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L’eresia della democrazia con Dio

Una giovane donna, madre di una bambina di sei anni, descrisse le condizioni della scuola elementare del vicinato. Un’insegnante è dichiaratamente lesbica. Alcuni ragazzini trascinano tra gli urli delle femminucce nei bagni dei maschi e si espongono alle bambine e niente viene fatto per cambiare questa situazione. Il pastore della sua chiesa rispose così alla sua richiesta per una scuola cristiana: “Non credo all’isolazionismo spirituale per i cristiani, e questo è ciò che le scuole cristiane rappresentano”. Strano? Niente affatto, anzi, un attitudine fin troppo comune.

Nella posizione di Chalcedon N.° 2 scrivendo riguardo a “possiamo dare la decima dei nostri figli?” citai Salmo 128:1 “Beato chiunque teme l’Eterno e cammina nelle Sue vie”. L’articolo è caduto nelle mani di un ministro, il quale sembra esserne stato parecchio turbato. Egli ha corretto la parola di Dio, e ha scritto per dichiarare: “Non mi piace la parola ‘teme’, meglio ‘ama’ l’Eterno” Strano? No, fin troppo comune.

Un pastore, preparandosi a parlare sull’ autorità della Bibbia ha alterato la parola ‘autorità’ nel volantino della chiesa affinché i membri leggessero ‘leadership’. Una prominente pubblicazione ecclesiale ha parlato con odio e ridicolo di tutti quelli che credono in una cosa così ‘primitiva’ come la legge Biblica. Un altro pastore, preparandosi a disciplinare un membro della chiesa che stava seriamente peccando, è stato attaccato dai suoi colleghi pastori ad una riunione di chiesa, in qualche modo non è amorevole trattare il peccato come richiede la parola di Dio.

È necessario fare altri esempi? Ci sono più pastori che perdono il pulpito per la loro fedeltà alle Scritture che per qualsiasi altra ragione. Vengono trovate le scuse più futili per rendere possibile la dissoluzione della relazione pastorale. Il peccato alla luce del sole è condonato, e la semplice fedeltà è disprezzata. Il mio telefono suona regolarmente per riportare freschi episodi di chiese in rivolta contro Dio e la Sua parola. Gary North ha ragione. I complici dell’umanesimo sono nella chiesa. (Christian Reconstruction, III, 2.)

Di tutto ciò, molto scaturisce da una delle grandi eresie del nostro tempo, il credere nella democrazia. All’inizio del secolo, alcuni uomini di chiesa cominciarono a parlare della democrazia di Dio, cioè che Dio vuole un universo dove Egli e le Sue creature possono lavorare e pianificare insieme in modo democratico. Naturalmente, se la nostra relazione a Dio è democratica, possiamo correggere la Bibbia dove non ci piace, eliminare ciò che non possiamo correggere, ed usare criteri e pietre di paragone per la chiesa e per i suoi servitori diversi da quelli della parola scritta di Dio.  A quel punto, logicamente, la nostra parola è buona quanto quella di Dio e altrettanto autoritativa.

Nel suo importante studio L’Eresia della Democrazia (1955), Lord Percy di Newcastle dichiarò che la democrazia è: “Una filosofia che non è niente di meno che una nuova religione” (p. 16). La giustificazione per tutte le cose non è da trovarsi nel Dio Trino ma nel popolo. Virtù significa soddisfare i bisogni del popolo, e lo stato democratico, la chiesa, e Dio hanno una funzione: soddisfare i desideri umani. Lo stato, la scuola, la chiesa, e Dio diventano cappellani dell’uomo, chiamati ad inchinarsi davanti alla sua autorità. Infatti, Lord Percy disse della scuola statale: “Della democrazia questo è sicuramente il caratteristico Marchio della Bestia… di tutti i mezzi per assimilare, il più essenziale alla democrazia è un’ educazione uniforme controllata dallo stato” (p.13). Sfidare quel sistema significa scrollare la struttura della democrazia, inclusi il suo stato e la sua chiesa. Prima di lui Fichte considerò l’educazione statale in termini messianici: “Il progresso è quella perfezione dell’educazione per la quale la Nazione è fatta Uomo”.

Dentro la chiesa, i modernisti sono stati i primi ad avocare lo stato come voce e strumento di Dio. Wellhausen, il leader Tedesco della critica testuale dell’Antico Testamento, dichiarò: “Dobbiamo riconoscere che la Nazione è più sicuramente creata da Dio che la Chiesa, e che Dio opera più potentemente nella storia di nazioni che nella storia della chiesa”.

Dietro a tutto ciò  sta la questione dell’autorità: è da Dio, o dall’uomo? Se Dio è l’autorità sovrana su tutte le cose, allora solo la Sua parola-legge può governare ogni cosa. Religione, politica, economia, scienza, educazione, legge e tutte le altre cose devono essere sotto Dio, o sono in rivolta contro di Lui.

Se l’autorità ultima è l’uomo, allora tutte le cose devono servire l’uomo e inchinarsi davanti alla sua autorità. Come T. Robert Ingram ha così chiaramente indicato in What’s Wrong With Human Rights ( Cos’è Sbagliato nei Diritti Umani 1979), la dottrina dei diritti umani è il sostituto umanistico per la legge Biblica. Essendo l’uomo ora considerato sovrano, i suoi diritti hanno rimpiazzato la legge di Dio quale forza vincolante e autorità sull’uomo e sul suo mondo.

Gli effetti culturali di questo cambiamento sono stati di vasta portata. In uno studio eccezionalmente brillante ed efficace, Ann Douglas, in The Feminization of American Culture (1977), ha mostrato gli effetti dell’unitarianesimo e del liberalismo religioso sulla cultura Americana. Da un enfasi Teo-centrica (non necessariamente coerente o applicata radicalmente) è emerso un punto focale centrato sull’uomo. La nuova giustificazione delle donne divenne il culto della maternità (un punto focale umanistico, centrato sull’uomo), e per entrambi, uomini e donne “fare del bene” ai propri consimili. Con questa nuova enfasi, gli uomini abbandonarono la chiesa, o la considerarono periferica per la loro vita, e il clericato liberale sviluppò i fondamenti di ciò che oggi abbiamo come religione soap-opera. Nella descrizione deliziosamente incisiva di Ann Douglas: “Non può essere casuale che le soap-opera, una crescente specialità del Protestantesimo liberale del diciannovesimo secolo, sia un fenomeno che associamo con le speciali necessità della sub-cultura femminile” (p.48). La religione liberale ha effeminato il clero, ha reso le donne e la cristianità irrilevanti  per la vita, ed ha creato un clero senza spina dorsale e senza fegato per il quale la fede è un parlare di sentimenti e non la potenza di Dio per la salvezza. Per citare ancora la Dottoressa Douglas: “Il ministro liberale che ha abbandonato la teologia ha perso il suo diritto di partire dai ‘fatti’ della Bibbia come li avevano intesi i suoi predecessori: che Dio ha fatto l’uomo, l’uomo ha peccato contro di Lui, e che Dio aveva ed ha il diritto di comminargli qualsiasi punizione giudichi adeguata per le trasgressioni” (p.200). 

Questa umanistica religione soap-opera ha conquistato altre aree della chiesa. L’Arminianesimo l’ha rapidamente adottata, come ha fatto buona parte del Calvinismo, quale propria enfasi spostata dall’atto sovrano di salvezza di Dio alla pretesa scelta dell’uomo, o esperienza dell’uomo, e, dalla centralità e autorità della parola, ad una ‘religione del cuore’ emotiva e governata dal fattore esperienziale.

In questa umanistica parodia del cristianesimo, l’esperienza dell’uomo ha priorità sulla parola di Dio. Un ‘operaio cristiano’ mi ha detto che non è saggio per la gente leggere la Bibbia senza la guida di una ‘reale’ esperienza di religione del cuore ‘ripiena di Spirito’. Naturale, nella sua ‘esperienza’ lo Spirito lo aveva liberato dalla parola, un’opinione eretica.  Ad un pastore che aveva annunciato una serie di sermoni sull’autorità, vale a dire l’autorità di Dio, della Sua parola, autorità sotto Dio, ecc., fu bruscamente detto che avrebbe dovuto predicare della ‘comunione’ con Dio, non dell’autorità di Dio. Quando gli uomini di chiesa sono ostili all’autorità di Dio, non sono cristiani. La comunione con Dio per mezzo di Cristo è nei Suoi termini e sotto la Sua grazia e la Sua autorità. “Se diciamo di avere comunione con Lui, e camminiamo nelle tenebre, noi mentiamo e non mettiamo in pratica la verità” (I Gv. 1:6).

Una chiesa che nega l’autorità di Dio non sarà nella posizione di resistere l’autorità dello stato. Guarderà alle autorità anziché al Signore per la propria giustificazione, e, nel concedersi allo stato, lo farà nello spirito di collaborazione, non di compromesso, perché la sua vera comunione è con l’uomo e lo stato, non col Signore. Ambrogio, nel 385 resistette alla requisizione di una chiesa da parte dello stato a Milano, dichiarando: “Ciò che appartiene a Dio è al di fuori del potere dell’Imperatore”. Ambrogio disse inoltre, nel suo Sermone Contro Assenzio: “Noi paghiamo a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio. Il tributo è dovuto a Cesare, noi non lo neghiamo. La Chiesa appartiene a Dio, perciò non deve essere assegnata a Cesare. Poiché il tempio di Dio non può appartenere a Cesare di diritto”. E aggiunse che l’Imperatore può essere in chiesa per fede, ma mai sopra di essa.

Crisostomo, nel trattare anche del conflitto con Cesare avvertì il suo popolo, In “Riguardo agli Statuti”, Omelia III, 19:

“Questo certamente io predico e testifico, che benché questa nube passerà, e noi però rimaniamo nella stessa condizione di indifferenza, dovremo nuovamente soffrire mali molto peggiori di quelli che stiamo ora temendo; poiché io non temo tanto l’ira dell’Imperatore, quanto la vostra indifferenza”.

Qui Crisostomo mette il dito nella piaga: il pericolo era meno l’imperatore è più una chiesa indifferente e disinteressata. Oggi lo stesso problema ci confronta. La grande maggioranza dei membri di chiesa non sente che meriti lottare per il cristianesimo, tanto meno morire per esso. Vogliono solo la libertà di essere irrilevanti e di emettere pii sentimentalismi al posto di fedeltà e obbedienza. Nella religione soap-opera, la vita è senza dominio; è invece un sempre crescente disordine, affrontato con un cuore sensibile e sanguinante. La religione soap-opera è la religione dei castrati, degli impotenti e degli irrilevanti. Gli adepti della religione soap-opera sono pieni di impotente autocommiserazione e infuriati riguardo alle situazioni umane, ma sono vuoti di qualsiasi azione costruttiva; producono solo distruzione e negazione.

L’eresia della democrazia porta solo al trionfo della religione sentimentale. La Dottoressa Douglas definisce il sentimentalismo in questo modo: Il sentimentalismo è un coacervo di sentimenti  apparentemente privati che conseguono sempre di esprimersi pubblicamente e cospicuamente” (p.307). Il punto focale nella religione sentimentale si sposta dalla parola di Dio ai sentimenti dell’uomo, e dalla dottrina basilare alla psicologia e alle necessità umane. La dottrina della sovranità dell’uomo significa la sovranità dell’uomo totale e di tutti i suoi sentimenti. Abbiamo una generazione ora  il cui interesse è se stessi, il cui amore egocentrico cancella la realtà e la verità.

Questo auto-assorbimento è così grande che in ogni ufficio, facoltà, gruppo di chiesa, o altre forme di aggregazione, ci sono comunemente persone che danno il loro importantissimo comunicato personale di questioni puramente private: “Non ho dormito bene l’altra notte… oggi sono così stanco…Ultimamente niente che mangio sembra andare d’accordo con me, sono sempre gonfia…ho visto quel film e ho usato una montagna di fazzoletti…il colore verde mi mette sempre di malumore…non posso sopportare di avere bambini attorno…” e avanti e ancora così. Sentimenti puramente privati vengono annunciati come se il mondo dovesse reagire, prenderne nota, ed essere da questi governato.

Ancor peggio, Dio viene avvicinato con una simile effusione senza fine di sentimenti privati, come se Dio dovesse preoccuparsi e turbarsi quando un ego-maniaco è angosciato. Poche persone pregano: “Signore cosa vuoi che faccia?” (Atti 9:6). Anzi, pregano con in mano la lista delle richieste, affinché supplisca. Ora Paolo dichiara che Dio supplirà tutti i nostri bisogni “secondo le Sue ricchezze in gloria, in Cristo Gesù”(Fil. 4:19), ma quella promessa è preceduta da un’epistola che parla a lungo delle richieste di Dio a noi e inoltre richiama ad essere contenti da parte nostra con la nostra porzione decretata da Dio (Fil. 4:11).

Basilare inoltre all’eresia della democrazia nella chiesa è il suo credere non solo nei bisogni dell’uomo contrapposti alle richieste di Dio, ma il suo credere nell’irrilevanza della legge di Dio. Se l’uomo è sovrano, la legge di Dio non può vincolare l’uomo e sia l’inferno che la giustizia sbiadiscono via. A quel punto a Dio viene concesso un solo tipo d’approccio all’uomo, l’amore. Dio viene dipinto come avente bisogno, agognante e supplicante l’amore dell’uomo. L’uomo è al comando, può accettare o rigettare quella supplica.

Lord Percy lo enunciò in modo succinto: “Un mero trasgressore della legge…può sempre essere salvato; ma non c’è salvezza per chi nega la legge” (p.108). Hanno negato la sovranità di Dio e il Suo potere di salvare. La loro sola relazione con Dio allora non è per mezzo della salvezza ma per mezzo della comunione ordinata dall’uomo. Di nuovo, quindi, ciò che l’uomo ha ordinato, l’uomo può distruggere, perciò non c’è salvezza efficace e non c’è perseveranza dei santi.

Questo ci porta alla conclusione dell’uomo sovrano. Da entrambe le parti della ‘cortina di ferro’ i politici strombazzano che il loro è il mondo libero. “Il mondo libero” è un termine curioso e popolare nel Ventesimo Secolo, così comunemente usato che il suo significato è malapena considerato. Da che cosa è libero il mondo libero? Prima di tutto significa libero dall’altro lato. Il nemico rappresenta la schiavitù, “il nostro lato” la libertà, benché nel frattempo la libertà sia in diminuzione nell’Occidente, proprio come i suoi resti diminuiscono oltre la cortina di ferro. Meno liberi diventiamo e più ci vengono enunciate le virtù della nostra libertà. Ma, in secondo luogo, il mondo intero non è libero nel suo senso più basilare: ‘libero’ da Dio. Per i Marxisti, la religione, in particolare la fede Biblica, è l’oppio delle masse. Per i pensatori democratici come John Dewey e James Bryant Conant, il cristianesimo e la famiglia sono antidemocratici ed aristocratici e perciò incompatibili con la democrazia. (vedi R. J. Rushdoony: Messianic Character of American Education.) La scuola della morte di Dio di qualche anno fa non diceva che Dio stesso fosse morto, ma che Dio è morto per noi, perché, dichiaravano essi, noi troviamo che Egli sia ‘non-storico’ e irrilevante per i nostri scopi in questo mondo. Solo ciò che incontra i bisogni e gli scopi dell’uomo è vivo per l’uomo, e perciò l’uomo vuole essere libero dal Dio sovrano.

L’uomo che non credeva nell’ “isolazionismo spirituale” di cui accusava le scuole cristiane, era enfatico su un punto: dobbiamo obbedire le autorità esistenti: lo stato, perché Dio lo ordina. Le parole di Pietro: “Dobbiamo obbedire Dio piuttosto che gli uomini” (Atti 3:29), non lo toccavano. Obbedienza a molte altre cose nelle Scritture, come la decima, sembrano loro non richiedere obbedienza con la stessa forza, ma tutti costoro sono pronti a chiamare il loro compromesso con Cesare una fedeltà a Dio.

Ma obbedire nelle Scritture Ebraiche significa essenzialmente ascoltare la parola di Dio, crederla, e agire in conformità ad essa. Perciò W. A: Whitehouse disse che la parola obbedire è “associata più strettamente possibile con ‘credere’” ( A. Richardson, editore: A Theological Word Book of the Bible, p. 160).

Contrariamente all’inclinazione umanistica, democratica, nel pensiero religioso oggi, il cristianesimo è una fede autoritativa. Si sostiene, attraverso tutte le Scritture, che ogni autorità umana è derivata o conferita (o falsamente addotta) ed è sempre soggetta all’autorità sovrana e assoluta di Dio ed è sempre soggetta ai termini della Sua parola-legge.

Abbiamo un’epoca che, se deve aver qualcosa a che fare con Dio, vuole solamente la Sua amicizia, nei termini dell’uomo e senza la Sua sovranità e signoria. Osa correggere ed emendare la parola di Dio, rifiuta di ascoltalo ma offre piuttosto di amarlo. Vuole un universo in cui l’uomo agisce da sovrano e creatore, sforzandosi di creare un mirabile nuovo mondo dall’uomo peccatore, o da egocentrici uomini di chiesa, e produce un buon fac-simile dell’inferno. Tale mondo sta implorando il giudizio, e allora, come ora “il giudizio comincia dalla casa di Dio” (I Pt. 4:17). Come sempre, il giudizio precede la salvezza.

(Agosto 1979)

                                                                            


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