INDICE:

2. la Legge come rivelazione e trattato

In ogni cultura la legge è religiosa in origine. Poiché la legge governa l’uomo e la società, perché stabilisce e dichiara i significato di giustizia e di rettitudine, la legge è inevitabilmente religiosa nel fatto che stabilisce in forma pratica gli interessi ultimi di una cultura. Di conseguenza, una fondamentale e necessaria premessa in qualsiasi studio della legge dev’essere, primo, un riconoscimento di questa natura religiosa della legge.

Secondo, si deve riconoscere che in qualsiasi cultura la fonte della legge è il dio di quella società. Se la legge ha la sua scaturigine nella ragione umana, allora la ragione è il dio di quella società. Sa la scaturigine è un oligarchia, o in una corte, un senato, o governante, allora quella scaturigine è il dio di quel sistema. Perciò, nella cultura greca la legge era essenzialmente un concetto religiosamente umanistico.

In contrasto con qualsiasi legge derivata dalla rivelazione, nomos per i greci aveva origine nella mente (nous). Perciò la genuina nomos non è mera legge coatta, ma qualcosa in cui un’entità valida in sé stessa è scoperta e resa propria ….È “l’ordine che esiste (da tempo immemore), è valida ed è messa in atto”.1

Poiché per i Greci la mente era un essere con l’ordine ultimo delle cose, la mente umana era perciò capace di scoprire la legge ultima (nomos) con le proprie risorse, penetrando il labirinto di caso e materia fino all’idea fondamentale dell’essere. Come risultato la cultura greca divenne sia umanista, perché la mente dell’uomo era una con l’essere ultimo, sia neoplatonica, ascetica ed ostile al mondo della materia, perché la mente, per essere realmente sé stessa, doveva separarsi dalla non-mente.

L’umanismo moderno, la religione dello stato, individua la legge nello stato ed in questo modo fa dello stato, o del popolo che nello stato trova espressione, il dio del sistema. Come ha detto Mao Tse-Tung: “Il nostro dio non è altro che le masse del popolo cinese”.2 Nella cultura occidentale la legge si è continuamente spostata via da Dio al popolo (o lo stato) quale sua fonte, benché la potenza storica e la vitalità dell’occidente sia stata nella fede e nella legge biblica.

Terzo, in qualsiasi società, ogni cambio di legge è esplicitamente o implicitamente un cambio di religione. Niente, di fatto, rivela più chiaramente il cambiamento religioso in una società che una rivoluzione giuridica. Quando i fondamenti giuridici passano dalla legge biblica all’umanismo, significa che tale società ora trae la propria vitalità e il proprio potere dall’umanismo, non dal teismo cristiano.

Quarto, la religione in quanto tale non può essere abolita in nessuna società. Una chiesa può essere abolita, e una particolare religione può essere soppiantata da un’altra, ma il cambiamento è semplicemente ad un altra religione. Poiché i fondamenti della legge sono inevitabilmente religiosi, nessuna società può esistere senza un fondamento religioso o senza un sistema giuridico che codifica la moralità della sua religione.

Quinto, in un sistema giuridico non ci può essere tolleranza per un’altra religione. La tolleranza è un espediente usato per introdurre un nuovo sistema giuridico come preludio a una nuova intolleranza. Il positivismo giuridico, una fede umanistica, è stato brutale nella sua ostilità al sistema giuridico biblico ed ha dichiarato d’essere un sistema “aperto”. Ma Cohen, in nessun modo un cristiano, ha appropriatamente descritto i positivisti logici come “nichilisti” e la loro fede come “assolutismo nichilista”.3 Ogni sistema giuridico deve mantenersi in esistenza per mezzo dell’ostilità verso tutti gli altri sistemi giuridici e verso fondamenti religiosi alieni, o altrimenti commetterà suicidio.

Nell’analizzare la natura della legge biblica, è importante notare, primo, che per la bibbia, la legge è rivelazione. La parola ebraica per legge è torah, che significa istruzione, indicazione autoritativa.4 Il concetto biblico di legge è più ampio dei codici giuridici della formulazione Mosaica. Si applica alla parola e istruzione divina nella sua totalità:

… i primi profeti usarono torah anche per la parola divina proclamata per mezzo loro (Isa. 8:16, cf, anche 5:20; Isa. 30. 9s., forse anche Isa. 1:10). Inoltre, certi passi nei primi profeti usano la parola torah anche per il comandamento di Yahweh che fu messo per iscritto. così Osea 8:12. In più ci sono chiari esempi non solo in materia rituale manche di etica.

Per cui ne consegue che in ogni caso in quel periodo torah aveva il significato di istruzione divine, sia che fosse stata messa per iscritto molto tempo prima come legge ed era stata preservata e pronunciata da un sacerdote, sia che il sacerdote la stesse enunciando in quel momento (La. 2:9; Ez. 7:26; Ml.2:4 ss.), sia che il profeta fosse stato commissionato da Dio a pronunciarla per una definita situazione (Così forse Isa. 30: 9).

In questo modo ciò che è oggettivamente essenziale in torah non è la forma ma l’autorità divina.5

La legge è la rivelazione di Dio e della sua giustizia. Non c’è nelle Scritture motivo per disprezzare la legge. Neppure si può relegare la legge all’Antico testamento e la grazia al Nuovo:

La distinzione onorata nel passato tra il VT come libro di legge e il NT come libro di divina grazia è senza fondamento o giustificazione. La grazie e misericordia divine sono la presupposizione della legge nel VT; e la grazia e l’amore di Dio esibiti negli eventi del NT scaturiscono negli obblighi giuridici del Nuovo Patto. Inoltre, Il VT contiene evidenze di una lunga storia di sviluppi giuridici che devono essere considerati prima che il ruolo della legge sia compreso adeguatamente. Le polemiche di Paolo contro la legge in Galati e Romani sono dirette contro una comprensione della legge che non è in nessun modo caratteristica del VT nel suo insieme.6

Non c’è contraddizione tra legge e grazia La questione nell’epistola di giacomo è fede e opere, non fede e legge.7 Il Giudaismo aveva fatto della legge il mediatore tra Dio e l’uomo, e tra Dio e il mondo. Era questa prospettiva, e non la legge stessa, che Gesù attaccò. In quanto egli stesso il mediatore, Gesù rigettò la legge come mediatore in modo da ri-stabilire la legge nel suo ruolo indicato da Dio per la legge: la via della santità. Egli stabilì la legge dispensando perdono da datore della legge in pieno sostegno alla legge come la parola di condanna che rende gli uomini peccatori.8  La legge fu rigettata solo come mediatore e come fonte della giustificazione.9  Gesù riconobbe la legge pienamente e la obbedì. Egli rigettò solamente le assurde interpretazioni di essa. Inoltre,

Noi non abbiamo il diritto di desumere dall’insegnamento di Gesù nei Vangeli che egli abbia fatto alcuna distinzione formale tra la Legge di Mosè e la Legge di Dio. Essendo la sua missione non di distruggere ma di compiere la Legge e i Profeti (Mt. 5:17), lungi dal dire cosa alcuna in disprezzo della Legge di Mosè o dall’incoraggiare i suoi discepoli ad assumere un atteggiamento d’indipendenza nei confronti della stessa, egli riconobbe espressamente l’autorità della Legge di Mosè come tale, e dei farisei come suoi principali interpreti (Mt. 23:1-3).10

Col completamento dell’opera di Cristo il ruolo dei Farisei come interpreti terminò, ma non l’autorità della Legge. Nell’epoca del Nuovo testamento, solo la rivelazione ricevuta dagli apostoli fu motivo per qualsiasi alterazione nella legge. L’autorità della legge rimase immutata:

San Pietro, per esempio, richiese una rivelazione speciale prima di entrare nella casa dell’incirconciso Cornelio e ammettere il primo convertito Gentile nella chiesa per mezzo del battesimo (At. 10:1-48), un passo che non mancò di sollevare opposizione da parte di quelli che “erano della circoncisione” (Cf. 11: 1-18).11

La seconda caratteristica della legge biblica è che è un trattato o patto. Kline ha dimostrato che la forma della promulgazione della legge, il linguaggio del testo, il prologo storico, la richiesta di dedicazione esclusiva al Dio del patto, il pronunciamento di imprecazioni e di benedizioni, e molto ancora, tutti indicano il fatto che la legge è un trattato stabilito da Dio col suo popolo. Di fatto, “La rivelazione affidata alle due tavole era piuttosto un trattato sovrano che un codice giuridico”.12 Il sommario completo del patto, i Dieci Comandamenti, fu inciso su ciascuna delle due tavole di pietra, una tavola o copia del trattato per ciascuna parte nel patto, Dio e Israele.13

Le due tavole di pietra, perciò, non possono essere fatte somigliare a una stele contenente una della più o meno mezza dozzina di conosciuti codici giuridici datati poco prima o contemporanei di Mosè come se Dio avesse inciso su quelle tavole un corpo giuridico. La rivelazione che contengono non è niente di meno che un’epitome del patto elargito da Yahweh, il sovrano Signore di cielo e terra, al suo servo eletto e redento, Israele.

Non legge, ma patto. Ciò dev’essere affermato quando stiamo cercando una categoria sufficientemente comprensiva da fare giustizia a questa rivelazione nella sua totalità. Allo stesso tempo, la prominenza delle stipulazioni, riflessa nel fatto che “le dieci parole” sono l’elemento usato come pars pro toto, segnala la centralità della legge in questo tipo di patto. Non c’è, probabilmente, una direzione più chiara concessa al teologo biblico, per definire con enfasi biblica il tipo di patto che Dio adottò per formalizzare la sua relazione col suo popolo, di quella data nel patto che diede ad Israele affinché lo compisse, proprio “i dieci comandamenti”. Un patto così è una dichiarazione della signoria di Dio, che consacra a sé un popolo in un ordinamento di vita dettato sovranamente.14

Quest’ultima frase ha bisogno d’essere ri-enfatizzata: Il patto è “un ordinamento di vita dettato sovranamente”. Dio in qualità di sovrano Signore e Creatore dà la sua legge all’uomo come atto di sovrana grazia. È un atto d’elezione, di grazia elettiva (De. 7:7 s; 8:17; 9: 4-6, ecc.).

Il Dio al quale appartiene la terra avrà Israele per sua proprietà, Es. 19:5. È solo sul fondamento dell’elezione per grazia e della guida di Dio che sono dati al popolo i comandi divini, e perciò il Decalogo, Es. 20:2, pone subito davanti il fatto dell’elezione.15

Nella legge la vita totale dell’uomo è ordinata: “Non c’è una distinzione primaria tra la vita interiore e quella esteriore; la santa vocazione della gente deve essere realizzata in entrambe”.16

La terza caratteristica della legge biblica o patto è che costituisce un piano per il dominio sotto Dio. Dio chiamò Adamo ad avere dominio nei termini della rivelazione di Dio, la legge di Dio (Ge. 1:26 ss; 2: 15-17). Questo stesso impegno, dopo la caduta, fu richiesto dalla linea di discendenza pia e con Noè fu formalmente rinnovata (Ge. 9:1-17). Fu di nuovo rinnovata con Abrahamo, con Giacobbe, Con Israele nella persona di Mosè, con Giosuè, davide, Salomone (i cui proverbi echeggiano la legge), con Ezechia e Giosia ed infine con Gesù Cristo. Il sacramento alla cena del Signore è il rinnovamento del patto: “Questo è il mio sangue, il sangue del nuovo patto”, cosicché il sacramento stesso ri-stabilisce la legge, questa volta con un nuovo gruppo eletto. (Mt. 26:28; Mc. 14:24; Lu. 22:20; 1 Co. 11:25). Il popolo della legge è ora il popolo di Cristo, i credenti redenti dal suo sangue espiatorio e chiamati dalla sua grazia sovrana. Kline, nell’analizzare Ebrei 9: 16,17 in relazione all’amministrazione del patto, osserva:

…la figura suggerita sarebbe quella dei figli di Cristo (cf. 2:13) che ereditano il suo dominio universale quale loro eterna porzione (si noti anche 9:15b; cf. anche 1:14; 2:5 ss; 6:17; 11:7 ss). E questa è la meraviglia del messianico Mediatore-Testatore che l’eredita regale dei suoi figli, che prende forza solo mediante la sua morte, è ciò nonostante un’eredità di co-reggenza col testatore vivente! Poiché, (per seguire la direzione tipologica provvista da ebrei 9: 16,17 secondo la presente interpretazione) Gesù è ambedue il Mosè morente e il suo successore Giosuè. Non meramente secondo una figura ma nella realtà un regale Mediatore redivivus, egli continua la dinastia divina succedendo a sé stesso nella potenza della resurrezione e nella gloria dell’ascensione.17

Lo scopo di Dio nel richiedere ad Adamo l’esercizio del dominio sulla terra rimane la sua continua parola pattizia: l’uomo, creato ad immagine di Dio e comandato di sottomettere la terra e di esercitare su di essa il dominio nel nome di Dio, è richiamato a questo compito e privilegio con la sua redenzione e rigenerazione.

la legge è perciò la legge per l’uomo cristiano e per la società cristiana. Niente è più mortale o più derelitto della nozione che il cristiano sia libero riguardo a che tipo di legge possa avere. Calvino, il cui umanesimo classico prese il sopravvento su questo punto, disse delle leggi degli stati, del governo civile:

Menzionerò solo, quasi per inciso, quali siano le leggi di cui questo Stato può far santamente uso davanti a Dio e da cui possa essere rettamente governata nel consenso umano. Avrei tralasciato questo problema non vedessi pericolosi errori commettersi a riguardo. Alcuni infatti negano che uno Stato possa essere retto in modo conveniente qualora, abbandonando la legislazione mosaica, sia governata sulla base di leggi comuni alle altre nazioni. Lascio ad altri il compito di valutare quanto sia perniciosa questa opinione e pericolosa. Mi basterà mostrare ora il suo carattere di assoluta falsità e assurdità.18

Tali idee, comuni nei circoli calvinisti e luterani, e in virtualmente tutte le chiese, sono comunque assurdità eretiche.19 Calvino era favorevole alle “leggi comuni alle altre nazioni”. Ma le legge comune delle nazioni ai suoi giorni era la legge biblica, benché ampiamente snaturata dalla legge Romana. E queste “leggi comuni alle nazioni” stava evidenziando sempre più una nuova religione: l’umanesimo. calvino voleva stabilire la religione cristiana; non avrebbe potuto averla, né sarebbe durata a lungo a Ginevra, senza la legge biblica.

Due studiosi riformati, nello scrivere dello stato, dichiarano: “Dev’essere il sevo di Dio per il nostro bene. Deve esercitare la giustizia, ed ha il potere della spada”.20 Eppure questi uomini seguono Calvino nel rigettare la legge biblica in favore della £legge comune delle nazioni”. Ma lo stato può essere servo di Dio e by-passare la legge di Dio? E se lo stato deve “esercitare la giustizia” com’è definita la giustizia, dalle nazioni o da Dio? Ci sono tante idee di giustizia quante sono le religioni.

La domanda dunque è: che legge per lo stato? Sarà la legge positiva, la legge delle nazioni, una legge relativista? De Jongste e van Krimpen, dopo aver invocato la “giustizia” nello stato, dichiarano: “una legislazione statica valida per tutti i tempi è un’impossibilità”.21 Sicuro! Allora che ne è del comandamento, legislazione biblica, se permettete: “Tu non assassinerai” e “Tu non ruberai”? Non sono intesi per essere validi per tutti i tempi ed in ogni ordinamento civile? Con l’abbandono della legge biblica questi teologi protestanti finiscono nel relativismo morale e giuridico.

Gli studiosi Cattolici Romani offrono la legge naturale. Le origini di questo concetto sono nella legge e nella religione Romana. Per la bibbia non c’è legge nella natura perché la natura è decaduta e non può essere normativa. Oltretutto. la fonte della legge non è la natura ma Dio. Non c’è legge nella natura ma una legge sulla natura, la legge di Dio.22

Nè la legge positiva, né quella naturale possono riflettere più che il peccato e l’apostasia dell’uomo: la legge rivelata è il bisogno e il privilegio della società cristiana. È il solo mezzo con cui l’uomo possa compiere il suo mandato creazionale di esercitare il dominio sotto Dio. Senza la legge rivelata, l’uomo non può affermare d’essere sotto Dio ma solo in ribellione contro Dio.

Note:

1 Hermann Kleinknecht and W. Gutbrod: Law; Londra , Adam and Charles Black, 1962, p. 21. 2 Mao Tse-Tung The Foolosh Old Man Who Removed Mountains; Pekino, Foreign Languages

Press, 1966, p. 3.

3 Morris Raphael Cohen. Reason and Law; New York: Collier Books, 1961, p. 84s.

4 Ernest F. Kevan: The Moral Law; Jenkintown, Penna.: Sovereign Grace Publisher, 1963; p. 5s. S.R. Driver: Law (in Old Testament), in James hastings ed. A Dictionary of the Bible, Vol. III; New York: Charles Scribner’s Sons, 1919, p. 64.

5 Kleinknecht and Gutbrod: Law, p. 44.
6 W. J. Harrelson: Law in the OT; nel The Interpreter’s Dictionary of the Bible, New York: Abingdon

Press, 1962, III, p. 77.

7 Kleinknecht and Gutbrod, Law, p. 125.

8 Ibid., pp. 74, 81-91.

9 Ibid., p. 95.

10 Hugh H. Currie: Law of God, in James Hastings ed. A Dictionary of Christ and the Gospels, New York, Charles Scribner’s Sons, 1908, II, 15.

11 Olaf Moe: Law, in James Hastings ed. Dictionary of the Apostolic Church; New York: Charles Scribner’s Sons, 1919, I, 685.

12 Meredith G. Kline: Treaty of the Great King, The Covenant Structure of Deuteronomy. Studies and Commentary Grand Rapids. William B. Eerdmans, 1963, p. 16. Vedasi inoltre J.A. Thompson: The Ancient Near East Treaties and the Old Testament; Londra, The Tyndale Press, 1964.

13 Kline, op. cit., p. 19 14 Ibid., p. 17.

15 Gustave Friedrich Oehler: Theology of the Old Testament; Grand rapids: Zondervan, 1883, p. 177.

16 Ibid., p. 17.
17 Kline: Treaty of the Great King; p. 41.

18 Giovanni Calvino: Istituzione della religione Cristiana; libro IV, capitolo XX, paragrafo 14. Utet, 1971.

19 Si veda H, de Jongste and J.M. van Krimpen: The Bible and the Life of the Christian, per simili opinioni (Filadelfia. Presbiterian and Reformed Publishing Co., 1968, p. 66 ss.

20 Ibid. , p. 73. 21 Ibid., p. 75.

22 Lo stesso termine “natura” è mitico. Si veda R.J. Rushdoony: The Myth of Nature, in: The Mythology of Science; Nutley, N.J. The Craig Press, 1967, pp. 96-98.


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