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L’ALBERO DELLA VITA

 

In Eden, l’albero della vita era un vero e proprio albero i cui frutti, per mezzo del proposito creativo di Dio, avevano effettivamente il potere di dare vita continua. Quando l’uomo cadde nel peccato, divenne necessario impedire all’uomo l’accesso a quell’albero (Ge. 3:22-24). Con l’albero della vita l’uomo avrebbe potuto avere una perpetua vita terrena. Quest’albero “era la simbolica rappresentazione di Dio che apre la sua mano per dare vita senza fine, vita terrena perpetua, ad Adamo”. Inoltre, l’albero era un emblema, un segno del Patto di Dio” [1].

Col suo peccato l’uomo divenne un trasgressore del Patto, e la comunione con Dio fu spezzata. Peccato e morte divennero la condizione umana perché l’uomo rifiutò le condizioni divine per la sua vita, il Patto con Dio.

Anche l’albero proibito, l’albero della conoscenza del bene e del male era un reale albero. Non c’era male nell’albero stesso, e neppure nel suo frutto. Hoeksema, nel commentare il nome di questo albero, ha osservato:

Il nome implica, in primo luogo, in connessione al comando di Dio che gli stava assieme, che determinare ciò che è bene e ciò che è male non è per l’uomo ma è prerogativa di Dio e che la vocazione dell’uomo è semplicemente ascoltare e obbedire. Dio, il creatore è sovrano; e l’uomo, la creatura è servitore. La prerogativa sovrana di determinare ciò che il suo servitore deve fare e ciò che non deve fare, ciò che è bene e ciò che è male appartiene solamente a Dio. E quindi, in secondo luogo, il nome di questo albero indica che non mangiandone, cioè in modo positivo, mediante l’obbedienza, l’uomo avrebbe veramente conosciuto per esperienza, conosciuto come insegnato da Dio, conosciuto nel senso che egli avrebbe attivamente assunto la giusta attitudine nei confronti del bene e del male. In questo senso l’albero era il mezzo per il quale l’uomo avrebbe avuto una conoscenza sperimentale (esperienziale) del bene e del male. Se avesse obbedito il comandamento di Dio, avrebbe conosciuto il bene ed il male in modo tale che avrebbe amato il bene ed odiato il male, ed avrebbe così sperimentato il favore e l’amicizia di Dio che costituiscono la vera conoscenza di Dio. Se avesse disobbedito il comando, avrebbe conosciuto il bene ed il male in modo tale che avrebbe amato il male e odiato il bene, e avrebbe sperimentato così proprio l’opposto della benedizione e della vera conoscenza di Dio, vale a dire l’abbietta miseria e desolazione dell’ignoranza spirituale e delle tenebre, lo squallore di quell’esperienza che è descritta con questa parole: “Vivere senza Dio è morte!”[2].

Il Patto con l’uomo in Eden era basilarmente lo stesso Patto ristabilito dopo la Caduta con gli uomini pattizi e poi col popolo stesso del Patto, Israele nell’epoca del Vecchio Testamento e, da allora il popolo di Cristo. Benché a volte sia utilizzato “patto delle opere” per descrivere il patto con Adamo, l’espressione è fuorviante [3.] Qualsiasi ed ogni Alleanza o Patto Dio stabilisca con l’uomo ha come primo e superiore aspetto la grazia. Dio è Signore e sovrano assoluto, e l’uomo non può contrarre un patto di opere con Dio, l’uomo può ricevere una posizione nel patto per grazia di Dio. Il Patto o Alleanza è stato in ogni epoca primariamente ed essenzialmente un patto di grazia. Secondo, l’obbedienza o le opere sono un aspetto secondario del patto. Il responso dell’uomo al patto di grazia è fede ed obbedienza. Ma poiché il patto è un patto di grazia ha inevitabilmente una legge. Senza una legge non c’è patto. La legge del Patto in ogni epoca, in Eden, in Israele e nell’era cristiana, è ciò che Dio richiede all’uomo che osserva il Patto. Osservare il patto significa osservare la legge del patto, cioè i termini del patto. Ad Adamo fu richiesto di comportarsi secondo la legge del patto. Questo significava obbedire ogni parola di Dio, mangiare dell’albero della vita, riempire il giardino in obbedienza a Dio, dare un nome o classificare gli animali, vivere con Eva secondo i termini della vocazione di Dio e dei suoi requisiti, e rifiutare di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male. Nel suo aspetto secondario, il patto era un patto delle opere precisamente perché era un patto di grazia.

Il patto con Adamo gli richiedeva obbedienza nei termini dei doveri a lui prescritti e della sua vocazione. Pure il Patto con Abramo richiese obbedienza (Ge. 17:1). Il Patto con Israele fu contrassegnato da un codice giuridico esteso. Il Patto, come rinnovato da Gesù Cristo, era designato a ripristinare obbedienza alla legge (Mt. 5:17-20). L’accusa persistente di Cristo contro i farisei, che affermavano di osservare il Patto fu precisamente che essi trasgredivano il Patto nello spirito e nei fatti (Mt. 5:17-20; 6:5, 16-18, 7:15-21, ecc.).

Gesù Cristo, con la sua perfetta giustizia, e con la sua morte espiatoria e la sua resurrezione, e nella veste di ultimo Adamo, il capo federale della nuova umanità, riportò gli uomini redenti in comunione con Dio e divenne per l’uomo il nuovo albero della vita. L’uomo in Cristo è morto alla legge come incriminazione, come sentenza di morte per le trasgressioni, ma l’uomo è vivo alla legge come requisito del Patto, come giustizia di Dio alla quale l’uomo deve dare il proprio assenso e la propria obbedienza, e per la quale deve vivere.

Così, l’albero della vita in Eden aveva la propria legge, e Gesù Cristo, l’albero della vita in Apocalisse [4], ha la propria, la stessa costante legge che richiede all’uomo di servire Dio come sacerdote, profeta e re in Cristo, di obbedire la parola di Dio in ogni reame di vita, e di glorificare Dio con la sua obbedienza.

Negare la legge è negare il Patto. Negare la legge è negare la grazia che dona la legge del patto. Gli estesi echi di Genesi ed Esodo in Apocalisse non sono accidentali. Le chiese del Patto sono chiamate alla fede e all’obbedienza nei capitoli da 1-3; quelli fuori dalla fede e contro la legge, che non ascolteranno colui la cui parola è legge, ricevono le piaghe ed i giudizi che sono dispensati ai trasgressori del Patto (Ap. 4-19) mentre quelli che camminano in fede e in obbedienza banchettano di nuovo dall’albero della vita. Il parallelo è ben chiaro. Il non credere la parola di Dio ed il disobbedirle tolse all’uomo il paradiso. La fede nel Figlio di Dio incarnato e l’obbedienza alla legge del patto restituiscono l’uomo al paradiso, una nuova vita sulla terra, e la pienezza della vita nel regno eterno. San Paolo parlò di sé come: “benché non sia senza la legge di Dio, ma sotto la legge di Cristo” (1 Co. 9:21). Richard Baxter dichiarò che lo “strumento divino” per il dovere dell’uomo “è chiamato una Legge in un aspetto e un Patto in un altro” [5]. Come Kevan ha riassunto la cosa: “La grazia di Dio non può distruggere la Legge di Dio” [6].

La gloriosa visione di grazia che conclude Apocalisse si fonda fermamente nel Patto di Dio e la relativa legge. Dio non è mai antinomiano in nessun punto della sua parola. C’è una legge perché c’è un patto di grazia. La vita nel Patto, e la vita della nuova creazione, è obbedienza alla legge della grazia.

Note:

1 H.C. Hoeksema: “The Tree of Life” in Paradise the First and the Forbidden Tree . Grand rapids: Reformed Witness Hour, 1969; p. 8
2 H.C. Hoeksema: “The Forbidden Tree. Its name and Purpose;” in Ibid., p. 15.
3 Vedi Herman Hoeksema: Reformed Dogmatics, Grand Rapids; Reformed Free Publishing Association, 1966. p. 214-226.
4 La croce è chiamata un albero da Pietro (Atti 5:30; 10: 39), e da Paolo (Gal. 3:13).
5 Citato da End of Doctrinal Controversies, da Ernest F Kevan, The Grace of Law, A Study in Puritan Theology (Grand rapids: Baker Book House, 1965; p. 112.
6 Ibid, p. 155.


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