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Ricchezza e la Posizione di Erede.

Una delle forze più potenti, corrosive e distruttive di tutta la storia oggi sta operando parecchio in tutto il mondo, è l’invidia. L’invidia è, nei termini della fede biblica, molto chiaramente un peccato, ma nell’epoca moderna giunge camuffata da virtù. La forza motivante di molto dell’egalitarismo dei nostri giorni è, non un senso di fratellanza, ma un’invidia che cerca di livellare tutte le cose. Molto comunemente l’invidia si maschera anche come una preoccupazione per la giustizia sociale e millanta santità di carattere mentre promuove odio, rivoluzione e omicidio.

L’invidia combatte contro il rango, ma ogni rivoluzionario nell’epoca moderna ha promosso un nuovo elitismo e stabilito un ordinamento sociale più statico, bloccato e cosciente di ciò, della gerarchia sociale degli ordinamenti che sostituisce. L’invidia dichiara di promuovere eguaglianza, giustizia e democrazia, mentre in pratica sta lavorando per distruggerle tutte e tre. L’invidia capitalizza su questioni non su principii. Essendo il mondo un ordinamento peccaminoso e Caduto, anche le società migliori hanno lampanti difetti che necessitano correzione, ma l’invidia capitalizza su questi difetti mentre evita i principii. L’invidia non corregge: distrugge.

Poiché l’invidia è peccato, combatte contro virtù e carattere. Mentre capitalizza sulle debolezze, diciamo della classe media, di dottori, tecnici, stampa, sacerdoti e così via, in realtà cerca di distruggere il loro carattere e la loro forza. Di fatto dice: nessuno sia meglio di me. (Alcuni anni fa, da giovane, osservai in una  certa chiesa che una famiglia malvagia proteggeva un pastore con un brutto carattere. In un incidente, imparai che lo amavano per i suoi peccati, perché ciò li “giustificava”, mentre calunniavano e provavano risentimento verso ogni persona pia.) La legge non scritta nel cuore di ogni invidioso è: Nessuno sia migliore di me.

Poiché l’invidia è malvagia, prova risentimento verso i buoni ed è perciò socialmente molto distruttiva. Riduce chiesa, stato e società al minimo comune denominatore. Aristide il Giusto (c. 468 a. C.), uno statista ateniese e un generale fu ostracizzato dalla città in parte perché molte persone si risentivano nel sentirlo chiamare “il Giusto.” Allora, come ora, molte persone preferiscono un politico corrotto ad un uomo buono e onesto: risentono dell’eccellenza e della superiorità.

Il ruolo dell’invidia in molte sfere e riguardo a molte cose potrebbe essere citata in modo esteso, ma il nostro interesse qui è per un’area chiave per l’invidia: la ricchezza e la condizione di erede. Si dice comunemente che viviamo in un’epoca molto materialista; Pitrim Sorokin l’ha chiamata anche una cultura sensata. La concupiscenza della ricchezza, o quanto meno per la sua apparenza, è luogo comune. Una varietà di cose, come mobili, automobili e vestiario, si vendono meno per la loro durabilità e più per la loro utilità nel creare l’immagine appropriata, l’immagine di ricchezza presunta e azzardata.

Insieme a questa concupiscenza per ricchezza materiale e monetaria si accompagna un risentimento per i ricchi. La tacita premessa è: che nessuno sia ricco se non possiamo tutti essere ricchi. Di conseguenza, la pulsione rivoluzionaria è di distruggere la ricchezza e poi ricrearla per tutti, una speranza illusoria. Il risultato invece è  un ricco gruppo di pianificatori sociali che non permetteranno a nessuno di trascendere il loro controllo o la loro posizione.

Allo stesso tempo c’è un’invidia intensa e un risentimento nei confronti di eredi. Come si permette qualcuno d’ereditare ricchezza! Lungo gli anni ho sentito esprimere da professori, studenti, e da una vasta gamma di persone, una radicale ostilità nei confronti della posizione di erede. Le nostre tasse sugli immobili e sulla successione testimoniano di questo odio, e oggi, questa incontrollata invidia nei confronti degli eredi ha fatto del derubare orfani e vedove una questione di agenda statale. La proprietà del padre può essere limitata e di qualche rilevanza solo a causa dell’inflazione, ma l’invidia colpisce  continuamente sempre più in basso, dall’aristocrazia al ceto medio, ed ora più in basso sulla scala economica. Le tasse sul reddito sono similmente una conseguenza dell’invidia.

Molti uomini di chiesa fanno parte di questo mondo dell’invidia, e la promuovono come un vangelo. La parola “ricco” (con la quale intendono più ricco di me) è per molti l’insulto peggiore. Il nostro indirizzario  degli amici di Chalcedon  ne registra alcuni esempi. Un chierico ha detto che fosse immorale per chiunque avere un reddito superiore ai 20.000 dollari all’anno; un altro, lontano diverse centinaia di chilometri, ha detto che un reddito annuale oltre i 40.000 dollari fosse non cristiano e peccato. (Ci vuole poca immaginazione per indovinare l’ammontare del loro salario!)

Se un salario rilevante è peccato, quanto più lo sarà un’eredità agli occhi di queste persone! Un erede riceve denaro che non ha guadagnato, ci viene detto, e che perciò non merita. Questi soldi dovrebbero essere tolti agli eredi e dati “ai bisognosi.” In pratica, togliere i soldi ai ricchi significa darli ad uno stato ancor più ricco, non ai bisognosi. Inoltre, se il non averli guadagnati è il problema dell’erede, perché sarebbe corretto dare questi soldi o allo stato o ai poveri nessuno dei quali li ha guadagnati? Abbiamo in ogni forma d’invidia e nel suo programma sociale, un criterio ambiguo.

C’è un concetto, e un concetto necessario, che dobbiamo concedere, e, di fatto, dobbiamo insistere nel concedere: il denaro dell’erede non è guadagnato. Questo è teologicamente un concetto cruciale, come vedremo. Però, prima di procedere a questo fatto, fermiamoci un momento a sottolineare un’importante distinzione. C’è una differenza molto grande tra ricchezza non guadagnata e ricchezza guadagnata ingiustamente. Mio padre non mi ha lasciato denaro, essendo un povero pastore, ma mi ha lasciato alcuni libri, (una forma di ricchezza molto importante per me). Posseggo una biblioteca personale di 25-30.000 libri, molti dei quali ereditati da mio padre e da altri due pastori ( e molti dei quali ho acquistato). Non ho guadagnato molti di questi libri (benché molti sì). Sono ingiustamente il proprietario dei libri non guadagnati? Mi furono dati come atti d’amore e di grazia, e sono felicemente e con gratitudine il loro presente proprietario. I miei libri sono per me una forma di ricchezza, e tali sono stati anche per amici e collaboratori che li hanno utilizzati per le loro ricerche. Solamente se avessi nella mia biblioteca dei libri rubati, questi sarebbero una forma illegittima di ricchezza. La distinzione tra ricchezza legittima e illegittima non deve essere offuscato.

Siamo ora pronti a trattare con la questione chiave, la natura di non guadagnata della ricchezza ereditata. Il mondo moderno, essendo anti-cristiano, è molto ostile alla posizione dell’erede, mentre il cristiano doveva considerarla centrale per la sua fede. Ci sono qui implicazioni teologiche di vasta portata. La dottrina della grazia è coinvolta in modo molto centrale.

Il linguaggio dei “diritti” è fondamentale alla nostra epoca umanistica, che è allo stesso tempo l’epoca più omicida di tutta la storia, molto spesso nel nome dei diritti dell’uomo. L’uomo moderno assume di avere diritto a molte cose, e ad ogni decade il catalogo dei diritti aumenta, quanto il grado di oppressione e di  totalitarismo nel nome dei diritti.

Teologicamente, però, l’uomo non ha diritto quando sta davanti a Dio. Tutto ciò che ha proviene dalla grazia, dalla grazia sovrana. L’uomo e il suo mondo sono entrambi la creazione del Dio trino. Nessun uomo nasce in un mondo vuoto; siamo tutti nati eredi della nostra storia, e noi ereditiamo le ricchezze e le devastazioni dei nostri progenitori. Siamo quello che siamo per la grazia e la provvidenza di Dio. San Paolo, in un versetto chiave, colpisce alle pretese dell’uomo dicendo: “Che cosa infatti ti rende diverso? Che cosa hai tu che non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché ti glori come se non l’avessi ricevuto?” (1 Co. 4:7).

San Pietro dice che la vita è essa stessa una grazia, un dono di Dio (1 Pi. 3:7). Noi non siamo gli autori della vita, né quelli che ne determinano le condizioni. La vita è una grazia, un dono di Dio e, nel bene o nel male, siamo tutti eredi. La nostra eredità è spesso una deturpata a motivo del peccato, ma lo stesso, siamo eredi, redenti o non redenti. Se manchiamo di riconoscere la grazia e il proposito di Dio, o d’inchinarci davanti alla sua sovranità, veniamo giudicati e diseredati.

Ma, se siamo i redenti, siamo gli eredi del regno di Dio, eredi confermati, eredi insieme con Cristo; ci viene detto ripetutamente (Ro. 8:17; Ga. 3:29, 4:7;  Ef. 3:6; Eb. 6:7; Gm. 2:5; ecc.).

La bibbia richiede che riconosciamo il fatto della grazia e della posizione di eredi. Sono essenziali alla dottrina della salvezza e anche al biblico modo di vivere. Ciò che siamo l’abbiamo ricevuto e non apparteniamo a noi stessi. (1 Co. 6:19). “Perciò nessuno si glori negli uomini” (1 Co. 3:21) per alcuna ragione, non negli altri uomini e neppure in noi stessi. Noi non siamo solo creati dal Signore ma anche ricomprati e redenti al prezzo del sangue di Cristo (1 Co. 6:20).

L’uomo invidioso di oggi rifiuta di vedere tutto questo. Il mondo è un prodotto del caso, e in quel reame del caso l’uomo ha lottato, combattuto, è sopravvissuto ed ha avanzato se stesso. Ha fatto tali progressi che può adesso auto-consapevolmente controllare e dirigere la sua evoluzione futura. Abbiamo qui la più radicale dottrina delle opere di tutta la storia. Le opere coinvolte hanno denti ed artigli sporchi di sangue. Crede che un uomo evolve distruggendo le forme inferiori, inclusi gli aborti di bambini non nati, non voluti o potenzialmente con difetti.

Questo invidioso uomo umanistico si sente giustificato anche di colpire i nati, eredi specialmente, in ordine di far progredire il suo concetto di avanzamento sociale e di giustizia. Poiché è in guerra con Dio, quest’uomo umanistico rigetta radicalmente l’idea di grazia e di condizione di erede in ogni e tutti i reami, dal teologico al societario. Fa più che rigettarla, le fa guerra, ed è una guerra totale.

Alcuni studiosi scrivono come se il Darwinismo Sociale fosse una cosa del passato. Le loro opere sono semplicemente delle imposture. Ciò che è tramontato è il Darwinismo degli uomini del tempo e della classe di Carnegie, cioè il Darwinismo Sociale dei potenti e dei magnanti industriali in gran parte non cristiani o anti-cristiani i quali credevano nella manipolazione dello stato per i loro propositi. Al loro posto abbiamo il Darwinismo Sociale del socialismo e delle moderne democrazie, una sua forma camuffata ma altrettanto reale. Dietro la facciata della benevolenza, lo stato moderno applica la ghigliottina a tutti quelli che ritiene inadatti a servire.

Più che mai, in tale situazione, è imperativo che i cristiani facciano rivivere le dottrine bibliche della grazia e della condizione di eredi. In un mondo di grazia noi siamo tutti eredi: abbiamo ricevuto ricchezze non guadagnate senza lavoro o opere da parte nostra. Essere eredi ci impone un importante compito di amministrazione. L’insieme della legge ci da la forma di amministrazione per gli eredi della grazia. Nostro Signore la riassume con cinque parole: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt. 10:8).

Questo comandamento fu dato ai discepoli, e a noi. Si applica a tutti, ricchi o poveri  secondo le valutazioni degli uomini. Siamo fin troppo inclini, oggi, ad assumere che il dovere di dare gratuitamente o generosamente appartenga al ricco e il rimanente di noi abbia il dovere di ricevere! È, di fatto, basilare all’invidia richiedere che l’invidiato dia e l’invidiante o riceva o determini la disposizione di ciò che è dato. Abbiamo visto una grande varietà di persone considerare se stessi come i necessari recipienti. I vari gruppi di minoranze credono di avere un diritto alle regalie. Lo stesso vale per gli anziani e, assieme ai dipendenti della scuola pubblica, costituiscono la nostra lobby più potente. Certamente industria, agricoltura, e  manodopera, tutte cercano sussidi o regalie. L’invidia conduce al mondo della coercizione.

La bibbia, però, dice che ogni persona comincia con la grazia della vita. I redenti sono doppiamente i percettori di grazia, ed essi sono i designati eredi di tutte le cose in Cristo. Hanno ricevuto gratuitamente, devono dare gratuitamente.

La posizione cristiana è perciò fondata su eredità e grazia. Abbiamo ricevuto gratuitamente e il Signore richiede che lavoriamo per la ricostruzione di tutte le cose nei termini della parola-legge di Dio. Questa ricostruzione richiede che diamo la nostra vita, tempo, pensiero, sforzo e denaro a questo scopo. Quando Giacomo parla di noi come eredi (Gm. 2:5), e come co-eredi con Cristo il Re, principi della grazia, ci richiama a compiere o osservare la legge regale: “Ama il tuo prossimo come te stesso” (Gm. 2:8).

Ci è comandato: “Ma ricordati dell’Eterno, il tuo DIO, perché è lui che ti dà la forza per acquistare ricchezze” (De. 8:18). Ci è comandato: “Apri generosamente la tua mano a tuo fratello, al tuo povero e al tuo bisognoso nel tuo paese” (De. 15:11).

L’invidia è divisiva e distruttiva. Crea un mondo di conflitto e di odio. L’odio verso i ricchi è peccato altrettanto dell’odio verso i poveri. Quando siamo comandati da Dio di amare il nostro prossimo, non sono fatte qualificazioni che ci esimono se è ricco o povero, nero o bianco. Noi dobbiamo adempiere, cioè osservare la legge in relazione al nostri prossimo, rispettando la santità del suo matrimonio, la sua vita, proprietà, reputazione, in pensieri, parole ed opere (Ro. 13. 8-10), e vederlo come il nostro prossimo  che Dio ci ha dato.

Alcuni del nostro prossimo saranno sicuramente dei problemi, non ci piove! Però, noi dobbiamo ricordare che in questo mondo di grazia e di posizione di eredi, tra le cose che spesso ereditiamo ci sono problemi. Li abbiamo perché Dio li ha intesi, non perché ci lamentiamo di essi ma perché cerchiamo di risolverli nella sua grazia e mediante la sua parola-legge. Dobbiamo affrontarli nella confidanza di Romani 8:28, che sicuramente tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio e sono chiamati secondo il suo proponimento. Ma essere chiamati da Dio significa che stiamo compiendo la sua chiamata.

Se tutto è per grazia, non c’è spazio per l’invidia, Noi siamo eredi per l’adozione della grazia, in ordine che possiamo dare di qual che abbiamo ricevuto, in modo da essere fedeli cittadini e membri del Regno di Dio.

Abbandoniamo il mondo dell’invidia per la ricchezza della grazia della nostra posizione di eredi.

(Dicembre, 1981)


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