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Contro tanto pregare

Uno dei commenti di nostro Signore, tanto familiare quanto negletto ha a che vedere con la preghiera. Ci è comandato di pregare, e di pregare quietamente, senza ostentazione, e  “in segreto”, cioè senza pubblicizzare il nostro pregare. “Ora, nel pregare, non usate inutili ripetizioni come fanno i pagani perché essi pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole” (Mt. 6:7). Si noti che le ripetizioni non sono proibite, sono proibite le ripetizioni inutili. La vedova della parabola di nostro Signore era dedita a intense ripetizioni (“fammi giustizia del mio avversario”) ma non era ripetizione vana ma anzi una ripetuta e appassionata preghiera per la giustizia (Lu. 18:1-8).  Gesù condanna “le molte parole” o una pregare che ha come scopo un desiderio di impressionare Dio.

Questa è una grande tentazione specialmente ai nostri tempi. Noi viviamo in ciò che alcuni chiamano l’era della democrazia; perfino le tirannie funzionano nel nome del Popolo. Tengono elezioni fasulle nelle quali tutti devono votare anche se tutti i candidati non hanno opposizione, come in Unione Sovietica. La gente tutta deve essere a favore di ciò che è stato predeterminato per loro. Perfino i capi del Partito Comunista Sovietico, che sanno che le elezioni sono una formalità, adempiono il rituale ipocrita del voto. È un dovere religioso del Popolo esprimere la loro volontà comune! (L’A. scriveva così nel 1987, prima della caduta del muro, ma quanto è diventato vero anche delle attuali democrazie anche se in modo formalmente diverso e con maggiore parvenza di valore del voto. Anche per quanto riguarda i “numeri” sembra che le decisioni politiche debbano tenere conto di “sondaggi” elettorali fasulli e quotidiani. N.d.T.) 

Data questa mentalità, ora, più che mai, la gente è impressionata dai numeri. Più di qualche organizzazione aggiunge migliaia di nomi senza valore alla lista degli aderenti perché i prospetti donatori si fanno influenzare dai numeri!

Negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, un fine cristiano laico fece nascere una piccola organizzazione per arginare il modernismo che stava sorgendo nella sua chiesa. La sua “associazione” fu considerevolmente efficace nei suoi primi anni. Poi alcuni membri insistettero che la base di iscritti fosse allargata. Il fondatore insistette su un massimo di 50 membri; molti vollero che fossero un migliaio per poter avere un impatto. Quelli in favore di un ampio numero di iscritti vinsero e, ben presto, l’associazione divenne un modello d’impotenza. La posizione dell’associazione era stata compromessa, le sue pubblicazioni divennero moderate e convenzionali, e divenne incapace di prendere decisioni.

La richiesta di forza numerica continua senza sosta, malgrado un mondo pieno di esempi di fallimento. Ancor peggio, questo stato mentale ha infettato la preghiera. L’assunzione è che, se si riesce ad avere un milione di persone, o anche diecimila che pregano zelantemente per qualcosa, Dio ce lo darà! L’assunto è che Dio sia guidato, non dalla sua conoscenza e sapienza, ma dal nostro continuo assillarlo.

I risultati sono tragicamente cattivi. Protestanti devoti, che vedono con orrore il sovvenzionamento medievale di continue preghiere da parte di monaci e suore, ora creano “catene di preghiera” nelle quali per 24 ore al giorno, un certo numero di persone si riuniscono a pregare per tutte le richieste di preghiera. Un evangelista in televisione ha detto che fino a 35.000 persone hanno provato a chiamare il suo numero verde in una sola ora.

In qualche modo, la gente crede che Dio li ascolterà più prontamente se 500 o 5.000 persone stanno pregando per loro. Cos’è accaduto al sacerdozio di tutti i credenti? Forse che un orante di professione deve pregare per noi prima che Dio ci ascolti?

Molti anni fa un uomo malato mi chiese di pregare per lui. Conoscevo bene la persona, e che era impaurito dalla morte e lo ammetteva. Gli risposi di farsi da sé la sua preghiera e di cominciare a confessare i suoi peccati molto seri. Rifiutò. Voleva la guarigione, non la comunione con Dio.

Oggi, comunque, certi ministri elettronici evidenziano fortemente il loro ministero di preghiera per la gente. Invitano la gente a chiamare e parlano di quante persone armeggiano sul telefono (la curiosità non è solo femmina) per ascoltare le nostre richieste di preghiera e pregare per noi.

Un giovane pastore è stato recentemente lasciato in un certo imbarazzo quando qualcuno ha chiesto di sapere se la sua chiesa avesse un ministero di preghiera oppure no! Forse, molto presto, avremo chiese con insegne lampeggianti che pubblicizzano un ministero di preghiera 24 ore al giorno senza lista d’attesa!

Ora, san Paolo ci dice che “siamo membra gli uni degli altri” (Ef. 4:25). Noi preghiamo per i membri della famiglia, per i nostri amici, e i nostri fratelli membri della chiesa per amore e interesse per loro. Qui a Chalcedon, ringraziamo Dio per i nostri sostenitori; siamo giunti a conoscere molti di voi e preghiamo per voi quando siamo a conoscenza dei vostri problemi. Ma abbiamo un dipartimento di preghiera, o un formale ministero di preghiera? No. Le molte parole non hanno peso con Dio.

In più, fin troppo spesso i ministeri di preghiera si occupano di bisogni personali, non del regno di Dio. Quanti di questi ministeri di preghiera o  gruppi di catene di preghiera s’interessano dei cristiani perseguitati all’estero e  dei genitori della propria nazione perseguitati nei tribunali perché fanno homeschooling o perché mandano i loro figli nelle scuole cristiane?

Ancora di più, quanti si interessano del regno di Dio e della giustizia? Eppure, nostro Signore ci dice in Matteo 6:33: “Cercate PRIMA il regno di Dio e la sua giustizia”. Interminabili preghiere caratterizzate dal verbo “dammi” non sono un insulto a Dio? Non diventano ancor più insultanti quando mettiamo in fila grandi numeri di persone per assillare Dio?

Dio ci da il suo modello di preghiera in Matteo 6:9-13, dichiarando: “Voi dunque pregate in questa maniera”. Dobbiamo cominciare santificando il suo nome. La nostra richiesta più importante dev’essere: “Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà in terra come in cielo”.

Dio vuole che il suo regno governi totalmente sulla terra come fa in cielo, e noi abbiamo il dovere di pregare per questo e di lavorare per questo. Egli ci ha dato le leggi del suo regno e noi dobbiamo obbedirle e applicarle.

Quando siamo fedeli anch’Egli è fedele. Ci darà i nostro pane quotidiano, e ci perdona i nostri debiti “come li noi perdoniamo ai nostri debitori”. La preghiera ha per compagni obbedienza e azione. La direzione della preghiera è sbagliata se riguarda primariamente i nostri bisogni piuttosto che il regno di Dio.

Se pregiamo essenzialmente per noi stessi anziché per il regno di Dio, la nostra preghiera non sarà maggiormente efficace se 500 persone si uniranno a noi nel dire “sia fatta la mia volontà”.

In 2 Cronache 7:14, Dio dichiara a Salomone: “Se il mio popolo, sul quale è invocato il mio nome, si umilia, prega, cerca la mia faccia e torna indietro dalle sue vie malvagie, io ascolterò dal cielo, perdonerò il suo peccato e guarirò il suo paese”. La priorità nella preghiera va chiaramente non alle nostre necessità ma alla volontà di Dio.

Diamo un altro sguardo alle parole di nostro Signore in Matteo 6:7. “Quando pregate, non usate inutili ripetizioni come fanno i pagani”. È chiaro che il Signore ci sta mettendo in guardia contro le forme di preghiera pagane. E.N. Fallaize, nella James Hastings’ Encyclopedia of Religion and Ethics, definì la preghiera “primitiva” con queste parole: “Nella sua forma più semplice e primitiva la preghiera è l’esternazione di un desiderio, espresso nella forma di una richiesta, per influenzare qualche forza o potere concepito come soprannaturale” (vol. 10, p. 154). La parola “influenzare” dice tutto. Questa è preghiera pagana, una convinzione che Dio possa essere influenzato. Questa non è preghiera cristiana: noi entriamo in comunione con Dio per mezzo di Cristo per trovare il nostro posto nella sua volontà e nel suo regno e per ricevere le sue benedizioni.

Troppo comunemente, la promozione di preghiere di massa serve a obbligare Dio all’attenzione e influenzarlo coi numeri. Questo è paganesimo.

Nostro Signore identifica un altro aspetto della preghiera “pagana”: le “vane ripetizioni”. Le “vane ripetizioni” dei pagani erano associate con la magia. Certi sortilegi ripetuti potevano influenzare e comandare gli spiriti o gli dèi. La preghiere “pagane” cui nostro Signore fa riferimento erano in realtà più incantesimi, formule magiche che preghiere. Erano considerate parole magiche potenti ed avrebbero avuto ancora maggior potere se certe persone, sciamani, stregoni e simili le avessero ripetute per noi. In alcuni casi questi sortilegi dovevano essere ripetuti in svariate ore del giorno per essere efficaci, e anche questo è ciò che nostro Signore intese per “vane ripetizioni”.

Il fine di queste “vane ripetizioni” pagane era controllare una potenza soprannaturale esercitando o capeggiando una potenza più grande. In 1 Re 18 abbiamo un classico esempio di “preghiera” pagana. I sacerdoti di Baal cercarono di controllare le potenze sopra la terra coi numeri, urlando “vane ripetizioni” e mutilandosi. Magari (ci fosse stato whatsapp) nello stesso momento in cui ciò stava avvenendo sul Monte Carmel, tutti i sacerdoti di Baal nei vari santuari stavano usando le stesse “vane ripetizioni” per aiutare i sacerdoti al Monte Carmel! Contro tutto questo, come notò Giacomo: “molto può la preghiera del giusto, fatta con efficacia” (Gm. 5:16). L’interesse di Elia era il regno di Dio e la giustizia di Dio.

È degno di nota che il paganesimo usualmente possiede una classe specializzata in “pregare”. Per avere influenza o controllo sulle forze della natura o sugli spiriti deve essere impiegato un tecnico esperto.

Tra alcuni Indiani americani, per esempio, la comunione con gli spiriti era un fatto elitista, riservato ad un numero limitato di membri di una società segreta. Tale potere li rendeva talvolta temuti per il danno che si credeva potessero arrecare usando gli spiriti.

Religioni più “avanzate” nell’antichità avevano preghiere e rituali che spesso sono piuttosto rilevanti. A volte sembrano vicine ad un enfasi biblica. Evidenziano penitenza, un forte senso morale e un desiderio di comunione con gli dèi. C’è però una differenza significativa tra tutti tali rituali e preghiere pagani e la Scrittura.

L’enfasi in queste religioni pagane “avanzate” è sull’auto-riforma e l’auto-raccomandazione. L’ “adoratore” si presenta come uno che si è pentito e si è riformato, e poi procede, con “vane ripetizioni” a infastidire il dio o gli dèi per essere accettato e perché siano accettate le sue petizioni. L’enfasi  è sull’iniziativa umana, l’auto-riforma e l’auto-qualificazione. L’uomo dice: Io sono qui, o dio, pronto a ricevere. Come potresti rifiutare e perché dovresti? Nella religione egiziana, l’adoratore si presentava agli dèi dopo la morte con una litania auto-celebrativa e con una recita di tutte le sue virtù.

Questo era il modello “pagano” contro il quale nostro Signore ci mette in guardia. Era presente tutto attorno a Lui, ed è ancora tutto attorno a noi oggi, e talvolta in noi. Questo è il motivo per cui è così importante che usiamo il Padre Nostro almeno come traccia, ci insegna la giusta prospettiva in preghiera. Non osiamo usare il nome del Signore in preghiere pagane.

La dottrina del sacerdozio di tutti i credenti è biblica. Si fonda sul presupposto che tutti i credenti sono membri del patto  e della famiglia di Dio e perciò fedeli al loro Signore e in comunione con Lui. La preghiera o comunione è pertanto un privilegio comune a tutti i cristiani e a tutti quelli che cercano la faccia di Dio nel pentimento e nella fede. 

R. J. Rushdoony,  Novembre, 1987


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