INDICE:

Giuseppe e Giuda

31. Venduto per venti pezzi d’argento

Genesi 37-38

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All’inizio di Genesi 37 si legge: “Questa è la storia delle generazioni di Giacobbe”. Genesi ci aveva detto in precedenza che Giacobbe era tornato alla tenda di suo padre Isacco dopo aver passato molto tempo in Haran. Ma ora che Isacco era morto, Giacobbe era il patriarca. Tuttavia, i prossimi capitoli di Genesi sono collocati sotto l’intestazione “Giuseppe e Giuda”. La stessa cosa era avvenuta con Isacco: la storia della famiglia di Isacco è la storia di Esaù e Giacobbe. La forma usata dalle Scritture è di parlare principalmente del patriarca a venire mentre il vecchio patriarca è ancora vivo. È come se le Scritture si affrettassero da una generazione alla successiva. La storia affretta verso la nascita del Cristo.

A questo punto nella narrazione della Genesi, i primi quattro figli di Lea (Ruben, Simeone, Levi, e Giuda) diventano prominenti assieme a Giuseppe il figlio di Rachele. È evidente che la lotta tra Lea e Rachele proseguiva. Quella lotta fu combattuta anche in secoli successivi, nell’opposizione tra Giuda ed Efraim.

Non possiamo dire che Giuseppe sia la figura dominante dell’ultima parte di Genesi. In Genesi 38 ci è raccontato della storia di Giuda, ovvero della vergogna di Giuda — ma anche della nascita di suo figlio dalla cui linea sarebbe nato il Cristo. In più, Giuda fu quello che implorò che Giuseppe fosse venduto piuttosto che ucciso. La storia di Giuda alla fine vira verso il meglio: dà al padre la garanzia della sicurezza di beniamino. Tutte quelle storie terminano con la benedizione di Giuda da parte di Giacobbe: “Giuda, tu sei l’Uno!”

Il Cristo sarebbe nato dalla linea di Giuda. Tuttavia durante questo periodo non fu Giuda a capeggiare la casa di Giacobbe e con ciò tipizzare il Cristo. Ci fu vergogna su tutti quei figli di Lea. La luce è puntata pienamente su Giuseppe, il figlio di Rachele. Di conseguenza è chiaro che il Cristo non sarebbe nato dalla linea di Giuda a motivo di qualche merito intrinseco da parte di Giuda. Infatti è proprio il contrario: Giuda divenne il più grande dei figli di Giacobbe perché il Cristo cominciò a prevalere in lui. Prima dell’ascesa di Giuda, quello senza pari fu il figlio di Rachele, il quale tipizzò il Cristo per un tempo.

I sogni di Giuseppe ebbero assai probabilmente a che vedere con l’opposizione che c’era nella tenda di Giacobbe tra Lea e Rachele. Rachele era morta, e Beniamino ancora non contava nulla. Così, Giuseppe si ergeva da solo contro i potenti figli di Lea— fatta eccezione per il fatto che era il favorito di suo padre. Perciò è significativo che ci sia detto in Genesi 37:2 che mentre era ancora un ragazzo, fu assegnato ad assistere i figli di Bilha e Zilpa. A causa della gelosia tra Lea e Rachele, Giacobbe non si fidava di affidare Giuseppe ai figli di Lea.

La rivelazione nei sogni di Giuseppe era collegata con la lotta nella sua mente. Che ci fosse rivelazione in quei sogni non deve essere negato: la luce di Dio stava risplendendo nella tenda di Giacobbe. I sogni rappresentarono la più recente luce speciale. Però, Giuseppe ricevette e comunicò quella rivelazione con troppa impazienza. Nel procedimento, la sua gelosia e il suo orgoglio come figlio di Rachele finì mescolato con la luce divina.

Non è necessario raccontare ai bambini ogni dettaglio registrato in Genesi 38. Tuttavia i punti salienti devono essere portati alla loro attenzione.

Quando trattiamo questi capitoli, l’enfasi non dovrebbe cadere esclusivamente su Giuseppe altrimenti sembrerà che Giuseppe fosse senza pari in sé stesso. Giuseppe retrocede sullo sfondo davanti a Giuda.

          Concetto Principale: Giuseppe è bandito dalla comunità affinché un
                                                   giorno la possa salvare.

          La rivelazione di Dio nei sogni di Giacobbe. Rachele era morta, e Giacobbe era ritornato alla tenda di Isacco. I figli di Giacobbe erano cresciuti e stavano pascendo le mandrie da soli. Un tempo c’era stata gelosia tra Lea e Rachele, ed ora c’erano cattivi sentimenti tra i figli di Lea e Giuseppe, il figlio di Rachele. Giuseppe era ancora giovane, solo diciassettenne.

La gelosia da parte dei figli di Lea fu aggravata dallo speciale amore che Giacobbe aveva per Giuseppe. Era come se Giacobbe stesse ora dando a Giuseppe quell’amore speciale che aveva avuto per Rachele. Non provava nemmeno a nasconderlo! Diede a Giuseppe una veste speciale che ebbe l’effetto di collocarlo sopra ai suoi fratelli. In una casa normale, ogni figlio ha un posto speciale nel cuore di suo padre. Non dovrebbe esserci nemmeno l’idea di un padre che favorisca un figlio a scapito degli altri.

C’era gelosia anche nel cuore di Giuseppe. La gelosia da ambo le parti era così forte che Giacobbe non si fidava di affidare Giuseppe ai figli di Lea. Lo assegnò invece ad aiutare i figli di Bilha e di Zilpa nel pascere le loro greggi.

È evidente che la moralità dei figli di Giacobbe era diventata sempre più scabrosa. Dopo esser vissuti così tanto tempo vicino ai Canaaniti avevano adottato le loro vie e cercato la loro compagnia.

Giuseppe riportò a Giacobbe le voci delle malefatte dei suoi fratelli. Lo Spirito di Cristo nel cuore di Giuseppe stava protestando contro quel mescolamento della santa linea con i Canaaniti; nella protesta di Giuseppe, lo Spirito del Signore  stava testimoniando contro i figli di Giacobbe. Tuttavia, anche il peccato d’orgoglio di Giuseppe e la sua gelosia erano implicati in ciò che disse dei suoi fratelli.

In quel combattimento tra Giuseppe e i suoi fratelli, il Signore mandò la sua luce. Si rivelò a Giuseppe in un sogno: i covoni dei suoi fratelli s’inchinavano al suo covone. In un altro sogno, il sole, la luna e undici stelle s’inchinavano a lui. Giuseppe raccontò questi sogni a suo padre e ai suoi fratelli.

Le speranze di Giuseppe gli rendevano facile assumere che Dio si stesse rivelando in quei sogni. Era sua speranza che Dio gli affidasse la conduzione della casa di suo padre, in modo che egli la potesse guidare nella giustizia. Ma questa speranza risultava anche in parte dalla gelosia.

I fratelli di Giuseppe furono fortemente irritati da quei sogni. Come risultato cominciarono ad odiarlo e cominciarono a non salutarlo più. Rigettarono non solo il dominio di Giuseppe ma anche il governo di giustizia e la luce di Dio nella rivelazione data a Giuseppe.

Giacobbe fu allarmato da quei sogni. Era disturbato dal pensiero della leadership di Giuseppe — specialmente dal fatto che lui e Lea dovessero inchinarsi davanti a Giuseppe. Eppure, nel corso della sua vita aveva scoperto di prima mano quanto le vie di Dio siano a volte sorprendenti. Perciò rimase aperto di mente.

Anche la signoria di Cristo, l’uomo più disprezzato di tutta la terra, è sorprendente. Ciò nonostante, tutti dovremo inchinarci davanti a lui. Dio è libero nella sua elezione e sceglie Colui che vuole come Redentore. Noi dovremo riconoscere che c’è luce solo nel Cristo.

          L’eliminazione di Giuseppe. Un certo giorno, i fratelli di Giuseppe erano fuori nei campi a pascere il gregge. Giacobbe aveva tenuto Giuseppe a casa con sé, apparentemente più preoccupato di sempre per la sua sicurezza. Tuttavia lo mandò dai suoi fratelli per sincerarsi che stessero bene.

Dopo una lunga ricerca, Giuseppe li trovò a Dothan. Lo videro arrivare da lontano e decisero di ucciderlo e gettarlo in un pozzo, concordando che avrebbero detto a Giacobbe che Giuseppe era stato divorato da qualche animale. Solo Ruben rifiutò nel suo cuore di procedere con quel piano — ma non perché si fosse chinato davanti alla rivelazione di Dio nei sogni di Giuseppe, o davanti all’elezione di Giuseppe da parte di Dio o davanti alla punizione per tutti loro che quell’elezione implicava. Se si fosse inchinato alla volontà di Dio avrebbe rigettato totalmente il progetto dei fratelli e li avrebbe rimproverati di averlo pensato. Era contrario al piano solo perché non osava prendere la responsabilità come fratello maggiore. Perciò suggerì ai fratelli di non uccidere Giuseppe ma di gettarlo invece nel pozzo. Lì sarebbe morto comunque, ma i fratelli avrebbero potuto affermare di non avergli tolto la vita con le loro mani. Ruben intendeva salvare il fratello segretamente più tardi.

I fratelli fecero come Ruben aveva consigliato. Dopo che ebbero gettato Giuseppe nella cisterna si sedettero a mangiare. Gli uomini che erano stati pronti ad uccidere Giuseppe con le loro mani mostrarono la loro completa indifferenza alla sua sofferenza mangiando pacificamente. La loro malvagità era radicata non solo nell’odio verso il loro fratello ma anche nel loro disprezzo nei suoi confronti come credente. Odiavano Giuseppe come testimone di Dio perché Dio aveva parlato per mezzo di Giuseppe.

Com’era decaduta la linea santa!  Che cosa orribile da accadersi nel circolo pattizio! Quando il Signore Gesù Cristo testimonia contro la nostra vita, la nostra carne lo odia per averlo fatto. Cosa sarebbe dovuto accadere ai figli di Giacobbe prima che riconoscessero di nuovo l’elezione di Dio e la sua grazia in quell’elezione?

Mentre stavano mangiando videro una carovana di Ismaeliti o Madianiti provenire da Gilead diretta verso l’Egitto. (I popoli che erano discesi dagli altri figli di Abrahamo come gli Ismaeliti e i Madianiti si sposavano tra di loro nel Nord dell’Arabia.) A quel punto a Giuda venne l’idea di vendere Giuseppe a questi mercanti. Disse che non c’era bisogno di uccidere Giuseppe, perché avrebbero ottenuto l’effetto voluto senza questo passo: Giuseppe sarebbe sparito dalla casa di loro padre per sempre.

Era come se il Maligno stesso li avesse guidati. Il vero obbiettivo che stavano perseguendo era liberarsi del testimone di Dio. Se fossero riusciti completamente nel loro intento avrebbero finito col distruggere l’intero circolo pattizio. Quanto dev’essere grande la grazia di Dio se può vincere una tale attitudine!

I fratelli ascoltarono il consiglio di Giuda: Giuseppe fu venduto per venti pezzi d’argento. Non si curarono del suo pianto. Giuseppe, assunsero, era bandito per sempre dal loro circolo. Non avrebbero potuto sapere che l’eliminazione di Giuseppe di mezzo a loro era opera di Dio e che un giorno sarebbe servita a preservare la loro comunità — non solo nell’impedire che la sua famiglie morisse di fame ma anche volgendoli di nuovo verso la Parola del Signore e l’uno verso l’altro. Allo stesso modo, il Cristo fu venduto e bandito dalla comunità del suo popolo perché potesse salvare il suo popolo.

          Tenebre nella tenda di Giacobbe. Quando Ruben ritornò alla cisterna dopo che i suoi fratelli se n’erano andati, non trovò lì Giuseppe. È evidente che non era stato presente quando Giuseppe era stato venduto. Dopo che fu informato di ciò che era accaduto, Ruben rimproverò i fratelli per il loro crimine — non perché stesse dalla parte della Parola di Dio ma perché non aveva il coraggio di guardare suo padre negli occhi e dirgli che Giuseppe era morto.

I fratelli non avevano dato ai mercanti la veste speciale di Giuseppe. La intrisero di sangue e la mostrarono a Giacobbe come prova che Giuseppe era stato ucciso da una bestia feroce. Dissero di aver trovato la veste ma di non aver visto Giuseppe. In quel modo Giacobbe non avrebbe mai potuto incolparli per ciò che era accaduto a Giuseppe. Quella veste di Giuseppe, che era simbolo del suo posto speciale nel cuore di suo padre, esercitò un ruolo peculiare in questa storia. Era come se l’odio dei fratelli fosse concentrato su quella veste. Giuseppe era stato fatto a pezzi dell’odio dei suoi fratelli per il suo dominio nella grazia.

Quando gli fu mostrata la veste sporca di sangue, Giacobbe si convinse che Giuseppe era morto. Si stracciò le vesti e fece lutto per molto tempo. I suoi figli ipocriti cercarono di consolarlo, ma Giacobbe rifiutò di essere consolato. La gioia era sparita dalla sua vita.

Peggio ancora, i membri del patto avevano rigettato la testimonianza di Dio, il Cristo, il Capo del patto. Poiché quella luce se n’era andata dalla tenda di Giacobbe, una completa tenebra vi discese. Come sarebbe mai ritornata quella luce nella casa di Giacobbe?

          Vergogna e onore di Giuda. Come avrebbe potuto essere preservata la fede e la comunione nel circolo pattizio se quel circolo viveva nelle tenebre? Divenne presto evidente che la famiglia di Giacobbe stava scadendo in basso. Giuda si ritirò dalla compagnia dei suoi fratelli e si associò coi Canaaniti. Sposò perfino una donna Canaanita ed ebbe da lei tre figli.

I peccati dei Canaaniti ebbero talmente la meglio nella famiglia di Giuda al punto che Dio colpì i suoi due figli più vecchi. Perfino Giuda stesso cadde preda della perversità Canaanita. Attraverso il suo peccato divenne padre di due gemelli, Peres e Zerah. In questo modo la linea di Giuda sembrò perdere completamente il suo carattere santo. La casa di Giuda sarebbe forse stata completamente soffocata nella vita dei Canaaniti?

Le vie di Dio sono meravigliose! Dalla linea di Perez sarebbe più tardi nato il Cristo, benché Giuda non se ne sia reso conto quando i gemelli vennero al mondo. Giuda fu scelto per diventare un progenitore del Cristo, ma non a motivo di qualche virtù o buona condotta. Al contrario, a quel tempo lo Spirito del Signore risiedeva molto di più in Giuseppe.

Giuda fu scelto semplicemente perché questo era il beneplacito di Dio. Nemmeno i grandi peccati nella vita di Giuda riuscirono a bloccare la sua elezione. Quando Dio ci sceglie per essere uniti al Signore Gesù Cristo e a ereditare la salvezza, non è per la nostra superiorità ma a motivo del  suo beneplacito. Successivamente, Lo Spirito del Cristo fu manifestato in Giuda e nella sua progenie, quando Dio portò Giuda in primo piano. In lui e nei suoi discendenti c’era la Luce. Giuda divenne la speranza di Israele, e Giuseppe è receduto sullo sfondo.


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