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27: Fuoco inestinguibile

I Re 12-25-14:20

Il profeta che veniva da Giuda stava profetizzando di Giosia: sull’altare di Bethel, Giosia avrebbe bruciato le ossa di tutti quelli che lì adoravano idoli. L’enfasi principale della profezia è che Giosia sta arrivando. Questo Giosia sarebbe stato un membro della casa di Davide, la casa dalla quale Geroboamo cercò di separare Israele completamente istituendo il culto dei vitelli. Il figlio nato dalla casa di Davide sta arrivando. L’ulteriore significato di questa profezia è che il Cristo sta arrivando.

Il discorso che riguarda scavare le tombe e bruciare ossa umane preconizza la completa distruzione di Israele, vale a dire che il nome d’Israele sarebbe stato spazzato via. Nella stessa maniera, il Cristo distruggerà gli empi del suo popolo. Secondo la profezia di Ahijah, le dieci tribù nella loro interezza sarebbero state sradicate e rimosse dal paese.

Qui abbiamo lo stesso pensiero che abbiamo incontrato nel capitolo precedente; la massa d’Israele sarà distrutta mentre un residuo sarà salvato. In questa sezione la profezia concerne il Cristo: “Pulirà interamente l’aia sua … ma arderà la pula con fuoco inestinguibile” (Mt. 3:12).

          Concetto principale: Il Cristo pulirà la sua aia e brucerà la pula
                                                  con fuoco inestinguibile.

          Completa separazione dalla casa di Davide. Poiché il Signore impedì a Roboamo d’andare in guerra contro le tribù ribelli, Geroboamo potè cominciare a regnare pacificamente su quelle tribù. Fece di Sichem (in territorio di Efraim) la sua residenza e la fortificò. Successivamente spostò la sede del governo a Tirzah. Fortificò anche Penuel sul lato orientale del Giordano per proteggere quella parte del suo regno.

Geroboamo concluse che, se la gente fosse salita a Gerusalemme ogni anno per le grandi festività, avrebbe mantenuto un collegamento con la casa di Davide. In quel caso gli israeliti avrebbero potuto ritornare alla casa di Davide e uccidere il loro nuovo re. Perciò li volle separare completamente dalla casa di Davide.

L’analisi di Geroboamo era corretta: Gerusalemme e i servizi del tempio appartenevano alla casa di Davide. La grazia del Signore rivelata a Gerusalemme era legata alla promessa fatta alla casa di Davide. Se Geroboamo fosse riuscito a separare completamente  il popolo dalla casa di Davide lo avrebbe separato anche dalla continua rivelazione della grazia di Dio. Era un rischio che Geroboamo era disposto a prendere.

Dopo aver discusso questa faccenda con i suoi consiglieri, Geroboamo li fece concordare con l’erezione di un vitello d’oro nel nord (a Dan) e un altro nel sud (a Bethel). Scelse Dan e Bethel per questioni di tradizione. In anni precedenti c’era stato a Dan un tempio con un idolo e a Bethel il Signore era apparso a Giacobbe.

Geroboamo cambiò deliberatamente i tempi delle festività dal settimo all’ottavo mese. Chiunque avesse voluto servire come sacerdote era benvenuto. I leviti e i veri sacerdoti furono scacciati dal regno di Geroboamo.

Lo stesso Geroboamo guidò il popolo nell’offerta di sacrifici durante le festività. Alla folla riunita disse: “Ecco i tuoi dèi che ti hanno fatto uscire dal paese d’Egitto.” Qui Geroboamo stava usando parole storiche. Aaronne aveva usato le stesse parole quando aveva parlato al popolo ai piedi del Monte Sinai dopo aver eretto il vitello d’oro. Geroboamo stava deliberatamente facendo riferimento a quella occasione del passato d’Israele. Al Monte Sinai Mosè fu rigettato come pastore d’Israele, e contemporaneamente fu rigettato il patto che il Signore aveva rivelato per mezzo di Mosè. Ora il popolo e il suo re stavano rigettando tutti i legami col figlio di Davide quale futuro Conduttore. Stavano dunque rigettando il patto stesso, proprio come avevano fatto al Monte Sinai.

Geroboamo enfatizzò a tutti i presenti che l’intento non era stornarli dal Signore. Nondimeno, i diritti del Signore venivano violati. L’atto di Geroboamo di fare una rappresentazione del Signore nella forma di un vitello era un abominio, una consapevole denigrazione della maestà del Signore, una manifestazione del desiderio di avere potere sul Signore. Malgrado le parole di Geroboamo, a quella festa Israele e il suo re si stavano staccando dal Signore.

Benché ci fossero state ancora delle persone fedeli che continuavano a salire a Gerusalemme, la massa del popolo non sopportava più il giogo dei diritti del Signore. Ne avevano avuto abbastanza del governo della casa di Davide che era governata così completamente dal patto del Signore.

Non avrebbe il Signore dovuto rigettarli a quel punto? Egli continuò a lottare col loro peccato. Questo durò a lungo. Li rigettò solo quando furono maturi per il giudizio. Ma quel rigetto che stava giungendo, era già stato annunciato.

          La profezia circa il figlio di Davide. Mentre Geroboamo era occupato a offrire il sacrificio della festività, apparve improvvisamente un profeta da Giuda. Il profeta gridò: “Nascerà un figlio alla casa di Davide. Quel figlio, che si chiamerà Giosia, brucerà su questo altare i sacerdoti che stanno ora servendo qui. Farà dissotterrare le ossa di quelli che hanno servito qui prima della sua venuta e le brucerà su questo altare. Non ne resterà nulla. I loro nomi saranno cancellati di mezzo popolo. Come segno che queste parole provengono dal Signore, questo altare si spezzerà in due e le ceneri cadranno in terra. Questo altare, e tutti quelli che qui servono, saranno completamente maledetti”.

Questa profezia fu successivamente compita alla lettera da Giosia re di Giuda. Ma pensiamo immediatamente anche del grande Figlio di Davide, il Cristo, che compirà questa profezia in un altro senso. Spazzerà via per sempre dal suo popolo quelli che servono il Signore solo in apparenza. I loro nomi saranno cancellati insieme a quelli di questi.

Fuori di sé dalla rabbia, Geroboamo gridò: “Arrestate quell’uomo!” Ma la mano che aveva usato per additare il profeta s’indurì istantaneamente. Il giudizio di Dio fu rivelato a Geroboamo — un giudizio della grazia mediante la quale Dio voleva salvare il suo popolo. Inoltre, l’altare si spaccò e le ceneri caddero a terra. Vinto, Geroboamo chiese al profeta che pregasse per lui. Il profeta lo fece e la mano del re fu sanata.

Poi il re chiese al profeta che mangiasse e bevesse con lui a casa sua promettendo di onorarlo con un dono. In questo modo Geroboamo voleva ripristinare qualcosa delle sua autorità andata distrutta. Per lui non c’era altro modo di riparare la situazione. Questo tentativo fallì, infatti il profeta rifiutò l’invito del re dicendo che il Signore gli aveva proibito espressamente di fare  alcunché del genere. Non gli era permesso nemmeno ritornare per la stessa strada per cui era venuto. Nessuno doveva cercare di riportarlo indietro. Non doveva avere comunione con nessuno in quel posto maledetto. Poi il profeta se ne andò. Il Signore aveva completamente rigettato Bethel.

          La tomba da risparmiare. Sfortunatamente, il profeta non fu fedele fino alla fine. A Bethel viveva un profeta più vecchio. Questi era stato zitto riguardo l’abominazione del culto dell’idolo e aveva continuato a vivere a Bethel. Come aveva potuto sopportarne la vista?

Ora il profeta udì dai suoi figli ciò che era accaduto. I suoi figli avevano visto da che parte se n’era andato il profeta venuto da Giuda. Immediatamente il vecchio profeta si fece sellare l’asino e partì all’inseguimento. Quando lo raggiunse, lo invitò  a ritornare con lui a casa sua e mangiare con lui. Quando il giovane rifiutò, il vecchio dichiarò che anche lui era profeta e che un angelo gli aveva comandato di riportare indietro il profeta da Giuda. Convinto, il giovane profeta andò con lui.

Cosa può aver convinto questo vecchio a fare questa cosa e perfino a dire una menzogna? Sapeva di essere rimasto zitto circa l’abominazione di Bethel e che non aveva giustificazione nel rimanere a vivere lì senza protestare contro l’idolatria. Il Signore lo aveva fatto sapere fin troppo chiaramente per mezzo della proibizione imposta al giovane profeta. Se avesse ora potuto persuadere il profeta di Giuda a ritornare con lui, il suo rimanere a Bethel e il suo tacere sull’abominazione lì commessa non sarebbe sembrato un peccato così serio. Perciò tutto dipendeva dal riuscire a riportare indietro con sé il giovane profeta.

E cosa può aver convinto il giovane profeta a cedere? Sapeva per certo che il Signore non voleva che avesse alcun tipo di contatto con Bethel e i suoi abitanti. Ma essere il portatore di una Parola di totale maledizione era un peso troppo grande per lui. Se un collega più anziano viveva a Bethel, poteva essere vero che il Signore avesse mandato un altro messaggio per mezzo dell’angelo, come rivendicava il vecchio profeta.

Nella sua mente il giovane profeta stava giocando con l’ira del Signore. Non gl’interessava vederla così assoluta, così finale. Un’ira simile era troppo per lui. Così i due profeti si spinsero a vicenda  nella via sbagliata. Il Signore richiede l’assoluta sottomissione alla sua Parola nel suo patto, anche quando quella parola sia un massaggio di dannazione.

Quando i due profeti furono seduti a tavola a Bethel, lo Spirito del Signore venne improvvisamente sul profeta più vecchio che pronunciò quindi il giudizio sul suo ospite. Dichiarò che il giovane non sarebbe stato sepolto nella tomba di famiglia. Quello fu un giudizio: la storia della sua vita sarebbe stata tramandata in Israele. Una testimonianza da parte del Signore sarebbe sempre uscita dalla sua tomba. Eppure, anche in quel giudizio, c’era da udire una nota di grazia. Il giovane profeta non sarebbe stato cancellato dal suo popolo come lo sarebbero stati i sacerdoti di Bethel.

Mentre il giovane stava tornando a casa, un leone lo uccise ma non lo lacerò in pezzi. Fu un miracolo che il leone non lo avesse divorato e che avesse perfino lasciato vivo il suo asino. Il Signore aveva parlato in quel miracolo.

Il vecchio profeta andò a recuperare il corpo e lo seppellì nella sua tomba. Comandò espressamente ai suoi figli di seppellire anche lui nella stessa tomba quando sarebbe morto perché la Parola del Signore si sarebbe certamente compiuta come lo era sempre stata. Allora, quando il figlio della casa di Davide sarebbe venuto a dissotterrare le ossa, la tomba condivisa dai due profeti sarebbe stata risparmiata perché il profeta giovane era stato un profeta del Signore malgrado la sua disobbedienza.

Questa profezia fu compita letteralmente: Giosia in effetti risparmiò quella tomba (II Re 23: 15-20). Al grande giudizio, anche il Cristo conoscerà i suoi. Così la tomba del profeta venuto da Giuda continuò a servire da testimonianza, in accordo con la Parola del Signore. Fortunatamente parlò non solo di giudizio ma anche di grazia.

          Un residuo. Malgrado tutto quello che era successo Geroboamo non si pentì. Perciò il Signore decise di annunciare il giudizio che attendeva i seguaci di Roboamo.

Il figlio di Geroboamo si ammalò gravemente. Geroboamo disse a sua moglie di travestirsi e andare dal profeta Ahijah, quello che anni prima gli aveva parlato nel nome del Signore annunciandogli che sarebbe diventato re. Per rendere perfetto l’inganno, lei avrebbe portato al profeta un dono seppur fingesse di essere povera. Il profeta avrebbe dunque sicuramente profetizzato qualcosa di buono nei confronti del padre del ragazzo malato. La profezia si sarebbe sicuramente avverata e il loro figlio sarebbe guarito.

Che follia! Non era la parola del profeta ad avere il potere di guarire ma la Parola del Signore! Inoltre, il Signore era in grado di rivelare tutte le cose al profeta, inclusa l’identità della donna che era venuta a consultarlo!

Prima che la moglie di Geroboamo giungesse dal profeta, il Signore aveva rivelato tutto ad Ahijiah, il quale non poteva più vedere per l’età avanzata. Quando ella arrivò, il profeta la rimproverò nel nome del Signore per il suo inganno e le disse che il Signore avrebbe distrutto la casa di Geroboamo perché Geroboamo aveva rigettato il suo patto. I nomi di tutti gli uomini della casa di Geroboamo sarebbero stati  cancellati come tutti i nomi dei sacerdoti di Bethel. Chiunque appartenesse alla casa di Geroboamo che fosse morto in città sarebbe stato sbranato dai cani e chiunque fosse morto in campagna sarebbe stato divorato dagli uccelli del cielo. Le fu detto che non appena fosse arrivata in città suo figlio sarebbe morto. Tutto Israele lo avrebbe pianto perché in questo figlio c’era ancora all’opera qualcosa della grazia del Signore. Il Signore avrebbe fatto sorgere qualcuno che avrebbe distrutto tutto ciò che rimaneva della casa di Geroboamo. Questo distruttore era già nato. Alla fine, tutto il peccaminoso Israele sarebbe stato sradicato dal paese e disseminato dall’altro lato dell’Eufrate.

Quando la moglie di Geroboamo entrò a casa sua a Tirtsah, il ragazzo morì. In accordo con la Parola del Signore ebbe un’onorevole sepoltura. Per grazia di Dio c’è sempre della luce nelle tenebre. Tutto il peccaminoso Israele e l’intera casa di Geroboamo sarebbero stati distrutti, ma l’onorevole sepoltura di questo ragazzo, al quale il Signore mostrò misericordia, proclamò che un residuo d’Israele sarebbe stato salvato.

Dopo un regno di 22 anni, Geroboamo morì. La sua famiglia era sotto la maledizione e sarebbe stata distrutta come segno che alla fine il Signore  avrebbe distrutto l’Israele che gli aveva voltato le spalle in apostasia.


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