INDICE:

Il Nono Comandamento

3. Il falso profeta

 

La falsa testimonianza che è vietata dal nono comandamento include una falsa testimonianza riguardo a Dio. In Deuteronomio 18:9-22 abbiamo, non solo una profezia della venuta di Cristo ma anche un banco di prova per i falsi profeti.

La legge comincia bandendo certe forme d’idolatria che sono “mezzi illegittimi per comunicare col mondo invisibile”[1]. Nessun trucco di magia e neppure alcun tipo di rituale può coartare Dio. Dio non rivela se stesso in risposta a rituali o riti, né fa prosperare l’uomo in risposta a doni od offerte. Anziché rivolgersi a queste “abominazioni” che portarono solo giudizio sui canaaniti (De. 18:12, 14), “Tu sarai integro davanti al Signore tuo Dio” (De. 18:13). Il commento di Rashi merita di essere citato: “Camminerai con lui in sincerità e lo aspetterai. Non cercherai di sapere il futuro. Ma qualsiasi cosa ti accada, prendila con semplicità, e allora tu sarai con Lui, e sarai la sua porzione”[2].

Ancora più importante, comunque, è il fatto che lo scopo di questi riti illegittimi sia la predizione, il desiderio di conoscere il futuro e di predirlo. In un senso molto centrale, il credente deve camminare per fede, non per visione. Predizioni e previsioni del futuro precise e personali gli sono precluse.

In un altro senso, però, la legge stessa è data come il mezzo di predizione ordinato da Dio per una nazione. Lo scopo centrale di Dauteronomio 27-31 è provvedere al popolo di Dio un vero strumento di predizione, e quello strumento di predizione è la legge. Se gli uomini disobbediscono la legge ne conseguono certe maledizioni; se obbediscono la legge ne risulta benedizione. Poiché la legge si occupa di predizione il popolo di Dio eviterà tutte le pretese illegittime alla stessa. L’unico principio di predizione è il potere e decreto sovrano di Dio; l’altro principio di predizione è il potere demonico che cerca di stabilire un concetto di potere e di controllo indipendente e rivoluzionario.

La legge fu data per mezzo di Mosè, ma i mezzi con cui fu data terrorizzarono gl’israeliti e li portò vicini alla presenza del giudizio. Perciò Dio susciterà un altro Profeta, un altro Mosè o legislatore: “E porrò le mie parole nella sua bocca ed egli dirà loro tutto ciò che io gli comando” (De. 18:18). Il Grande Profeta è pertanto dato nei termini della legge originale, e in qualità di legislatore. La chiave della relazione tra il Profeta e Mosè è la legge.

Sorgeranno falsi profeti che rappresenteranno un altro dio o potenza e perciò un’altra legge. La loro falsità sarà rivelata dalle loro false predizioni. Poiché il principio della vera predizione è la parola-legge di Dio, tutti i profeti, a culminare con Gesù Cristo, parlarono ispirati da Dio, nei termini di quella legge. Geremia, nel profetizzare la cattività, echeggiò la legge-predizione di Deuteronomio 27-31; poiché parlò anche per ispirazione di Dio potè dichiarare che la cattività sarebbe durata settant’anni (Gr. 25:11).

La chiave della questione è la legge. Dove non c’è legge, non c’è vera profezia, né un vero parlare per Dio, né vera predizione. Ogni qual volta e ovunque i cristiani siano diventati incuranti della legge sono stati facilmente e prontamente sviati da ciarlatani.

Un classico esempio fu Peregrino Proteo, un filosofo cinico che morì nel 165 d. C., ma che ha avuto sostenitori tra alcuni filosofi moderni e tra quelli della sua epoca, come Aulo Gellio. La carriera di Peregrino lo vide in molti luoghi, a Roma (dalla quale fu bandito per aver insultato l’imperatore Antonino Pio), ad Atene come insegnante, in Siria, dove fu imprigionato, e così via. Da giovane aveva vagato fino in Armenia, con risultati infelici, secondo Luciano:

Questa creazione e capolavoro della natura, questo canone di Policleto, non appena giunse in età, fu beccato in adulterio in Armenia e subì una sonora battuta ma infine saltò giù dal tetto e sfuggì, con una pianta di rafano che attutì la sua caduta. Poi corruppe un bel ragazzo e pagando tremila dracme ai genitori del giovane che erano poveri, riuscì ad evitare di essere portato davanti al governatore della provincia dell’Asia.

A tutto questo e a cose simili propongo di passare sopra perché era ancora creta senza forma e la nostra “sacra immagine” non era ancora giunta al suo culmine per noi. Ciò che fece a suo padre, comunque, è ben degno d’essere ascoltato; ma voi tutti lo conoscete — avete sentito di come strangolò l’anziano genitore, essendo incapace di tollerare che vivesse oltre i sessant’anni. Poi, quando l’affare cominciò a spargersi intorno, egli si condannò all’esilio da sé e cominciò a girovagare passando da una nazione all’altra [3].

Peregrino si diresse verso la Palestina e rapidamente si associò con vari cristiani antinomiani e divenne il loro “profeta, conduttore di culto, capo della sinagoga, e ogni altra cosa, tutto da sé”. Divenne per queste persone il loro nuovo signore: “Lo riverivano come un dio, lo utilizzarono come legislatore, lo stabilirono come protettore, accanto a quell’altro che per la verità essi ancora adorano, l’uomo che fu crocefisso in Palestina perché introdusse nel mondo questa nuova setta”. Giunse ad essere chiamato “il nuovo Socrate”[4].

Peregrino raccolse anche idee Hindu e generalmente si spacciò per una sorta di profeta universale.

Incarcerato in Siria, fu liberalmente aiutato da questi pseudo cristiani, e il governatore romano della provincia liberò Peregrino considerandolo un filosofo ingiustamente perseguitato.

Peregrino aveva adesso una sembianza professionale: portava i capelli lunghi, era coperto con un mantello sporco, “portava una sacca al fianco, il bastone in mano, e in generale aveva uno stile molto istrionico”5. Al ritorno a casa sua, una piccola città greca, vi trovò ostilità a motivo del suo assassinio del padre per l’eredità. Peregrino donò alla città la proprietà fondiaria ereditata e le accuse di omicidio furono lasciate cadere. La gente lo acclamava come “L’unico e solo filosofo! L’unico e solo patriota! L’unico e il solo rivale di Diogene e di Cratete!”. I suoi nemici furono messi a tacere e chiunque avesse provato a menzionare l’assassinio veniva immediatamente preso a sassate” [6].

Più tardi cominciò a essere discusso dal suo seguito pseudo cristiano, e cercò nuovi mondi da conquistare studiando sotto un famoso asceta pagano.

Successivamente andò via per la terza volta, in Egitto, per visitare Agatobulo, dove fece quel meraviglioso corso di addestramento in ascetismo, rasando metà del suo capo, imbrattando la faccia con fango e dimostrando ciò ch’essi chiamano “indifferenza” facendo comizi in mezzo a un accalcati assembramenti di astanti, oltre a dare e ricevere colpi sulle natiche con un gambo di finocchio, e facendo il saltimbanco anche più audacemente in molte altre maniere [7].

Successivamente andò a Roma, fu bandito, andò ad Atene, e di nuovo creò problemi. Infine, quando la sua reputazione stava crollando, escogitò un piano che attirò grande pubblicità: alle successive gare olimpiche, a un anno di distanza, si sarebbe bruciato sul fuoco. Peregrino fu di nuovo immediatamente all’apice della fama. Alcuni sostennero ch’egli sperasse che i suoi disegni sarebbero stati proibiti perché il luogo prescelto era un luogo sacro o vicino a uno. Peregrino stesso annunciò che sarebbe “diventato uno spirito guardiano della notte; è chiaro inoltre che concupiva gli altari e si aspettava di essere raffigurato in oro” [8]. Nel giorno indicato per il servizio funebre che precede la pira, Peregrino si presentò e, in un lungo discorso dichiarò: “Desidero beneficiare l’umanità dimostrando a tutti il modo in cui si dovrebbe disprezzare la morte”. Qualcuno gridò: “Preserva la tua vita per i greci!”, ma i più gridarono: “Compi il tuo proposito!” [9]. Quando le gare terminarono, alcuni giorni più tardi, Pregrino saltò dentro le fiamme; Luciano lo descrisse come “un uomo che (per farla breve) non fissò mai il suo sguardo sulle verità, ma ha sempre detto e fatto tutto con l’aspettativa della gloria e della lode della moltitudine, perfino al punto di saltare dentro al fuoco, quando era certo che non avrebbe goduto il plauso della gente perché non l’avrebbe udito” [10].

Il caso di Peregrino è stato citato con qualche dettaglio perché, nei circoli comuni, non è più controverso e perciò illustra facilmente il problema di capi religiosi antinomiani. Sono tutti, come Peregrino, prima di tutto, empi antinomiani. Possono esserci gradi di differenza nella loro moralità, ma il loro carattere basilare è lo stesso. Secondo, al posto di uno zelo per la parola di Dio, c’è uno zelo per la promozione del sé e la gloria personale.

Ci sono molti che rivendicano di possedere rivelazione speciale e una fresca parola di profezia. Così, una pubblicità del 1970 parlava della continuativa “campagna” di un “evangelista” il cui soggetto la domenica sera era “Gesù è entrato nella mia stanza e ha parlato con me a Gerusalemme” [11]. Può qualcuno immaginare san Paolo condurre una “campagna” simile?

Ad ogni modo, quelli che mancano d’insegnare l’intera parola di Dio non sono meno colpevoli d’essere falsi profeti. Coloro i quali trascurano la legge non hanno vangelo perché hanno negato la giustizia di Dio che è basilare per il vangelo.

La legge richiede la pena di morte per quelli che hanno “la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire o che parla in nome di altri dèi, quel profeta sarà messo a morte” (De. 18:20). Questa legge è in parte responsabile per le esecuzioni di eretici nell’epoca medievale e poi della Riforma, e queste esecuzioni sono ora duramente condannate. È chiaro che nella maggior parte dei casi queste esecuzioni implicavano altri presupposti. Inoltre, il punto di questa legge era stato frainteso. Spesso le eresie erano serie e le esecuzioni in qualche modo giustificate, ma la legge qui non tratta di eresie, o questioni dottrinali, per quanto siano importanti, ma di profezia predittiva nei termini di un dio e di una legge alieni o falsi. Tale profezia predittiva, come il sacrificio di bambini, stregoneria, magia e pratiche correlate descritte all’inizio di questa legge (De. 18:9-14), si fondavano su una fede anti-Dio, costituivano tradimento nei confronti della società, e rappresentavano un ordine giuridico alieno e rivoluzionario. Tollerarle è suicida.

Quelli che insegnano deliberatamente un ordine giuridico rivoluzionario sono dei traditori verso l’ordine giuridico esistente. Anche quelli che predicano una visione difettiva delle Scritture per cupidigia, avidità, o tendenze antinomiane sono traditori, ma non nello stesso senso o allo stesso grado.

Nessuna società può fare a meno di penalizzare quelli che variano dalla sua fede fondamentale. Le società marxiste mettono a morte quelli che variano dal suo dogma fondamentale o lo sfidano. Gli stati socialisti e democratici sono meno severi, ma comunque giustiziano traditori che diano aiuto e sostegno al nemico. I presupposti religiosi fondamentali di qualsiasi società o vengono difesi o la società perisce. In un ordine sociale cristiano, non sono le deviazioni ecclesiastiche a dover essere d’interesse civile ma piuttosto le sfide alla sua struttura giuridica. Permettere la rivoluzione è perire. Si deve tolleranza a differenze all’interno di un sistema giuridico, ma non a quelli che sono dedicati a rovesciare il sistema giuridico. Roma, nel perseguitare la chiesa primitiva, stava cercando di preservare il proprio ordine giuridico; l’imperatore vide la questione con chiarezza: Cristo o Cesare. Il loro presupposto morale e religioso era falso, ma la loro intelligenza civile era sana: o l’impero pagano o la chiesa — uno dei due doveva morire. Mancarono di vedere che l’impero stava già morendo e che la morte di cristiani non avrebbe salvato la vita di Roma che stava venendo meno. Fu la comprensione di questo fatto da parte di Costantino a portare al riconoscimento del cristianesimo.

La correlazione dei vari tipi di false predizioni (stregoneria, magia, spiritismo, ecc.) con la sovversione merita uno studio esteso. Non è una coincidenza che il Primo Maggio (la notte di Valpurga, tra il 30 aprile e il 1° maggio) l’antica festa del culto della fertilità delle streghe, sia stato ripetutamente un giorno di centrale importanza per i rivoluzionari, come testimoniano i marxisti. Gli avvocati anti-cristiani che lo celebrano come “giorno della legge” hanno in mente una legge anti-cristiana.


Note:

1 C. H. Waller, “Deuteronomy”, in Ellicott, II, 54.
2 Ibid.
3 Lucian, “The Passing of Peregrinus”, in Works of Lucian; Cambridge: Harvard, 1936, 1962, V, 11.

4 Ibid., p. 13.
5 Ibid., p. 17.
6 Ibid., p.19.
7 Ibid., p. 19 s.
8 Ibid., p. 31.
9 Ibid., p. 37 s.
10 Ibid., p. 47 s.
11 Los Angeles Herald Examiner, sabato, 21 febbraio, 1970, p. A-9.


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