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23. Carne e spirito

Genesi 25:19-34

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In questo segmento della narrativa biblica, viene chiaramente alla ribalta la lotta tra la carne e lo spirito. Questa lotta non è solo un conflitto tra Esaù e Giacobbe. La lotta era già presente in Rebecca. Lei voleva un figlio ma allo stesso tempo voleva portare il figlio della promessa. Questa lotta era presente anche in Isacco. La carne ebbe la preminenza nella sua speciale attrazione verso Esaù. Talvolta la fede di Isacco cadde pericolosamente in basso.

Quella lotta era controllata dalla chiamata di Dio che è radicata nell’elezione divina. La Parola di Dio fu pronunciata sui figli nella rivelazione fatta a Rebecca prima della loro nascita: le fu detto che il maggiore avrebbe servito il minore. Con questa chiamata radicata nell’elezione entrò una divisione nella vita dell’umanità. Questo portò alla lotta tra la carne e lo spirito.

Il Cristo è l’Unico veramente chiamato. Pertanto è spirito. La carne ha sempre combattuto contro di lui come vediamo quando consideriamo la storia del popolo di Dio. La lotta fu particolarmente acuta sul Golgotha.

Giacobbe e Rebecca si sottomisero alla chiamata di Dio. Nella misura in cui lo fecero lo spirito aveva trionfato in loro. Tuttavia anche la carne era all’opera in loro come vediamo dai mezzi che usarono per conseguire la chiamata.

Benché Giacobbe avesse comperato il diritto di primogenitura non osò mai rivendicarlo. Poiché aveva ottenuto la promessa in modo peccaminoso aveva diffamato la promessa stessa. Allo stesso tempo sperò di venirne fuori con mezzi mondani. Solo più tardi la sua vita fu purificata dall’uso di tali mezzi.

Abrahamo era ancora vivo quando nacquero Esaù e Giacobbe. La loro nascita, in quanto ulteriore passo verso il compimento della promessa deve avergli fatto un mondo di bene. Tuttavia la storia dei gemelli è realmente parte della storia di Isacco. Come capo della sua famiglia, agì in proprio quando pregò per la progenie promessa. Per il resto Isacco assunse un’attitudine passiva. Di tutti i patriarchi la sua fede fu la più debole. Egli è rilevante come tipo del Cristo principalmente  per il fatto che avrebbe dovuto essere sacrificato da suo padre Abrahamo.

          Concetto principale: Nel circolo pattizio la chiamata di Dio risveglia la
                                                  lotta tra carne e spirito.

          La profezia sui due figli. Isacco e Rebecca erano stati sposati per molti anni ma il Signore non aveva dato loro nessun bambino. Il figlio della promessa che un giorno sarebbe nato da loro sarebbe stato un figlio che avrebbero aspettato dal Signore: sarebbe stato un dono di Dio.

Agognavano avere un figlio, specialmente Rebecca. Volevano essere ricchi in posterità, ma desideravano un figlio in primo luogo perché sarebbe stato il figlio della promessa, dalla cui discendenza sarebbe nato il Redentore. Così, realmente agognavano il Cristo, benché abbiano anche messo in evidenza un certo egoismo nel loro desiderio.

Siccome il Signore ritardava il compimento del loro desiderio, Rebecca sollecitò che pregassero insieme per un figlio. Lo fecero e il Signore ascoltò la loro preghiera.

Il Signore informò Rebecca che stava avendo due gemelli. Rebecca aveva chiesto al Signore una rivelazione perché aveva paura. Voleva sicuramente un figlio, ma cosa sarebbe successo se la vita di quel figlio avesse avuto effetti distruttivi? In quel caso avrebbe preferito non averlo!

Il Signore ora le disse che dal suo seno sarebbero emersi due figli e che ci sarebbe stata sicuramente una lotta tra loro. Il Signore profetizzò perfino il risultato: il più forte sarebbe stato vinto dal più debole.

Ciò poteva significare solamente che il Signore sarebbe stato dalla parte del più debole e si sarebbe volto contro il più forte. Questo deve aver preoccupato Rebecca. I suoi due figli sarebbero stati impegnati in una lotta e il Signore si sarebbe schierato con uno di loro. In questo modo il Redentore sarebbe nato dal più debole che sarebbe stato il figlio della promessa. Il più forte avrebbe combattuto contro il Redentore e rigettato la promessa.

Che tremenda prospettiva dovette contemplare Rebecca! È sempre orribile per genitori credenti vedere che non tutti i loro figli sono uniti in comunione col Signore. Lo seguiranno solo quelli che il Signore chiama e che quindi danno ascolto a quella chiamata.

          La differenza tra i due. Proprio come il Signore aveva predetto nacquero due figli. Chiamarono il primo Esaù, che significa il peloso. Chiamarono il secondo Giacobbe, che significa che tiene il calcagno, perché alla nascita teneva stretto il tallone di suo fratello Esaù. Questi nomi contenevano una profezia riguardo la vita dei due ragazzi. Esaù divenne l’uomo della forza bruta mentre c’era un che d’astuto e di subdolo nel carattere di Giacobbe. Quando crebbero Esaù divenne un cacciatore, un uomo campestre. Giacobbe era più pantofolaio, uno che non si allontanava dalle tende.

Isacco era orgoglioso del suo figlio maggiore, di quello forte. Isacco non era forte lui stesso e perciò la forza di suo figlio lo entusiasmava e affascinava. In più amava il gusto della selvaggina che spesso Esaù preparava per lui. Che abbia mai pensato alla profezia che il più forte sarebbe stato sottoposto al più debole? La sua fede ora diminuì. Nella sua predilezione per Esaù permise a se stesso di essere guidato completamente dalla propria preferenza.

Quella preferenza deve aver avuto una cattiva influenza su Esaù. In parte a causa dell’attitudine di Isacco Esaù si gloriava della propria forza e non sapeva cosa fosse inchinarsi in fede al Signore. Divenne sprezzante della promessa del Redentore, assumendo di poter attraversare la vita con le proprie forze.

Rebecca preferiva Giacobbe. In parte si trattava di una preferenza egoistica: come madre si sentiva attratta verso il figlio amante della casa. Tuttavia, diversamente da Isacco, stava agendo sulla base della profezia. Dopo tutto il più debole sarebbe stato il figlio della promessa.

Deve aver sicuramente rivelato quella promessa a Giacobbe. Che pericolo quello fu per il ragazzo! Giacobbe accettò la promessa in fede e lottò tutta la sua vita per la relativa benedizione.  Si gloriò di quella promessa speciale ma cercò di ottenerla nel modo sbagliato.

Il fatto è che non era lui il primogenito. La prima e principale promessa apparteneva ad Esaù. Ma come avrebbe Giacobbe avuto parte nella benedizione della promessa? Avrebbe dovuto fidarsi della conduzione del Signore, ma non lo fece.

È possibile per noi essere figli di Dio e tuttavia usare la promessa in modo completamente sbagliato. Non dovremmo mai cercare il nostro proprio bene, dovremmo invece essere servitori di tutti per amore di Dio.

          La vendita della primogenitura. Un giorno Esaù tornò dai campi e trovò Giacobbe che stava cuocendo dello stufato. Completamente esausto, Esaù disse: “dammi un piatto di quella rossa pietanza che hai lì”. Per questa ragione viene spesso chiamato Edom, che significa rosso.

Giacobbe vide l’occasione d’oro e subito replicò: “Vendimi la tua primogenitura”. Esaù era stanco morto e nel suo cuore era indifferente alla promessa fatta ad Abrahamo e Isacco. “Se non mangio subito qualcosa morirò comunque, che bene potrebbe quindi farmi quella primogenitura?” La cosa più importante per Esaù era vivere la vita a modo suo. La promessa del Redentore aveva per lui poco valore.

Per essere sicuro che Esaù non avrebbe cambiato idea Giacobbe gli chiese di confermare la vendita della primogenitura con un giuramento. Nella sua indifferenza Esaù aderì, giurando il suo disprezzo per la promessa del Signore.

Giacobbe poi gli diede del pane e dello stufato che Esaù divorò velocemente. Presto si rialzò e andò per la sua strada. Dimenticò quella transazione perché non aveva per lui alcun significato. Esaù disprezzò la sua primogenitura e con essa la promessa del Redentore.

Apparentemente Giacobbe invece non riusciva a dimenticare la promessa. Però voleva ereditarla non per amore di Dio ma per amore di se stesso. Perciò cercò di comperarla — come se la grazia del Signore fosse in vendita! L’affare che aveva fatto con Esaù non aveva peso sul suo possesso finale della promessa. La transazione servì solo a mettere in mostra la sua natura ingannatrice.

Ciò nonostante, in questa storia Esaù e Giacobbe sono contrapposti come quello che disprezzò la promessa e quello che l’accettò in fede. Questo è il modo in cui i non-credenti differiscono sempre dai credenti che si stringono alla promessa. L’incredulità non è più bramosa di ricevere il Cristo, che è il compimento della promessa, di quanto Esaù fosse ansioso di aggrapparsi alla sua primogenitura. Fede e incredulità sono ancora avvinghiate in una lotta oggi nel mondo. Da che parte stai in quella lotta? La vittoria appartiene al Cristo, che fu chiamato da Dio, e ai credenti che sono chiamati  da lui ancora oggi.

Ma i credenti devono lottare anche con i peccati in loro. Nello stesso credente c’è molto che si oppone al Cristo, molto che potrebbe portalo a perdere la benedizione della promessa. I credenti non devono mai cercare il loro bene. Con tutto ciò che hanno ricevuto devono servire il Signore e l’un l’altro.


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