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Fedeli devozioni

Lungo gli anni, ho ripetutamente visto e molto spesso commentato il male dell’auto-commiserazione. L’auto-commiserazione è il cancro spirituale più letale che una persona possa infliggersi. Con l’auto-commiserazione ci isoliamo come con un muro dal mondo e dalla gioia; diamo a tutti gli eventi un significato centrato su noi stessi, e vediamo la vita, non come un dono e una grazia da Dio (I Pi. 3:7), ma come una cospirazione contro di noi. A quel punto vediamo la vita e la politica, non come una responsabilità, ma come un vasto complotto. Che gli uomini cospirino, è vero, e il Salmo 2 ci dice che la cospirazione basilare è contro Dio e la sua legge. Siamo anche resi edotti dalla Scrittura che la fedele devozione al Signore ci fa vittoriosi nella storia contro tutti i nemici e le potenze (De. 28).

Gli uomini, però, trovano più facile dar la colpa agli altri che assumersi responsabilità. Di qui, il radicale assorbimento di alcuni nel documentare tutti i mali perpetrati da un gruppo o dall’altro. Tali documentazioni non cambiano nulla. Gli uomini non sono salvati conoscendo i loro nemici ma conoscendo il Signore ed essendo forti in Lui. Possiamo meglio vedere dove siano i nostri nemici e chi siano, quando siamo maggiormente in Cristo.

Una grande porzione del nostro bigottismo proviene da una concentrazione sui mali che abbiamo subito piuttosto che sui mali che abbiamo inflitto ad altre persone. Il mentire qui non è coinvolto, solamente un enfasi su un solo aspetto della nostra vita. Per illustrare, e per limitare l’illustrazione all’esperienza americana, fin da quando ero giovane, ho avuto amici ebrei che mi raccontavano delle amare persecuzioni che sopportavano: essere chiamati “Christ-killers”. “Kikes” ed altro, ed essere discriminati in vari modi, e così via. Tutto questo è chiaramente vero.

Ancora, ho udito amici Cattolici esprimere il loro dolore e la loro indignazione nel sentire la loro chiesa chiamata “La meretrice di Babilonia”, nell’essere trattati come persone malvagie a motivo della loro fede, oltraggiati per le loro pratiche religiose, e così via. È doloroso sentir parlare di alcuni degli oltraggi sofferti. Non ho dubbio che siano veri.

Ancor di più, molti Protestanti possono raccontare storie simili, tutte vere. Una ragazza mi ha raccontato della sua esperienza dolorosa nell’essere la sola Protestante in un’impresa commerciale con oltre una dozzina di ragazze, tutte cattoliche, con un datore di lavoro ebreo! Solo la sua indubitabile eccellenza la fece resistere; fu fatto ogni sorta di tentativo di addebitarle errori. Fu il bersaglio di orribili commenti circa la sua fede, e così via, ripetutamente. Solo la paga e il suo bisogno di lavorare la fecero continuare ad andare al lavoro. Molte, molte storie ancora come queste possono essere raccontate, tutte vere.

Ma questo è solo un lato della storia. Più di un cattolico, di un Protestante e di un ateo mi hanno raccontato dei problemi di vivere in un vicinato ebreo all’antica, e da bambini camminare per la strada con i vecchi ebrei che sputavano loro addosso dalle verande, o di cadere e farsi male e tutti che ridevano deliziati, e così via.

Ancora, un ragazzino ebreo in qualsiasi rione non ebreo ha sofferto tormenti per mano di ragazzi Cattolici, Protestanti ed atei nel vicinato. Ho sentito più di qualche storia  dell’umorismo crudele, degli scherzi maliziosi e cose simili, in molti casi fin troppo abituali. Ciascun gruppo ha cercato di superare l’altro in scortesia.

C’è bisogno che dica di più? Non c’è un gruppo nella società che non abbia sofferto qualche indegnità e che a non ne abbia inflitte ad altri. Riuscite a convincere qualsiasi gruppo dei loro peccati? Amano laurearsi in peccati degli altri.

Vale anche nel matrimonio. “Uomini!” Ho udito una volta una donna  sbuffare indignata: “Potrei dirvi molte cose sul conto di quegli ______!” Sono sicuro che avrebbe potuto, e sono sicuro che uomini avrebbero potuto dirmi molto di lei. Nel matrimonio, uomini e donne hanno troppo spesso la cattiva abitudine di concentrarsi sui peccati e le mancanze dell’altro, non sulle proprie, e di provare un sacco di auto-commiserazione. Una moglie, che trascurava le proprie responsabilità più di routine come moglie ma che si lamentava senza sosta del marito, s’infuriò velenosamente quando le chiesi della sue responsabilità. Ho visto uomini acidi ed arrabbiati perché la moglie ha un problema; questi uomini avevano dato per scontato che solo loro avevano diritto a bisogni e voglie. Tendiamo tutti a dimenticare che la sola persona che possiamo cambiare siamo noi stessi, e che farlo è nostro dovere comandato da Dio. Ognuno, invece, vuole riformare gli altri, specialmente i propri nemici. Dimentichiamo che la peggior minaccia per la comunità proviene da questo tipo di fariseismo. Vedersi superiori, e vedere tutti gli altri come il problema del mondo è l’essenza del fariseismo. Manchiamo completamente il punto dell’incriminazione dei farisei da parte di nostro Signore se lo dimentichiamo; in misura molto reale, erano la gente migliore del loro tempo, e lo sapevano. Il loro atteggiamento verso gli altri lo rifletteva.  Nel suo tagliente attacco ai farisei, nostro Signore ne dipinge uno che si vanta della propria superiorità perfino con Dio: “O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, rapaci, ingiusti, adulteri, e neppure come quel pubblicano” (Lu. 18:11). Il fariseo si separò dagli altri uomini nei termini della sua presupposta superiore posizione religiosa. Nostro Signore ci dice che il pubblicano fu giustificato davanti a Dio, non il fariseo (Lu. 18:14).

Dobbiamo anche ricordare che nostro Signore dichiara che il la legge di Dio è riassunta  in due comandamenti: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente … E …Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Mt. 22:37, 39). Non i criteri umanistici o sociali, ma l’amore di Dio deve governare tutto il nostro essere. Quando amiamo Dio realmente, Allora possiamo anche amare il nostro prossimo come noi stessi. Le due cose sono chiare nel secondo comandamento. Primo, presuppone che amiamo noi stessi. Possiamo rispettarci ed avere un sano amore per noi stessi solamente quando sappiamo di essere creati ad immagine di Dio  e redenti da Gesù Cristo. Persone che non possono amare se stesse non possono amare gli altri. Molto del fallimento di vari gruppi, Protestanti, Cattolici, Ebrei ed altri, d’avere il pio rispetto che dovrebbero avere per gruppi o persone al di fuori del loro giro di collegamenti è dovuto alla mancanza di una visione biblica di se stessi sotto Dio.

Dio mette ripetutamente alla prova l’integrità della fede di un popolo esaminando la loro cura per vedove, orfani e stranieri, per quelli che sono al di fuori del loro normale ambito d’associazione. Questo è il secondo aspetto di questo comandamento. Amare il nostro prossimo come noi stessi è dimostrare un interesse per il loro benessere, diritti, reputazione, grande quanto quello che  abbiamo per noi stessi. Amare il nostro prossimo come noi stessi significa rispettare il matrimonio del nostro prossimo e la sua santità (“Tu non commetterai adulterio”); la sua proprietà (“Tu non ruberai”); la sua reputazione (“Tu non farai falsa testimonianza”); e lo farai in parole, pensieri e azioni (“Tu non desidererai…”).

Ciò che questo significhi è molto chiaro. Al di là di una sfera molto limitata, il giudizio è territorio di Dio. Uno stato empio si approprierà sempre più delle prerogative di Dio e assume poteri di giudizio sul tutto della vita. Poiché noi non siamo Dio, per noi il potere decisivo nella società deve essere il potere di rigenerare di Dio e l’opera dello Spirito santo in noi e attraverso di noi. Non rivoluzione ma rigenerazione, non coercizione ma conversione, è il nostro modo di cambiare il mondo e di far avanzare il Regno di Dio. Questo è il cuore della Ricostruzione Cristiana. Il cuore della legge biblica è che fa di noi il governo basilare della società in e attraverso la nostra vita personale e famigliare, attraverso le nostre vocazioni, chiese e scuole. Nella legge biblica, il governo civile è una sfera di governo e di potere molto limitata e minore.

Nessuna società può essere in salute se le persone cha costituiscono non sono forti nella fede. Uno stato forte significa un popolo debole. I vari governi civili del mondo sono tutti forti e soverchianti nella loro potenza perché le persone sono deboli nella fede. Il potere statalista cresce a riempire un vuoto di governo creato dell’irresponsabilità delle persone. Quando gli uomini dicono di loro Signore: “Non vogliamo che costui regni su di noi” (Lu. 19:14), stanno invitando l’anarchia. Il libro dei Giudici descrive un tale periodo. Gli uomini avevano rigettato Dio come loro re e, poiché “In quel tempo non c’era alcun re in Israele” essendo stato rinnegato Dio “ognuno faceva ciò che sembrava giusto ai suoi occhi” (Gs. 21:25).

Quando gli uomini fanno ciò che sembra giusto ai loro occhi, quando negano Cristo nostro Re e la sua parola-legge, il loro mondo e il loro gruppo diventa per loro la fonte della determinazione. A quel punto gli uomini agiscono in modo umanistico e sono determinati dal loro gruppo, non dal Signore. La fedele devozione che ci governa deve essere a Cristo e al suo regno, non alle nostre chiese Cattoliche o Protestanti.

La nostra fede può raramente superare la nostra fedeltà. Se la nostra fedele devozione è Presbiteriana, Battista, Cattolica, Metodista, o quale che sia, siamo di fatto piccoli uomini, e la nostra “fede” al massimo è una fede contorta. Le chiese, come le persone, devono essere strumenti nelle mani di Dio, non il centro della nostra vita. Noi possiamo e dobbiamo rispettare lo strumento, ma torciamo la fede se non siamo centrati su Dio.

Si racconta la storia di un famoso evangelista di un secolo fa che incontrò un ubriacone il quale frignò con gratitudine che doveva a lui la sua conversione. L’evangelista rispose: “Sì, devo proprio averti convertito io, perché è ovvio che il Signore non l’ha fatto”.

Se la nostra fedele devozione è a qualsiasi cosa di meno che al Dio trino e alla sua parola, le nostre fedeltà saranno orientate umanisticamente. Saremo oltremodo governati da gruppi e istituzioni, per quanto possano essere buoni, e insufficientemente governati da Dio il Signore. Un prominente leader politico americano, un uomo di rara indipendenza, una volta mi ha detto che la pressione dei colleghi governa la maggior parte dei politici. Prima della loro elezione, sono motivati da ciò che essi e il loro collegio elettorale vuole. Dopo l’elezione, sono governati dalla pressione di colleghi e sono meno ricettivi delle richieste del loro elettorato.

La pressione dei colleghi è una forza potentissima nel mondo moderno perché la fede religiosa è per contrasto debole e fragile. Infatti, in un college cristiano s’insegnano le dinamiche di gruppo perché sono un importante e opportuna fonte di forza sociale.

Ciò va mano nella mano con un determinante cambiamento di prospettiva nell’uomo che prese progressivamente potere con l’Illuminismo. L’ambito che appartiene alla religione e alla chiesa fu visto come il mondo interiore, la vita spirituale dell’uomo. L’ambito della ragione e dello stato fu visto come la sfera materiale. Non c’è prova nella Scrittura per una tale divisione. Tutte le cose sono state create da Dio il Signore, e tutte le cose sono sottoposte alla sua parola-legge e al suo governo. La sua chiesa deve dichiarare la parola di Dio e la sua rilevanza a tutto il mondo, allo stato non meno che a qualsiasi altra sfera. Per la chiesa, essere muta in qualsiasi sfera, o limitare la portata del governo di Dio, della sua legge e del suo dominio è peccare e, nella misura in cui lo fa, negare il proprio Dio.

Noi non dobbiamo pertanto, essere governati dalle nostre lealtà parrocchiali, non da dinamiche di gruppo, e neppure da pressioni di colleghi. Tutte le nostre chiese, istituzioni, gruppi, razze, nazionalità e alleanze devono essere prima soggette al governo del Dio trino e della sua parola-legge. Meno di questo è idolatria.

La dichiarazione fondamentale della legge di Dio è questa: “Non avrai altro Dio all’infuori di me” (Es. 20:3). Dobbiamo ricordare che perfino cose molto buone possono essere trasformate in idoli e falsi dèi. Per molti, la loro chiesa è un idolo, o la loro famiglia, i loro figli, la loro razza, nazionalità o gruppo. Per quanto buone possano essere queste cose, possono diventare e spesso sono idoli quando diamo ad esse la priorità sull’amore per Dio e, in quell’amore per Dio, il nostro amore per il nostro prossimo. Un bene limitato, se gli è dato un posto troppo alto nella nostra vita, può essere distruttivo quanto un male ovvio ed aperto, e anche di più. Ricordate, tale prospettiva portò degli uomini a crocefiggere Gesù Cristo. 

R.J. Rushdoony (Maggio, 1985).

 


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