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APOCALISSE 17

LA MERETRICE DI BABILONIA

Poiché Apocalisse ci da un’immagine così vivida dello Stato centrato sull’uomo, Stato che è in rivolta contro Dio, è importante per noi comprendere per mezzo di un contrasto la dottrina biblica del regno di Dio e del suo governo, in modo che possiamo sia riconoscere Babilonia in mezzo a noi, sia lavorare per il vero regno.

Prima della caduta, l’uomo fu creato da Dio per vivere in paradiso, in comunità, e per realizzare in quelle condizioni il regno di Dio, il perfetto governo. Eden fu così il sito del regno di Dio sulla terra. La funzione del governo in quella società originale era, primo, esercitare il dominio sotto Dio e nel nome di Dio. Come ha dichiarato il Salmista (8:6) “Lo hai fatto regnare sulle opere delle tue mani e hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi!” Questo dominio fu perso dal primo Adamo col suo peccato; avendo perduto il dominio su se stesso, lo perse anche sulla creazione. Come conseguenza, anziché esercitare il dominio, l’uomo caduto sviluppa le implicazioni della caduta. La morte e la devastazione del peccato nell’anima dell’uomo, queste l’uomo sviluppa nel mondo intorno a sé. L’uomo decaduto è un distruttore, egli porta, non dominio ma distruzione sul mondo intorno a sé. Il dominio sopra la terra è destinato all’uomo posseduto dall’ultimo Adamo: Gesù Cristo, come rendono chiaro 1 Corinzi 15:22 ed Efesini 1:22, a motivo della sua perfetta obbedienza ed opera, fatte “rappresentativamente”, come capo federale della nuova umanità e ri-creatore del paradiso. Il comando di esercitare il dominio significò estendere l’autorità ministeriale dell’uomo su ogni area o aspetto della vita: nelle scienze, arte, musica, agricoltura e tutte le altre cose. Questo fu il mandato culturale dell’uomo, la creazione di una cultura e di una civiltà nei termini della sovranità di Dio, riconosciuta dall’uomo ed esercitata sotto la giurisdizione di Dio.

Secondo, l’uomo fu creato ad immagine di Dio, in conoscenza, giustizia, santità e dominio (Catechismo Minore di Westminster D. 10; Ge. 1:27-28; Ef. 4:24; Cl. 3:10). L’uomo ha perciò l’obbligo di sviluppare le implicazioni dell’immagine di Dio in se, nel suo significato per la sua vita personale, la sua vita come membro di una famiglia e di una società, e nella sua relazione col mondo della natura. Ha una chiamata alla conoscenza, a conoscere il mondo nei termini di Dio e degli scopi creativi di Dio; ne consegue che in ogni area egli deve estendere i confini della conoscenza sotto Dio. Ha una chiamata alla giustizia, a conoscere la legge di Dio e di applicarla in tutte le sfere. L’uomo è chiamato a santità, a separare se stesso e le sue attività a Dio e alla sua gloria.

Terzo, l’uomo fu creato con la dichiarazione che non era bene per lui vivere solo, e il matrimonio e la famiglia furono divinamente stabiliti in Eden. La funzione primaria del matrimonio e della famiglia non sono perciò i figli, poiché essi sono una benedizione aggiunta piuttosto che lo scopo del matrimonio, ma amicizia, comunità e comunione. Sviluppare la vita in comunità e comunione, con la famiglia quale istituzione basilare, fu quindi parte del compito dato all’uomo di stabilire il regno di Dio, il governo perfetto.

Quarto, all’uomo fu richiesto di vivere in obbedienza a Dio e di riconoscere la sua assoluta sovranità anche quando la ragione del comandamento non gli fosse chiara. Ad Adamo ed Eva fu negato l’albero della conoscenza del bene e del male (Ge. 2:17), e, benché fossero stati messi in guardia dal mangiarne con una dichiarazione sulle conseguenze di tale decisione, il pieno significato della violazione e dell’azione erano al di là della loro comprensione. Ciò che rientrava nelle loro capacità di comprendere era che significava: o credere Dio, camminare in fede ed in obbedienza, o dubitare Dio e stabilire la propria norma di ciò che costituisca il bene ed il male. La fede fu dunque loro richiesta nel regno di Dio. Ad Adamo ed Eva fu richiesto di camminare per fede piuttosto che per visione, cioè per attuale sperimentazione, con un’azione che avesse messo alla prova il comandamento di Dio. L’essenza della fede e dell’adorazione sono obbedienza e sottomissione, e questo fu chiesto all’uomo di rendere a Dio in paradiso.

Il riferimento basilare del governo come fu stabilito in paradiso fu perciò a Dio, non all’uomo o allo stato. Il governo implicava l’autogoverno dell’uomo, ma fondamentale a quell’autogoverno era l’atto di fede, osservare il patto con Dio.

Ma, anziché camminare per fede, l’uomo si rivoltò contro Dio e si sottomise alla tentazione di essere come Dio e di conoscere da se stesso, vale a dire di determinare da se stesso ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, ciò che è bene e ciò che è male (Ge. 3:5). Il risultato fu la caduta dell’uomo e l’introduzione del peccato e della morte. L’uomo e le sue istituzioni sono perciò dominate dal peccato, e nessun singolo ordine di vita può oggi dire di essere il sito, l’ambiente o l’ubicazione del regno di Dio sulla terra. Piuttosto, il mandato culturale dell’uomo è affidato alle varie sfere di vita e riservato ad esse, e il fattore basilare del proposito di Dio per la scena umana è una frammentazione di poteri.

Il regno di Dio deve ora essere raggiunto attraverso Gesù Cristo e la sua realizzazione è riservata a Lui. Il regno viene approssimato dall’uomo quando serve Cristo fedelmente nelle varie sfere di vita: chiesa, stato, scuola, vocazione, famiglia e ogni altra cosa.

Lo stato ha il dovere di servire Dio, di essere cristiano, di essere parte del regno di Dio, oppure sarà da Lui giudicato. Romani 13 dichiara che lo stato è ministro, ministro di giustizia e di ordine sociale. La chiesa è ministro di grazia, la parola e i sacramenti, e la disciplina della casa della fede. Poiché Dio, fin dalla caduta e drammaticamente a Babele ha disperso l’uomo nel suo tentativo di centralizzare poteri e autorità, di ordinare la società in modo totale, ogni area di vita è nella sua estensione strettamente limitata dalla parola di Dio. Lo stato, quale governo civile è strettamente limitato nel fatto che, primo è sotto Dio e deve amministrare la giustizia in fedeltà alla sua parola. Secondo, lo stato non può assumere come proprie quelle aree che sono propriamente le sfere di casa, scuola, chiesa, arte, economia o qualsiasi altra cosa. Terzo, lo stato non può limitare la libertà individuale di sviluppare la commissione divina per l’uomo quale portatore dell’immagine di Dio. Quarto, l’autorità dello stato è sempre ministeriale, o delegata da Dio, mai creativa o indipendente. Quando lo stato diventa messianico nelle sue affermazioni e cerca di introdurre il paradiso, lo fa dichiarandosi dio e facendo di se stesso la fonte della legge e dell’autorità. Babilonia cerca di creare il paradiso senza Dio evitando l’intera questione del peccato e della rivolta contro Dio da parte dell’uomo. È il tentativo dell’uomo di essere Dio e di crearsi il proprio nuovo mondo.

Tornando ora ad Apocalisse 17, Babilonia non rappresenta il governo stesso, ma l’ideale e il sogno degli stati umanisti, la concupiscenza umana per un paradiso senza Dio o in disprezzo di Dio. I governi civili di questo  mondo, nel loro carattere anti-cristiano, sono dipinti come la bestia, ed è sulla bestia che la donna, la meretrice di Babilonia, cavalca (v.3), cioè: ella dipende dalla bestia. È il governo civile che porta questo sogno e gli da forza e sostegno. A sua volta, Babilonia, la grande meretrice, tiene in pugno i governi con le sue fornicazioni e la sua coppa d’ubriachezza. Apocalisse identifica la meretrice con l’antica Babilonia, con Roma (la città dei sette colli), con Gerusalemme, con Tiro (echeggiando Ezechiele), e con ogni nazione ed impero nei loro sogni di dominio al di fuori di Dio e di auto-realizzazione senza Dio. Il nome Babilonia, comunque, è specialmente appropriato. Babilonia fu la grande città di Nebukadnetsar, che esaltò se stesso. I profeti videro Babilonia in tutto il suo potere, perversione e apparente onnipotenza, come “la gloria dei regni…che sedeva come una signora data ai piaceri, e che si compiaceva che essa non avrebbe mai conosciuto sofferenza…il martello della terra intera, la coppa d’oro che ubriacava tutte le nazioni…una coppa d’oro in mano al Signore”. Fu a Babilonia che Giuda fu prigioniero per settant’anni, e fu Babilonia che apparentemente distrusse il regno di Dio distruggendo Gerusalemme e riducendo la terra promessa a luogo selvatico a malapena abitato. Babilonia è un simbolo calzante, avendo le sue radici nell’antico sogno di Nimrod, di Caino, e di Babele, rappresentando un paradiso contraffatto e un tentativo di stabilire un unico ordinamento mondiale senza Dio.

Babilonia presenta effettivamente un ideale di unità, pace e fratellanza che imita il regno di Dio, perciò tenta gli uomini ed è appropriatamente chiamata una meretrice. La sua tentazione è la tentazione chiave, poiché dichiara che l’uomo è il proprio dio è che può creare il proprio paradiso, perciò Babilonia è chiamata la grande meretrice, e la madre delle prostitute e delle abominazioni della terra. Troppo spesso essa distrugge il lavoro della chiesa ed è “ebbra del sangue dei santi.”

Lo scopo dei capitoli 17 e 18 è di mostrarci “il giudizio della grande meretrice che siede sopra molte acque”. In 17:15 abbiamo un’interpretazione di queste acque: il mondo dell’uomo. “Le acque che hai visto, dove siede la meretrice, sono popoli, moltitudini, nazioni e lingue”. La bestia e la meretrice traggono il loro potere dal popolo o dalla concupiscenza del popolo per un paradiso senza Dio in cui la gioia più grande è essere liberati dalla legge di Dio. Dovunque la gente cerchi di “trovare Dio” scavalcando il fatto del peccato dell’uomo, sta cercando di evadere la giustizia di Dio, la sua legge e sta alimentando la bestia e la meretrice.

L’attenzione viene poi spostata sulla bestia. La bestia “era, e non è”. La bestia fu distrutta dalla venuta di Cristo, che le inflisse un colpo mortale. Fu dimostrato che il regno dell’Uomo era futile, e Cristo introdusse il regno di Dio. La crocifissione e la resurrezione inflissero il colpo mortale. Ma la bestia continua ancora. A Giovanni viene detto che “salirà dall’abisso e andrà in perdizione”. In altre parole: la bestia torna al potere per mezzo delle forze dell’inferno, ma verrà distrutta definitivamente.

La bestia ha sette teste, ci sono sette colline su cui è seduta la donna, e qui sono tipizzati Roma, e tutti gli stati e gli imperi. Le sette teste sono la pienezza di tutti gli stati anti-cristiani. Sono chiamati anche sette re: “cinque sono caduti, uno è sul trono”. Dunque l’era del Vecchio Testamento vide la distruzione di cinque delle sette potenze. Non è necessario identificare questi sette regni. Sette è il numero della pienezza, e i sette tipizzano tutti i governi anti-cristiani della storia. La sesta è, cioè ora, ai giorni di Giovanni; questa fu Roma in parte, ma incluse anche non solo le province dell’impero, Giudea inclusa, ma anche tutti gli imperi del tempo al di la delle frontiere di Roma. La settima potenza doveva ancora venire: questi dovevano essere tutti gli stati anti-cristiani dopo il tempo di Roma, e la settima testa è ritratta con dieci corna, di nuovo un simbolo di totalità; ma queste dieci corna non sono ancora diventati re (v.12). La loro epoca era al di la del tempo di Giovanni. La bestia feroce (v.11) è in un senso l’ottavo, eppure è uno dei sette, come una realtà continuata e lo stesso ideale; il regno dell’Uomo ha quasi un’esistenza separata da qualsiasi stato attuale, ma è comunque uno con essi. Ad ogni modo, di tutti loro è detto che “hanno un agire comune e daranno la loro potenza ed autorità alla bestia” (v.13). Ma l’Agnello li vincerà “perché Egli è il Re dei re e il Signor dei signori” (v.14).

La meretrice siede sopra le acque, cioè i popoli, ma il suo luogo di residenza è il deserto (luogo selvatico v.3). Il deserto rappresenta il mondo dopo la Caduta. Adamo fu posto in Paradiso, ma col suo peccato ha trasformato il mondo in un deserto. Cristo, il secondo Adamo, fu tentato nel deserto, ma, con la sua vittoria, cominciò la restaurazione del paradiso e, alla conclusione delle sue tentazioni “era con le fiere” (Mc. 1:13) proprio come Adamo in Paradiso. Questo fu un anticipo del fatto che per la sua vita e la sua morte nelle quali fu vittorioso, Gesù Cristo restaurò l’uomo al paradiso. La restaurazione è presente e futura: l’immagine di Dio nell’uomo è restaurata, ma la santificazione dell’uomo non è completa. L’opera di restaurazione è cominciata, ma sarà pienamente completata solo alla fine del mondo. Ma ogni passo di quella restaurazione è glorioso, e l’estensione della restaurazione in questa era non deve essere sottostimata o sminuita. Proprio come il primo Adamo distrusse il paradiso col suo peccato, il secondo Adamo con la sua Giustizia distrugge il paradiso contraffatto.

 


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