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1 TESSALONICESI 4:13- 5:11

 

Paolo, nello scrivere ai Tessalonicesi, affrontava una situazione non troppo dissimile quella nostra moderna, nel fatto che il popolo della chiesa era diviso in due campi, quelli che dubitavano la resurrezione, e quelli che a questo riguardo si erano dati a credenze stravaganti. Paolo scrive affinché essi potessero evitare la tristezza dei pagani: “come gli altri che non hanno speranza (4:13). Credere che Gesù morì e risorse (4:14) significa anche credere nella nostra resurrezione dai morti. Cristo è il rappresentante dell’uomo (il capo federale), e tutti quelli che sono membri della sua nuova umanità compartecipano della sua vita e della sua resurrezione. Perciò, coloro i quali muoiono prima del suo ritorno non vivranno una vita minore, come credevano alcuni dei Tessalonicesi. Per i pagani, c’era una pallida e indesiderabile immortalità dell’anima, concepita come una esile sostanza materiale, e la vita dell’anima era poco attrattiva, anzi evanescente, senza significato e penosa. Le “ombre” dei defunti è un’espressione significativa che è indicativa della considerazione pagana per il dopo vita: è un’esistenza grigia, ombrosa. Paolo assicura i Tessalonicesi che in serbo per i morti non c’è questo tipo di vita senza significato. La loro presente vita in Cristo, come anime, è una di gloria, e alla seconda venuta, si rialzeranno nei loro corpi risorti, e insieme a coloro che saranno vivi “saranno rapiti insieme a loro sulle nuvole, per incontrare il Signore nell’aria” (4:17). Nel verso 16 Hendriksen traduce: “Con un comando gridato”, vale a dire come quello di un conquistatore [1].

In 5:2, Paolo ammonisce i credenti ad essere preparati in ogni tempo. Gli uomini non avranno indicazioni della sua venuta. Gioiranno dicendosi: “Pace e sicurezza” (5:3), quando la subitanea rovina cadrà su di loro. Proprio come un ladro viene inaspettato, così il Signore verrà inaspettatamente e troverà i non credenti impreparati.

Davanti a tutto questo, egli emette un avvertimento ai cristiani. Li urge ad evitare il sonno e ad essere vigili (5:6-8). Secondo Hendriksen: “Dormire (cfr. Mc. 13:36; Ef. 5:14) significa vivere come se non ci fosse mai un giorno del giudizio. È indicativo di rilassatezza morale e spirituale. Luca 12:45 descrive questa condizione vividamente…”

1 & 2 TESSALONICESI SULLA SECONDA VENUTA

Vegliare significa vivere una vita santificata, nella consapevolezza della venuta del giorno del giudizio. È indicativo di attenzione morale e spirituale…

Essere sobri significa essere ripieni di onestà morale e spirituale, non essendo eccessivamente eccitati da un lato, né indifferenti dall’altro, ma calmi, stabili e assennati (cfr. 1 Pi. 4:7), facendo il proprio dovere e adempiendo il proprio ministero (2 Ti. 4:5) La persona sobria vive intensamente [2].

In 5:3 Paolo dichiara che il giorno è nelle mani del Signore interamente, sia riguardo alla venuta, sia alla relativa conoscenza. Non c’è modo di sfuggirlo o di prevenirlo. Proprio come una donna con bambino, al momento del travaglio, non può impedire la sua venuta, così gli uomini sono incapaci di impedire la venuta del Grande Giorno del Signore.

Sia questo passo, sia Romani 13:11-14 ci danno un’altra importante immagine, come indica Vos: la storia, Paolo dichiara, è al presente in una grande notte mondiale [3]. Ma con la venuta di Cristo, si può dire che la notte è terminata e che il giorno è ora vicino. La grande notte mondiale è nel processo di essere dispersa da parte del Signore col suo evangelo, ed il grande giorno albeggerà alla sua venuta. I credenti vengono dunque richiamati a rivestirsi dell’ “armatura della luce” e di prepararsi. Per i non credenti, comunque, il Giorno del Signore è tenebre e non luce (Am. 5:18). Inoltre, le doglie del parto descritte in 5:3 appartengono alla creazione intera, la quale geme ed è in travaglio per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio (Ro. 8:19-23).

2 TESSALONICESI 2

In 2 Tessalonicesi 2, Paolo torna nuovamente sul soggetto. Nella sua lettera precedente (1 Tess. 5:1), egli aveva fatto riferimento ai suoi insegnamenti orali sui “tempi” (periodi di tempo) e “stagioni” (tempo marcato da chiare tendenze ed eventi) pertinenti alla venuta del Signore. Egli scrive ora per correggere alcune percezioni erronee. Opinioni sbagliate riguardo alla seconda venuta sono prevalenti, alcuni lo aspettando immediatamente, e perfino apparentemente trascurano il proprio lavoro in questa credenza. Parole falsificate, apparentemente attribuite a Paolo, venivano fatte circolare per aumentare la confusione.

Paolo tratta questa questione indicando che certe cose devono trasparire prima che avvenga la resurrezione generale. Queste cose sono:

  1. L’apostasia (2:3)
  2. La manifestazione dell’uomo del peccato (2:3-6,8-12)
  3. La venuta del Signore (2:8)
  4. Il potere che attualmente impedisce o trattiene il male viene tolto (2:6-7)

A questo punto è istruttivo rivedere alcuni dei punti cardinali di Apocalisse, come concepisce il futuro:

  1. L’umanesimo crea o cerca di creare un mondo senza Dio
  2. Questo ordinamento o sogno è chiamato Babilonia la Grande.
  3. C’è un totale collasso di questa speranza e del suo ordinamento.
  4. Ne consegue il regno dei santi.

È necessario, inoltre, richiamare l’attenzione al fatto che c’è una comune confusione di diversi termini. Anticristo e “quell’empio” (2:8) sono pretesi un’unica figura, e i due termini sono divenuti intercambiabili, ma non c’è fondamento valido per questa scelta.

Prima di tutto, anticristo è un nome usato solo da san Giovanni, in 1 Gv. 2: 18, 22; 4:3 e in 2 Gv.7. L’originale greco acclara la definizione di anticristo, il quale è descritto come già qui ai giorni di Giovanni: “Costui è l’anticristo, che nega il Padre e il Figlio”. Leggere un anticristo è tradurre male il Greco.

Non c’è assolutamente alcun fondamento per intendere anticristo in modo diverso da come Giovanni l’ha dichiarato essere: qualsiasi e ogni persona, dentro o fuori la chiesa, la quale neghi il Padre e il Figlio. Abbiamo avuto anticristi con noi dai giorni di san Giovanni.

Secondo, l’uomo del peccato (anomia [4]-senza legge) manifesta la vera natura del peccato, essere come Dio, usurpare il suo trono. Il peccato di Adamo è fatto divenire il principio della religione per l’uomo del peccato, il quale, come Giuda, è chiamato il “figlio della perdizione” (2:3), cioè esposto, marchiato come Giuda quale apostata e traditore. Deifica se stesso e ha il potere “bugiardo”, portenti, segni e prodigi (in v. 9 “bugiardi” qualifica portenti, segni e prodigi e non solo prodigi). La traduzione del Berkeley rende “il mistero dell’iniquità” di v. 7 con “il principio nascosto dell’empietà”. Così, o un movimento, o un movimento capeggiato da una figura, incorpora il principio di Satana e la sua tentazione in un assalto diretto all’ordinamento di Dio, in un tentativo di sostituire l’ordinamento di Dio con l’ordinamento dell’uomo, il nuovo dio. Ciò significa, perciò, un ordinamento totale in chiesa, stato, e qualsiasi altra cosa, nel quale viene incarnato il principio di “anomia”, di contrarietà alla legge, di contrarietà a Dio. Chiesa e stato seguono le orme di questa “azione di Satana”(2:9).

Terzo, un potere restrittivo ordinato da Dio, un potere che impedisce, verrà tolto. L’anomia in questo modo governerà anziché essere governata. Ovviamente, perciò, il principio di legge nella chiesa, nello stato, nella casa e in qualsiasi altro luogo, ma specialmente nel governo civile, sarà “tolto di mezzo”, sarà rimosso dal principio dell’anomia.

Quarto, Gesù Cristo “distruggerà quest’empio o l’iniquo (il senza legge) che egli consumerà col soffio della sua bocca e annienterà all’apparire della sua venuta” (2:8). Questo è un procedimento di distruzione prima per la Parola (lo spirito della sua bocca), e secondo, con la sua venuta. Una parte del procedimento di distruzione implica l’azione di Dio con la quale egli manda “una forte delusione” “efficacia d’errore, perché credano alla menzogna, affinché siano giudicati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma si sono compiaciuti nella malvagità” (2:11-12).

Quinto, lo scopo di Paolo in questa lettera non è di soddisfare la curiosità degli uomini riguardo alle cose che devono avvenire, ma di prepararli alla battaglia contro le potenze delle tenebre. Proprio come Dio divenne carne e la giustizia di Dio fu resa manifesta nella persona di Gesù Cristo, così “l’anti-legge” sarà reso manifesto nel principio dell’anomia, del peccato. La tentazione di Satana, anziché essere la vergogna dell’uomo, sarà elevata a orgoglio e gloria dell’uomo. Ma la vittoria è assicurata in Cristo, e i santi sono chiamati alla battaglia fino alla vittoria. Paolo scrisse per “confortare i vostri cuori e confermarvi in ogni opera buona” (2:17).

 

Note:

1 William Hendriksen: I e II Thessalonians; Grand rapids. Backer Book House, 1955, p. 115
2 Ibid.; p. 125
3 Geerardus Vos: The Pauline Eschatology; Grand rapids; Eerdmans, 1930, p.81.
4 N.d.T. L’Inglese ha “lawless” e “lawlesness”. In Italiano manca una parola che traduca bene il senso di “a-nomia” cioè senza-legge, dunque da qui userò il termine “anomia”.


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