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48: Luce che splende nelle tenebre

Numeri 13-14

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In Giovanni 1 leggiamo: “In lui era la vita”. Colui a cui si fa riferimento, ovviamente, è la Parola che è dall’eternità, l’Angelo dell’Eterno, Colui che porta a compimento la comunione del patto di Dio. La vita di comunione con Dio era in Lui. E quella vita era la luce degli uomini. Questa luce, dunque, è la luce della grazia di Dio nella sua comunione (prima della Caduta la luce del favore di Dio). Questa luce splende nelle tenebre. Anche in Israele ci furono tenebre, e le tenebre non la compresero. Tuttavia, la luce non è vinta dalle tenebre.

Ciò che Giovanni dice è illustrato in questa storia. Ci furono solo poche persone in Israele che compresero la luce della comunione pattizia con Dio. Quella luce deve averli resi consapevoli della luce che risplendeva sulla terra di Canaan che era loro aperta. Ma se Canaan per loro non era altro che una terra in cui scorrevano latte e miele, allora per loro sarebbe stata chiusa. Quando si trattò della questione di Canaan, i cuori degli Israeliti non furono pronti per un coraggioso atto di fede perché non percepirono l’amicizia di Dio. In quell’amicizia nulla è impossibile.

Questa differenza sta anche alla radice delle differenze di opinione tra le spie. La maggior parte di esse vide Canaan come una terra che divorava i suoi abitanti. Siccome era inusualmente fertile, i vari gruppi di abitanti erano in continua lotta tra di loro per il suo possesso. E spesso erano attaccati da conquistatori esterni. Possedere quella terra era semplicemente troppo pericoloso.

Vivere in una terra così senza comunione con Dio è per certo una faccenda pericolosa. Perciò gli Israeliti increduli vollero tornare in Egitto. Giosuè e Caleb, però, sapevano che Dio avrebbe dato loro la terra e che la sua comunione avrebbe protetto la loro vita in quel luogo.

A questo punto viene naturale il pensiero del timore della chiesa a conquistare il mondo in favore di Cristo e di ereditare già il regno in principio. Per la chiesa, la cultura è spesso stata una terra che divora i suoi abitanti. Eppure è aperta per quelli che vedono la luce della comunione di Dio. Anche nella nostra epoca, intere generazioni muoiono nel deserto a causa della loro paura.

Poiché era adirato, Dio disse a Mosè che avrebbe distrutto il popolo. Dietro a quell’ira, però, rimaneva il suo sempiterno favore, per amore di Cristo e per amore del suo patto. Mosè fece appello al patto e allora Dio mostrò di nuovo la sua benevolenza, che all’inizio era nascosta dalla sua ira. La sua ira era completamente reale ed era diretta contro tutti i pensieri della carne. Quei pensieri della carne saranno cancellati, ma il popolo sarà salvato.

Però questa generazione sarebbe morta nel deserto. Nel contesto di questo giudizio, Dio dichiarò che tutta la terra sarebbe stata riempita con la gloria del Signore. Nella distruzione della generazione presente, tutti i popoli sarebbero stati resi edotti che ogni carne merita la morte e che la salvezza dell’umanità è frutto della gratuita misericordia di Dio.

          Concetto principale: La luce risplende nelle tenebre, e le tenebre
non l’hanno compresa.

          Due punti di vista. Il popolo d’Israele aveva attraversato il grande deserto di Paran. Una volta che raggiunsero Kadesh, furono vicini ai confini di Canaan. Perciò il popolo chiese a Mosè che mandasse avanti alcuni uomini a spiare la terra e il Signore gli ordinò di ottemperare. Ciascuna tribù mandò uno dei suoi uomini più importanti, un totale di dodici spie.

Al comando di Mosè attraversarono tutta la terra da Sud verso Nord e ritorno. Scoprirono che Canaan era una terra estremamente fertile con città pesantemente fortificate. In un’area c’erano giganti.

Quando le spie tornarono al campo fecero rapporto a Mosè e al popolo che si radunò attorno a loro. Palarono della fertilità della terra. Come prova mostrarono delle melagrane che avevano portato con loro e un grappolo d’uva che era stato trasportato su una stanga da due uomini. Ma parlarono anche delle città fortificate e dei giganti figli di Anak.

Questa relazione impaurì il popolo, che è quello che la maggior parte delle spie avevano inteso ottenere perché avevano paura essi stessi. Non avevano guardato alla terra con un occhio a Dio che avrebbe concesso loro la sua comunione lì. Avevano invece ignorato la promessa di Dio mentre esaminavano la terra. Ecco perché giunsero alla conclusione che la terra non poteva essere conquistata, e la maggioranza del popolo la vedeva in questo modo. Molti di loro erano concentrati non sulla comunione con Dio ma con la fertilità del suolo. Come la vedevano loro Canaan era un paese che non potevano penetrare.

Due delle spie, Caleb e l’aiutante di Mosè, Giosuè, avevano guardato la terra da un diverso punto di vista, ovvero alla luce della promessa di Dio. L’avevano percorsa vedendola come loro futuro possesso nel nome di Dio. Per questi il paese era lì aperto per loro ed essi credettero che Dio li avrebbe per certo fatti prendere possesso. Ciò che vediamo dipende da come guardiamo le cose. Se guardiamo con occhi di fede, niente ci è impossibile, ma senza fede niente è realmente possibile.

Caleb cercò di placare la bufera che stava montando, parlando dalla sua fede, ma alcune altre spie lo interruppero: “Noi non saremo capaci di conquistare Canaan. E anche so lo facessimo, non saremmo in grado di mantenerci lì perché molti popoli vogliono conquistare quel paese a motivo della sua estrema fertilità. Questa è la ragione per cui la gente lì vive in città così fortificate. Solo dei giganti, come i figli di Anak, ai cui occhi noi siamo come cavallette, possono mantenersi in quella terra”.

A causa di questo modo di ragionare, la paura ebbe la meglio tra il popolo. La paura è sempre l’opposto della fede. La fede non aveva introdotto i cuori degli Israeliti in Canaan e perciò non vi potevano entrare.

          Tumulto. La relazione delle spie causò un grande putiferio tra il popolo. Accusarono Dio di averli portati nel deserto con le loro mogli e i loro figli per farli perire. Volevano perfino sostituire Mosè, che si schierò col Signore, con un altro capo che li riportasse in Egitto.

Mosè e Aaronne furono inorriditi. Temendo l’ira del Signore, caddero sulla loro faccia davanti all’assemblea del popolo. Quali sviluppi ci sarebbero stati? Magari il Signore avrebbe distrutto tutto il popolo lì radunato in un solo momento di furia? Giosuè e Caleb si stracciarono le vesti e invitarono il popolo a credere la Parola del Signore. Al posto della paura proposero la fede: “Questi popoli di Canaan sono come un solo boccone per noi! Li divoreremo! La loro ombra, la loro protezione, lo scudo di sicurezza che sta sopra le loro teste sarà loro tolto perché il Signore li ha dati nelle nostre mani”. Questo è il modo in cui la fede vede le cose.

Ma l’incantesimo di paura mantenne strette le briglie sul popolo che voleva lapidare Giosuè e Caleb. A questo punto la gloria del Signore apparve nella sua dimora. Ecco il Dio del patto che mise il terrore sul suo popolo. Non era apparso per niente. Se siamo in comunione con Dio non dobbiamo avere paura perché la paura diventa un’abominazione.

          Il nome del Signore. Il Signore rivelò a Mosè la sua ira. Se non fosse stato per il suo progetto, il Signore non avrebbe avuto altra scelta che distruggere questo popolo. Disse a Mosè: “Rifiutano di credere la mia Parola malgrado molti segni. Li colpirò di peste e li distruggerò. Poi farò di te una grande nazione al posto loro”.

Ma Israele aveva un mediatore nel quale c’era lo Spirito del Signore Gesù Cristo, il nostro Mediatore. Questo mediatore, Mosè, intercedette a nome del popolo. Dopo tutto bisognava ancora prendere in considerazione il patto e la promessa di Dio. Ma se nessuno afferrava la promessa in fede patto e promessa non avrebbe potuto essere compiuti. Mosè fu colui che afferrò la promessa in questo momento critico.

Come stanno andando le promesse di Dio oggi, visto che così spesso le dimentichiamo nella nostra mancanza di fede? Il nostro Mediatore in cielo si aggrappa a quelle promesse e questa è la ragione per cui vengono compiute.

Mosè supplicò: “Gli Egiziani e tutte le nazioni sanno cosa hai fatto per noi. Hanno anche saputo che tu dimori in mezzo a questo popolo e ti fai vedere faccia a faccia, che ti sei dato a noi qui e che noi godiamo una meravigliosa amicizia con te. Se questo popolo dovesse perire ora, direbbero tutti che nemmeno questa amicizia poteva portarci dentro Canaan. Sicuramente la comunione della grazia di Dio è capace di compiere qualsiasi cosa! È capace perfino di vincere l’incredulità. In più, al Sinai tu hai proclamato il tuo nome alle mie orecchie dicendo che per certo non avresti lasciato impunito il colpevole. Ma prima ancora hai detto che sei paziente e abbondi di duraturo amore, che perdoni iniquità e peccati. Non sei forse il Dio del patto, Colui che prende sempre l’iniziativa? La tua punizione non può essere retribuzione o vendetta. Dovrebbe invece essere un mezzo per disciplinare il tuo popolo”.

In risposta a questa preghiera d’intercessione il Signore rivelò che nella sua ira sarebbe stato misericordioso per amore della sua Parola e pertanto avrebbe perdonato nuovamente il suo popolo. Il suo popolo sarebbe entrato in Canaan, ma un gruppo particolare di adulti, no. Tutti quelli che avevano vent’anni o più li avrebbe disciplinati lasciandoli morire nel deserto. La generazione successiva avrebbe ereditato Canaan. Gli Israeliti avrebbero girovagato per il deserto per 40 anni proprio come le spie avevano girovagato 40 giorni attraverso il paese. Quelli che avevano più di vent’anni avrebbero terminato la loro vita ma non avrebbero visto Canaan. I loro figli, che avevano temuto sarebbero stati loro rapiti dai canaaniti, sarebbero entrati nel paese.

Dio avrebbe usato questo giudizio per glorificare il suo nome su tutta la terra perché avrebbe dimostrato a tutti i popoli che nessuno è degno di entrare nel paese della comunione con Dio. Solo la grazia di Dio, che supera qualsiasi ostacolo, ci porta lì. Siccome questi Israeliti sono periti nel deserto, il nome di Dio è stato glorificato anche per noi. Anche noi stanchiamo il Signore con la nostra incredulità. Se solo vedessimo la potenza della gratuita compassione di Dio e ci affidassimo ad essa! Solo quella resa può darci il coraggio di combattere contro il nemico. La terra è un dono di Dio, ma anche il coraggio di entrarvi lo è. Se solo vedessimo che tutto scaturisce da Lui!

          Il paese è chiuso per gli Israeliti. Mosè dovette portare questo messaggio al popolo. Il Signore aveva fatto eccezione solo per Giosuè e Caleb. Quando il popolo udì ciò che il Signore aveva decretato fece gran cordoglio.

Quella notte pensarono qualcosa. Non erano ancora pronti a sottomettersi alla Parola del Signore. Chi può sapere cosa il Signore avrebbe fatto per aiutarli se avessero obbedito e portato la loro croce in fede? Ma erano trattenuti delle loro stesse paure. Perciò durante la notte prese corpo un piano. Anziché ritornare nel deserto la mattina dopo, come il Signore aveva loro ordinato di fare, si prepararono per la battaglia intendendo prendere le alture in cui vivevano gli Amalekiti e i Canaaniti. Ancora una volta stavano andando per la loro strada.

Mosè cercò di ammonirli, chiedendo loro cosa sarebbero riusciti a fare contro i loro nemici senza la Parola del Signore, senza la sua comunione, senza fede. Insistettero nel procedere comunque, benché Mosè e l’arca non andasse con loro.

Che banda di sconsiderati! Ecco che andarono, nella loro forza. Ma furono attaccati e sconfitti dagli Amalekiti e dai canaaniti che li rincorsero fino a Hormah. Così la terra rimase chiusa per loro. Si apre solo per la Parola del Signore e la nostra fede in essa.


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