INDICE:

Ottavo Comandamento

12. Dominium eminens

 

(Nota del traduttore: Ho tradotto il concetto di “eminent domain” con dominium eminens, o “signoria suprema”. I dizionari danno “diritto d’esproprio” che è una delle conseguenze pratiche del principio. È evidente che nella storia della nostra lingua e della nostra nazione non c’è stato dibattito su chi abbia diritto a questo titolo. Pertanto nel capitolo lo si troverà reso alternativamente con diritto d’esproprio quando inteso come applicazione della “signoria suprema” sulla proprietà privata da parte dello stato, e invece con dominium eminens o signoria suprema quando relativo al principio generale di sovranità che appartiene a Dio ma che anche lo stato si attribuisce.)

Il diritto d’esproprio è l’asserzione di sovranità da parte dello stato su tutte le proprietà all’interno dello stesso, ed è l’asserzione del diritto di appropriarsi di tutto il territorio e di qualsiasi parte di esso per qualsiasi uso pubblico o statale ritenuto necessario dallo stato. Normalmente viene corrisposto un indennizzo per la proprietà di cui s’impossessa ma non è considerato un limite vincolante per lo stato [1].

Il diritto d’esproprio è un’asserzione di sovranità che nella Scrittura è ascritta solo a Dio. A motivo del proprio dominium eminens, Dio portò il giudizio sull’Egitto (Es. 9:29). In ragione della propria signoria suprema, Dio diede inoltre la legge della signoria ad Israele e la dichiarò valida per tutta la terra e tutti i popoli “poiché tutta la terra è mia” (Es. 19:5). Quest’affermazione è ripetuta in Deuteronomio 10:12-14:

E ora, o Israele, che cosa richiede da te l’Eterno, il tuo DIO, se non di temere l’Eterno, il tuo DIO, di camminare in tutte le sue vie, di amarlo e di servire l’Eterno, il tuo DIO, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, e di osservare per il tuo bene i comandamenti dell’Eterno e i suoi statuti che oggi ti comando?
Ecco, all’Eterno, il tuo DIO, appartengono cieli, i cieli dei cieli, la terra e tutto quanto essa contiene.

Questo fatto della signoria suprema di Dio è celebrato nella Scrittura come il fondamento della fiducia del suo popolo (Sl. 24:1; 50:12; 1 Co. 10:26, 28, ecc.). La signoria suprema dello stato non era riconosciuta in Israele, come acclara l’incidente della vigna di Naboth (1 Re 20), benché sia profetizzata come una delle conseguenze dell’apostasia da Dio il Re (1 Sa. 8:14). È proibita specificamente in Ezechiele 46:18.

Le origini della signoria suprema dello stato si trovano nelle regalità pagane. Sembra che il termine dominium eminens abbia avuto origine con Grozio nel 1625. Da allora ha avuto uno sviluppo significativo. Conta di più il fatto che il concetto non nacque con Grozio, e divenne significativo nella cristianità solo quando fu sviluppato il pensiero di legge naturale. Poiché la filosofia della legge naturale individua la legge ultima nella natura, individua dunque anche il potere sovrano nella natura col risultato che la sovranità viene ascritta ad un potere temporale. Nella teoria della Legge Naturale “sovranità (‘maestà’, ‘supremazia’, ecc.) non solo significa una particolare forma o qualità di autorità politica; significa anche l’autorità politica stessa, nella sua sostanza essenziale”[2].

Secondo Cochran ed Andrews: “Il potere di espropriare è un potere sovrano, intrinseco che non può essere appaltato all’esterno o separato dallo stato”[3].  Questo potere non fu reclamato dalle colonie e stati originali ma crebbe ugualmente come conseguenza della filosofia di legge naturale e della giurisprudenza inglese. Riguardo alla teoria del diritto di esproprio nella legge americana, un paragrafo da Ruling Case Law (William Mc-Kinney and Burdette A. Rich; 1915), dà un eccellente riassunto del concetto com’esso si sviluppò nel Diciannovesimo Secolo negli Stati Uniti:

10. Il Diritto di Esproprio come Esercizio di Sovranità. — Questa fu la teoria di Grozio che il potere di dominium eminens fosse basato sul principio che lo stato avesse un originale ed assoluto titolo su tutta la proprietà posseduta dai suoi membri individuali, antecedente al loro possesso, e che il loro possesso e godimento di essa, essendo derivato susseguentemente da una concessione da parte del sovrano, rimaneva soggetto ad una tacito accordo o implicita riserva che poteva essere ripristinato e tutti i diritti individuali alla proprietà estinti dal legittimo esercizio della sua proprietà ultima da parte dello stato. Questa spiegazione del fondamento del potere di espropriare fu adottata da diverse corti dello stato nelle loro decisioni iniziali. La teoria di Grozio, comunque, non fu adottata da tutti gli altri filosofi politici, Heineccius citando Seneca affermava che ai re appartiene il controllo delle cose, agli individui la proprietà. Alcuni giudici di questa nazione, imbevuti dello spirito di libertà individuale, hanno obbiettato che tale dottrina sta riportando i principi del sistema sociale indietro alla teoria servile di Hobbes, la quale, per quanto possa essere plausibile in riferimento a territori un tempo tenuti in proprietà assoluta dal potere supremo e da esso direttamente concessi a individui, è incoerente col fatto che l’assicurare i diritti preesistenti della loro proprietà è il grande motivo e l’oggetto per cui gli individui si associano in governi. Oltretutto non sarà affatto applicato alla proprietà personale la quale in molti casi è interamente creazione di proprietari individuali; tuttavia il principio di appropriazione di proprietà privata da destinarsi ad uso pubblico ha piena estensione tanto riguardo a proprietà personale quanto a quella immobiliare. Di conseguenza oggi si considera generalmente che il potere di espropriare non sia un diritto di proprietà o un esercizio da parte dello stato di proprietà ultima del suolo, ma che sia basato sulla sovranità dello stato. In quanto sovranità include il diritto di emanare e applicare come legge qualsiasi cosa non sia fisicamente impossibile e non sia proibita da qualche clausola costituzionale, e la confisca di proprietà per uso pubblico all’interno della giurisdizione dello stato su pagamento o compensazione non è né impossibile né proibita dalla costituzione, uno statuto che autorizzi l’esercizio del diritto d’esproprio non necessita ulteriori giustificazioni. La questione è prettamente accademica, ma è di qualche importanza pratica nel decidere se gli Stati Uniti possano esercitare i diritto d’esproprio all’interno del Distretto della Columbia, nonostante un provvedimento nell’atto di cessione che dice che i diritti di proprietà degli abitanti debbano rimanere intatti. Si sostenne che in quanto il diritto d’esproprio era un diritto di sovranità e non di proprietà, il provvedimento non avesse applicazione [4].

C’è un certo numero di presupposizioni importanti in questo paragrafo, ma ci limiteremo a due. Primo, il diritto naturale dello stato all’esproprio per il bene pubblico è stato presupposto e nei termini di tale presupposizione è stato superato il decimo emendamento. Nella Costituzione non è data espressamente delega all’esproprio al governo federale, che significa che gli fu proibito, se il decimo emendamento debba avere qualche significato. Ma, seguendo la lezione di Grozio, si assume un diritto pre-politico, dalla legge della natura, che concede ad ogni stato un immaginario diritto che nessuna legge o costituzione possono alterare. Così, benché la Costituzione degli Stati Uniti non consenta al governo federale il diritto d’esproprio, e benché l’atto di cessione del Distretto della Columbia al governo federale richieda specificamente che “i diritti di proprietà degli abitanti rimangano intatti”, si sostenne che questo provvedimento non avesse applicazione a causa di un diritto assoluto da parte dello stato. Secondo, questo diritto assoluto all’esproprio deriva dal “diritto di sovranità”. Di nuovo, questa è una tesi stupefacente per il fatto che la Costituzione degli Stati Uniti non usa mai la parola “sovranità”. Di fatto la evita. La tradizione puritana riservava la parola propriamente a Dio e la separazione degli Stati Uniti da Re Giorgio III li rese particolarmente ostili a qualsiasi rigurgito politico del concetto di sovranità. La Costituzione degli Stati Uniti del 1787-1791 non prevede quindi nessun “diritto di sovranità”.

Nei termini di questa dichiarazione di sovranità e di diritto d’esproprio, non c’è costituzione o legge che abbiano validità perché qualsiasi atto legislativo può essere accantonato mediante un’asserzione di antecedente potere sovrano nello stato. Nessun atto legislativo può dare al cittadino alcuna immunità contro uno stato nel quale le corti di giustizia mantengano una dottrina di dominium eminens, nella quale ogni legge è soggetta ad essere rigettata ogni qual volta il potere sovrano dello stato lo decreti.

Piuttosto logicamente, le leggi fiscali chiamano ciò che il contribuente può trattenere un’ “esenzione” da parte dello stato, vale a dire un atto di grazia. Tutta la proprietà e il reddito di un uomo, le sue produzioni commerciali o artistiche, nei termini di quest’asserzione di sovranità e di diritto di esproprio, sono proprietà dello stato o quantomeno sotto il controllo e uso dello stato.

Queste pretese dello stato di essere la fonte di sovranità e di grazia possono essere minate e annullate solo se verranno affermati e accettati il potere sovrano e la grazia salvifica del Dio trino.

Negli Stati Uniti, George Mason, autore della Dichiarazione dei Diritti della Virginia, escluse specificamente il diritto di esproprio in quel documento. La dichiarazione della Virginia dichiara che: “Nessuna parte della proprietà di un uomo gli possa essere tolta, o applicata ad uso pubblico, senza il suo consenso, o quello dei suoi legali rappresentanti”. Questo principio, apparentemente ripetuto nel Quinto Emendamento della Costituzione, fu redatto in modo infelice e lasciò spazio per la reintroduzione del diritto di esproprio.

Non sorprende che l’affermazione della sovranità dello stato, un concetto umanista, abbia portato nel XVIII e XIX secolo a una contro- affermazione, la sovranità dell’individuo, anche questo un principio umanista.

Per Bakunin, lo stato era un simulacro divino che doveva essere distrutto. La fiducia di Bakunin era posta nella legge naturale, ed egli sosteneva che la legge naturale non conosce stato o qualsiasi teoria dello stato, ma solo l’uomo. “L’uomo non potrà mai essere completamente libero in relazione alle leggi naturali e sociali”. La libertà non consiste nel ribellarsi contro tutte le leggi; “fintanto che le leggi sono leggi naturali, economiche e sociali, non imposte autoritativamente ma inerenti nelle cose”, devono essere obbedite, disse Bakunin. “Se sono leggi politiche e giuridiche, imposte da uomini su uomini”, che sia mediante la forza, l’inganno o il suffragio universale, non devono essere obbedite.

L’uomo non si può ribellare alla Natura né sfuggire alla Natura. Contro le leggi della Natura non è possibile rivolta da parte dell’uomo per la semplice ragione che egli stesso è un prodotto della Natura e che deve la propria esistenza a quelle leggi. Una ribellione da parte sua sarebbe … un ridicolo tentativo, sarebbe una rivolta contro se stesso, un vero suicidio. E quando abbia una determinazione di distruggere se stesso, o perfino quando porta a compimento tale disegno, agisce in accordo con quelle stesse leggi naturali, dalle quali nulla lo può esimere: né pensiero, né volontà, né disperazione, né alcun’altra passione, né vita, né morte.

L’uomo stesso non è altro che Natura. I suoi sentimenti più sublimi o quelli più mostruosi, le più perverse, più egoistiche, o i più eroiche risoluzioni o manifestazioni della sua volontà, i suoi pensieri più astratti, più teologici o più pazzi — tutto questo non è nient’altro che Natura. La Natura racchiude, permea, costituisce la sua intera esistenza. Come potrebbe mai sfuggire a questa Natura?” [5].

Se l’uomo è “nient’altro che Natura”, allora qualsiasi impulso dell’uomo ha lo status di volontà sovrana. In contrapposizione alla sovranità dello stato e del suo diritto di esproprio, l’anarchismo sostiene la sovranità dell’individuo e il diritto individuale di signoria suprema.

Di conseguenza, Bakunin richiese “La negazione di Dio e del principio dell’autorità, divina ed umana, e anche di qualsiasi tutela da parte di un uomo sopra gli uomini” e “La negazione del libero arbitrio e del diritto della società di punire, visto che ogni individuo umano, senza alcuna eccezione, non è nient’altro che un prodotto involontario dell’ambiente naturale e sociale” [6].  Siccome “l’uomo è un animale sociale” l’uomo è veramente uomo solo nella società; perciò: “La solidarietà sociale è la prima legge umana; la libertà è la seconda legge” [7].  Come può l’uomo vivere in società se ogni uomo è la propria legge? Per Bakunin, essendo la natura assoluta, l’ordine naturale è necessariamente l’ordine buono e vero, Ne consegue dunque che:

VIII. L’uomo primitivo, naturale, diventa un uomo libero, diventa umanizzato, un agente libero e morale; in altre parole, diventa consapevole della propria umanità e realizza in se stesso e per se stesso il proprio aspetto umano e i diritti dei suoi consimili. Di conseguenza l’uomo dovrebbe desiderare la libertà, moralità e umanità di tutti gli uomini nell’interesse della propria umanità, della propria moralità e della propria libertà personale.

IX. Pertanto il rispetto per la libertà degli altri è il dovere più alto dell’uomo. Amare questa libertà e servirla — questa è la sola virtù. È la base di ogni moralità, e non ce ne può essere un’altra.[8]

Se la natura è l’ordine ultimo, allora la Natura deve anche essere la fonte del vero ordine. La logica di Bakunin è corretta, per quanto le sue premesse siano false. Se lo stato è la reale manifestazione della legge naturale, allora lo stato è quell’ambiente dove l’uomo realizza la vera vita e la vera moralità. Se l’individuo è la vera espressione della Natura e della legge naturale, allora l’anarchismo dell’individuo, e una società d’anarchismo, rappresentano il vero ordine. Anarchismo e statalismo dunque sono stati due attori umanistici rivali richiedenti il diritto di rappresentare la legge naturale e pretendenti al possesso della signoria suprema. Bisognerebbe aggiungere che l’anarchismo non dà la terra all’individuo ma alla “società”, all’uomo naturale come gruppo sociale, talché il diritto di esproprio nell’anarchismo è generalmente esercitato dal gruppo, non dall’individuo.

In contrapposizione alle filosofie di legge naturale, la legge biblica dichiara la sovranità del Dio trino e il suo unico diritto di Dominium Eminens. Tutta la proprietà è tenuta in rapporto fiduciario e in amministrazione per Dio il Re. Nessuna istituzione può esercitare alcuna delle prerogative di Dio se non specificamente delegata a farlo, entro l’area specifica della legge di Dio. Lo stato pertanto è il ministero della giustizia, non il possessore originale della proprietà o il signore sovrano sul territorio. Di conseguenza lo stato non ha diritto di esproprio.

La cronica controversia umanistica tra statalismo e anarchismo non può essere risolta se non rigettando entrambe le alternative in favore del Dio trino e della sua legge soprannaturale.

Un punto finale: molti pur concedendo che il diritto di esproprio statalista o anarchista siano una minaccia comunque esitano a rigettare la dottrina statalista per ragioni tecnologiche. In quale altro modo, ci dicono, si possono costruire strade e controllare le onde radio? La risposta ad un problema tecnologico deve essere tecnologico, non una resa teologica. La tecnologia può, se liberata dal controllo statalista, rendere possibile l’uso simultaneo di varie lunghezze d’onda e di canali per radio e televisione. Senza il diritto d’esproprio si svilupperebbe un tipo diverso di società. Quello sviluppo è una questione tecnologica.

Note:

1 Per un’analisi del concetto di diritto d’esproprio, vedi R. J. Rushdoony: The Politics of Guilt and Pity, Sezione IV, capitolo 5. La discussione elaborata in quel capitolo non verrà ripetuta in questo.

2 Otto Gierke: Natural Law and the Theory of Society 1500 to 1800; Boston: Beacon Press, 1957, p. 40s.

3 Thomas C. Cochran and Wayne Andrews: Concise Dictionary of American History; New York: Charles Scribner’s Sons, 1962, p. 328.

4 10 Ruling Case Law

5 G. P. Maximoff, editore: The Politica PhilosophY of Bakunin: Scientific Anarchism; New York: The Free Press of Glencoe, 1964, p. 163.

6 Ibid. , p. 338.  7 Ibid., p. 339.  8 Ibid., p. 341.


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