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45: Santificato e fatto essere una benedizione

Giona 1-4

Giona, figlio di Amittai, fu il profeta che fu mandato a Ninive. Fu anche il profeta che aveva detto a Geroboamo che il regno d’Israele sarebbe stato ripristinato ai suoi antichi confini (II Re 14:25).

Il rifiuto di Giona di predicare a Ninive, la capitale dell’Assiria, sgorgava non tanto da un timore che il regno assiro diventasse una minaccia per Israele quanto da una riluttanza a vedere Dio che estendesse la sua misericordia ai pagani. La continua lotta d’Israele con le nazioni aveva contribuito a formare questo atteggiamento di rancorosa riluttanza che per quanto concerneva i pagani era odio. Ma questo atteggiamento era radicato principalmente nell’orgoglio d’Israele nella salvezza che aveva ricevuto, nella sua condizione di popolo scelto da Dio. Se Israele non stava vivendo per sola grazia, consapevole della propria indegnità, sicuramente non poteva comprendere la grazia di Dio la quale punta alla salvezza di tutte le persone. Israele  rifiutò di essere una benedizione per le nazioni.

La carne in Israele (la vecchia natura) avrebbe dovuto morire. La discesa di Giona nelle profondità del mare è un segno di quel morire. Tale morire nella e alla carne fu compiuto dal Cristo. In questo modo egli può rendersi una benedizione per le nazioni.

Fu a motivo del Cristo che la predicazione di Giona a Ninive poté portare così tanto frutto, malgrado il fatto che lo stesso Giona non fosse stato curato dalla sua disobbedienza. Giona persistette nella sua disobbedienza anche dopo aver predicato a Ninive. Fu fino alla fine un tipo del pervicace Israele.

Dio risparmiò la grande città di Ninive. Il fondamento di questa misericordia fu la sua grazia verso il suo popolo nel Cristo. Non dobbiamo dire che dopo la caduta Dio fosse ancora legato al suo mondo da un legame di amore paterno semplicemente perché era la sua creazione. Il peccato aveva rotto quel legame completamente. Nel Cristo, Dio ripristinò quel legame col suo popolo nel patto di grazia. Nel suo popolo, egli è ora legato anche a quel mondo, per aprirlo alla gloria che si trova nel Cristo.

          Concetto principale: Colui che è stato mandato diventa una
                                                  benedizione dopo che è stato santificato.

          Affondare nella disobbedienza. Il profeta Giona ricevette la commissione di dire a re Geroboamo II che Dio gli avrebbe permesso di ripristinare gli antichi confini del regno. Ma Giona ricevette pure un altro incarico. In quei giorni a est stava nascendo un impero mondiale, l’Assiria, con capitale Ninive. Quella potenza mondiale riuscì nel tempo a sottomettere molte nazioni, ma era colpevole di un terribile peccato: saccheggiava il mondo e usava i tesori che aveva rubato per abbellire Ninive.

Il mondo veniva impoverito e distrutto — questo mondo al quale il Signore era legato. Perciò Dio non poteva più tollerare questo comportamento da parte di Ninive. In più, Ninive si compiaceva della sua passionalità omicida. Giona avrebbe dovuto predicare contro questo peccato di Ninive: avrebbe dovuto portare l’avvertimento che Dio avrebbe distrutto la città.

Quando Giona ricevette questo messaggio, la sua gelosia di Giudeo, di figlio della razza prescelta, si scatenò. Non aveva forse Dio dato la sua grazia solo a Israele e non avrebbe dovuto trattare solo con Israele? Questa gente pagana non era degna che Dio trattasse con loro o che mandasse loro un profeta!

Che arroganza! Forse Giona supponeva che che Dio avesse scelto Israele perché era migliore di altri popoli? Non doveva anche Israele vivere per grazia, per favore immeritato? Non era Israele chiamato a portare la buona novella di quella grazia a tutte le genti e con ciò diventare una benedizione per il mondo? Ma Israele non viveva più per sola grazia e perciò non voleva diventare una benedizione per altre nazioni. Lo spirito d’Israele nel suo insieme era lo spirito che viveva anche in Giona.

Nella sua disobbedienza Giona fuggì. Quando rifiutò di andare a Ninive, non poteva più sopportare di vivere nel paese ove il Signore aveva rivelato il suo volto e la sua grazia. Pertanto si recò a Giaffa e si imbarcò su una nave diretta verso l’oceano Atlantico. Voleva andare più lontano possibile come se ci fosse stato un posto dove avrebbe potuto nascondersi dal Signore! Noi agiamo stupidamente come Giona quando cerchiamo di chiudere i nostri cuori a Dio.

Il Signore suscitò un grande vento contro la nave. Quando le preghiere dei marinai ai loro dèi non sortirono effetto, Giona fu svegliato affinché anch’egli pregasse il suo dio.

Giona era rimasto addormentato tutto il tempo. Non sapeva più che fare. Benché stesse fuggendo, sentiva che per lui la vita non riservava più niente. Il suo sconforto lo fece dormire così profondamente che nemmeno la tempesta lo aveva svegliato.

I marinai erano convinti che ci fosse rivelazione divina in questa tempesta. Questi uomini non ascrivevano tutto alle forze senza vita della natura come fa la gente oggi. Sfortunatamente, pensavano che le forze della natura fossero divine in sé.

Invece, all’opera in quella tempesta c’era il Dio vivente, il Dio che fa grazia al suo popolo. Dio controllava le forze della natura e si rivelava in esse, proprio come le controlla ancora oggi e vi si rivela. Pertanto i marinai stavano parlando di ira divina.

Credevano anche che gli dèi avrebbero indicato l’oggetto della loro ira mediante i dadi. A quel tempo, il Dio vivente si rivelava ancora in modi speciali. Uno di questi era il lancio dei dadi. Quando gettarono i dadi, i marinai scoprirono che nella tempesta era rivelata l’ira del Signore contro Giona.

I marinai interrogarono Giona ed egli li informò che lui serviva il Dio vivente che controlla cieli e terra nella sua grazia verso il suo popolo. Ammise la sua disobbedienza e disse di sapere che la tempesta era venuta su di loro per causa sua. Con la loro disobbedienza, i credenti possono a volte essere una maledizione per il mondo.

Giona disse anche che la tempesta si sarebbe calmata se i marinai lo avessero gettato in mare. I marinai avevano paura: avevano sentito parlare del Dio vivente e temevano di consegnare alla morte il suo profeta. Ma i loro sforzi di remare a riva furono vani: la tempesta crebbe d’intensità. Infine, presero Giona e lo gettarono in mare. Immediatamente la tempesta si placò. Questo era un segno che avevano fatto la cosa giusta.

Giona si era consegnato alla morte. Lui era il colpevole. Si consegnò al giusto giudizio di Dio. Quando fu gettato negli abissi si stava consegnando all’eterna ira di Dio? Che terribile destino sarebbe stato! Immaginate come deve essersi sentito Giona mentre sprofondava nell’abisso del mare. Siano rese grazie a Dio, ci fu un altro che discese nelle profondità dell’ira di Dio, ovvero il Cristo. E lui, mediante le sue sofferenze in obbedienza, salì fuori dalle profondità. Mediante la sua opera, c’è riconciliazione e salvezza per quelli che sono suoi, quelli che realmente sarebbero dovuti perire sotto la giustizia di Dio.

Similmente, ci fu liberazione per Giona. Dio mandò un grosso pesce che lo inghiottì. Per mezzo di un miracolo tenne Giona in vita dentro a quel pesce. È una cosa possibile? Certamente! Perché mai il Dio che porta alla vita la gente spiritualmente morta non sarebbe capace di mantenere in vita un uomo dentro a un pesce?

          L’adorazione del Dio di grazia. Il Signore aveva mantenuto le sue intenzioni per Giona. Giona era stato un tipo dell’Israele superbo, disobbediente, ma ora sarebbe dovuto diventare un tipo dell’Israele santificato, che si sarebbe umiliato, avrebbe vissuto per la grazia di Dio, e in quel modo sarebbe diventato una benedizione per le nazioni. Il vecchio Giona, il Giona disobbediente, avrebbe dovuto morire, e un altro Giona avrebbe dovuto emergere. Per la forza di Dio in noi questo può accadere. Può accadere in noi perché il Cristo è morto per noi ed è resuscitato di nuovo. Dio fa sì che noi condividiamo nella morte e resurrezione del Cristo.

Questo avvenne a Giona quando sprofondò nel mare e quando fu nelle viscere del pesce. Quando fu negli abissi, si arrese alla sovranità di Dio, ma  supplicò anche che gli fosse fatta grazia. Quando si trovò vivo dentro al pesce, comprese che la sua preghiera era stata ascoltata e che il Signore  lo avrebbe restituito al suo popolo, che avrebbe visto il tempio di Dio di nuovo. Ma si rese anche conto che era stato salvato puramente per grazia. Che piccolo Giona deve essersi sentito davanti a Dio!

Nel pesce pregò al Dio della grazia. Confessò di essere perduto, che per lui non c’era più speranza, che era stato salvato solo per grazia di Dio, che Dio nella sua grazia aveva esaudito la sua preghiera e che sarebbe stato restituito alla vita. In questo nuovo stato mentale Giona poteva andare e predicare ai cittadini pagani di Ninive. Se lui stesso fosse vissuto per fede e non si fosse più vantato di nulla in se stesso, sarebbe stata per lui una gioia predicare  ai pagani la grazia di Dio.

Giona rimase nel pesce tre giorni e tre notti. Alla Parola del Signore, cioè, alla Parola della grazia che si estende su tutte le cose, il pesce vomitò Giona sulla terra ferma. Dopo esser passato attraverso gli abissi, Giona tornò alla vita. In questo fu un tipo del Cristo che passò attraverso la morte e ritornò in vita.

          La benedizione della predicazione. Ora il Signore gli ordinò di nuovo di andare a predicare a Ninive. Questa volta Giona andò. Sarebbe presto stato evidente se sarebbe stato completamente obbediente e avrebbe continuato a vivere nello stesso spirito di quando era dentro al pesce. Comunque andò a Ninive, Lì predicò la Parola del Signore dichiarando che la città sarebbe stata distrutta entro 40 giorni.

Ninive era una grande città. Per attraversarla tutta in lungo e in largo ci sarebbero voluti tre giorni. Ma Giona predicò solo per un giorno e poi se ne allontanò di nuovo. Questo non rende forse chiaro che il vecchio Giona era di nuovo venuto a galla e che portava rancore per la misericordia che Dio aveva deciso di mostrare a questi non-credenti?

Con quanta riluttanza deve aver predicato quel giorno! Se fosse dipeso da lui, la predicazione sarebbe rimasta infruttuosa. Invece ne risultò grande benedizione. Il re di Ninive udì della predicazione di Giona. A quanto pare ci fu un passaparola, la parola di Giona ebbe un effetto immediato. Si sottomise perfino il re. Indossò le sue vesti penitenziali e ordinò un digiuno per uomini e bestie. Gli animali avrebbero gridato per la fame e la sete e il suono delle loro voci sarebbe passato dagli uomini a Dio come una supplica di misericordia.

Cosa rese così fruttuosa la predicazione di Giona? Non fu fruttuosa per Giona ma per amore del Cristo che fu obbediente fino alla morte e che, dopo essere stato santificato, divenne causa di benedizione eterna per tutti quelli che gli obbediscono. Il Cristo ha guadagnato la grazia di Dio per i suoi, ma a motivo di quella grazia, dà anche alla Parola di Dio il potere di produrre un pentimento temporaneo e un argine al peccato nei non-credenti. Ninive non si volse al Dio vivente dal cuore, ma voltò temporaneamente le spalle ai suoi peggiori peccati. Ciò che mosse la città non fu il credere nell’eterna grazia di Dio ma il timore della punizione temporale.

Eppure, Dio guardò a quel pentimento temporaneo come un frutto della sua Parola e del Cristo. Perciò non distrusse Ninive. Quant’è misericordioso il Signore! Non farà dunque grazia a quelli i cui cuori sperano in lui?

          Indurirsi nella disobbedienza. Quanto disobbediente sia stato Giona e quanto del vecchio spirito si fosse risvegliato in lui divenne ancora chiaramente evidente: si sedette davanti a Ninive aspettando la distruzione della città. Come avrebbe gioito in quella distruzione!

Il pentimento di Ninive lo addolorava perché gli dimostrava che Dio stava facendo misericordia a Ninive. Questo è quel che vide. Ma in ribellione rimproverò Dio per essere longanime. Giona aveva avuto ragione quando era fuggito! Ora voleva che Dio gli togliesse la vita in modo che non dovesse essere testimone della salvezza dei pagani!

Come poteva Giona essere così indurito dopo che  si era appellato alla grazia di Dio dagli abissi di dentro al pesce? Quando Dio ci lascia a noi stessi, non viviamo più per la sua grazia. Diventiamo orgogliosi di ciò che pensiamo essere nostro e risentiamo che altri ricevano la sua compassione. In Giona, ci è rivelato che siamo capaci di vivere per il Signore solamente mediante lo Spirito del Cristo.

La Parola della grazia, che dirige tutte le cose, fece crescere velocemente una pianta di ricino e Giona gioì tantissimo per quella pianta nell’ombra che provvedeva. Ma la stessa parola della grazia preparò un verme che la fece seccare. La parola della grazia fece anche venir meno Giona dal calore del sole. Dio aveva qualcosa da insegnare a Giona.

Quando Giona insistette che aveva ragione ad essere amareggiato perché la pianta si era seccata, Dio gli mise chiaramente il suo peccato davanti. Era adirato perché una pianta si era seccata. Eppure Giona non aveva contribuito nulla alla crescita della pianta che era venuta in esistenza per la Parola del Signore. Perché non avrebbe il Signore dovuto aver compassione di una città che dipendeva per la sua esistenza dalla Parola della grazia, una città in cui c’erano così tanti bambini, così tante giovani vite che potevano ancora essere aperte a qualsiasi cosa? Dio voleva preservare le generazioni dei pagani fino al tempo della proclamazione della Parola della grazia a tutte le genti.

Giona infatti ricadde nella disobbedienza. E Israele non fu santificato. Ma il Cristo, nella sua sofferenza, fu completamente santificato a Dio. Per il suo Spirito, la potenza della sua obbedienza andrà avanti continuamente cosicché il suo popolo sia santificato al servizio di Dio.


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