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Peccato e male

Spesso le parole tendono a diventare spuntate o svalutate nel tempo. Uso impreciso, scarsa istruzione e indifferenza per la chiarezza finiscono con l’offuscare il significato delle parole talché spesso ereditiamo parole che furono strumenti affilati ma che ora hanno lame ottuse.

Due di queste parole sono peccato e male. Fino a qualche tempo fa la definizione di peccato del dizionario manteneva il suo orientamento biblico: “peccato è la trasgressione della legge” (1° Gv. 3:4) — della legge di Dio. L’orientamento biblico della parola “peccato” ci dice perché il termine non sia tanto usato al di fuori della chiesa: perché parla troppo chiaramente di responsabilità personale nei confronti di Dio.

“Male” dall’altro lato, ha una definizione più ampia, nella bibbia e nei dizionari. Può includere e include il peccato, ma significa molto di più. Include calamità, malattie, morte, disastri e cose simili.

Il male può essere un risultato dl peccato; così, le malattie trasmesse sessualmente sono sempre male ma non sempre sono il risultato del  peccato, se prese innocentemente. D’altra parte, la morte è il risultato della caduta e del peccato dell’uomo, ma la morte in sé non è un peccato, anche se è chiamata un “nemico” (1°Co. 15:26). La malattia è un male, ma non necessariamente un peccato, benché occasionalmente possa essere un risultato del peccato.

La distinzione tra peccato e male è molto importante. Dalla loro confusione sono scaturiti errori teologici. Ecco che Cristo, con la sua espiazione, ci redime dal peccato; prende su di sé la pena del peccato, la condanna a morte, cosicché noi siamo trasportati dentro la vita eterna. Per la sua espiazione siamo fatti una nuova creazione (1° Co. 5:17), e la nostra vocazione è alla ricostruzione, la restaurazione di tutte le cose e l’eliminazione di tutti i mali; col ritorno di Cristo, “l’ultimo nemico, la morte” sarà distrutto (1°Co. 15:25-26).

L’espiazione copre dunque il peccato, non il male. L’uomo redento ha un dovere di distruggere l’effetto del peccato in se stesso, cioè di “mortificarlo” (Ro. 8:13, Cl. 3:5). Cristo deve regnare nell’uomo nuovo che per mezzo di lui soggioga “ogni principato, potestà e potenza” in modo che al ritorno di Gesù Cristo rimane solo “l’ultimo nemico, … la morte” (1. Co. 15:25-26). Questa distruzione del male viene mediante la santificazione; viene inoltre mediante il lavoro scientifico che vince malattie e minacce “naturali” di un mondo decaduto. In ogni sfera, noi dobbiamo operare per vincere il male e intronare Cristo.

L’espiazione applicata a noi non ci santifica perfettamente: ci dà il potere di rendere sante la nostra vita e le nostre sfere di vita. La nostra posizione davanti a Dio è d’innocenza in Cristo, ma noi abbiamo il dovere di sviluppare una nuova vita di giustizia e di rettitudine in ogni ambito.

In falsi concetti dell’espiazione, tanto il peccato che il male sono considerati distrutti, non solo per quanto concerne la nostra posizione giuridica davanti a Dio, ma anche nella nostra posizione psicologica, cosicché saremmo apparentemente perfetti in santità e liberati dal male. A quel punto, ammalarsi diventa evidenza di peccato! Una o due generazioni fa il capo di una setta era certo che l’espiazione lo avesse liberato dal peccato e dalla morte talché egli non avrebbe peccato né sarebbe morto (fece ambedue).

Nei termini di questo modo di pensare, la guarigione, anziché essere un ministero di compassione, diventò una richiesta di fiducia e di convincimento nell’espiazione.

Una differenza cruciale tra peccato e male è che il peccato è sempre personale, mentre il male è spesso impersonale. I peccati sono azioni degli uomini e non hanno esistenza senza l’azione umana, senza un atto della creatura che trasgredisce la legge di Dio. È pertanto assurdo dire che dovremmo odiare il peccato ma amare il peccatore. È una distinzione artificiale. Furto, adulterio, omicidio, falsa testimonianza, concupiscenza, idolatria, il disonorare i genitori ed altri peccati sono azioni degli uomini e sono espressione della loro natura morale. L’uomo che ruba è un ladro, e l’uomo che commette omicidio è un omicida. L’azione non avviene da sola; è l’azione di un uomo peccaminoso ed è l’espressione della sua volontà e della sua vita. Nostro Signore insistette sull’unità tra la vita dell’uomo e le sue opere; ecco perché “Li conoscerete dai loro frutti” (Mt. 7:20). “O fate l’albero buono e il suo frutto buono, o fate l’albero malvagio e il suo frutto malvagio, perché l’albero si conosce dal frutto. Razza di vipere! Come potete dir cose buone essendo malvagi? Poiché la bocca parla dall’abbondanza del cuore” (Mt. 12:33-34).

Il peccato non è un’entità: è un atto della volontà dell’uomo col quale trasgredisce la legge di Dio perché l’uomo preferisce la propria volontà e la propria via ai requisiti di Dio. Le sue origini sono in Genesi 3:5, la volontà dell’uomo di essere il proprio dio.

L’uomo moderno non ama parlare di “peccato”. Molte chiese hanno eliminato la parola “peccato” dal loro vocabolario. La psicologia pastorale trova ogni sorta di buone ragioni per i peccati: bisogni, solitudine, negligenza, auto-realizzazione, privazione e molto, molto di più. Tutte queste “ragioni” hanno uno scopo comune, diminuire la responsabilità personale per il peccato. Siamo pieni di “buone scuse” e le incoraggiamo. “Non sapevo cosa stavo facendo”. “Le mie intenzioni erano buone, ma, prima di rendermene conto ero nei guai”. “Oh, se solo la mia educazione mi avesse preparato meglio, questo non sarebbe mai successo”. O, nella celebre frase di “Flip” Wilson “Il diavolo me l’ha fatto fare”. Probabilmente la più comune dichiarazione di “non colpevolezza” è questa: “Insomma, sono solo umano!” In altre parole, Dio mi ha fatto così e quindi la colpa è sua.

Il peccato non è un soggetto popolare per la predicazione di questi tempi! Molti conduttori e membri di chiesa insisteranno sulla “predicazione positiva” sull’ “edificare” gli ascoltatori e magari la dimensione della chiesa. (Per un anno o due, una donna mi scrisse delle lettere particolarmente cattive ogni due o tre settimane per farmi sapere che persona odiosa io ovviamente fossi a motivo delle cose che scrivevo. Delle particolari affermazioni la facevano infuriare; è ovvio che la mettevano in difficoltà, e lei mi chiamava con ogni sorta di orribili epiteti. Pretendeva un vangelo d’amore, mi disse che pregava per la mia salvezza e infine firmava le sue lettere: “Con amore cristiano”. Lungo gli anni, ho ricevuto tanto di quel veleno e di quell’odio, tutto in nome dell’amore! Mostratemi una di queste “persone dell’amore” e mi troverò probabilmente faccia a faccia con un perfetto hater!)

L’uomo moderno non ama sentir parlare di peccato, ma parla liberamente del male. Ricordatevi, il peccato è personale, molto personale. Se qualcuno parla di peccato nella vostra vita, o nella mia, stanno diventando totalmente personali! Invece, se parlano del male che sperimentiamo, il discorso è impersonale. Una pioggia torrenziale, o un tornado, possono fare molto male, ma non implicano alcun male da parte vostra o mia. Ma se parlate dei miei peccati, state diventando molto personali!

Oggi, poiché uomini non-redenti stanno guidando le nazioni, si parla di mali, non di peccati. Questi mali sono al di fuori di noi. Sono cose come povertà, fame, guerra, malattia ecc. La “soluzione” per i mali sociali viene poi dichiarata essere l’appropriazione di altro denaro; altro potere allo stato; più denaro per istruzione, ricerca e studio, ingegneria sociale e pianificatori, eccetera, eccetera.

Il costo di queste soluzioni legislative e burocratiche è altissimo. Intanto, significano una tassazione sempre più alta. Nella nostra nazione la tassazione complessiva supera il 50%con punte che arrivano fino al 75%. Questa però è solo la tassazione complessiva della varie voci, reddito, IVA, accise ed altre tasse. Un’altra forma di tassazione ancor più letale è l’inflazione che divora stabilmente risparmi, capitale e che distrugge anche il valore della pensione. C’è anche il costo in libertà perché vediamo le nostre libertà diminuire nel nome di questa guerra ai mali sociali.

Nel frattempo i mali aumentano, perché la soluzione è falsa e li aggrava solamente. Fu il peccato dell’uomo a introdurre il male nel mondo, e aggirare il peccato è dare al male maggiore libertà. Dio dichiara (De. 28) che Egli fa diminuire il male quando gli uomini credono e gli obbediscono, e lo aumenta ed intensifica quando gli uomini disobbediscono.

Noi inoltre aggraviamo la nostra condizione insistendo che il peccato non è peccato ma male sociale, non personale ma impersonale. I sociologi non chiamano il peccato col suo vero nome, i criminali sono spiegati ( o giustificati) per ereditarietà o ambiente sociale. I loro geni non erano buoni, o l’ambiente famigliare era interamente sbagliato per queste persone. Questo è un altro modo per dire che i criminali “non sono colpevoli”.

Fate decadere la parola “peccato” dalla legge e nel tempo farete decadere anche la parola “colpevole”. Ricordate, il peccato è personale; è la trasgressione della legge di Dio. È un atto di ribellione personale dell’uomo contro Dio e la sua parola. 

Dostoyevsky vide la logica dell’incredulità: se non c’è Dio, tutti gli uomini potrebbero fare come vogliono perché il peccato non esisterebbe. Nietzsche abbracciò questo credo: l’uomo nuovo deve vivere al di la del bene e del male perché, sosteneva lui, Dio è morto. Walter Kaufmann, in Without Guilt and Justice (1973), sostenne che colpa e innocenza, giustizia ed ingiustizia, sono dottrine teologiche. Poiché l’uomo ora vive al di la di questo credere in Dio, vive in modo autonomo, può scartare colpa e giustizia perché oggi nessuno dei due concetti ha  alcun significato. L’ultimo “capitolo” del libro di Kaufmann è la sua versione di Genesi 3:5; l’uomo ora è pronto per essere il proprio dio e a determinare da se stesso bene e male. “Nessuno sa cosa sia buono. Tale conoscenza non esiste. Un tempo decideva Dio, ma ora che egli è morto sta a voi decidere. Sta a voi lasciarvi dietro colpa a paura. Voi potete essere autonomi”. (p. 237). (Non dovremmo sorprenderci di ogni tipo di delirio negli scritti di Kaufmann: era un uomo che non solo lesse Hegel durante la propria luna di miele ma ne scrisse con orgoglio!)

Niente Dio, niente peccato, niente colpa — questa è la moderna equazione, un’equazione totalmente suicida. Dio dichiara: “Chi pecca contro di me, fa male a se stesso; tutti quelli che mi odiano amano la morte” (Pr. 8:36). Gli uomini che annunciarono la morte di Dio stavano in realtà annunciando la morte dell’uomo.

Molto tempo prima di Nietzsche e di Kaufmann, altri uomini stavano spianando per loro la strada sovvertendo il criterio morale. Quando il Satana di Milton, in Paradiso Perduto, dice: “Male, sii tu il mio bene,” Milton ci stava dando un’opinione già in auge da molto per mezzo di Satana. Lo studioso umanista, Lorenzo Valla, in De Voluptate (1431), sostenne che il piacere è il solo autentico bene dell’uomo; qualsiasi bene poteva essere ricondotto al piacere. Questo è l’obbiettivo dell’uomo naturale e pertanto quello normativo. Vero, Valla, potè dire, e i suoi apologisti lo usano per giustificarlo, che la gloria e la vita contemplativa danno piacere ad alcuni. Ricordiamoci, però, il piacere che Valla prese a dichiarare: “Cortigiane e prostitute meritano maggiori onori dall’umanità di sante e caste vergini”. Alcune persone vorrebbero dirci che l’umanesimo rinascimentale significò semplicemente lo studio della letteratura classica. Fu certamente quello, ma fu comunemente trasportato da un diletto nell’immoralismo classico. Per troppi studiosi dei classici il peccato era una forma di libertà e per alcuni la forma cardinale di libertà.

È ancora così in molti circoli, inclusi quelli nei quali si mossero Lord Kaynes, Strachey, ed altri cosiddetti “apostoli”. È basilare alla “rivoluzione sessuale”, all’aborto, all’agitazione omosessuale: il peccato è dichiarato essere la nuova libertà. A quel punto il male è definito da alcuni come la restrizione della libertà dell’uomo di vivere in disprezzo di Dio e di dichiarare che il peccato è la vera libertà dell’uomo.

È istruttivo, a questo riguardo, ricordare che questo era il credo del paganesimo sviluppato e maturo di Roma imperiale. Come annotò Donald Earl, in The Age of Augustus (1980): “La libertà sessuale … era una prerogativa del nobile romano, sia femmina che maschio” (p. 192). Ora, col prevalere dello spirito democratico, questo “diritto” all’immoralismo è reclamato da tutte le classi. Meno di dieci anni fa un rabbioso studente dell’Università di California L.A. mi insistette in faccia che il salario del peccato non è la morte (Ro. 6:23), ma una vita più ricca e più libera.

Il Catechismo Maggiore di Westminster echeggia la Scrittura nel dichiarare: “Il Peccato è qualsiasi mancanza di conformità a, o trasgressione di qualsiasi legge di Dio, data come regola alla creatura razionale” (D. 24, R.) Come 1° Giovanni e tutta la Scrittura rendono chiaro: “Il peccato è la trasgressione della legge”, cioè della legge di Dio.

Questo ci porta al cuore del nostro problema. Quando la chiesa è antinomiana e disprezza la legge di Dio, cosa possiamo aspettarci dal mondo? Quando la chiesa aggira la definizione di peccato della bibbia, perché  dovrebbe interessarsene il mondo? La riforma della società deve cominciare con la riforma della chiesa. 

R. J. Rushdoony, settembre 1987.


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