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APOCALISSE 19

I DUE BANCHETTI

 

In Apocalisse 19, viene richiamata la situazione di due capitoli precedenti per poterci rivelare ora la pienezza del loro significato. Verso 11 mette pienamente a fuoco Apocalisse 4:1 e 6:2. Vediamo nuovamente “il cielo aperto”, cioè, la creazione e tutti i suoi eventi e realtà visti dalla prospettiva del Dio trino e delle sue finalità. Di nuovo vediamo il Signore che cavalca “un cavallo bianco…giudica e guerreggia con giustizia” . È il Familiare Redentore, che avanza per redimere i suoi e spossessare il nemico che trattiene l’eredità perduta dell’uomo. Per spossessare il nemico, il Signore manda il suo settuplo giudizio, che include persecuzione religiosa, difficoltà economica e morte. Questi giudizi sia separano il credente da un’inclinazione troppo pronta a fare causa comune con il mondo, sia allo stesso tempo distruggono il falso sogno di Babilonia. Quando gli uomini incontrano il fatto ricorrente della difficoltà economica, della corruzione nelle alte sfere, e della delusione e della morte nella storia, stanno incontrando il giudizio del Signore su Babilonia: è la sua guerra contro il falso paradiso e le sue presunzioni. L’uomo decaduto è scacciato dal Giardino d’Eden, e la spada fiammeggiante impedisce l’accesso all’albero della vita per prevenire che l’uomo nel suo peccato trovi pace e sicurezza separatamente da Dio.

Questa battaglia è dipinta dal principio e attraverso tutto il libro, ed è dipinta di nuovo per noi ora. La tribolazione dei santi è un fatto vecchio di secoli e ricorrente; la battaglia di Armagheddon pure è una lotta attraverso i secoli designata a distruggere il sogno di Babilonia che culmina, alla fine, nella distruzione totale di quel sogno. Cristo viene ora rivelato più chiaramente come RE DEI RE, SIGNOR DEI SIGNORI. Quale sovrano assoluto di tutta la creazione Egli è qui rivelato in tutta la sua autorità universale e in tutto il suo potere irresistibile. Ma, più che la battaglia, Armagheddon segnala la vittoria del Signore, la sconfitta del sogno di Babilonia.

In 19:1-10 i santi cantano il grande coro dell’Alleluia, gioendo nella vittoria del Signore. Questa è la gioia loro richiesta in 18:20 echeggia l’Allel Ebraico, Salmi 113-118, che cominciava con “Lodate il Signore” o “Alleluia” e proclamava la salvezza di Dio per il suo popolo. Una beatitudine (v.9) è proclamata per coloro che sono invitati alla cena delle nozze dell’Agnello.

Poi Dio si rivela come Colui che proclama due banchetti, uno, per il suo stesso popolo, il banchetto di nozze dell’Agnello, e l’altro, il banchetto dell’ira per gli operatori d’iniquità. L’obbiettivo della storia è comunione e comunità. L’uomo apostata, il trasgressore del patto, sogna una comunione nei suoi termini, tutti gli uomini il proprio dio che determinano per se stessi il bene ed il male e che creano un mondo felice e perfetto nei termini della loro autonomia da Dio. Lo scopo, dichiarato a Babele è di costruire una “città”, cioè una comunità, di stabilire una comunione nei termini di una causa e di una fede comuni. Ora è rivelato il risultato di quel sogno: è disintegrato sotto l’ira di Dio. Diventa il tavolo degli avvoltoi.

L’obbiettivo dell’uomo che osserva il patto è comunione sotto Dio e comunione nel familiare-redentore, il rappresentante federale e colui che ha osservato il patto per la nuova umanità, l’ultimo Adamo, Gesù Cristo. Lo scopo originale era ed è di nuovo la città, la comunità, e il Giardino d’Eden fu inteso essere ed era in origine una città, una comunità, nel fatto che la comunione fondamentale, quella con Dio, era il fondamento della comunione dell’uomo con la sua compagna, il suo “aiuto convenevole”  e con la natura.

Ora, in Apocalisse, la Chiesa, o sposa di Cristo, è vestita della giustizia di Cristo, e il banchetto è il simbolo dell’amicizia restaurata tra Dio e l’uomo. Mangiare sale con un uomo, vale a dire sedersi al tavolo con lui, è un antichissimo simbolo di fratellanza e di comunione. Dio camminò con l’uomo in paradiso, ed ebbe comunione con lui. Questa comunione fu spezzata dal peccato dell’uomo ed è ora restaurata dalla grazia di Dio. Tutti i credenti entrano in questa comunione alla rigenerazione, ne partecipano in misura crescente nel partecipare nella vera comunione cristiana all’interno della famiglia della Chiesa, crescono in essa nello stabilire una società cristiana, ed entrano nella sua pienezza alla resurrezione generale.

Il banchetto dei figli di Babilonia è la festa degli avvoltoi sul campo di battaglia. Tipizza la rovina totale della società e della comunione umana, la sua devastazione in guerra e morte. Le conseguenze della ribellione dell’uomo contro Dio e del suo tentativo di creare il proprio paradiso finisce in guerra e morte, e nella festa degli avvoltoi. La scena è dipinta con parole che echeggiano Ezechiele 39:4, 17-20. Questo banchetto degli avvoltoi è storia vecchia nella storia, ed è nuova ogni giorno. Le guerre dell’uomo per rendere il mondo sicuro nella democrazia finiscono col creare un funerale per la pace e la libertà. I tentativi dell’uomo di creare un ordine sociale giusto e pacifico risultano nei mali sociali più flagranti, in guerre sociali, e provvede più carname per le feste degli avvoltoi. Il risultato è che infine il sogno di Babilonia è distrutto dallo stesso tentativo di realizzarlo.

Non solo è distrutto il sogno di Babilonia, la meretrice di Babilonia eliminata, ma anche la bestia ed il falso profeta sono sconfitti (cioè le due bestie, i governi civili  nel loro tentativo di compiere il sogno di Babilonia, e le false religioni, sia quelle che pretendono di essere cristiane che quelle pagane, le quali cercano di dare sostegno alla bestia e a Babilonia). Le pretese e presunzioni messianiche degli stati sono distrutte, e le fedi che sostengono queste presunzioni sono distrutte con essi.

Questa distruzione è dipinta con termini che richiamano il rovesciamento di Sodoma e Gomorra. Proprio come Dio cancellò dalla faccia della terra le città della pianura, con tutta la loro vantata cultura e disprezzo della legge di Dio, così Dio distruggerà la bestia ed il falso profeta. I vanti dell’uomo, la forza, l’orgoglio, la bellezza, tutti i suoi sistemi di potere e d’autorità, sono spazzati via da Dio e consumati col fuoco. Il vecchio Adamo nell’uomo viene svergognato in tutte le sue presunzioni e speranze, e ognuno dei suoi tentativi di dare forma alla sua natura per mezzo del governo civile o della religione viene definitivamente eliminato ed infine completamente distrutto. Che questo implichi tremende convulsioni della storia è chiaramente indicato. La benedizione (Ap. 22:18s.) che il libro di Apocalisse pronuncia è per coloro che accettano questa totalità dello scopo e della parola di Dio, senza aggiungere o togliere nulla.

In questa visione vengono utilizzati tre simboli per la comunione. Primo, c’è il simbolo della città. Per l’uomo moderno la città rappresenta poco la comunione, ma il concetto antico della città è di una comunione, una comunione stabilita su di una fede comune. Nella città antica, la cittadinanza si fondava sulla religione, sulla comunione in fede. Dalla prospettiva biblica, si può dire che la prima città fu nel giardino d’Eden. Adamo ed Eva furono creati per vivere in comunità, l’essenza della quale era comunione con Dio e comunità sotto Dio. Caino e Nimrod, come pure i costruttori della Torre di Babele, si sforzarono per stabilire un altro concetto della città: comunione nell’uomo, senza Dio. Il concetto umanistico della città, la Città dell’Uomo, ha prodotto costantemente un aumento d’anarchia e di atomizzazione. La sua conquista più importante è stata l’ostilità verso la Città di Dio, e la distruzione del popolo di Dio. Ma il destino della Città dell’Uomo è la festa degli avvoltoi.

Il secondo simbolo è il matrimonio. La cena delle nozze di Cristo e la Chiesa tipizza pienezza di comunione e comunità. Il fondamento di questa comunità è il sacrificio propiziatorio e la perfetta obbedienza alla legge di Cristo quale capo federale dell’uomo. Il matrimonio rappresenta, come un simbolo, la consumazione (scopo finale) dell’amore e l’inizio della vita in comunità.

Il terzo simbolo è la “cena”, mangiare o banchettare. Combinare un matrimonio con una cena eleva il senso di gioia in comunità. Mangiare insieme è un simbolo antico, com’è stato notato, di fratellanza e di comunione e, nel contesto della vera Città, la Gerusalemme dal cielo, nell’occasione del grande matrimonio rappresenta comunione, pace, e comunità al loro massimo grado.


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