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Nel deserto

45. La vocazione di Israele

Numeri 9:15-10:36

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Con questa storia comincia il viaggio attraverso il deserto. Poiché il Signore aveva chiamato Israele a salire e prendere possesso di Canaan, il popolo aveva una santa vocazione da perseguire. Per questa ragione Mosè poteva dire: “Sorgi, o Signore, e siano dispersi i tuoi nemici, e fuggano davanti alla tua presenza quelli che ti odiano!” E quando l’arca veniva posata, diceva: “Torna, o Signore, alle miriadi di migliaia d’Israele!”

Dovremmo essere cauti nel tracciare paragoni tra questo viaggio nel deserto di Israele e la vita della chiesa sulla terra. Canaan, la terra ove la grazia regna, era nel futuro di Israele ma per la chiesa oggi, il regno di Dio non è puramente futuro. Ora tutte le cose vivono sotto il regno della grazia. In principio, Canaan è già qui, seppur il peccato è ancora potente. Il nostro continuo contatto col peccato tutto intorno a noi e dentro di noi rende la vita un deserto. Perciò possiamo parlare di un “salire”, di un pellegrinaggio a Canaan. La chiesa non conosce riposo finché non sia giunta al luogo ove la grazia ha pieno potere. Pertanto la chiesa fa il proprio cammino in una santa vocazione, combattendo per il dominio.

La nuvola del Signore controllava il viaggio, con gli Israeliti che si fidavano completamente dell’Angelo dell’Eterno che andava davanti a loro. La vocazione di Israele si trovava in quella colonna di nuvola, nella rivelazione della comunione pattizia di Dio nell’Angelo dell’Eterno.

Infatti, Canaan non era solamente la terra ove scorrevano latte e miele ma la terra ove il Signore avrebbe dimorato in mezzo al suo popolo. Lì tutti i benefici sarebbero stati prove del suo favore e il suo popolo avrebbe sperimentato il suo incrollabile amore, la sua fedeltà pattizia.

Anche la nostra vocazione si trova in Dio stesso, nella sua comunione pattizia. Questa comunione è altresì la nostra promessa. Per il popolo di Dio, vocazione e promessa si uniscono in Lui. Questo è l’approccio che Mosè assunse con Hobab, suo cognato, quando gli spiegò della vocazione e della promessa.

L’Angelo dell’Eterno, ora fattosi carne, ci precede. Nel nostro combattimento qui sulla terra, la nostra vocazione e promessa è di possedere la comunione di Dio in Lui. La cadenza del nostro combattuto pellegrinaggio sulla terra è determinato da questo obbiettivo. Dobbiamo cercare di aiutare i fanciulli a comprendere qualcosa di questa guida dell’Angelo, tanto nella storia che nel presente.

          Concetto principale: Guidato dall’Angelo dell’Eterno, Israele si avvia
                                                   in una santa vocazione.

          La resa alla guida dell’Angelo dell’Eterno. Esattamente un anno dopo aver lasciato l’Egitto gli Israeliti avevano eretto il loro tabernacolo. A metà del primo mese celebrarono la pasqua per la seconda volta. Ricordarono il loro esodo miracoloso e resero grazie al Signore. Ora il viaggio attraverso il deserto poteva cominciare. Si parte per Canaan!

Per gli Israeliti credenti, la terra di Canaan non era solo una terra ove scorreva latte e miele; era la terra ove il Signore avrebbe meravigliosamente dimorato in mezzo al suo popolo. In quella terra il Signore avrebbe dato al suo popolo il suo favore e la sua comunione in misura doppia. Questa promessa era come una vocazione per i credenti che per questo non vedevano l’ora di cominciare il viaggio. Il Signore stava già dimorando tra di loro in un modo meraviglioso. Come sarebbe stato quando avrebbero ottenuto la prova del suo favore nella ricca abbondanza di quella fertile terra?

Tuttavia, dovevano attendere il segno dal Signore. Ogniqualvolta la colonna di nuvola si alzava, potevano andare avanti, ma quando la nuvola si posava sul tabernacolo dovevano rimanere dov’erano. Come devono aver guardato a quella nuvola con impazienza quando stavano aspettando! Quanto sembrava lunga quell’attesa! Il Signore li teneva nello stesso posto. Allo stesso tempo, temo che ci siano state volte in cui pensavano di dover viaggiare troppo velocemente, volte in cui dovettero avanzare quasi senza riposo.

Solo il Signore sapeva come dovevano andare le cose; stava guidando il suo popolo mediante queste fermate e partenze: li stava mettendo alla prova. Dopo tutto, il loro obbiettivo ultimo non era né ereditare quella ricca terra né vivere una vita pacifica nel deserto ma sperimentare la comunione di Dio in quella terra. E quella comunione poteva essere ricevuta solo sottomettendosi a Lui in fede. Nel deserto avrebbe dovuto essere un diletto seguire Lui, e poi sarebbe stato anche un diletto godere la comunione con Lui in Canaan. Il Signore avrebbe sempre dovuto essere il loro tutto.

Se il popolo avesse proseguito obbedientemente sarebbe stato anche coinvolto col Signore mentre aspettava nel deserto — attendendo il suo servizio nel santuario, adorandolo e aspettandolo. Durante i periodi di riposo, il popolo cercò di conoscere la gloria del suo servizio e notò come desiderasse rivelarsi a loro.

Se il Signore è ciò che vogliamo, allora dobbiamo sottometterci a Lui in fede. Dobbiamo sottometterci volontariamente alla guida dell’Angelo dell’Eterno, cioè del Signore Gesù Cristo, che già ci offre la comunione di Dio. Sotto la sua guida dobbiamo disporci a combattere il peccato. Lungo tutta la nostra vita guardiamo a Lui per vedere cosa ci voglia rivelare di sé.

          Il suono delle trombe. A Mosè fu pure comandato di fare due trombe d’argento e assicurarsi che fossero suonate in certune occasioni. Se suonava una tomba dovevano radunarsi gli anziani e i principi del popolo, se suonavano ambedue doveva radunarsi tutto il popolo.

Il suono delle trombe superava il frastuono del campo: il Signore chiamava il popolo a incontrarsi con Lui!  Nel suono delle trombe risuonava sul popolo un che di esultanza per la grazia di Dio e la sua gioia che  copriva tutti gli altri rumori della vita.

Quel suono è ancora lì, se solo lo possiamo sentire. È lì nella predicazione del vangelo, specialmente a domenica in chiesa. Quel suono si fa udire — a quelli che sono in grado di udire — al di sopra del trambusto che c’è nel mondo.

Ogniqualvolta Israele peccava, però, c’era una minaccia in quel suono. Allora l’Israele credente doveva capire che anche nella sua ira Dio era misericordioso e castigava il suo popolo per purificarli. Quello è il modo in cui il vangelo avanza oggi.

In altre occasioni il suono era diverso. Allora una scossa attraversava il campo, una scossa di sorpresa per i credenti: era tempo dimettersi in cammino, di ereditare la terra e di strapparla dalle mani dei nemici del Signore. Nello stesso modo il vangelo ci chiama alla battaglia e ci convoca a ereditare il Regno.

          Il trasporto della sacra dimora. Quando il popolo avanzava dietro la nuvola, l’arca del patto procedeva in testa all’esercito. Poi seguivano tre tribù sotto il comando di Giuda. Dietro di loro c’erano due rami della tribù di Levi che portavano il tabernacolo. Seguivano tre tribù sotto il comando di Ruben. Poi veniva il terzo ramo dei Leviti con gli oggetti sacri del tabernacolo. Questi erano seguiti da tre tribù sotto il comando di Efraim. Alla fine della processione marciavano le ultime tre tribù sotto il comando di Dan. In questo modo i due rami dei Leviti potevano erigere il tabernacolo e farlo trovare pronto quando arrivava il terzo ramo con gli utensili.

Questo è il modo in cui gli Israeliti trasportarono sempre la sacra dimora di Dio in mezzo a loro. I Leviti credenti devono aver trasportato il tabernacolo in uno spirito di santità e reverenza perché era il possedimento a loro più caro, il segno della comunione del Signore con loro. Le tribù venivano predisposte in questo modo quando viaggiavano. Inoltre, quando si accampavano per un certo periodo lo facevano in un certo modo attorno al tabernacolo. La dimora di Dio era il centro della loro vita comune.

La presenza di quel luogo di dimora era meravigliosa ma il popolo di Dio oggi gode di un privilegio ancor più glorioso: il Signore, mediante il suo Spirito santo, si compiace di dimorare nel cuore degli appartenenti al suo popolo. Quella è la vera ricchezza di vita! Il nostro atteggiamento verso questo santo dimorare in noi deve essere uno di santa reverenza. Non dobbiamo contristare lo Spirito del Signore.

          Trasmettere la vocazione. A quanto pare, Jethro, il suocero di Mosè, se n’era già andato, ma il cognato di Mosè Hobab era ancora con lui. Quando gli Israeliti furono pronti a partire, Mosè gli disse: “Stiamo andando al luogo che il Signore ha promesso di darci. Vieni con noi e condividi la nostra prosperità perché il Signore ha promesso di essere buono verso Israele. Come esultava Mosè! “Noi erediteremo la salvezza del Signore nella sua terra! Vieni con noi!”

Se abbiamo visto la salvezza del Signore, se crediamo in essa, se siamo stati afferrati da essa, non possiamo restare zitti. Dobbiamo trasmettere la vocazione che abbiamo ricevuto: “Guarda cosa ci sta aspettando! Vieni con noi!”

Dapprima Hobab non voleva andare con loro. Non era ancora pronto a tagliare i legami con la sua famiglia e la sua terra perché aveva una collocazione ben definita in esse. Ma Mosè gli disse: “Tu hai un posto in mezzo a noi, e una vocazione ben chiara. Siccome conosci così bene il deserto puoi mostrarci dove si trovano i pozzi e i pascoli in modo che noi sapremo dove erigere il nostro accampamento. Pertanto tu puoi essere i nostri occhi nel deserto. E per il beneficio di questa vocazione sarai coronato di onore dal Signore. Noi saremo buoni verso di te a nome suo”. All’udire questo il cuore di Hobab fu conquistato. Udì la chiamata del Signore e rimase, decidendo di andare con Israele nel suo lungo viaggio.

Noi possiamo dire alle persone che incontriamo: “Ascolta la chiamata del Signore. Anche tu devi avere un posto nel popolo di Dio. Unisciti a noi nella battaglia contro il peccato ed eredita il Regno con noi”. Questa chiamata deve radiare da noi nel nostro entusiasmo. Allora Dio ci darà anche delle persone che andranno con noi e serviranno la chiesa del Signore.

          Da deserto a deserto. Il ventesimo giorno del secondo mese del secondo anno la nuvola finalmente si alzò dal tabernacolo.  Il suono della tromba fu udito in tutto il campo e la marcia cominciò. Gli Israeliti viaggiarono per tre giorni, riposando di notte, finché giunsero in un luogo ove si accamparono per un periodo un poco più lungo. Erano passati dal deserto del Sinai al deserto di Paran.

Fu un viaggio da un deserto ad un altro. Qui in Paran il deserto era effettivamente arido. Se non avessero seguito il Signore e non si fossero accampati dove Egli comandò loro (via la colonna di nuvola), il terrore del deserto li avrebbe sicuramente sopraffatti. Fortunatamente stavano procedendo in una santa vocazione — ereditare una terra ove Dio avrebbe dimorato in mezzo a loro. Sapendolo, ogni volta che era ora che l’arca si mettesse in marcia, Mosè gridava: “Sorgi, o Signore, e siano dispersi i tuoi nemici, e fuggano davanti alla tua presenza quelli che ti odiano!” E ogni volta in cui l’arca si fermava, diceva: “Torna, o Signore, alle miriadi di migliaia d’Israele!”

Il Signore era sempre lì, o andava davanti a loro o si fermava in mezzo a loro. Dovrebbe essere così anche per noi, e lo sarà, se solo crediamo. Dio è in mezzo a noi nel Signore Gesù Cristo e in noi per mezzo del suo Spirito.


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