INDICE:

Il Settimo Comandamento

11. Adulterio

 

L’approccio alle Scritture dell’umanista è un approccio perverso fin nel principio. La lettura della bibbia viene sistematicamente stravolta. Quindi, Hays dice, riguardo alla caduta dell’uomo:

Per tornare al serpente, quando Adamo viene raggirato da Eva, alla quale era stato precedentemente detta la verità dal serpente, gli occhi della prima coppia si sono aperti ed essi “sono come dèi, conoscendo il bene e il male”. Imparano anche che sono nudi e diventano per la prima volta colpevoli sessualmente — in altri termini, è inventato il rapporto sessuale.[1]

La bibbia, si sostiene, ha una cattiva opinione del sesso, mentre l’uomo moderno ne ha una sana. Anche un moderno psicoanalista, comunque, ha trovato che l’opinione moderna sia piuttosto malsana.

L’espressione “divertirsi” diventa in America sempre più sinonimo di avere un rapporto sessuale. Questa nuova connotazione è sintomatica del degrado emotivo del processo sessuale. L’esperienza sessuale è in realtà molto seria, e talvolta perfino tragica. Se è solo divertimento, non è più nemmeno divertente.[2]

Bisognerebbe notare, inoltre, che non è solo la visione biblica del sesso e del matrimonio ad essere attaccata, ma il cristiano stesso perché professa quella visione. Molto presto: “L’insegnamento morale dei missionari cristiani sembrò una critica della vita privata della famiglia imperiale, un attacco alla legge romana e alle morali della società romana”.3 Sentiamo molto parlare della corruzione e dell’immoralità del clero del Medio Evo e troppo poco dei dei molti preti e monaci fedeli, né ci viene raccontato molto spesso delle persone immorali di quell’epoca che tentarono di sovvertire il clero. Così, Berthold osservò: “Giovani figlie e giovani damigelle non pensano ad altro che a come possano sedurre monaci e preti”.[4]

Il motivo di questa ostilità è la legge biblica con la sua insistenza che solo le relazioni sessuali maritali sono legittime e morali. Lo standard biblico del matrimonio è visto come oppressivo e innaturale.

La fusione di due personalità, anche quando evita il pericolo di divorarsi a vicenda, va verso un ulteriore conflitto con la forma sessuale basilare dei mammiferi. Nel complesso, la monogamia fedele non sembra essere una forma naturale, ma una inventata socialmente; con tutto ciò, è così rara da sembrare quasi anormale. Di centoottantacinque società analizzate nella Human Relations Area Files all’Università di Yale, solo circa il cinque per cento erano monogamie nelle quali tutte le attività sessuali maschili esterne erano non permesse o disapprovate. Pertanto, ad alcuni studiosi la fedeltà sembra essere difficile, innaturale, e dal costo troppo alto, ed insistere su di essa sembra essere la causa di ipocrisia, colpa, infelicità, e rottura di matrimoni. Tutto questo è il prodotto dell’identificazione degli “io”, perché l’infedeltà è la condivisione di un’esperienza molto intensa con qualcuno altro dal principale partner d’amore, e di conseguenza spezza la fusione. Anche se l’infedeltà è occultata perfettamente, erige in una persona delle barriere ostili e luoghi bui dove l’altro non può penetrare. Il Dr. Abraham Stone ha riportato che in quasi tre decadi di consulenza matrimoniale ha trovato che l’infedeltà non è quasi mai risultata innocua, ma praticamente sempre causa di occultamento, colpa, e impedimento di interazione tra le personalità e di amore totale. Nondimeno, il disagio della fedeltà potrebbe essere il prezzo con cui si acquisisce nel matrimonio considerevole felicità e stabilità.[5]

In questa prospettiva, c’è al massimo un’infelice, pragmatica accettazione della monogamia, e tale prospettiva non può ispirare fedeltà. Non c’è qui riferimento al significato del matrimonio ma solo a ciò che l’individuo può ottenere al prezzo più basso. In questo modo, anche l’apparente assenso alla legge biblica sottolinea la radicale diversità di principi tra la fede biblica e l’umanismo. Così, Cole scrive: “Il cristianesimo e la psicoanalisi possono concordare che lo standard della forma coitale di Rado: l’inserimento del pene nella vagina prima dell’orgasmo rappresenti la misura di sessualità ‘normale’”.[6] Qui c’è una “misura di sessualità normale” senza alcun riferimento alla parola e al decreto divino, solo la relazione del pene con la vagina. La sessualità normale per il cristianesimo è la sessualità matrimoniale; l’adulterio è una violazione di quella relazione e un azione anormale e criminale: un attacco all’ordinamento fondamentale.

Nel trattare col matrimonio, il settimo comandamento seleziona come parola-legge cruciale: “Tu non commetterai adulterio” (Es. 20:14; De. 5:18). Questa stessa legge è dichiarata in alcune altre forme: è proibita in Levitico 18:20 ed è descritta come contaminazione. La pena per l’adulterio è specificamente la morte (Le. 20:10; De. 22:22).

Per poter vedere la materia in prospettiva, esaminiamo le regole pre- matrimoniali. In molte culture, l’adulterio era proibito alla femmina, ma licenza pre- e post-matrimoniale veniva concessa al maschio. Qui la prassi greca e romana è ben nota. Nella cultura cinese l’adulterio era considerato, quantomeno prima del comunismo, come un reato solamente femminile. Il maschio era libero di fare come voleva. Figli nati ad un uomo da relazioni extra-coniugali venivano portati nella casa dell’uomo, e la moglie li doveva accettare.[7] A volte si sente dire che gli standard biblici fossero simili, ma non ci sono evidenze per questo. Mentre non c’è una legge che tratti la cosa direttamente, il tenore generale della legge, l’evidenza di Proverbi e il Nuovo Testamento rendono chiara la posizione biblica.

Primo, come abbiamo notato precedentemente, la legge richiese lo sterminio dei Canaaniti, dei loro culti della fertilità e le loro prostituzioni religiose. Lo scopo della legge è una terra purgata da tutti questi mali. La legge pertanto si rivolge ad una situazione nella quale questi mali particolari non esistevano; ecco che non avevano legittimità d’esistere.

Secondo, non solo dovevano essere eliminate la prostitute (e i prostituti) Canaaniti, ma non dovevano esisterne di origini ebraiche. La punizione era a discrezione delle autorità, ma la legge proibiva chiaramente l’esistenza di prostitute o sodomiti (prostituti maschi omosessuali) ebrei.

Non contaminare la tua figlia, facendola divenire una prostituta, affinché il paese non si dia alla prostituzione e il paese non si riempia di scelleratezze (Le. 19:29).
Non vi sarà alcuna donna dedita alla prostituzione sacra tra le figlie d’Israele, né vi sarà alcun uomo dedito alla prostituzione sacra tra i figli d’Israele (De. 23:17).

La punizione per la figlia di un sacerdote che diventasse una prostituta era la morte (Le. 21:9).

Terzo, in Proverbi, tutta la sessualità extra-matrimoniale è condannata, e i consigli concernenti i mali di prostituzione, adulterio e sesso pre- matrimoniale vengono tutti dati come sapienza antica e impliciti nella legge di Dio. La castità del matrimonio è dichiarata essere lo standard (Pr. 5:1-23). È presentata, non come un impoverimento della vita, ma come una fonte d’acqua corrente di gioia e salute per l’uomo (Pr. 5:15-23). L’adulterio è condannato in modo speciale; la prostituta è una degenerata morale, ma l’adultera aggiunge al proprio male la perversità: “perché, se la prostituta cerca un pezzo di pane, la maritata mira a una vita preziosa” (Pr. 6:26 CEI). L’adulterio è un fuoco divorante (Pr. 6:20-35). Porta a morte e rovina (Pr. 7:1-27). Il rapporto sessuale con prostitute è cosa malvagia, ma l’adulterio è l’apice del male e pazzia. Tutto questo è dichiarato da Salomone essere la sapienza della legge.

Quarto, il Nuovo Testamento proibì tutti i rapporti sessuali non matrimoniali e pertanto anche quelli pre-matrimoniali, senza altre preoccupazioni che quella di riaffermare la legge biblica a convertiti Greci e Romani (At. 15:20, 29; 21:25; Ro. 1:29; 1 Co. 5:1; 6:13, 18; 7:2, ecc.). Cristo proibì il pensiero che porta ad essi (Mt. 5:28).

È chiaro, dunque, che la legge biblica è designata a creare una società familistica, e il reato sociale principale è attaccare la vita della famiglia. L’adulterio è pertanto collocato sullo stesso livello dell’omicidio, per il fatto che è un atto omicida contro l’istituzione sociale centrale di una cultura sana. L’adulterio impunito è distruttivo della vita della famiglia e dell’ordine sociale. Da parte della moglie, è tradimento verso la famiglia e introduce nella famiglia una lealtà aliena quanto una progenie aliena. Anche da parte del marito è tradimento e slealtà, e in più mina la sua autorità morale. Un marito moralmente puro confida nella propria autorità e la esercita con fiducia data da Dio. Un uomo colpevole è meno capace di esercitare autorità e ondeggia tra arbitrarietà e una resa dell’autorità. L’ordinamento giuridico di una famiglia è d’un sol pezzo e la persona che lo rompe in un punto inevitabilmente lo arrende su tutti gli altri. Gli arresti per fornicazione e per adulterio erano pochi nel 1948;[8] per il 1969 erano virtualmente scomparsi insieme a molta della disciplina interna alla famiglia. I commenti di Zimmerman sulle epoche di forte familismo nella storia, cioè la famiglia amministratrice fiduciaria, è interessante:

Pertanto nel periodo della famiglia fiduciaria, l’adulterio, insieme ad un altro reato o due, è l’azione più infame contro l’intera società (gruppi di parentela che connettono la persona con la vita). Il marito non è necessariamente punito dalla propria famiglia ma essi devono sistemare le cose con l’altra famiglia per i suoi peccati; così, piuttosto che sorbirsi le conseguenze lo disconoscevano e se l’altra famiglia non l’uccideva avrebbe dovuto fuggire per la propria vita a esilio perpetuo finché il crimine non fosse dimenticato. Nel caso il marito commettesse adulterio con una donna che non aveva famiglia immediata, non c’è nessuno che lo punisca eccetto i parenti della donna (sempre che i parenti dell’adultero non lo mettessero in riga), ma in molti casi sono queste sono semplicemente le persone che lo faranno. Gregorio di Tours registra questi casi tra i francesi nel periodo della famiglia fiduciaria dopo il declino romano.[9]

La famiglia è il custode centrale della proprietà e dei figli, due aspetti basilari di ogni società. Una società sana è quella che protegge la famiglia perché riconosce che è in gioco la sua sopravvivenza.

Un’area di protezione è contro violenza e stupro. I testi che citano la legge sullo stupro e sulla seduzione sono i seguenti: stupro, Deuteronomio 22:23-29; seduzione, Esodo 22:16, 17.

La pena per lo stupro di una donna sposata, o di una promessa in sposa, era la morte. La legge specificava che si presumeva il consenso da parte della donna se il fatto era avvenuto “in città” ed “ella non aveva gridato”, e a quel punto era presunta colpevole di aver partecipato all’adulterio anziché aver subito un atto di violenza. Come ha osservato Lutero: “La città qui è menzionata per fare un esempio, perché in essa ci sarebbero state delle persone disposte ad aiutarla. Perciò, colei che non grida rivela di essere stata violentata di propria volontà”.[10] In altre parole, “la città” rappresenta l’aiuto a sua disposizione: era stato invocato?

I casi classificati come seduzione sono tecnicamente e realisticamente anch’essi casi di stupro; la differenza è che la ragazza in questione non è né sposata né promessa. Perché in questi casi non è invocata la pena di morte? Nei casi precedenti, il matrimonio era già stato contratto; il crimine era perciò contro entrambi, l’uomo e la donna, e richiedeva la morte. Nel caso di una ragazza nubile, non fidanzata, la decisione stava in mano del padre della ragazza e, in parte, della ragazza. Se il colpevole, citato semplicemente come seduttore in Esodo 22:16,17, e come stupratore in Deuteronomio 22:28-29, è un marito accettabile, allora pagherà 50 sicli d’argento come dote e la sposerà, senza diritto di divorzio “perché l’ha umiliata” (De. 22:29); ma “Se suo padre rifiuta di dargliela, pagherà la somma richiesta per la dote delle vergini” (Es. 22:17). Se un uomo è in questo modo rifiutato come marito, la ragazza viene compensata per l’offesa in modo da renderla una moglie attrattiva per un altro uomo, perché giungerebbe al matrimonio con una dote doppia, la propria e quella della compensazione.

Per comprendere lo sfondo di questa legge, ricordiamo, primo, che la legge biblica richiede la morte per i delinquenti e i criminali incorreggibili. Il seduttore/violentatore di una ragazza non fidanzata era pertanto presumibilmente non un giovane incorreggibile, benché in questo momento chiaramente colpevole. Nessun guadagno era possibile dal suo crimine. Se gli fosse stato permesso di sposare la ragazza, l’avrebbe fatto senza diritto di divorzio e al costo di una dote intera. Se veniva rifiutato doveva comunque pagare una dote intera, una perdita considerevole per il proprio futuro.

Nel matrimonio, la donna era protetta da abuso e calunnia da parte del marito. Se egli avesse impugnato la sua moralità sessuale, un rituale che richiedeva chiaramente la verifica soprannaturale rivela la sua innocenza o colpevolezza. Se colpevole d’adulterio moriva una morte lenta. Se innocente, allora Dio l’avrebbe benedetta in modo soprannaturale (Nu. 5:11-21). “sarà seminata con seme” (Nu. 5:28 tradotto letteralmente), che significa che inoltre il marito avrebbe dovuto fare il proprio dovere nei suoi confronti.

Se il marito avesse calunniato il carattere della moglie, dicendo che non era vergine quando l’aveva sposata, egli veniva portato a processo insieme alla moglie. Se la sua accusa era vera, lei moriva, se era falsa, egli veniva multato 100 sicli d’argento, da pagarsi al suocero e perdeva il diritto di divorziare (De. 22:13-21). In questo modo la moglie era protetta nel matrimonio. Le erano garantiti legalmente per tutta la vita il cibo, il vestiario, e “il suo dovere matrimoniale”, cioè rapporti sessuali, nella casa del marito (Es. 21: 10 tradotto con “coabitazione”). Alla donna era anche assicurato che il marito non sarebbe stato chiamato alla leva né “gli sarebbe affidato alcun incarico” che lo portasse lontano da casa nel primo anno di matrimonio (De. 24:5).

Per tornare adesso alla questione dell’adulterio, l’interpretazione di Cole della prospettiva del Nuovo Testamento è di particolare interesse:

L’adulterio non era meramente la violazione della famiglia/casa di un altro uomo, la violazione dei diritti di consimile maschio che minacciava la sicurezza del suo lignaggio, ma una violazione della sua unità con sua moglie, una rottura del suo stato di “una sola carne” (henosis). Un adulterio non era solo del corpo ma anche del cuore, “ Poiché dal cuore provengono pensieri malvagi, omicidi, adultèri, fornicazioni” (Mt. 15:19). Poiché ciò era vero, l’adulterio era già stato commesso da uno sguardo di concupiscenza o un desiderio libidinoso (Mt. 5:27-28).[11]

Sufficientemente vero, ma l’adulterio come ogni altro peccato, è dal principio alla fine una trasgressione contro Dio e contro il suo ordine giuridico. Come giustamente confessò Davide: “Ho peccato contro te, contro te solo, e ho fatto ciò ch’è male agli occhi tuoi” (Sa. 51:4). Tutti i peccati sono essenzialmente contro Dio, e dunque l’enfasi centrata su Dio non può essere trascurata nei crimini sessuali.

La pena per l’adulterio nel Vecchio Testamento era chiaramente la morte. Quel’è la pena nel Nuovo Testamento? L’incidente della donna colta in adulterio (Gv. 8:1-11) è stata spesso discussa in questo contesto, ma senza pertinenza. Primo, Gesù rifiutò di essere fatto giudice di questioni giuridiche, in questo caso e nella questione di una contestata eredità (Lu. 12:13, 14). In quanto Signor della gloria, rifiutò di essere ridotto a giudice di pace. Secondo, Gesù rese chiaro che un giudice deve avere mani pulite, altrimenti è squalificato dal giudicare: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei” (Gv. 8:7). Ovviamente, per peccato, voleva qui dire adulterio; la sua sfida fu: osate incriminare senza incriminare voi stessi? Temendo la sua conoscenza e il suo giudizio, se ne andarono. Terzo, quando la donna colpevole riconobbe che era il “signore” la perdonò e la mandò via (Gv. 8:10, 11). Questo perdono fu un perdono religioso, non un giudizio civile. Egli con ciò non interferì con qualsiasi iniziativa il marito potesse prendere per dissolvere il matrimonio. Un assassino può essere religiosamente assicurato del perdono ma essere lo stesso giustiziato; confondere il perdono religioso con quello civile è un serio errore. Achan confessò la propria colpa sull’appello religioso di Giosuè, ma fu giustiziato lo stesso (Gs. 7:19-26). Pertanto, l’incidente della donna colta in adulterio, mentre è importante rispetto alla grazia, non è pertinente come causa giuridica. Si può aggiungere che la pena di morte non era più comminata per adulterio, e un tentativo di forzare un giudizio da Gesù nei confronti della donna colta in adulterio fu un tentativo di imbarazzarlo. Se avesse negato la pena di morte, la sua dichiarazione che era venuto per compiere la legge (Mt. 5:17, 18) sarebbe stata messa in discussione; se avesse affermato la pena di morte, avrebbe affermato una posizione altamente impopolare. Gesù in cambio giudicò loro; gli empi e ribelli non possono implementare la legge, ed essi erano empi e ribelli. La mancanza di qualsiasi ordine civile in questa materia è evidente da Ebrei 13:4: “Sia il matrimonio tenuto in onore da tutti e il letto coniugale sia incontaminato, poiché Dio giudicherà i fornicatori e gli adulteri”. Era costretto a giudicarli Dio perché la società al tempo non lo faceva. Il giudizio di Dio è inevitabile, per quanto possa essere assente quello dell’uomo. Ma qual era il giudizio di Dio nei confronti dell’adulterio?

Il testo cruciale è 1 Corinzi 5, un testo assai difficile in alcuni dettagli. Primo, il caso in questione è un membro che “convive con la moglie del padre” (1 Co. 5:1 CEI). Nei termini di Levitico 18:8 questo era incesto e richiedeva la pena di morte. Paolo rende chiaro che questo peccato è un reato perfino per i Gentili. Secondo, benché sia chiaramente incesto nei termini della legge biblica, san Paolo non lo tratta dal punto di vista giuridico come un incesto. Egli rende chiaro, nel verso 1 che di incesto si tratta, comunque. Invece, all’uomo viene dato il termine generico di “fornicatore” che copre una varietà di crimini (1 Co.5: 9, 11). Poiché sembra evidente che il padre fosse ancora in vita, visto che la donna viene chiamata “la moglie di suo padre”, non vedova, il crimine dell’uomo con la sua matrigna è adulterio oltre ad incesto. Il termine “fornicatore” copre entrambi i fattori ma è meno specifico. Terzo, san Paolo ordina loro di “darlo in mano di Satana a perdizione della carne, affinché lo spirito sia salvato nel giorno del Signor Gesù” (1 Co. 5:5). Craig è corretto nell’interpretarlo come pena di morte.[12]  Pertanto, la pena di morte è chiaramente le legge di Dio per l’incesto e/o l’adulterio. La chiesa, però, non può giustiziare un uomo; la pena di morte non appartiene alla chiesa. La chiesa, però, deve in effetti pronunciare la pena di morte consegnandolo a Satana; vale a dire che la protezione provvidenziale di Dio viene ritirata, in modo che l’uomo possa essere umiliato e redento. Quarto, la chiesa, comunque, nel frattempo ha il dovere di agire. Essi devono “togliere via il vecchio lievito”; non devono associarsi con fornicatori nella chiesa: “con un tale non dovete neppure mangiare. …Perciò togliete il malvagio di mezzo a voi” (1 Co. 5:6-13). Visto che la donna non è inclusa nel giudizio, si può assumere che non fosse cristiana e pertanto non soggetta a disciplina della chiesa. Il pentimento del colpevole avrebbe potuto dopo un periodo possibilmente ripristinarlo alla comunione della chiesa, ma sempre come uno con una riconosciuta sentenza di morte sul suo capo.

In questo modo, alla chiesa veniva dato un realistico aiuto giuridico per fronteggiare il problema dei reati capitali in una società che non li riconosceva come tali, perché si riconosceva realisticamente che questo fosse un problema cruciale per la chiesa. Un ordine giuridico pio ripristinerà la pena di morte, ma la chiesa deve vivere realisticamente con la sua assenza e proteggersi. L’appropriato giudizio della chiesa riconosce la pena di morte e agisce nei termini della realtà presente.

La prima chiesa agì in questi termini. L’adulterio fu giudicato severamente e gli adulteri venivano riaccolti nella comunione della chiesa solo nel più severo dei termini. In qualche area prevalse l’esclusione totale, ma questo non fu generale.

Il mondo in cui la chiesa si muoveva aveva una varietà di atteggiamenti nei confronti dell’adulterio, dalla tolleranza alla brutale mutilazione. Nella Polonia pre-cristiana: “Il criminale veniva condotto nel luogo di mercato, e lì inchiodato per i testicoli; una lama veniva posta a sua portata ed egli aveva l’opzione di eseguire la giustizia su se stesso o rimanere dov’era e morire”. In Roma, “Teodosio istituì la shoccante pratica della constuprazione, che però abolì poco dopo”.[13]

Al presente molti sostengono che l’adulterio sia una panacea per una varietà di problemi psicologici. Un professore di psichiatria della Temple University ha raccomandato relazioni amorose come una soluzione ad alcuni problemi.[14]  Fin dal 1929, un ricercatore trovò che una comune causa d’adulterio tra le donne fosse la convinzione che avrebbero perso qualcosa nella vita se non fossero state coinvolte in adulterio. Il Dr. G. V. Hamilton, che fece lo studio, registrò, secondo Sherrill:

Che una vasta porzione di queste donne che di avventuravano fuori dal matrimonio lo stavano facendo non per fattori di temperamento. Essere caste non era per loro più difficile che per altre e neppure traevano alcun piacere fisico dalle loro avventure. Piuttosto, sembrava che stessero seguendo questo corso d’azione perché sentivano di dover mettere in atto idee che si erano fatte sulla “libertà coniugale”.[15]

Poiché lo stato si sta stabilmente impadronendo di due responsabilità basilari della famiglia, la custodia della proprietà e dei figli, lo stato sta relegando l’adulterio all’ambito delle cose periferiche e relativamente ininfluenti. Finché l’autorità della famiglia in queste due aree non verrà ristabilita l’adulterio non sarà nuovamente considerato una minaccia per la società anziché una sorta d’intrattenimento. Al presente, l’adulterio è visto come una questione personale a un aspetto della personale esperienza e piacere, e nulla di più.[16]

In tutte le culture ove è esistita o è stata ristabilita l’autorità della famiglia su proprietà e figli, l’adulterio diventa inevitabilmente uno dei crimini più terrificanti, e c’è una storia corposa di brutali torture e di rappresaglie contro i trasgressori. La correlazione è inevitabile: ove un crimine sia tradimento contro la società, lì sono imposte pene particolarmente severe.

La risposta biblica è dunque di ristabilire la famiglia nelle sue funzioni, proteggerla nella sua integrità, e poi penalizzare i trasgressori. In una società sana, il tradimento è un crimine raro. In contrasto con l’opinione corrente, è spesso stato raro nel passato, ed è poco comune nell’Irlanda attuale, secondo Grey.[17]

Una nota finale: La prima chiesa ebbe un problema serio, il suo dovere di implementare la legge in un epoca senza legge. Uomini i cui reati richiedevano la pena di morte, come nel caso della chiesa di Corinto, restavano vivi, e il loro ritorno in chiesa se pentiti poneva problemi. Dove la legge biblica richiedeva la restituzione, la questione era relativamente semplice, ma che ne era di quei reati che richiedevano la morte? L’accettazione su una semplice dichiarazione di pentimento equivaleva ovviamente a rendere quei crimini più leggeri nelle loro conseguenze di molti dei crimini minori. Di conseguenza si evolvette il sistema penitenziale. I Protestanti, che sono usi vedere solo i suoi abusi successivi, mancano quasi sempre di vedere la sua salute iniziale, e la sua forza come strumento giuridico. Agli adulteri, per esempio, venivano richiesti atti di penitenza, non come opera di espiazione, ma coma azioni pratiche di santificazione. La penitenza serviva un duplice scopo. Primo, dimostrava la sincerità della professione di pentimento. Secondo, costituiva una forma di restituzione. La penitenza era in questo modo un primo passo verso il ristabilimento di un ordine giuridico che lo stato aveva negato.

Note:

1 H. R. Hays: The Dangerous Sex, The Myth of Feminine Evil; New York: G. P. Putnam’s Sons, 1964, p. 91.

2 Theodor Reik: Sex in Man and Woman: Its Emotional Variations; New York: Harper and Brothers [1956], 1958, p. 83.

3 Richard Lewinsohn: A History of Sexual Customs; New York: Harper and Brothers [1956], 1958, p. 83.

4 Herman Heinrich Ploss a Max Paul Bartels: Woman in the Sexual Relation; New York: Medical Press of New York, p. 34. Rivisto e ampliato da Ferd F. Von Reitzenstein.

5 Morton M. Hunt: The Natural History of Love; New York: Knopf, 1959, p. 394.
6 William Graham Cole: Sex in Christianity and Psycoanalysis; New York: Oxford University Press, 1955, p. 302.

7 David and Vera Mace: Marriage East and West; Garden city, N.Y. : Double-day, 1959, 1960, p. 238.

8 Morris Ploscowe: Sex and the Law; New York: Prentice-hall, 1951, p. 157.

9 Carle C. Zimmerman: Family and Civilization; New York: Harper and Brothers, 1947, p. 153.

10 Luther: Lectures on Deuteronomy, p. 223.

11 William Graham Cole: Sex and Love in the Bible; New York: Association Press, 1959, p. 191.

12 Clarence Tucker Craig: “I Corinthians” in Interpreter’s Bible, X, 62.

13 “Adultery” in John M’Clintock and James Strong: Cyclopedia of Biblical, Theological, and Ecclesiatical Literature; New York: Harper and Brothers, 1895, I, 86 s.

14 O. Spurgeon English: “Some Married People Should Have Love Affairs,” Pageant, Marzo 1969, p. 108-117.

15 Lewis Joseph Sherrill: Family and Church; New York: Abingdon Press, 1937, p. 116 s.

16 Vedi John T. Warren: Wife Swappers; New York: Lancer Books, 1966).
17 Tony Grey: The Irish Question; Boston: Little, Brown & Co., 1966.


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