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APOCALISSE 6

L’ESECUTORE E IL PATRIMONIO

 

Abbiamo visto che il rotolo sigillato era un testamento che dichiarava l’eredità dei santi. Questo testamento fu rilasciato all’uomo da Cristo per mezzo della sua morte espiatoria e fu aperto all’uomo da Cristo con la sua resurrezione.

Talvolta, comunque, il possessore di un’eredità o di una proprietà persa, rifiuta di lasciare la proprietà o di restituire la persona ridotta in servitù. Alla stessa maniera, le potenze delle tenebre rifiutano di arrendere il mondo a Cristo il Re o di restituire i credenti a Dio. Insistono nel cercare di mantenere il titolo su entrambi. La Città dell’Uomo enfaticamente rifiuta le richieste legali della Città di Dio e rifiuta di essere spossessata.

L’azione deve essere intrapresa, perciò, al fine di eliminare le potenze delle tenebre dai possedimenti di Dio. Gesù Cristo quale vero uomo è anche vero erede, e i suoi santi sono eredi in lui e per mezzo di lui.

Questa azione di spossesso del nemico viene intrapresa dal familiare- redentore. Il libro di Apocalisse ci da la natura di questa azione, sia per quanto incide sul mondo che per quel che incide sul cristiano. Parte dell’azione è diretta contro il cristiano stesso, perché ogni credente, in virtù del vecchio Adamo in lui, si attacca, in una certa misura, alla sua schiavitù e non vuole assumere la piena statura del proprio statuto di uomo e della libertà in Cristo. Così, l’azione è diretta sia contro le potenze delle tenebre sia contro il cristiano nella sua partecipazione a quella vecchia umanità.

Nei capitoli seguenti abbiamo tre visioni: sigilli, trombe e turiboli o coppe. Ciascuna visione ha sette parti, perché ogni visione è data da Dio e completa. Ogni sette è suddiviso in sei e uno, con l’uno che è finale, il sei che è presente in tutta la storia. È quindi evidente che le visioni sono in un certo senso ripetitive, nel fatto che coprono lo stesso terreno, ma queste visioni sono anche nuove, nel senso che gettano nuova luce sullo stesso soggetto.

Cristo è l’esecutore dell’assetto familiare, il regno di Dio che egli ha restituito all’uomo con la sua opera e per la sua grazia. In quanto esecutore Cristo deve spossessare i falsi eredi, i quali, sotto l’influenza di satana, si sono presi la terra in sfida a Dio e dichiarano che il regno è dell’uomo e non di Dio.

Il pieno significato di questa settupla azione non può essere compresa senza riferirsi alla prima e grande liberazione del suo popolo da parte di Dio, la liberazione di Israele dall’Egitto. Per effettuare questa liberazione, furono proclamate da Dio dieci piaghe contro l’Egitto. Le prime tre piaghe colpirono egualmente ambedue sia l’Egitto sia Israele o Goscen. Le sei che seguirono colpirono solo l’Egitto, benché mediante questo processo l’odio dell’Egitto verso Israele si sia solamente intensificato. La decima piaga fu diretta contro tutti, Egiziani o Israeliti, che non fossero sotto il sangue dell’agnello pasquale, il tipo di Cristo. Questa decima piaga significò che Israele insieme all’Egitto era sotto condanna di morte per i propri peccati, ma che Dio nella sua misericordia estese la sua grazia e il suo perdono a tutti quelli che avrebbero trovato rifugio nel sostituto scelto da Dio, nel sacrificio espiatorio di Dio.

I sette sigilli, trombe e coppe di Apocalisse sono le piaghe di Dio sull’ “Egitto”, sul regno dell’uomo che rivendica la terra come eredità di proprio “diritto”. I falsi eredi perseguitano e cercano di uccidere i veri eredi. Proprio lo stesso fatto dell’eredità fa del cristiano il bersaglio dell’odio e dell’ostilità del mondo. Una ricca eredità, presa illegalmente, non viene facilmente restituita. Le parole espresse riguardo al Cristo vengono ancora espresse riguardo al suo popolo: “Questo è l’erede, venite, uccidiamolo, e prendiamoci la sua eredità” (Mt. 21:38).

Contro questi malvagi Cristo intraprende l’azione per spossessarli e per dare il suo regno al suo popolo:

Alla fine dei giudizi dei sigilli Giovanni vede 12.000 di Israele e una grande moltitudine che uomo non può numerare di tra i gentili. Il familiare-redentore ha redento il suo popolo.

Alla fine dei giudizi delle trombe, grandi voci in cielo dicono “I regni della terra sono divenuti il regno del Signore e del suo Cristo”. Il familiare-redentore prende possesso della sua eredità.

Alla fine delle coppe o giudizi dei turiboli, il matrimonio dell’Agnello. Il familiare redentore prende moglie.

Dopo che il Signore ritorna in gloria, satana viene gettato nell’abisso. Il familiare-redentore vendica il suo popolo [1].

La natura dello spossesso e l’azione dello spossessare, viene indicata in parte nei seguenti versetti:

V. 1. Quando Cristo aprì il testamento, le quattro creature viventi gridarono con voce di tuono: Venite e vedete. Salmo 47:4 dichiarò del Signore, che “Egli sceglierà per noi la nostra eredità”. Non solo la nostra eredità è scelta per noi ma anche l’azione di riprendere la nostra eredità è opera di Cristo.

V. 2. Quattro cavalieri emergono dal rotolo sigillato, dal testamento di Dio, e cavalcano attraverso il teatro della storia. Il primo, incoronato, che uscì fuori vincitore e per vincere è Gesù Cristo, come esplicita Apocalisse 19:11. Cristo, quale esecutore avanza in giudizio sui falsi eredi. Tutti quattro i cavalli avanzano simultaneamente, ma Cristo viene citato per primo perché tutti gli altri fatti della storia sono soggetti a lui e servono la sua causa. Non ci sono crudi fatti nella storia, nessun evento accade senza Cristo o indipendentemente da lui. Tutti gli eventi accadono come parte del piano eterno e devono essere interpretati in termini di Cristo. Ciò è ancor più certamente vero del fatto del giudizio. Così, Cristo è il primo cavaliere, perché tutto quello che segue, dal secondo al settimo sigillo, può essere compreso solamente nei termini di lui. Il suo scopo e la sua direzione governano assolutamente. Gli altri a cavallo e i sigilli rimanenti non sono prima ma dopo di lui mentre si muove attraverso la storia quale esecutore della volontà o testamento, per distruggere il nemico e per scacciare la schiavitù dal suo popolo un tempo schiavo. Cristo non solo sfratta il nemico ma prepara anche il suo popolo per la libertà.

Vv. 2-4. Il secondo cavaliere segue immediatamente e rappresenta la guerra. Cristo non porta la pace ma una spada. Egli è il principio del conflitto perpetuo ad un mondo che ricerca una pace non rigenerata e priva di principio. Egli è in questo modo una spada e una guerra al mondo intorno a noi, e anche al mondo nemico come esiste pure all’interno del vero credente, il quale troppo spesso spera di trarre un profitto sia da Cristo che dal mondo. Gli uomini non possono trovare pace in Cristo finché non accettano la necessità della guerra col mondo decaduto, e Cristo come principio di questa guerra. È parte del suo scuotere le cose che sono cosicché possano rimanere solamente quelle che non si possono scuotere. Nelle parole di Mosè: “Tu fai ritornare l’uomo in polvere e dici: «Ritornate, o figli degli uomini»” Sl. 90:3).

Vv. 5-6. Il terzo cavaliere rappresenta la difficoltà economica: “Una chenice di frumento per un denaro” significa che un giorno di paga (nei termini dei salari di allora) è a malapena sufficiente per comperare il necessario per sfamare una persona. “Non danneggiare né l’olio né il vino” è stato interpretato in vari modi. Qualcuno lo riferisce ad un editto romano che proibiva di fare vino in quelle zone a quel tempo, a motivo di condizioni di quasi carestia, sulla premessa che la terra produttiva dovesse essere fatta produrre necessità basilari. Altri lo riferiscono ad un editto disegnato per proteggere i viticoltori italiani comandando che metà dei vigneti asiatici fossero sradicati. In entrambi i casi si tratta di ingerenza statale nell’agricoltura. “Una chenice di frumento per un denaro” si riferisce chiaramente all’inflazione; la seconda frase si riferisce al controllo, e inflazione e controllo sono misure gemelle che sono basilari nella difficoltà economica. Un problema che si poneva ai cristiani nella chiesa, e di nuovo una questione di coscienza, era l’adesione alle gilde o unioni di lavoratori. Diventare membri richiedeva non solo la resa della libertà ma anche della fede religiosa. La difficoltà economica colpisce il mondo intero quindi tocca anche i cristiani. Ai non rigenerati la difficoltà economica viene in derisione dei loro sogni di un paradiso in terra, le loro utopie senza Dio. Al popolo di Dio, che è preavvisato da Apocalisse, l’economia è solo economia, ma è anche un segno del giudizio sui suoi oppressori.

Vv. 7-8 Il quarto cavaliere è la Morte con Ades, il posto dei morti che cavalca al suo seguito come suo scudiero. Al seguito della Morte viene la guerra, fame, morte mediante le fiere della campagna, e desolazione attraverso la guerra. Tutti quattro i cavalieri cavalcano senza sosta in avanti, lanciati verso l’obbiettivo del loro guerreggiare, lo spossesso dei falsi eredi.

Vv. 9-11. Il quinto sigillo viene ora aperto. Giovanni ode i martiri per la fede gridare a Dio “Fino a quando aspetti, o Signore assoluto, che sei il Santo e il Verace, a fare giustizia del nostro sangue sopra coloro che abitano sulla terra?” [2]. La parola qui tradotta “Signore” è la stessa che in italiano si tradurrebbe “despota” che deriva dal greco originale. Dio è il solo vero e genuino despota: i santi gridano contro la flagrante sfida degli uomini al suo potere e autorità assoluti. Gli viene risposto “che si riposino ancora per un po’ di tempo” fino a che la pienezza della sofferenza e della morte fosse compiuta sul popolo del Signore. Furono loro date delle vesti bianche, cioè furono rivestiti con la giustizia e con la persona di Cristo. Questo, per il momento, è tutto. I santi sono giustificati, e sono nel processo di essere santificati. Ma la pienezza dell’eredità deve attendere il tempo di Dio. I santi sono raffigurati “sotto l’altare”. L’immagine è tratta dal servizio sacrificale del tempio (Es. 40:29); il sangue delle vittime o degli animali sacrificali raccolto dai sacerdoti viene versato ai piedi dell’altare. Ogni sofferenza dei cristiani, poiché essi sono in Cristo, è connessa con la sofferenza espiatoria e la morte di Cristo. Le sofferenze e le morti espiatorie dei cristiani non hanno significato in se stesse. Paolo parlò di se stesso come “versato” cioè del suo sangue come un’offerta, in 2 Timoteo 4:6. Il significato è che il nostro faticare non è invano nel Signore (1 Co. 15:58).

Vv.12-17. Il sesto sigillo ci da un grande scuotimento (piuttosto che un terremoto), tale che tutto il cielo e la terra sono scossi. Questo significa il continuo scuotimento di Dio delle cose che sono, cosicché rimangono le cose che non possono essere scosse (Eb. 12:27). I quattro cavalieri sono aspetti di questo scuotimento. Gli uomini reagiscono allo scuotimento di Dio in ogni epoca con la stessa fuga e lo stesso nascondersi. Proprio come Adamo si nascose da Dio quando udì la sua voce, così gli uomini stanno costantemente scappando da Dio e cercando di trovare nascondigli quaggiù dal suo giudizio.

I sette sigilli ci mostrano Cristo quale esecutore dell’eredità dei santi, fare dei passi per restituire il paradiso e per preparare l’uomo per la sua libertà sotto Dio. Il regno di cui Cristo si sta re-impossessando è il suo proprio regno, ed egli si muove contro di esso con potere e sovranità assoluti. Il processo di recupero è molto difficile per il popolo di Dio. Come aveva detto san Paolo alla chiesa tempo prima: “attraverso molte afflizioni dobbiamo entrare nel regno di Dio” (Atti 14:22).

L’espressione “ira dell’Agnello” (6:16), è significativa poiché rappresenta un apparente paradosso. Ci si aspetterebbe un riferimento all’ira del Leone della Tribù di Giuda. Ma l’ira dell’Agnello è mostrata nella prima Pasqua in Egitto, quando il sangue dell’agnello salvò quelli sotto di esso, mentre quelli che lo rifiutarono subirono la sua ira e la distruzione dei primogeniti. Questo aspetto dell’espiazione è spesso trascurato. La pasqua fu il giudizio sull’Egitto; la croce fu il giudizio di Satana e dei reprobi di questo mondo quanto fu l’espiazione dei peccati degli eletti di Dio, e rilasciò il grande scuotimento delle nazioni, cominciando con la caduta di Gerusalemme. L’espiazione include restituzione e riparazione secondo la legge biblica. Fineas, nel solo atto di espiazione umano e volontario, cioè non prescritto da Dio, nelle Scritture, effettuò un’espiazione per il suo popolo con la sua esecuzione di giustizia (Nu. 25). Gli fu di conseguenza imputato come giustizia e fatto figura dell’eterno sacerdozio di Cristo (Nu. 25:10-13; Sl. 106:28-31). L’espiazione di Cristo coinvolge perciò la distruzione del regno dell’uomo e la piena istituzione del regno di Dio. Restituzione e riparazione sono basilari all’espiazione. Queste, restituzione e riparazione, saranno entrambe messe in atto sia nel tempo che nell’eternità.

Per citare la Pasqua ancora una volta, questo grande atto di espiazione fu pure accompagnato dalla restituzione. Su ordine di Mosè, gli Israeliti chiesero agli Egiziani oro, argento e vestiario a ricompensa del loro lavoro, e “spogliarono” gli Egiziani. (L’intento fu di assicurare una giusta retribuzione, Esodo 12:32-36). L’espiazione della Pasqua fu dunque seguita dalla restituzione, e infine, al loro rientro in Canaan, fu seguita dalla restituzione al paese, l’eredità di Israele.

 

Note:

1 M.M.B.,op. cit.,p.68s.
2 Lenski,op. cit. p.231s.


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