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26. La primazia di Dio nel patto

 

Genesi 28:10-22

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Giacobbe aveva ricevuto la benedizione di Abrahamo ma Dio non si era ancora rivelato a lui personalmente. Inoltre, quando Giacobbe lasciò la tenda di suo padre la sua coscienza deve averlo turbato terribilmente circa il modo in cui aveva ricevuto quella benedizione. C’era qualcosa che si frapponeva tra Dio e Giacobbe, lui non era stato riconosciuto direttamente dal Signore come colui sul quale si posava la benedizione.

Se teniamo questo in mente, il significato dell’episodio di Bethel diventa evidente. A Bethel Dio riconobbe Giacobbe come il portatore della benedizione e gli concesse la sua amicizia per amore di Cristo. Questo riconoscimento avvenne ancor prima che le cose tra Dio e Giacobbe venissero sistemate molti anni più tardi a Peniel. Qui, ancora una volta, Dio mostrò che Lui prende l’iniziativa nel patto. Era perfino disposto a trascurare temporaneamente il peccato di Giacobbe.

Giacobbe avrà pensato di venire lui per primo e di avere lui cercato Dio allungando la mano per cogliere la benedizione, ma ora imparò che è Dio a prendere l’iniziativa. Questo concetto gli fu bene impresso anche mediante il fatto che la promessa gli giunse mentre era addormentato. Giacobbe non fu attivamente coinvolto nell’incontro tra lui e Dio. Gli fu reso chiaro senza possibilità di contraddittorio che la garanzia del patto è radicata esclusivamente nella fedeltà di Dio. Quando il Signore riconobbe Giacobbe come erede della promessa gli assicurò che sarebbe sempre stato accanto a lui.

Dopo che Dio gli era apparso in sogno, Giacobbe chiamò il luogo dove aveva dormito “un luogo santo”, la porta del cielo. Identificò la rivelazione di grazia del Signore con quel luogo (Bethel) che ebbe per lui un significato speciale anche successivamente nella sua vita. Allo stesso modo la rivelazione per grazia di Dio fu più tardi legata a Gerusalemme e al tempio.

Bethel e Gerusalemme trovano il loro compimento nel Cristo nel quale la rivelazione della grazia di Dio è completa. Tuttavia quella rivelazione della grazia fu identificata più strettamente con Giacobbe —come colui che era benedetto dal Signore e come un tipo del Cristo — che con Bethel. Da Giacobbe gli angeli salivano a Dio portandogli la vita e i bisogni di Giacobbe, ma anche discendevano a Giacobbe portandogli la grazia e l’amore di Dio. Ci fu intima comunione pattizia tra Dio e Giacobbe; Giacobbe diede se stesso al Signore perché il Signore aveva dato se stesso a Giacobbe e avrebbe continuato a farlo nel futuro. Così Giacobbe fu senza dubbio un tipo del Cristo, il quale gode di perfetta comunione con Dio. Fortunatamente, Cristo ci permette di partecipare in quella comunione.

Quando Giacobbe unse la pietra e la eresse in fede come segno, accettava la promessa di Dio. Quell’azione da parte sua non deve essere identificata con le unzioni idolatriche in uso tra i pagani. Quando Giacobbe unse la pietra a Bethel stava consacrando Bethel come il luogo ove Dio si era rivelato. Al tempo di Giacobbe e lungo tutto il periodo del Vecchio Testamento, la rivelazione era ancora legata ad un luogo particolare. In Cristo possiamo ora adorare il Padre dovunque. Eppure lo adoriamo ancora sulla terra. In questo modo la fede non è separata dalla terra.

La consacrazione di Bethel fu una profezia che un giorno la terra intera sarebbe stata consacrata come casa di Dio. Questo è avvenuto in principio quando lo Spirito santo è stato sparso.

Quando Giacobbe dichiarò: “Se DIO sarà con me e mi proteggerà durante questo viaggio che faccio, se mi darà pane da mangiare e vesti da coprirmi, e ritornerò alla casa di mio padre in pace, allora l’Eterno sarà il mio DIO” non stava dettando le condizioni per consacrare la sua vita a Dio. Se avesse pensato in termini di condizioni sarebbe stato chiaro che Giacobbe non aveva accettato la promessa del Signore a Bethel in fede. Visse nella convinzione che il Signore avrebbe sicuramente fatto ciò che aveva promesso. Perciò la sua resa al Signore fu genuina. Con questo giuramento accettò la promessa del Signore in fede.

          Concetto principale: Come Colui che prende l’iniziativa nel patto,
                                                   il Signore offre la sua comunione ai suoi.

          Lontano dal circolo pattizio. Giacobbe fece ciò che suo padre gli aveva detto di fare. Andò a Paddan-Aram (Haran) per trovarsi una moglie. La vera ragione per la sua partenza, però, era il peccato col quale aveva ottenuto la benedizione. Ora doveva separarsi dal circolo pattizio. Quando sarebbe stato in grado di tornare?

Aveva ricevuto la benedizione, certo, ma il Signore non gli era mai apparso personalmente. Cosa significava per lui il Signore, specialmente adesso che aveva peccato? Per certo Giacobbe aveva rincorso quella benedizione, ma ne era interessato solo per amore del Signore stesso? Questo fatto sarebbe stato acclarato soltanto mediante un incontro col Signore. O il Signore gli avrebbe voltato le spalle a causa del suo peccato? In ogni caso, deve essersi sentito abbandonato, bandito dal circolo pattizio.

Tutte queste domande, che devono aver intasato il cuore di Giacobbe, ricevettero risposta quando il Signore si rivelò a lui. In quel primo incontro, il Signore rese chiaro che malgrado Giacobbe avesse ricevuto la benedizione nel modo sbagliato, era veramente sua. Il Signore a quel punto si legò a Giacobbe in modo che non si sentisse solo mentre andava sempre più lontano dal circolo pattizio.

Il Signore potè formare questo legame col peccatore Giacobbe solo per amore di Cristo. Si legò a Giacobbe in una misura tale che temporaneamente trascurò il peccato che Giacobbe aveva commesso, dandogli la promessa senza castigarlo. Fortunatamente, le nostre vite sono preservate dalla fedeltà pattizia di Dio — non dalla nostra fedeltà.

         La scala di Giacobbe. La sera del primo giorno del suo viaggio, Giacobbe si coricò sotto le stelle. Usò una pietra come guanciale. In un sogno, quella notte, vide una scala tra cielo e terra. Gli angeli di Dio salivano e scendevano per quella scala e il Signore stava proprio alla sommità. In questo sogno il Signore disse a Giacobbe di essere il Dio di suo padre Abrahamo e di Isacco. Ora voleva esserlo anche di Giacobbe. Da quel momento in poi il Signore sarebbe stato legato a Giacobbe e Giacobbe sarebbe stato legato al Signore. Ci sarebbe stata una continua comunione tra il Signore e Giacobbe. Questa comunione fu simboleggiata dalla scala nel sogno: gli angeli salivano per portare al Signore la vita e la consacrazione del cuore di Giacobbe e scendevano a a dichiarare su Giacobbe la benedizione del Signore.

Una tale meravigliosa comunione non può propriamente esistere tra Dio e un essere umano peccatore: è possibile solo tra Dio e l’Uomo Gesù Cristo, che fu obbediente a Dio in tutte le cose. Per amore di Cristo, la comunione con Dio goduta da Giacobbe è ora a nostra disposizione – se crediamo nel Cristo che ha fatto espiazione per la nostra ribellione.

Con la propria voce, Dio ripetè a Giacobbe la promessa fatta ad Abrahamo. Dio gli avrebbe dato il paese e numerosi discendenti. In quella progenie sarebbero state benedette tutte le famiglie della terra. Con un occhio al viaggio che Giacobbe stava appena cominciando, un viaggio che lo avrebbe portato lontano dal circolo pattizio, Dio promise di accompagnare Giacobbe e di portarlo indietro alla sua terra.

Dio si rivelò a Giacobbe mentre dormiva, facendogli promesse meravigliose. In quella condizione Giacobbe non poteva fare altro che ascoltare ciò che Dio stava promettendo. Fortunatamente, la promessa e il patto di Dio  non dipendono dal nostro consenso o dalle nostre opere. Provengono da Dio che ci arricchisce per mezzo di esse. La reazione che si aspetta da noi è la fede.

          La porta del cielo. Quando Giacobbe si svegliò quel mattino, disse: “Certamente l’Eterno è in questo luogo,  e io non lo sapevo”. Giacobbe era stupito che il Signore lo avesse cercato in quel modo e gli avesse concesso questa comunione, cosa che superava la sua immaginazione. La grazia di Dio va sempre oltre le nostra aspettative.

Giacobbe era anche ripieno di timore, non nel senso di terrore ma un santo timore di fronte alla meravigliosa grazia di Dio. “Come è tremendo questo luogo!” disse. “Questa non è altro che la casa di Dio, e questa è la porta del cielo! Dio vive qui e io ho avuto il privilegio di comunicare con lui qui”.

Quel posto divenne un luogo molto speciale per Giacobbe, un luogo che più tardi nella sua vita avrebbe avuto un ruolo speciale. Per lui era santo perché lì Dio si era relazionato con lui per la prima volta. Anche quando Israele divenne nazione, ci fu un luogo speciale ove Dio desiderava comunicare col suo popolo, un luogo come questa porta del cielo, ovvero il tabernacolo (e successivamente il tempio).

Noi non abbiamo più tali luoghi sacri perché il significato di quei luoghi è stato compiuto nel Signore Gesù Cristo. Ora lui è la nostra porta del cielo, il nostro ingresso a Dio. Eppure, nel Signore Gesù Cristo vediamo la grazia di Dio come qualcosa di così infinitamente elevato e infinitamente profondo che a volte siamo riempiti di santo tremore davanti alla gloria di quella rivelazione della sua grazia.

          Il giuramento. Giacobbe poi eresse la pietra che gli era servita di guanciale e vi versò sopra dell’olio. Da quel momento in poi la pietra sarebbe stata un simbolo di ciò che Dio gli aveva promesso e anche del suo aver accettato la promessa, la sua fede che Dio gli avrebbe realmente dato quel paese nel quale lui e la sua progenie avrebbero servito il Signore.

Sul luogo della pietra Giacobbe fece una solenne promessa: Se il Signore lo avesse riportato indietro alla casa di suo padre in pace, lui avrebbe servito il Signore come proprio Dio. Quella pietra sarebbe stata per lui come un tempio, a ricordargli che doveva dare al Signore la decima di tutto ciò che avrebbe ricevuto. Avrebbe inoltre adorato Dio in quel luogo.

Quando Giacobbe promise di servire il Signore se il Signore lo avrebbe riportato indietro in pace, non stava dettando una condizione. Egli credeva al di là di ogni dubbio che il Signore lo avrebbe effettivamente riportato indietro e che avrebbe quindi offerto in quel paese la sua vita al Signore. Dando al Signore la decima dimostrava che arrendeva la sua intera vita al Signore.

Per Giacobbe, quel luogo santo era un simbolo che rappresentava l’intero paese. Voleva che l’intero paese fosse una terra santa nella quale il Signore era servito. Quella Bethel (ovvero casa di Dio) segnava tutto il paese come una Bethel.

Noi che viviamo dopo l’ascensione di Cristo vediamo in quel nome un significato ancora più ampio: abbiamo imparato a vedere la terra intera come una Bethel nella quale serviamo il Signore. Tutta la terra può diventare una Bethel perché il Signore vi ha versato il suo Spirito. Siccome abbiamo lo Spirito, possiamo servire il Signore ovunque sulla terra. Dopo il rinnovamento di cielo e terra, la terra sarà una Bethel nel pieno senso della parola perché allora Dio dimorerà tra gli uomini per sempre.


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