beati discepoli hanno ancora fame e sete di giustizia, e dal verso 7, dove ancora hanno bisogno di misericordia e sono benedetti perché l’ottengono costantemente. … Il perfezionismo può immaginare d’essere capace di giungere all’assenza di peccato in questa vita; questa meta non l’otterremo finché non entreremo nella gloria. Egualmente incorretta è l’idea che in queste esposizioni della legge Gesù offra solamente “consigli per i perfetti” che non sono raggiungibili dai cristiani di statura inferiore. Cristo non ha uno standard doppio. I suoi santi più grandi si trovano tra i comuni credenti che per grazia sono diventati puri di cuore. (v. 8) [2].

Perfezione significa integrità e maturità nei termini di un obbiettivo o scopo, un fine stabilito da Dio. La nostra maturità in cielo includerà l’assenza di peccato, ma la nostra maturità qui è di tipo diverso.

In questa vita possiamo essere perfetti nel senso di essere irreprensibili nella nostra fedeltà al proposito di Dio, ma essere irreprensibili non significa essere senza difetti. Così, G. Campbell Morgan un tempo scrisse della sua esperienza col suo giovane figlio. Morgan era in America e arrivò una lettera da suo figlio che aveva appena imparato a legge e scrivere. La lettera, piena d’errori, esprimeva l’amore del ragazzino per suo padre e il suo desiderio di lui. La lettera, notò Morgan, chiaramente non era senza errori, ma era irreprensibile. La Versione Berkeley traduce Deuteronomio 18:13: “Voi, dunque, dovete essere irreprensibili davanti al Signore vostro Dio”.

Ciò ch’è irreprensibile in un bambino non è irreprensibile in un adulto; la maturità richiede una continua crescita verso lo scopo indicato da Dio. Poi, anche qui, maggiore sia la responsabilità, maggiore sarà la maturità richiesta per essere irreprensibili. Ciò che fa un ministro, un dottore, un giudice o funzionario pubblico, e, in molti casi, ciò che le loro mogli fanno, è più importante di ciò che altri fanno. Un commento irreprensibile in altri può essere una seria offesa detta da loro.

Per fare un esempio: Martha Mitchell, moglie del Procuratore della Repubblica John Mitchell, è apparentemente una donna affascinante, intelligente e arguta; di solito ha la bocca aperta. I suoi commenti hanno ripetutamente ricevuto copertura nazionale nelle notizie, e molte persone sono state d’accordo con lei. A Washington l’effetto dei suoi commenti è stato di ampliare le distanze, sollevare problemi, e creare una quantità di problemi infelici. E quindi possibile dire che, con tutto il rispetto dovuto a Martha Mitchell come donna di spessore, che è irreprensibile, e che troppo spesso ha cercato i riflettori a spese delle politiche dell’amministrazione. Anche quando il marito le ha ordinato di stare zitta, è riuscita a comparire nelle notizie:

Per mesi, ora, la stampa ha cospicuamente sentito la mancanza delle dichiarazioni esplicite della signora, in obbedienza, senza dubbio, a un’ingiunzione del Procuratore della Repubblica John Mitchell. Da questo momento in poi ha decretato che se sua moglie Martha debba parlare in pubblico debba farlo in Swahili. Ma quale marito è mai riuscito a zittire la propria moglie? Officiando il giuramento di assunzione dell’ufficio del nuovo presidente dell’American Newspaper Women’s Club a Washington la settimana scorsa, Martha ha parlato in uno Swahili quasi perfetto: “Je unaabe kwa kweli kwemba usaziunga …”. Il Ministro della Giustizia, che era presente, ha decretato: “Il giuramento in Swahili è perfettamente legale” [3].

Questo tipo d’arguto e irreprimibile desiderio di fare notizia è divertente da una certa distanza; per quelli più vicini, è un problema ed effettivamente rappresenta mancanza di considerazione per le conseguenze, e la perfezione biblica o maturità non è orientata al momento ma agli obbiettivi ordinati da Dio.

L’influenza del pietismo è stata importante nella storia moderna, ed ha fatto falsa testimonianza riguardo i requisiti di Dio. La sua enfasi sulla perfezione priva di peccato ha di fatto generato peccato. Quando gli uomini s’aspettano una perfezione senza peccato da parte di altri uomini, sono prontamente portati ad una peccaminosa intolleranza delle fragilità umane. Questo peccaminoso perfezionismo abbonda specialmente alla fine di un’epoca, o in ogni epoca ove gli uomini trovano che i loro problemi siano temporaneamente o permanentemente insormontabili. Quando i problemi sono irrisolvibili, gli uomini si scagliano l’uno contro l’altro. La loro infelicità basilare causata dai problemi irrisolvibili si manifesta nel cercare di “dissolvere” di mezzo a loro la gente che li irrita. Quando la caduta di Roma cominciò a profilarsi, gli uomini avevano già lasciato le città da molto prima riconoscendo che il futuro non offriva speranze. La loro reazione, però, fu lungi dall’essere buona. Tanto cristiani che pagani voltarono le spalle agli uomini e rinunciarono ad essi, diventando eremiti nel deserto. Ma essere da soli non risolse nulla e i tormenti interiori di questi rifugiati nel deserto indicò che la loro fuga non diede loro né pace né una risposta ai problemi del mondo. Oggi, di nuovo, che i problemi sembrano irrisolvibili, l’irritazione dell’uomo verso gli altri uomini cresce. C’è un basso livello di tolleranza coi bambini, coi vicini, con mariti, mogli, amici e colleghi. Anziché risolvere i problemi, questo tipo di perfezionismo li aggrava solamente. Dare un’enfasi esagerata alle fragilità degli uomini è fare falsa testimonianza nei loro confronti.

La legge qui è dettata in modo chiaro: “Portate i pesi gli uni degli altri, e così adempirete la legge di Cristo” (Ga. 6:2). Questo comandamento fa riferimento, come rende chiaro Galati 6:3-5, ai nostri errori e alle nostre debolezze. Dobbiamo riconoscere che ciascuno di noi ha pesi e debolezze e che “ciascuno infatti porterà il proprio fardello” (Ga. 6:5). Talvolta abbiamo bisogno di correzione, ma più spesso, dobbiamo vivere insieme consapevoli delle nostra fragilità e lavorare insieme per raggiungere quella maturità che viene cercando prima il regno di Dio e la sua giustizia (Mt. 7:33).

La nostra forza più grande è pertanto in ciò ch’è definito “perfezione” e che significa maturità, un’integrità nei termini del proposito di Dio che ottiene la benedizione di Dio anche in mezzo a seri disagi. La maturità è la capacità di crescere nei termini delle nostre esperienze e d’usarle per avvicinarci di più ai propositi di Dio per noi.

Il problema, da una prospettiva moderna, è troppo spesso visto essere la sovversione, quando si tratta più comunemente di un fallimento morale, l’incapacità di crescere e diventare maturi. Le società che si concentrano su problemi di sovversione sono vicine alla morte: hanno perso la loro capacità di affrontare i problemi. Ciò non significa che la sovversione si possa trascurare o condonare, ma la sola risposta permanente ad essa è la crescita. Il motivo è la ricostruzione.

Durante la Guerra d’Indipendenza, i sovversivi dalla parte americana furono senza dubbio molti. Oggi si sostiene che Benjamin Franklin fosse un agente britannico durante l’intero conflitto [4]. Quantomeno fino a dopo la Guerra del 1812, il numero di agenti britannici e francesi in America fu numeroso, ma la basilare salute della leadership, e un sufficiente elemento di uomini di carattere, più la grazia di Dio, rese la causa americana capace di prosperare di fronte alla radicale sovversione.

Senza quella maturità, nessuna causa può sopravvivere. Senza la capacità di crescere nei termini di un obbiettivo, nessuna causa può sopravvivere meramente sradicando i propri elementi sovversivi. Il sale che ha perso il suo sapore: “a null’altro serve che ad essere gettato via e ad essere calpestato dagli uomini” (Mt. 5. 13). Non c’è protezione divina per uomini e nazioni che hanno perso la loro vocazione e il loro “sapore”. Di fatto, a quel punto non c’è modo di sfuggire al giudizio: “Sarà come quando uno fugge davanti a un leone e s’imbatte in un orso; o entra in casa, appoggia la mano alla parete e un serpente lo morde” (Am. 5:19).

Note:

1 W. E. Vine, An Expository Dictionary of New Testament Words; New York: Revell [1940], 1966, III, 175 s.

2 R. C. H. Lensky, The Interpretation of St. Mattew’s Gospel, p. 253. 3 “People”, Time Magazine, vol. 96, n° 2 (13 luglio, 1970) p. 28.

4 Richard Deacon e Tom McMorrow, “Famous British Historian Claims Benjamin Franklin Was a British Spy” in Argosy, Luglio, 1970, p. 24 s.


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