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Forma e Realtà

La morte di una cultura, della sua civilizzazione, e delle sue leggi, può essere vista come molto vicina quando la forma rimpiazza la realtà. Quando la fine si avvicina, vari gruppi cominciano a percepire l’arrivo del collasso, e fanno risuonare chiamate a “ritornare” a qualcosa. Spesso sono richieste che si torni alla ragione; non si può, comunque, sempre fare un’equazione tra ragione e realtà e, in un mondo di pensiero Hegeliano, ragione e realtà sono due cose molto differenti. Un’altra chiamata comune è per un ritorno alla “religione”, ma il termine “religione” può coprire una moltitudine di peccati. La decomposizione potrebbe benissimo essere dovuta ad entrambe: religione fallace e ragione fallace. In altre parole, questi auspicati ritorni alle nostre svariate radici non sono necessariamente un ritorno alla realtà

Quando la forma prende il posto della realtà, c’è un radicale allontanamento dai capisaldi della vita. È come accontentarsi e preferire fotografie di cibo al cibo stesso. Le chiese si sono messe alla testa di questa ritirata dalla vita, dalla realtà alla forma. Per illustrare un esempio, possiamo osservare la ritirata dalla realtà alla forma nella dottrina della comunione. La chiesa è stata già da lungo tempo divisa su questa dottrina: comunione chiusa o comunione aperta; transustanziazione, consustanziazione, o commemorazione, e così via. Nel processo, la realtà che sola dà vita e significato alla forma ( e la previene dal diventare blasfema) è dimenticata o negletta.

La realtà dietro ai “simboli” ha due sfaccettature. Prima e suprema è la dottrina dell’espiazione del peccato da parte di Cristo. Il sacramento poggia su un evento storico. La morte espiatrice di Cristo e la sua resurrezione, ed un fatto giuridico, la nostra liberazione dal peccato per mezzo della sostituzione operata da Cristo e la nostra giustificazione. Seconda, poiché, con la nostra salvezza siamo anche fatti diventare la nuova umanità di Cristo e  membri uno dell’altro, siamo ora una famiglia ed un regno. In qualità di membri l’uno dell’altro, ci prendiamo cura l’uno dell’altro. Questo è il significato della parabola del giudizio, Matteo 25: 31-46, Tutti quelli  che si presentano davanti al Re lo chiamano “Signore”; essi sono stati esternamente suoi “membri”, senza dubbio fedeli nell’adorazione e nel partecipare al sacramento. L’esame del Re, ad ogni modo è questo: “in quanto che non l’avete fatto a uno di questi minimi, non l’avete fatto neppure a me” (Matteo 25:45). Molti che hanno voltato le spalle a Lester Roloff, quando fu processato, udranno questa frase).

In altre parole, la domanda d’esame del Signore è: Che ne hai fatto della realtà? Tutti quelli davanti al Re in questa parabola lo chiamano Signore; tutti sembrano d’accordo sulla “sana” dottrina per quanto concerne le forme: il Signore non accusa nessuno su queste questioni. Tutti hanno la forma della pietà ma mancano della potenza e della corrispondente realtà (II Tim. 3:5). Nella chiesa vivente, le persone sono membri l’una dell’altra, non lupi che dilaniano il gregge, o falsi pastori che lo abbandonano.

In un mondo morente, la forma prende il posto della realtà, il teatro rimpiazza la vita, e l’attore o l’intrattenitore diventa la persona reale. Le figure più influenti dei nostri giorni sono attori e intrattenitori. Le loro mosse, le loro parole, le loro faccende sono questioni di grande importanza per milioni di persone. La loro morte, come nei casi di Elvis Presley e di John Lennon, sono sulla prima pagina per giorni e d’interesse mondiale. (La morte di John Lennon fu pianta nella morente Mosca e nella morente New York, ambedue, come pure altrove, e appropriatamente: lasciate che i morti seppelliscano i loro morti, (Matteo 8:22).

In politica, constatiamo il rapido e sproporzionato aumento della burocrazia in tutto il mondo. Lo stato moderno, quand’è confrontato da un problema, crea una burocrazia  la cui competenza è quel problema. Nessuna burocrazia s’è mai dissolta per aver terminato il lavoro! La forma di una soluzione, una legge ed una burocrazia, prendono il posto della realtà. Quando il popolo si stanca della politica del momento, un altro gruppo prende il potere, per sostituire le vecchie forme con altre nuove. Nel frattempo, realtà come inflazione, illegalità, e conflitto sociale aumentano ed abbondano da tutti i lati.

Allo stesso tempo, i candidati e i funzionari eletti diventano sempre più approntati a presentare una buona legge davanti alle telecamere e alla stampa. La politica diventa una forma di teatro e la legislazione un tipo di rappresentazione teatrale. Il pubblico stesso ricerca nuove legislazioni, non con argomenti ragionati o con dati presentati davanti alle commissioni legislative, ma con dimostrazioni, contestazioni e azioni create per il teatro della politica. Qualsiasi percorso sia preso per influenzare e dare forma a legislazione e amministrazione, il principio che lo governa è che deve essere del buon teatro. La natura di ciò che costituisce un buon teatro varia di anno in anno, ma non il fatto essenziale che la forma ha preso il posto della realtà.

Tutta la realtà inizia e termina col Dio trino e la sua parola-legge. Senza questo la gente cammina nelle tenebre (Isa.8:20). C.S. Lewis dipinse gli abitanti dell’inferno come vivere in un mondo profondo e buio, ma insistere che era solo il grigio prima dell’alba! Avevano per sempre abbandonato la realtà.

Quando gli uomini rimpiazzano la realtà con la forma, dissacrano e disonorano quelle che spesso sono altrimenti buone e necessarie forme, perché  sminuiscono il loro significato. Una leggenda Russa dei primi tempi della sua cristianizzazione ci racconta di un prete solitario in una chiesa quando i pagani Polacchi invasero l’area. Uno dei guerrieri polacchi invase la chiesa trascinando una donna prigioniera. Il guerriero prese un’immagine della Vergine, vi gettò sopra la donna e la violentò. Il prete, dal suo nascondiglio, lo vide mentre accadeva e gridò in preghiera a Dio di vendicare la dissacrazione della sua chiesa, e la violenza sulla donna. Dio rispose al prete, dicendo: questo peccatore verrà punito quando verrà il tempo per lui. Ma perché il suo peccato dovrebbe essere peggiore ai miei occhi dei tuoi peccati, la tua noncuranza verso la tua vocazione, e la tua soddisfazione di te stesso davanti a me? Il prete, in altre parole, era stato fedele alle forme, ma aveva dimenticato la realtà della fede, e il suo peccato era maggiore.

Il giudizio comincia dalla casa di Dio (1Pi. 4:17); deve essere così anche per la riforma.   


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