APOCALISSE 15
IL CANTICO DI MOSÈ
Come notato precedentemente, il Libro di Apocalisse echeggia il contesto della Festa dei Tabernacoli e la Festa di Pentecoste. La Festa dei tabernacoli era una festività del raccolto che celebrava il soggiorno d’Israele nel deserto e il suo ingresso nella terra promessa. Era una celebrazione per israeliti e gentili, una figura della raccolta di ogni nazione nel regno di Dio nel ricordare a tutti che erano pellegrini e stranieri sulla terra. Il viaggio dell’uomo nel deserto è il suo combattimento da un mondo caduto dentro al regno di Dio ristabilito. La destinazione e la cittadinanza dell’uomo è il regno di Dio in cielo e sulla terra. Attraverso tutto Apocalisse, è annunciata la raccolta dei santi, quanto il giudizio su coloro che oppongono la loro entrata nella terra promessa.
La Pentecoste celebrava che Dio aveva dato la legge a Mosè, e la Pentecoste cristiana celebra la scrittura della legge sulle tavole del nostro cuore per la dimora dello Spirito santo. La prima Pentecoste al Sinai fu annunciata da trombe, lo scuotimento della terra, lampi e tempesta, quando il Signore e il suo esercito si avvicinarono alla terra peccatrice. Attraverso tutto Apocalisse, vediamo le stesse trombe suonare il giudizio, lo scuotimento della terra, la tempesta e i tuoni, mentre Dio di avvicina all’uomo e nulla rimane tra l’uomo e Dio eccetto il giudizio della legge.
Apocalisse 15 ci da due visioni. Ancora una volta, queste due visioni non devono essere comprese cronologicamente, ma come vere per tutto il tempo tra la prima e la seconda venuta, in ogni tempo.
I. Versi 2-4. La visione del mare di “vetro” o meglio trasparente, con i santi in piedi sulla riva di quel mare che cantano “il cantico di Mosè servo di Dio, e il cantico dell’Agnello”. Il cantico di Mosè fu composto e cantato quando Israele fu liberato dall’Egitto, portato attraverso il Mar Rosso, e poi privilegiato di testimoniare lo spettacolo dei suoi nemici ricoperti dalle acque del Mar Rosso che si richiuse. Davanti ad Israele si estendeva il viaggio nel deserto prima di poter entrare nella terra promessa. Davanti a loro c’erano pure i nemici che sfidavano il loro passaggio. Ma la grande realtà fu la liberazione dalle catene, dalla schiavitù, e la dotazione con la gloriosa libertà dei figli di Dio. Essi erano ora una nazione santa, e un real sacerdozio in Dio, la cui presenza marciava con loro e che fece la propria dimora regale in una tenda al centro del campo. Ogni riga di questo cantico echeggia i Salmi ed i Profeti. La liberazione prefigurata nell’Esodo, nel ritorno dalla cattività in Babilonia, in ogni liberazione di Israele, tutte queste e molto di più ebbero compimento sul Calvario nella grande liberazione che Cristo ha compiuto per la sua Chiesa nel rovesciare la schiavitù del peccato e della morte. Questo è il gioioso cantico dei redenti di ogni epoca, e la gioiosa anticipazione di piena e finale vittoria: “Tutte le nazioni verranno e adoreranno davanti a te, perché i tuoi giudizi sono stati manifestati”. Cristo è Re delle nazioni. Questa è l’aspettativa cristiana e deve essere il programma d’azione dei Cristiani: la sovranità di Cristo su tutte le cose e su tutte le nazioni. Il cantico di liberazione, ai giorni di Mosè e al giorno d’oggi, è il Cantico dell’Agnello.
Il mare è stato altrove visto come oscuro e agitato, che vomita la bestia e infuria contro la Chiesa. Ora, visto di nuovo dal trono di Dio, lo vediamo trasparente, limpido come cristallo. Ancora una volta questo testimonia il glorioso fatto che non ci sono angoli bui nell’universo di Dio, non ci sono crudi fatti nella creazione. Ogni fatto è un fatto creato ed ha significato solo alla luce dello scopo creativo di Dio. Perciò, nessun fatto è un ostacolo per i santi, perché tutti i fatti sono fatti dati da Dio e devono essere interpretati nei termini della gloria di Dio e della nostra gloria in Lui. Noi perciò sappiamo che tutte le cose infatti effettivamente operano insieme per il bene di quelli che amano Dio, a quelli che sono chiamati secondo il suo proponimento. (Ro. 8:28).
Il verso 1 parla di “un altro segno”, così chiamato a motivo dei due “segni” che l’hanno preceduto (Ap. 12:1-3). Il primo segno era la donna, o la vera Chiesa di Dio, e il secondo, il dragone, o Satana e le sue due bestie. Il terzo segno è una visione della pienezza del giudizio nelle mani dei messaggeri di Dio e la visione del mare trasparente, il cosmo come completamente trasparente e sottoposto al Dio trino. Il mare è misto col fuoco, o giudizio.
II. Versi 5-8. La seconda visione è del tabernacolo in cielo. Il vero santuario è svelato o aperto. Questa apertura del santuario fu compiuta dall’incarnazione, espiazione e resurrezione: “Il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, è quel che l’ha fatto conoscere” (Gv. 1:18). La Luce, la Gloria della Presenza risplende sul mondo intero, rendendo trasparente il mare o mondo e mettendo a nudo i peccati delle nazioni. Sette angeli, che rappresentano la pienezza del giudizio, avanzano dal tempio con “sette coppe piene dell’ira di Dio”. Questi angeli sono “vestiti di lino puro e risplendente e cinti intorno al petto di cinture d’oro”. Questa descrizione suggerisce quella di Cristo stesso (1:13). Gli angeli sono vestiti di regale autorità poiché rappresentano Cristo il Re, infliggono giustizia su coloro che si ribellano contro la sua autorità e sovranità, ma adempiono anche al suo ufficio sacerdotale. L’intercessione con Dio il Padre consegue in giudizio di Dio sulla storia.
Non si entra nel tempio senza il giudizio. Il giudizio è sempre un aspetto necessario della salvezza. Aspettarsi che Dio by-passi il giudizio e istituisca una salvezza priva di esso è pensare in termini pagani.