18: Non di questo mondo

Giovanni 18:28-19:16

Che il regno di Cristo non sia di questo mondo non significa che non sarebbe stato rivelato nella nostra storia e non sarebbe entrato nella nostra vita in questo mondo. Il testo originale Greco dice che il Regno non proviene, non “è da” (Greco: ek) questo mondo. Il Regno non ha  il suo inizio (origini, radice) in questo mondo che pretende di essere autosufficiente da quando si è staccato da Dio. Anzi, il Regno di Cristo ha la sua origine nella grazia di Dio. In ogni regno che abbia la sua origine in questo mondo, l’auto-conservazione è il fattore determinante. Se il Regno di Cristo fosse stato “di questo mondo” i suoi servi avrebbero necessariamente combattuto per prevenire il suo arresto.

Non voglio dire che ogni regno terreno ha la sua radice in questo mondo. L’autorità di governo per sé viene da Dio e ha la sua origine nella grazia di Dio. Se tanto il governo che i sudditi riconoscono questa verità, tale regno non è “di questo mondo” ma può essere di servizio al Regno di Cristo. Naturalmente, un governo può essere al servizio di Cristo solo con la limitata autorità che gli è stata conferita. Nondimeno, un regno terreno non è necessariamente in conflitto col Regno di Dio. La difesa della nazione e l’applicazione della legge non sono in conflitto con lo spirito del Regno di Dio. A patto che le armi siano usate per il mantenimento della giustizia di Dio e non per l’auto-conservazione!

          Concetto principale: Rigettare Cristo equivale a rigettare il Regno dei cieli.

          Il Regno di verità. Una sessione ufficiale del sinedrio successiva all’udienza preliminare da parte di Anna e Caiafa condannò a morte Gesù. Nelle prime ore del mattino fu condotto per le strade di Gerusalemme fino al palazzo del governatore romano, Ponzio Pilato. Egli si trovava in città per le feste. Il Sinedrio volle consegnare Gesù a Pilato perché lo condannasse a morire alla maniera romana (la crocifissione). Non era loro permesso lapidarlo a morte perciò lo consegnarono ai gentili.

Non entrarono nel palazzo con l’accusato, probabilmente perché c’era qui del pane lievitato. Se fossero entrati nel palazzo si sarebbero contaminati e non avrebbero potuto celebrare la Pasqua. Pilato li accontentò e uscì lui. Quando volle informarsi riguardo alle accuse risposero insolentemente: “Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo dato nelle mani”. Chiesero a Pilato di avallare la sentenza che loro avevano pronunciata. Preferirono non sostenere un altro processo davanti a Pilato perché le loro accuse probabilmente avrebbero avuto per lui scarso significato. Ma Pilato non fu di quell’opinione. “Perché non lo prendete voi e lo giudicate secondo la vostra legge?” Allora ammisero di aver già pronunciato la sentenza e avevano bisogno che Pilato la eseguisse. Gesù aveva predetto questa sequenza di eventi molto tempo prima: tutto questo stava avvenendo secondo la sua preconoscenza e in accordo col suo volontario sacrificio di sé.

Resero Pilato edotto dell’accusa specifica: si dichiarava di essere il Re dei Giudei. Pilato lo fece introdurre nel pretorio e gli chiese, probabilmente con pesante sarcasmo, se fosse il Re dei Giudei. Come poteva Gesù rispondere a quella domanda? Dopo tutto, lui era effettivamente Re dei Giudei, sebbene non nel modo in cui Pilato l’avrebbe inteso. Perciò rispose ponendo un’altra domanda: “Dici questo da te stesso, oppure altri te lo hanno detto di me?” Ovvero, “la tua è una domanda genuina o sei stato imbeccato da loro e fai il loro gioco?” Altezzosamente Pilato rispose di non essere un Giudeo e di non sapere niente delle dispute che c’erano tra di loro. In nessuna circostanza si sarebbe lui fatto interrogare da un accusato. Insistette che Gesù gli dicesse cosa aveva fatto. Nel fare così il governatore repulse il tentativo del Signore di fargli udire il vangelo della grazia.

Malgrado Pilato lo avesse rigettato il Signore Gesù continuò a proclamargli il vangelo. Il suo regno non era di questo mondo di peccato nel quale ognuno fa i propri interessi altrimenti i suoi servi avrebbero combattuto per difenderlo. Il loro rifiuto di combattere era la prova che il suo Regno non è di questo mondo. Aveva le sue origini nella grazia di Dio, era il regno dei cieli.

Sconcertato, Pilato chiese: “Quindi tu sei re?” Solennemente Gesù rispose che accettava il titolo sebbene non nel senso inteso da Pilato. Era nato ed era venuto nel mondo come Re di un regno di verità: la grazia di Dio deve conquistare e regnare sulla gente.  Chiunque fosse nato di nuovo da quella verità gli avrebbe dato ascolto e lo avrebbe riconosciuto come Re. Tale persona avrebbe trovato in quel regno le certezze fondamentali della vita.

Cosa avrebbero potuto significare queste parola per Pilato, un uomo che aveva abbandonato la verità e la certezza interiore? Pilato prendeva la vita come veniva e non cercava la luce della grazia di Dio. Perciò scrollò le spalle e sospirò: “Cos’è verità?”. E infatti nessuno comprenderà la verità del regno della verità eccetto coloro ai quali è rivelata. Ma come sofferse Gesù sotto il suo disprezzo per il suo Regno. Agli occhi del governatore romano il suo regno era un’illusione.

          Potere dato sul Cristo. Pilato condusse Gesù fuori del palazzo e dichiarò di non averlo trovato colpevole di alcun crimine. Ciò causò una tale sollevazione tra i Giudei che il governatore ritrattò: per il momento consegnò il Signore a essere flagellato.

Ma Pilato fece ancora un tentativo di salvare Gesù dalla folla inferocita. Uscì e disse alla folla che lo avrebbe portato fuori ancora una volta. Gesù fu presentato che indossava una corona di spine e addobbato con un mantello color porpora, gesti voluti per deridere la sua presunta regalità. Puntando il dito su di lui Pilato esclamò: “Ecco l’uomo! Io non trovo alcuna colpa in lui”. Se Pilato aveva fatto conto nel senso di compassione dei Giudei si sbagliava di grosso.  La loro sete di sangue era al massimo dell’eccitazione e chiesero che fosse crocifisso. Pilato volle liberarsi da ogni responsabilità perciò disse che la responsabilità per questa crocifissione dovevano prendersela loro perché lui non trovava basi per le loro accuse contro Gesù. I Giudei risposero che si prendevano completa responsabilità perché secondo la loro legge meritava la morte per essersi definito Figlio di Dio.

I Giudei espressero ciò cui Gesù aveva già alluso quando aveva detto che il suo regno non è di questo mondo. Pilato fu scosso da queste accuse. Riportò Gesù dentro ancora una volta e gli chiese da dove venisse. Era un figlio degli dèi? Un terrore superstizioso si era impossessato di Pilato. Ma non ricevette risposta. Il Signore Gesù non rifiutò mai una risposta a chi fosse desideroso di salvezza ma non avrebbe cooperato con qualcuno che cercava di disonorarlo. Il suo silenzio umiliò Pilato. Ma quanto sofferse Gesù per questa farsa fatta di parole e di doppi significati!

Sconcertato, Pilato gli chiese perché non rispondesse. Non si rendeva conto, gli chiese, che lui aveva il potere di crocifiggerlo o di liberarlo? “Tu non avresti alcun potere su di me se non ti fosse stato dato da mio Padre. Sono in tuo potere solo perché il Padre lo decreta. In quanto Re del regno della grazia di Dio sarò ora condannato da te affinché col mio patire e morire io possa dare a quel regno le sue fondamenta. Un giorno, anche tutti i regni della terra saranno governati dal mio regno. Per il momento, comunque, sono nelle tue mani”. Si arrese volontariamente al potere dell’autorità temporale. Nello stesso modo il suo stesso popolo dovrà soffrire ancora oppressione e ingiustizia. Ma la sofferenza servirà solo a consolidare il regno della grazia di Dio.

Pilato non comprese affatto. La ragione, ovviamente, era il suo peccato e il peccato di tutti i gentili: le nazioni avevano abbandonato il patto di Dio. Ma il Sinedrio e il sommo sacerdote avevano maggior colpa perché avevano conoscenza del patto di Dio.

          Noi non abbiamo altro re che Cesare. Dopo questa conversazione, che dopo tutto aveva fatto grande impressione sul governatore, Pilato fece diversi tentativi di liberarlo. Ma non vi riuscì. I Giudei minacciarono di scrivere di questo incidente all’imperatore a Roma. Il Signore Gesù aveva dichiarato di essere il Re dei Giudei. Pertanto era un ribelle e un nemico dell’imperatore. Meritava di essere giustiziato.

Di fronte al loro ricatto, Pilato cedette. Portò fuori Gesù e si pose a sedere sullo scranno del tribunale. Indicò il Signore Gesù e disse: “Ecco il vostro Re”, ma essi gridarono: “Via, via; crocifiggilo! Noi non abbiamo altro re che Cesare”.  Con questo tradirono non solo le loro speranze politiche di indipendenza ma anche il regno di Dio. Scelsero invece lo status quo dominato dal sinedrio, un regno di questo mondo …

Alla fine Pilato lo consegnò perché fosse crocifisso e i soldati lo portarono via. Così il Re del regno della grazia di Dio fu condannato e rifiutato. Ma questo suo patire servì a conquistare la vittoria per quel Regno eterno. Con la sua sofferenza e morte volle fare espiazione per i peccati di rifiuto di cui siamo tutti colpevoli.


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