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Efraim contro Giuda

26: La casa di Davide umiliata

I Re 12:1-24

In I Re 12:24 leggiamo che la divisione di Israele provenne dal Signore. Il Signore stava seguendo la propria via nel portare la sua liberazione. Umiliò la casa di Davide affinché non tagliasse autocraticamente gli ormeggi e si allontanasse da Lui come Salomone aveva cominciato a fare. Se la casa di Davide avesse governato autocraticamente sarebbe stata solo una maledizione per Israele e avrebbe portato tutta la nazione a rivoltarsi contro il Signore. A motivo della grazia di Cristo verso la casa di Davide, il Signore dovette umiliarla.

Come lo vede la Scrittura, è Israele a separarsi dalla casa di Davide. Ciò vale a dire che la grande massa di Israele gli volta le spalle. Questo rende certa la distruzione dell’Israele infedele. Ma, in questo Israele, il peccato deve prima fare il suo pieno corso. Solo allora sarà maturo per il giudizio.

L’unica tribù che rimane con la casa di Davide non è solo quella di Giuda in quanto tale. Anche in Giuda molti erano perduti. L’unica tribù di cui parla la Scrittura rappresenta il residuo che è salvato dal Figlio di Davide. Perciò, non si può fare un diretto parallelo tra la distruzione di Israele da parte degli assiri e quella di Giuda da parte dei babilonesi. Per il residuo c’è speranza. La differenza tra il destino delle due nazioni si evidenzia nel fatto che pochi delle dieci tribù sono restituite a Canaan.

Vero, la divisione fu opera del Signore, ma avvenne per mezzo dei peccati degli uomini. La gelosia che Efraim aveva verso Giuda provocò questa divisione. Abbandonare la casa di Davide significò rompere il patto del Signore, tutto Israele infatti sapeva della promessa fatta a quella casa. La Parola del Signore fu rigettata volutamente.

Nondimeno, la casa di Davide era da biasimare per questo peccato. Salomone aveva dato l’esempio per questa emancipazione, per questa rottura con la casa di Davide, quando si emancipò dalla Parola del Signore. L’ “illuminazione” di Salomone aveva “illuminato” anche il popolo d’Israele.

          Concetto principale: Il Signore umilia la casa di Davide per poter essere
una benedizione per il suo popolo
per mezzo di essa.

          La rivolta. Dopo la morte di Salomone, tutto Israele si radunò a Sichem, a quanto pare per fare re il figlio di Salomone Roboamo. Ma il popolo aveva delle riserve. Era già significativo che si fossero riuniti a Sichem anziché a Gerusalemme che sarebbe stato il luogo appropriato per l’incontro. Sichem si trovava nel territorio di Efraim, una tribù che già provava invidia nei confronti di Giuda. In più, Geroboamo era stato richiamato dall’Egitto e presiedeva l’incontro.

Roboamo andò a Sichem. Per lui questo deve essere stato umiliante. Quando vi giunse, sentì il popolo che si lamentava del giogo che suo padre Salomone aveva imposto. Il popolo dettò una condizione per riconoscere Roboamo come re: doveva alleggerire quel giogo.

La protesta contro il giogo di Salomone era in larga parte un pretesto. Salomone aveva sicuramente richiesto molto dal popolo ma il modo in cui ora essi parlavano dimostrava che avevano mancato d’apprezzare le benedizioni di cui avevano goduto. Per certo, Salomone era in parte da biasimare per questa mancanza d’apprezzamento. Quando aveva voltato le spalle al Signore e il suo splendore non servì più a glorificare la grazia del Signore, il suo regno sembrò dispotico e il suo splendore sembrò ladrocinio. Ma  il fatto rimane che il popolo fu ingrato. Avrebbero potuto seguire la strada della consultazione, ma l’atteggiamento con cui approcciarono Roboamo e la loro insistenza nell’imporre una condizione significava che la rivolta era nell’aria. Il popolo voleva essere libero dal giogo della casa di Davide.

          Stoltezza nella casa di Davide. Roboamo chiese tre giorni di tempo per prendere la sua decisione. Si consultò con gli anziani che erano stati consiglieri di suo padre. Lo esortarono a cedere. Se Roboamo fosse stato un servitore del popolo ora, il popolo lo avrebbe servito per sempre. Ma questo consiglio non soddisfece Roboamo. I giovani con cui era cresciuto gli consigliarono di trattare gli israeliti con durezza e rispondere che avrebbe reso il loro giogo di gran lunga più pesante.

Roboamo scelse di agire come da consiglio dei giovani. Era già irritato di dover venire a Sichem. Doveva adesso cedere del tutto e diventare un servitore del popolo? Non volle umiliarsi oltre.

Questo non fu solo un errore strategico da parte di Roboamo. Non è affatto sicuro che il popolo lo avrebbe riconosciuto re se avesse seguito il consiglio degli anziani. Il suo rifiuto di umiliarsi in alcun modo dimostrò che non vedeva la colpa che era venuta sopra la sua casa a causa dei peccati di suo padre. Avrebbe dovuto cercare la faccia del Signore ed essere pronto ad umiliarsi per amore di Dio. In quel caso sarebbe perfino stato un re secondo il cuore di Dio. Ora, comunque, parlò in modo autocratico e tirannico. Questa stoltezza fu un giudizio sul peccato di Salomone.

          Rottura. La risposta intransigente di Roboamo fece scoppiare la rivolta. Il popolo gridò: “Che parte abbiamo in Davide? Noi non abbiamo eredità nel figlio di Isai. Alle tue tende, o Israele! Ora provvedi alla tua casa o Davide!” Allora il popolo abbandonò Roboamo. Lapidarono il tesoriere che Roboamo mandò a cercare di persuaderli a ritornare. Lo stesso re dovette salire in fretta sul suo carro e fuggire a Gerusalemme.

Il popolo sapeva cosa stava dicendo e facendo? Sapeva della promessa che era stata fatta alla casa di Davide. Volutamente rigettarono quella promessa e, con essa, il patto del Signore.

Il Signore non avrebbe forse dovuto rispondere rigettando Israele? Il Signore rifiutò di abbandonare Israele a quel punto. Prima il peccato avrebbe dovuto fare interamente il suo corso finché Israele era maturo per il giudizio. Un giorno il giudizio della reiezione avrebbe colpito, il giudizio che il Signore aveva già minacciato per mezzo di Mosè. Ma per lungo tempo a venire, il Signore avrebbe combattuto col peccato nel suo infedele popolo Israele.

          Divisione dal Signore. In un modo, specialmente, il Signore continuò a mostrare il suo stabile amore verso Israele: non tutte le tribù abbandonarono la casa di Davide. Fu principalmente la casa di Giuda a rimanere fedele assieme ad una sezione di Beniamino e alla tribù di Simeone, come pure molti membri di altre tribù sparsi in tutto il territorio di Giuda.

Indubbiamente c’erano molti anche in Giuda che non credevano la promessa col loro cuore ed erano perduti. Quest’unica tribù fedele era un segno che un residuo in Israele sarebbe stato salvato dalla grazia del Signore.

Le dieci tribù fecero re Geroboamo. Appena Roboamo giunse a Gerusalemme, mobilitò un esercito di 180.000 uomini per soggiogare Geroboamo e Israele con la forza. Per mezzo del profeta Shemaiah, il Signore proibì a Roboamo di combattere. “Questa divisione”, dichiarò il Signore, “viene da me”. Roboamo obbedì la Parola del Signore e ritornò a Gerusalemme. Questa fu effettivamente una profonda umiliazione per la casa di Davide. Lo splendore del passato era tramontato.

Il Signore fece questo per umiliare la casa di Davide di nuovo. Israele sarebbe davvero finito male se avesse continuato a seguire le vie peccaminose di Salomone. Ma se la casa di Davide si fosse umiliata per essa ci sarebbe stata ancora speranza. Poi, per mezzo di quella casa, ci sarebbe stata speranza anche per Israele che aveva sofferto un immenso disonore come risultato della frattura. Quella speranza per la casa di Davide non sarebbe svanita perché era assicurata dalla promessa fatta a Davide.


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