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59: Adorare il nome del Signore

Daniele 6

Gerusalemme era stata presa e il tempio distrutto. Il luogo di culto divinamente stabilito era stato profanato. L’adorazione del nome del Signore  sarebbe ora cessata completamente? Questa era la questione principale in questa lotta a Babilonia, non la sicurezza di Daniele o il suo potere sul regno.

Immaginate cosa sarebbe successo se i nemici di Daniele avessero vinto, se le preghiere a Dio fossero davvero cessate per 30 giorni. L’esistenza del mondo sarebbe allora diventata impossibile perché il mondo può esistere solo per questo vincolo di preghiera tra cielo e terra.

In questa storia il Cristo ci è rivelato immediatamente. Gesù pregò nella notte e nell’ora delle tenebre quando nessuno più poteva pregare. Nello stesso modo pregò sulla croce. Lì il Cristo continuò l’adorazione del nome del Signore. Nella forza del Cristo, anche Daniele riuscì a pregare opponendosi alla proibizione del re.

Quando presentiamo questa storia ai giovani non possiamo parlare solo di Daniele della sua fedeltà e della ricompensa ultima. Questo è chiaro anche dalle seguenti considerazioni: non è possibile dire che Dio salverà tutti i credenti da tutti i pericoli e dalle angosce temporali proprio come fece con Daniele. Potrebbe essere stata volontà di Dio lasciar morire Daniele. Pensate a quanti sono morti per la loro fede! Perché doveva essere rivelato che il mondo non può esistere senza il legame della preghiera, il Signore decise di salvare Daniele. Quella fu la sola ragione per salvare Daniele. Se è ancillare all’onore del suo nome Dio ci salverà nell’ora del nostro periglio.

È vero, ovviamente, che Dio ama i suoi figli, ma li ama per amore di se stesso. Nella sua grazia, egli spesso collega l’onore del suo nome con la salvaguardia dei suoi nel mondo. Daniele, nella sua esaltazione, è un tipo del Cristo nella sua.

Per i pagani non c’erano problemi che le preghiere dovessero essere indirizzate a nessun altro che al re per 30 giorni. In quanto discendente degli dèi, il re era il rappresentante della divinità. Quando la gente smise di pregare per un periodo ai loro dèi nazionali, l’assoluto dominio dell’impero persiano fu confermato.

Il re era ovviamente un debole che si lasciava strumentalizzare dai suoi grandi. A quanto pare aveva speso l’energia della sua vita in baldorie e ubriachezze. Per una notte si astenne.

L’irrevocabilità della legge dei medi e dei persiani era chiaramente l’orgoglio del suo regno, ma era anche la sua povertà. Anche da questa storia è chiaro che le leggi promulgate in quel regno spesso opprimevano la vita delle persone. La regola in vigore lì era: giustizia deve essere fatta anche se il mondo perisse. Mediante la croce di Gesù Cristo impariamo: sia fatta giustizia affinché il mondo sia salvato. Cristo ha adempiuto la richiesta della legge in modo che la giustizia possa essere di nuovo lo spirito per cui viviamo.

          Concetto principale: Sulla terra è mantenuta l’adorazione
del nome
del Signore.

          Il complotto. Gerusalemme era di fatto stata presa e il tempio distrutto. Il luogo di culto divinamente stabilito era stato profanato. Ma i credenti pregavano al Signore anche in cattività. Il legame di preghiera tra cielo e terra non era stato spezzato. Ma è esattamente ciò che i nemici volevano fare: spezzare quel legame.

Quando fu fatta la transizione tra il dominio babilonese e l’impero mondiale dei medi e dei persiani, il re riorganizzò il regno: sul regno furono posti 120 governatori (satrapi) e su questi governatori furono posti tre presidenti. Daniele era uno di questi. Daniele era stato riccamente dotato dallo Spirito del Signore, non solo in fede e dono di profezia ma anche con grande sapienza. Perciò eccelse e presto eclissò gli altri due. Il re stava perfino considerando di porre Daniele a capo dell’intero regno. A quel punto il re sarebbe stato sollevato da qualsiasi responsabilità e avrebbe potuto vivere solo per i propri piaceri.

A questo punto gli altri due presidenti e i governatori divennero molto gelosi. Ma non erano motivato solo da gelosia. C’era anche inimicizia verso i giudei, quello strano popolo che era solo nel godere il privilegio d’essere incluso nel patto di Dio. Questa inimicizia nei confronti dei giudei era di fatto inimicizia nei confronti del loro Dio. A motivo di questa inimicizia, questi capi non volevano che Daniele detenesse la posizione più elevata nel regno.

Tenevano Daniele d’occhio e conferivano spesso tra di loro, ma non potevano trovare nella sua condotta qualcosa di cui accusarlo. Decisero  che l’unico modo per cui potevano liberarsi di Daniele era portare le leggi del regno in conflitto con le leggi del suo Dio. In quel caso sarebbe stato fedele a Dio.

Fu facilmente trovata un’occasione per tale conflitto. Insieme i due presidenti e i governatori andarono dal re e proposero che emanasse una legge che per 30 giorni non potesse essere fatta preghiera se non al re. (In quella cultura il re era il rappresentante della divinità.) Questa unità in preghiera serviva lo scopo di consolidare il regno.

Questo decreto doveva essere promulgato come una legge dei medi e dei persiani che non poteva essere mutata. In questo modo i fautori dell’intrallazzo volevano usare le leggi di quel regno per fare a Daniele la massima ingiustizia. Quelle leggi spesso servivano a rovinare la vita. Le leggi del regno di Dio, invece, la preservano.

Supponiamo che la legge fosse stata obbedita, Supponiamo che per 30 giorni nessuno avesse pregato al Signore. Allora il popolo di Dio e il mondo intero non avrebbero più potuto esistere. Il popolo di Dio vive mediante la preghiera ed è per la preghiera che il mondo intero trova la sua sicurezza. Era pertanto essenziale che questo complotto dei nemici del popolo di Dio non potesse riuscire. Che sarebbe stato se la preghiera sulla terra fosse realmente cessata? Fortunatamente il mondo non può stare zitto circa il nome di Dio, indipendentemente da quanto la gente ci provi, anche oggi.

          La preghiera di Daniele. Daniele seppe del decreto del re: chiunque avesse trasgredito l’ordine del re sarebbe stato gettato nella fossa dei leoni. Tuttavia, egli comprese che non era in ballo solo la sua vita. Se Daniele avesse pensato che in ballo non ci fosse nulla di più che la sua vita, quella sarebbe stata una debolezza da parte sua. La vera questione era il nome del Signore e l’adorazione di quel nome. In fede Daniele si sottomise a Dio. Quella sottomissione gli diede la forza di resistere l’ordine del re.

Tre volte al giorno, nell’ora fissata, Daniele pregava come aveva sempre fatto nella sua stanza superiore, alla finestra che guardava verso Gerusalemme. Stando rivolto verso Gerusalemme volle comunicare che stava continuando le preghiere che un tempo si facevano a Gerusalemme. Oggi non c’è più un luogo fissato per il culto. Per questa ragione, il “guardare verso Gerusalemme” di Daniele  per noi significa “guardare al Cristo”.

I nemici di Daniele lo trovarono a pregare nella sua stanza superiore e lo trascinarono dal re. Il re fu rattristato perché si appoggiava a Daniele per  il funzionamento del regno. Aveva anche visto qualcosa di speciale nella fede di Daniele nel Dio d’Israele. Quel Dio era un Dio strano e il suo popolo era uno strano popolo. Il re si sarebbe opposto al Dio d’Israele in questa faccenda?

Il re prese tempo fino a sera prima di prendere una decisione e cercò un modo per salvare Daniele.  Ma verso sera i governatori fecero pressione ricordandogli che Daniele aveva trasgredito una legge dei medi e dei persiani. Il regno sarebbe diventato impotente e si sarebbe frantumato se una tale trasgressione fosse rimasta impunita. Qui i nemici di Daniele usarono la cosiddetta legge più alta per commettere la più alta delle ingiustizie. Come la gente abusa la legge delle volte! Ciò a cui la legge di Dio tende è proteggere la gente.

Alla fine il re dovette mollare Daniele. Le sue ultime parole a lui furono: “Il tuo Dio, che tu servi del continuo, sarà egli stesso a liberarti”. A quanto pare si ricordò degli strani poteri di questo Dio.

Così Daniele fu fedele al nome del Signore fino alla morte. Lui pregò. Fu in grado di rimanere fedele solo nella forza del Cristo. Il Cristo è Colui che pregò quando l’inferno si era scatenato e nessuno poteva più pregare. Se il Cristo non avesse pregato allora, nessuno avrebbe più potuto pregare. Se il Cristo non avesse pregato allora, il mondo sarebbe perito. In quella preghiera, nel mezzo delle sue sofferenze risiede la vittoria e la nostra riconciliazione.

          La risposta di Dio. Dopo che Daniele fu gettato nella fossa dei leoni, l’entrata fu sigillata di modo che nessuno potesse tentare un salvataggio. Il re non trascorse quella notte nel suo solito modo. Non mangiò ne bevve. E deve essersi chiesto se Dio avrebbe ora fatto prevalere la sua giustizia su quella del re.

Avrebbe liberato Daniele? Dio libera sempre i suoi dai pericoli e le angosce temporali? Se crediamo, salverà le nostra vite e farà in modo che non siano state vissute invano. Ma che ci liberi da un particolare pericolo temporale dipende da se il suo nome sarebbe esaltato dalla nostra liberazione oppure no. Per amore di se stesso liberò Daniele. E per amore di se stesso libererà anche quelli che credono in lui. Egli collega il proprio onore alla protezione del suo popolo.

Daniele si sottomise alla volontà di Dio. E tuttavia deve aver gridato a Dio dalla fosse dei leoni. Dio poteva aver già deciso di salvare Daniele, ma Daniele dovette ricevere la grazia di Dio mediante la fede in preghiera. In risposta alla preghiera il Signore chiuse la bocca ai leoni. Daniele riconobbe di meritare la morte, ma chiese a Dio di liberarlo per l’onore del suo nome a Babilonia. Daniele pregò come pregò Cristo. La sua preghiera fu accolta nel mezzo della sua paura.

Il mattino dopo il re trovò Daniele vivo. Daniele riconobbe che Dio lo aveva liberato perché lui era innocente davanti a Dio in questa questione; non sarebbe stato capace di agire diversamente. Insistette inoltre che non aveva commesso alcun crimine contro il re. La trasgressione dell’ordine del re non era un’ingiustizia perché  l’ordine in sé era un’ingiustizia.

Dopo che Daniele fu tratto dalla fossa dei leoni, vi furono gettati quelli che avevano preparato quella trappola per lui, con le loro mogli i loro bambini. I leoni li sbranarono. Non solo il re stava esercitando una vendetta umana, il Signore stava vendicando la sua giustizia su quelli che avevano disprezzato l’adorazione del suo nome, quelli che si erano fatti nemici del suo popolo, quelli che volevano fare dell’esistenza del mondo un’impossibilità. Così il Signore remunera quelli che lo odiano.

          Il regio decreto. Allora il re pubblicò un decreto indirizzato a tutti i popoli. In questo decreto dichiarò che tutti dovevano tremare davanti al Dio d’Israele. Il re confessò che il Signore è il Dio vivente e vero Re, che è il Liberatore, il Dio che opera prodigi di liberazione sulla terra.

Ovviamente non dobbiamo considerare quest’azione come prova di vera conversione da parte del re. Neppure furono convertite per decreto le nazioni del suo impero. Tuttavia, il nome del Signore fu onorato in tutto l’impero. E a motivo di questo legame col nome del Signore, il mondo poteva essere preservato fino alla venuta del Signore Gesù Cristo nella carne. Oh, come questa rivelazione del Signore al mondo intero deve aver incoraggiato la successiva speranza del vangelo!

Daniele fu onorato nel regno. In questa esaltazione fu un tipo del Cristo che fu obbediente a Dio in tutte le cose. Nella sua esaltazione alla destra di Dio, il Cristo ha ricevuto ogni autorità in cielo e sulla terra.

La liberazione di Daniele fu anche una profezia che puntava avanti alla liberazione d’Israele dalla cattività babilonese. Se solo il culto d’Israele fosse rimasto intatto, il popolo del patto non sarebbe perito né avrebbe potuto. Daniele aveva pregato quotidianamente per questa liberazione quando “fece confessione davanti al suo Dio” (9:4), ovvero, quando confessò i peccati del popolo ed espresse la sua fede che Dio avrebbe avuto misericordia.


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