INDICE:

Il Primo Comandamento

5.  La Legge come Potere (autorità) e Discriminazione

Il fatto del potere è inseparabile dalla legge. La legge non è legge se manca del potere di vincolare, di costringere, e di punire. Mentre è una fallacia definire la legge semplicemente come obbligo o coercizione, è un serio errore definire la legge senza riconoscere che la coercizione ne è alla base. Svuotare Dio del potere assoluto è negare che sia Dio. Separare il potere dalla legge è negarle la statura di legge. Il fatto che Dio ripetutamente identifichi se stesso nelle Scritture come “l’Onnipotente” (Ge. 17: 1, 35; Es. 6: 3; ecc.) è una parte della sua asserzione di totale sovranità e di qui proviene la sua chiamata all’obbedienza.

Il potere è un concetto religioso, e il dio o gli dèi di qualsiasi sistema di pensiero sono state le fonti del potere di quel sistema. Il monarca, o governante, ha un significato religioso precisamente a motivo del suo potere. Quando lo stato democratico prende il potere, anch’esso si arroga diritti e prerogative religiose. Poiché lo stato Marxista ha maggior potere, e reclama più potere degli altri stati contemporanei, il suo rigetto della cristianità è ancor più radicale: non può tollerare che il potere assoluto sia ascritto a un dio altro da se stesso. Il potere è custodito gelosamente nello stato anti-cristiano, e qualsiasi divisione di poteri nello stato, designati a limitarne il potere e prevenirne la concentrazione sono aspramente contestati.

La legge è potere applicato, altrimenti cessa di essere legge. La legge è più che potere, ma, senza la coercizione non c’è legge. Coloro i quali obbiettano l’elemento coercitivo della legge stanno di fatto obbiettando la legge, consapevolmente o inconsapevolmente. Lo scopo della legge è in parte quello d’essere un “terrore” per chi fa il male (Ro. 13:4); la parola “terrore” viene tradotta più dolcemente con timore nelle versioni moderne, ma l’intero tenore delle Scritture richiede l’elemento di timore quando l’uomo sta di fronte a Dio, e quando sta di fronte alla legge come uomo peccatore preda della propria anarchia. San Paolo rende chiaro, comunque, che l’autorità è ordinata da Dio: “Poiché non c’è autorità se non da Dio, e le autorità che esistono sono ordinate da Dio” (Ro.13: 1). Poiché Dio è l’autorità assoluta, tutte le autorità create e subordinate derivano il loro ufficio, potere, e autorità morale solo da Dio, e le devono esercitare solo nei suoi termini e sotto la sua giurisdizione o affronteranno il suo giudizio. Il detto di Lord Acton: “Il potere tende a corrompere, e il potere assoluto corrompe in modo assoluto”, è una mezza verità liberale e riflette illusioni liberali. Primo, non tutto il potere tende a corrompere. L’autorità di un pio marito e padre, per governare la propria famiglia, non lo corrompe; egli la esercita sotto Dio e nei termini della parola- legge di Dio. Anziché essere corrotto dal proprio potere, l’uomo pio e benedetto per mezzo di esso, e lo fa essere una benedizione per la sua famiglia e per la società. Un pio governante, che usi il suo potere prontamente per scopi legittimi e morali, fa prosperare la società sotto la sua autorità. I due mali che concernono il potere e il suo esercizio sono, da un lato il timore di usare il potere, e, dall’altro lato, l’uso immorale dello stesso. Entrambi questi mali sono largamente prevalenti in tutte le società umanistiche. Gli uomini che sono timorosi di usare il potere legittimamente e moralmente corrompono le loro famiglie e le loro società. Il mancato esercizio del potere dovuto riduce la società all’illegalità e all’anarchia. L’uso immorale del potere porta alla corruzione della società e alla soppressione della libertà, ma non è l’uso dell’autorità a causare questa decadenza, ma l’uso immorale di essa. Il potere non corrompe quando è usato propriamente, sotto Dio: benedice, fa prosperare, ordina e governa la società a suo vantaggio e benessere.

Secondo, se “il potere assoluto corrompe in modo assoluto”, allora Dio deve essere chiamato corrotto, perché Egli solamente possiede autorità assoluta. Ma Acton sbaglia: l’uomo non può avere potere assoluto. Può sforzarsi d’averlo, e lo sforzo è corrotto e corrompe la società, ma l’uomo rimane, con tutte le sue pretese, totalmente sotto l’assoluto potere di Dio.

Non solo ogni autorità è derivata da Dio e decretata dal suo potere assoluto, ma è anche determinata e vincolata dalla sua assoluta giustizia. La legge, perciò, è, quando è vera legge, non solo potere ma anche giustizia. In questo modo è un “terrore” per i malfattori ma è la sicurezza e la “lode” dei buoni cittadini. (Ro. 13: 2-5). Poiché la vera legge ha le proprie radici nel Dio sovrano, la stessa natura di ogni essere collabora per sostenerla. Come ha cantato Debora: “Dal cielo le stelle combatterono, dai loro percorsi combatterono contro Sisera” (Gc. 5: 20). La legge, o è giusta, o è anti-legge mascherata da legge. Il moderno positivismo giuridico, il Marxismo, e altre filosofie giuridiche sono pertanto esponenti dell’anti-legge, perché negano la legge come approssimazione di un ordine e verità ultimi e riconoscono solamente una dottrina umanistica della giurisprudenza. Se la legge è scollegata da giustizia e verità, conduce, da un lato all’anarchia e anomia di un mondo privo di significato, o, dall’altro, al totalitarismo di gruppo elitario che impone la propria relativa “verità” su altri uomini per mezzo della pura, amorale coercizione.

Ma alla legge è richiesto che sia un ministro di giustizia sotto Dio, e il magistrato “un ministro di Dio” (Ro. 13: 5-6). Questo concetto della legge come ministro di giustizia è oggi quasi completamente dimenticato, e, dove sia ricordato, è deriso. Ciò nonostante è il solo possibile fondamento per un ordinamento sociale giusto e prospero. La legge come ministero manca dell’arroganza dei teorici giuristi positivisti i quali non vedono alcuna legge o verità al di la di se stessi. Legge ministeriale è legge sotto Dio: le è richiesto d’avere un’umiltà che la legge positiva non può avere. I sostenitori del positivismo giuridico sono inclini ad accusare i cristiani di arroganza, ma il mondo non ha mai visto più spietata arroganza e orgoglio di quella manifestata dai relativisti, che siano della Grecia antica, del Rinascimento, o del ventesimo secolo.

Un altro aspetto della legge è implicito nella dichiarazione di san Paolo in Romani 13: 1-6: la legge è sempre discriminatoria. È impossibile sfuggire o evadere quest’aspetto della legge. Se la legge compie la sua funzione: stabilire la giustizia e proteggere gli uomini pii, ligi alla legge, allora la legge deve discriminare contro i trasgressori della legge e perseguire rigorosamente il loro giudizio. La legge non può favorire l’eguaglianza senza cessare d’essere legge: in ogni situazione, la legge definisce, in qualsiasi e in tutte le società, coloro i quali costituiscono i membri legittimi e i membri illegittimi della società. L’abolizione della legge non eliminerà l’ineguaglianza, perché il vero fatto della cruda sopravvivenza creerà una élite e stabilirà una fondamentale ineguaglianza.

La legge è stata spesso usata come preteso strumento per ottenere l’eguaglianza, ma tali tentativi rappresentano o auto-inganno o un tentativo d’inganno da parte del gruppo al potere.

I gruppi rivoluzionari dei “diritti civili” sono una fattispecie. Il loro obbiettivo non è l’uguaglianza ma il potere. Il sottofondo della cultura Negra è africano e magico, e gli scopi della magia sono il controllo e il potere su Dio, l’uomo, la natura e la società. Il voodoo, o magia, era la religione e la vita dei Neri Americani. Le canzoni voodoo sono all’origine del Jazz, e il vecchio voodoo, con la sua ricerca di potere, è stato meramente rimpiazzato con un voodoo rivoluzionario, una smania di potere modernizzata.1

La rivoluzione studentesca attacca le ineguaglianze tra studenti e facoltà, tra gli studenti e le autorità di governo, ma ha regolarmente rifiutato concessioni favorevoli in favore di più ampie richieste di potere. Lo scopo, fin dal principio, è il potere.

L’elenco potrebbe essere esteso senza fine. Lo scopo degli egalitari è sempre stato il potere, e l’eguaglianza è stata un argomento per solleticare la coscienza malata di un elemento di governo senza fede e di sicuro crollo.

la legge richiederà sempre l’ineguaglianza. La domanda è semplicemente questa: sarà un’ineguaglianza nei termini di una fondamentale giustizia, cioè il premiare il bene e il punire il male, o sarà l’ineguaglianza del trionfo dell’ingiustizia e del male?

Il comandamento: “Non avrai altri dèi davanti a me” richiede che non riconosciamo alcun potere come vero e in definiva legittimo se non è fondato in Dio e nella sua parola-legge. Richiede che vediamo la vera legge come giustizia, la giustizia di Dio, e come un servizio di giustizia, ed essa richiede il nostro riconoscimento che le ineguaglianze delle giuste leggi applicate fedelmente sono l’ingrediente basilare di una società libera e sana. Il corpo politico, non meno del corpo fisico, non può equiparare la malattia con la salute senza perire.

Il comandamento: “Non avrai altri dèi davanti a me”, significa pure: “Non avrai altre autorità davanti a me”, indipendenti da me o con priorità su di me. Il comandamento si potrebbe leggere anche così: “Non avrai altra legge davanti a me”. Le potenze che oggi più che mai si presentano come gli altri dèi sono gli stati anti-cristiani. Lo stato anti-cristiano vede se stesso come dio e pertanto vede se stesso come la scaturigine sia della legge sia del potere. Separatamente dalla prospettiva biblica, lo stato diventa un altro dio e, al posto della legge prevale la legalità

Questa devozione per la legalità ha una lunga storia nel mondo moderno. Louis Gohier, ministro della giustizia in Francia durante gli anni del Regno del Terrore, divenne noto come il “casista della ghigliottina” a motivo della sua dedicazione alla legalità. Più tardi, come membro del Direttorio, quando confrontato con la minaccia che napoleone prendesse il potere, dichiarò: “Al peggio, come ci potrà essere una rivoluzione a Saint Cloud? Come Presidente, io ho qui in mio possesso il sigillo della Repubblica”.2 Stalin operò il suo terrore continuato sotto l’ombrello della legalità.

Ma la legalità non è la legge. Uno stato può, mediante una stretta legalità, imbarcarsi in un percorso di radicale illegittimità. La legalità fa riferimento alle regole del gioco come stabilite dallo stato e dalle sue magistrature. La legge fa riferimento ad un ordine fondamentale dato da Dio. Lo stato moderno sostiene la legalità come strumento per contrapporsi alla legge. Il risultato è la legale distruzione della legge e dell’ordine.

Come conseguenza, lo stato, anziché essere un “terrore” per i malfattori, è un terrore progressivamente per la cittadinanza ligia alle leggi, alle persone giuste e pie. Delinquenti terrorizzano il paese con manifestazioni e violenze, e senza paura. In più, proprio come Roma aveva dichiarato guerra ai cristiani, così socialismo e comunismo, e progressivamente le democrazie sono in guerra contro la fede ortodossa o biblica. La conseguenza di tale diserzione dello stato dalla sua vocazione come ministro di giustizia può infine solamente essere la caduta dello stato. Lo stato che cessa d’essere un terrore ai malfattori e diventa un terrore ai pii sta commettendo suicidio.

Note:

1 Si veda, per il voodoo come sottofondo culturale del Jazz, Robert Tallant: Voodoo in New Orleans; New York, Collier Books, 1946, 1965.

2 Donald J. Goodspeed: Napoleon’s Eight Days; Boston Houghton Mifflin, 1965; pp. 53, 124s.


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