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Legge Naturale e Legge Canonica

Il significato delle parole cambia col tempo, ed è un errore assumere che il vecchio significato, quello “originale” governi ancora quella parola. Così, “collaudo” una volta significava col-laudo, lode, approvazione; tradire significava trasmettere, consegnare; dopo che Giuda consegnò Gesù questa parola assunse il suo significato più cupo; “voto” poteva significare una richiesta o preghiera come anche una determinazione, o un’espressione di volontà, che è più vicina al significato attuale. Queste ed altre parole hanno cambiato il loro significato, e nell’usare scritti del passato, è importante comprendere ciascun cambiamento di significato nel termine.

Uno di tali termini dal significato molto cambiato è “legge naturale”. Proviene dagli antichi greci, che intendevano qualcosa di  molto diverso da ciò che molti oggi riconoscono con questo termine. Prima di tutto, per i pensatori greci la natura non era decaduta; secondo, il mondo materiale era diviso in due sostanze, materia e idee. Le idee, o forme, erano universali che un buon ragionamento poteva scoprire, di modo che i filosofi, nel loro ragionare, assunsero che le loro conclusioni razionali, quando corrette, rappresentavano la legge naturale. Aristotele e Platone, dunque, assunsero che il loro ragionamento politico avesse afferrato gli universali della vita e perciò rappresentasse il vero ordine e la legge naturale. La distinzione fu posta tra “leggi fatte dall’uomo” (ciò che gli uomini irragionevoli  legiferavano) e la “legge naturale” (ciò che i filosofi videro come il logos o ragione dell’essere). In questo modo, la legge naturale dichiarò di esprimere il vero ordine della natura. Possiamo dire che Marx, nel descrivere l’inevitabile processo storico e le sue conclusioni, echeggiò il questo senso la legge naturale.

L’era medievale ebbe un concetto diverso, al principio, benché mai completamente libero dall’eredità greca. Graziano (c. 1148) scrisse: “L’umanità è governata in due modi; vale a dire, dalla legge naturale e dalle consuetudini. La legge della natura è quella contenuta nella legge e nei Vangeli” (Decretum pt. I, distinzione 1). Nei passaggi successivi, l’influenza greca è evidente, ma per la maggior parte degli uomini del suo tempo, la legge biblica era vista come legge naturale, la legge del Creatore mediante la quale sono governate tutte le cose.

In Tommaso d’Aquino fu forte la rivitalizzazione dei greci. La legge naturale fu vista come qualcosa che apparteneva alla giusta ragione. Dio e l’uomo condividevano un essere comune e “Tutti gli esseri altri da Dio non sono esseri propri, ma sono esseri per partecipazione” (Summa Teologica, I, D. 44, R. 1); questo rappresentò un passaggio dalla creazione alla partecipazione, un concetto greco. Significò che “Il principio intellettuale che noi chiamiamo l’anima umana è incorruttibile” (D. 75, R. 6). La creatura razionale perciò “condivide nella ragione eterna … e tale partecipazione della creatura razionale nella legge eterna è chiamata legge naturale” (D. 91, R. 2).

Anche Niccolò da Cusa (c. 1400-1464) sostenne la stessa cosa“Poiché la legge naturale è naturalmente nella ragione, ogni legge è conosciuta all’uomo nella sua radice”.

Tale pensare bypassò la dottrina della creazione, e rese nulla la dottrina della Caduta. Il male divenne metafisico anziché morale e fu equiparato al non-essere. Ogni essere era buono, perché ogni essere era continuo con l’Essere di Dio per partecipazione. Il ritorno di Aristotele rese inevitabile l’Illuminismo, perché l’Illuminismo semplicemente s’impadronì di questi concetti di giusta ragione e legge naturale e li portò alla loro conclusione logica. La cristianità e la Chiesa furono presto considerate bagaglio in eccesso.

Se la giusta ragione da’ espressione alla legge naturale, allora lo stato razionale, cioè quell’ordine stabilito dai Filosofi-Re, è il vero stato e l’espressione della legge naturale. La teoria del diritto divino dei re sosteneva  la manifestazione regale del potere e della legge naturale.

I due grandi nemici del diritto divino dei re furono i Gesuiti e i Calvinisti. I Gesuiti sostennero il potere del papato di governare tutte le cose spirituali e di dichiarare la volontà di Dio per governanti, i Calvinisti insistettero sulla sovranità di Dio su chiesa e stato.

Il diritto divino dei re era una dottrina curiosa. Si atteneva alla rivendicazione che il potere del re gli giungesse direttamente da Dio. Alcuni esponenti di questa dottrina collegavano il diritto divino all’ufficio piuttosto che alla persona, ma questa limitazione fu rigettata da uomini come Giacomo I d’Inghilterra. Il diritto era naturale ed ereditario, quanto divino.  Come la successione privata di latifondi sotto la legge feudale, il diritto divino era un possesso ereditario che apparteneva al casato reale e ai suoi legittimi eredi. Perciò fu presa grande cura nello stabilire il legittimo ordine di successione. Il potere di diritto divino “includeva niente di meno che  la completa disponibilità della persona e della proprietà dei suoi soggetti”. (Charles Howard McIlwain, editore: The Political Works of James I; p. Xxxiii s, Cambridge; Mass.: Harvard University Press, 1918). In questo modo i re erano dei piccoli dio, secondo Giacomo I.

Nessuna legge soprannaturale poteva avere la priorità su, o essere citata contro, questa successione naturale. Come risultato ci fu una crescente de-enfatizzazione della legge biblica e del sovrannaturalismo in favore della legge naturale e della giusta ragione. Una conseguenza, fu molto presto il Deismo. Un’altra fu più tardi il Romanticismo. La natura divenne la nuova fonte della legge, dell’apprendimento e di rivelazione. William Wordsworth, in “the Tables Turned” disse:

One impulse from a vernal Wood
May teach you more of man,
Of moral evil and of good,
Than all the sages can.” [1]

Platone e Aristotele sostenevano che persone e cose erano impiegate in modo giusto solo quando usate secondo la loro natura. La moralità Stoica riassunse la questione nel precetto: “Segui la Natura”.

Jeremy Bentham, in Principles of Morals and Legislation (1789), vide tutti gli standard di giusto e sbagliato determinati da piacer e dolore. Darwin aggiunse a questo trionfo della legge naturale la tesi di una lotta per la sopravvivenza, ed Herbert Spencer identificò il giusto con ciò che è favorevole alla sopravvivenza.

Il contenuto morale, un contenuto biblico, della legge naturale di Graziano era stato ridotto a zero. (Se ti da piacere, fallo!) Rendendo normativa la natura, i sostenitori della legge naturale avevano reso normativo il peccato, e i “diritti” dei favorevoli all’aborto  e dei movimento omosessuali e cause simili sono l’esito logico di questo fatto.

Ad un recente incontro di conduttori cristiani, un difensore della legge naturale fu sfidato a definire o a nominare un contenuto della legge naturale su cui potessero concordare. Il teologo che lanciò la sfida richiamò l’attenzione sul fatto che il concetto è privo di contenuto (a meno che non si prenda in prestito dalla Scrittura). Due capi politici chiesero: “Cosa dice la legge naturale su adulterio e fornicazione?” La risposta: “Quella domanda è irrilevante.”

Il pensiero della legge naturale, quando perseguito coerentemente, va a finire in antinomia e arminianesimo. Il significato di Graziano (ch’egli non mantenne con coerenza) è mantenuto nel modo migliore vedendo la legge di Dio come sulla natura, non inerente ad essa. Quando Paolo in Romani 1:20 parla dell’ineludibile conoscenza di Dio non dice che questa conoscenza è vista nella creazione del mondo ma “dalla creazione del mondo”. Questo è un significato chiaramente diverso.

Il fatto che molti difensori della legge naturale, Cattolici e Protestanti, siano state brave persone non altera il fatto che il concetto sia stato un concetto confuso. Si è immediatamente prestato al cattivo uso perché comincia con una falsa premessa. La venerabile antichità di un concetto non gli conferisce verità. Dopo tutto, la premessa del peccato, Genesi 3:5, ogni uomo il proprio dio e legislatore, va indietro al Giardino d’Eden! Qualsiasi utilità la dottrina possa aver avuto è da allora stata persa. Ancor meglio, perché attaccarsi a un concetto di legge naturale così nebuloso quando abbiamo la legge di Dio scritta e chiara, la bibbia? Sembra che il valore persistente della legge naturale sia quello di dare agli uomini una possibilità di gonfiarsi come scopritori di legge.

A questo punto è necessario confrontare legge naturale e legge canonica. Chiedete praticamente a chiunque cosa sia la legge canonica e i più vi risponderanno che è legge ecclesiastica o di chiesa, un errore fatto perfino dalla Enciclopedia Cattolica del 1910, perché lo definì, non in termini storici, ma nei termini odierni. La parola “canone” significa regolo, una linea retta o misura. Paolo usa la parola in 2° Corinzi 10:13 (canonos) e 16 (canoni), come anche in Galati 6:16 (canoni). La prima chiesa usò il termine estensivamente. Ireneo chiamò il credo battesimale “il canone della verità”; altri parlarono de “il canone della fede”. Quando i primi concilii affrontarono dei problemi, espressero dei canoni o verità e leggi nei termini della Scrittura. La vera legge canonica è legge biblica. La legge canonica  più che certamente è stata applicata e si applica alla chiesa, ma perdiamo un fatto cruciale della storia se manchiamo di vedere che i cristiani hanno sempre sostenuto che la legge canonica è da applicarsi anche alle nazioni. Due esempi correnti di questa applicazione alle nazioni sono le leggi di Dio o regole o canoni concernenti  aborto e omosessualità. Durante la maggior parte della storia della chiesa, la chiesa ha visto la regola di Dio o canone come applicabile a tutti gli uomini, istituzioni e stati. Di fatto, la giustizia che i pagani della Roma antica riconoscevano nella legge canonica li induceva a far dirimere i loro casi nei tribunali della chiesa. Già nel 300, nelle mani dei tribunali ecclesiastici c’erano talmente tante controversie civili che Costantino, nel prendere il potere, diede a tutti i vescovi lo statuto di magistrati Romani. Per alcuni secoli dopo la caduta di Roma, la legge canonica o legge biblica fu la sola legge dell’Europa. (La legge biblica fu la legge essenziale delle colonie americane e della repubblica agli inizi.)

Recentemente, diversi cattolici nominali hanno negato la rilevanza della legge biblica per lo stato, insistendo sul consenso e sulla scelta privata. Queste persone, il Governatore Mario Cuomo, il Senatore Edward Kennedy, e la deputata Geraldine Ferraro (tutti impegnatissimi per la posizione di Eretico di Prima Classe), soni stati resi edotti dall’editorialista John Lofton (Calvinista di Prima Classe) che il “Decreto del Canone 21 della sesta sessione del Concilio di Trento … dice questo: ‘Se alcuno dice che Gesù Cristo fu dato da Dio agli uomini come redentore in cui avere fede, e non anche come legislatore cui obbedire, sia anatema’” (Washington Times, Venerdì, 21 Settembre, 1984, p. 3A).

La legge canonica o biblica fu ristretta alla chiesa dall’ascesa della legge naturale. I sostenitori della legge naturale, nel volgersi al vecchio concetto Greco-Romano, non si resero conto di ciò che stavano facendo. Apparentemente trovarono sostegno dei classici per la fede biblica; in realtà la minarono.

La sfera naturale poteva ora affermare di essere una fonte di legge. La chiesa fu vista come la voce del regno e del reame soprannaturale, e lo stato come la voce e il capo della sfera e reame naturale. Questo liberò i monarchi dalle costrizioni della legge canonica; ciascuno poteva ora asserire di essere la propria sfera di legge. La chiesa doveva limitarsi alla sfera “spirituale”, e lo stato doveva governare la sfera “naturale”. Questo significò che la chiesa doveva tenersi fuori da quella sfera di legge che apparteneva allo stato, e i suoi canoni avrebbero potuto essere validi per la vita privata del credente, ma non per la vita civile. (Recentemente, il Governatore di New York Cuomo e Geraldine Ferraro hanno ridato voce a questo argomento).

I risultati sono stati mortali, Lo stato, ora con la sua indipendente sfera di legge, ora non riconosce alcun canone o regola altra che la sua propria volontà. Sia nelle nazioni Protestanti che in quelle Cattoliche, c’è un ampio divario tra il canone professato “all’interno della chiesa”, e il canone professato da quella stessa persona “all’interno dello stato”. Dove non c’è un canone universale, quivi c’è ipocrisia e decomposizione sociale.

Un termine giuridico significativo è “The rule of law”, (nei paesi influenzati più dal dal Diritto Romano tradotto con “Stato di Diritto”, ma il significato letterale è “supremazia della legge”), il canone della legge. Il significato primario della supremazia della legge è la sua supremazia su tutte le cose, la sua applicazione a tutte le classi e i gruppi, e l’esclusione di tutte le esenzioni dalla sua amministrazione. In altre parole, la supremazia della legge significa l’universalità o cattolicità della legge. La parte significativa del concetto di supremazia delle legge è che ha riferimento alla legge dello stato, non a quella di Dio. La legge dello stato è diventata la nuova legge canonica perché lo stato reclama sovranità o signoria. È l’ordine naturale nel pieno del suo potere, e non riconosce altro canone o regola, ora men che meno se proviene da Dio.

Un bel po’ di anni fa, quand’ero alquanto più giovane, assistei in silenzio  ad una discussione informale sulla legge naturale da parte di sostenitori cristiani e non-cristiani. Avevano messo da parte le loro differenze, rispondendo all’affermazione da parte una donna, che la legge naturale non sembrava affermare alcun contenuto preciso, dicendo che questo era vero anche della bibbia, perché le interpretazioni differivano. Dove sono i vostri Dieci Comandamenti, chiesa la donna? Noi possiamo differire nel modo di elencarli, ma le parole sono le stesse per tutti i cristiani. Non diedero una vera risposta. Esaù vendette il suo diritto di primogenitura per un piatto di minestra; ha fatto un affare migliore di quelli che hanno abbandonato il canone di Dio per quello della natura decaduta.

(Ottobre, 1984)

Nota del traduttore: tradurre i Poeti è sempre difficile, provo a tradurre il concetto che è un invito a volgersi alla natura piuttosto che alla sapienza per le questioni morali.

Un impulso da un bosco in primavera
Può insegnarti  più dell’uomo,
Del male morale e del bene,
Di quanto tutti i saggi possan fare.


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