RISORSE:

Contaminazioni tomiste e crisi della civiltà occidentale

Introduzione dell’editore

Noi di cristoregna.it riteniamo opportuno sottoporre all’attenzione dei nostri lettori il seguente scritto, semplice e breve, ma denso di spunti importanti. In un’epoca segnata da smarrimento (o, meglio, da giudizio) spirituale e decadenza culturale, offre una valida possibilità di riflessione per tutti coloro che desiderano comprendere gli “intoppi” ereditati dal passato, promuovendo il rilancio di una visione veracemente basiliocentrica e di una testimonianza genuinamente teo-nomica nelle nostre nazioni. Queste, infatti, come ricordatoci dalla Scrittura, attendono con impaziente ardore di essere finalmente ammaestrate secondo la legge dell’Eterno (Isaia 42:4).

Senza lasciarsi distrarre da altre prominenti tradizioni cristiane, anch’esse non prive di difetti e distorsioni, è tempo di riallacciare i legami con l’eredità dei Riformatori, il cui contributo fu determinante per la formazione dell’Occidente e per una visione integrale dell’uomo e della società. Occorre accogliere con lucidità e coraggio il testimone lasciato da questi padri spirituali, proseguendo la loro opera, colmando le carenze, correggendo alcuni errori e portando avanti con fedeltà e discernimento il cammino da essi intrapreso, soprattutto nell’ambito della teologia pubblica.

In questa prospettiva, la critica al giusnaturalismo elaborata da Cornelius Van Til, insieme all’opera sistematica degli autori della Ricostruzione Cristiana, costituisce un riferimento imprescindibile per chiunque voglia affrontare con efficacia le sfide del nostro tempo. L’“armatura di Saul” – composta da elementi quali la teoria della legge naturale, il pluralismo politico permanente, il mito della neutralità e l’anti-pattizialismo – si dimostra inadeguata a proteggerci. Se continuassimo a presentarci sul campo della battaglia culturale e spirituale con tali strumenti, saremmo inevitabilmente sopraffatti. Solo facendo nostra l’armatura spirituale che Dio stesso ha provveduto, saremo finalmente in grado di difendere la verità e l’ordine divino con fierezza ed efficacia, mettendo in fuga quanti si oppongono alla sovranità del Signore.

Buona lettura!


1. L’eredità tomista come radice della crisi occidentale

La ragione principale per cui non potrei abbracciare il cattolicesimo – e, per estensione, il motivo per cui ampie porzioni del protestantesimo contemporaneo hanno smarrito le proprie radici, e la civiltà occidentale stessa ha perso il suo orientamento – risiede nell’influenza duratura esercitata da Tommaso d’Aquino. Tommaso si dedicò con rigore alla sintesi tra la fede cristiana e la filosofia classica greca, con particolare riferimento al pensiero aristotelico. Questa operazione divenne il fondamento della Scolastica: un tentativo ambizioso di conciliare ragione e rivelazione, integrando nella dottrina cristiana la filosofia naturale di Aristotele. Secondo Tommaso, la ragione naturale – indipendente dalla Scrittura – era in grado di cogliere verità significative in ambito morale, politico e teologico, come nel caso dell’esistenza di Dio. Egli distinse tra legge naturale, accessibile a tutti per via razionale, e legge divina, rivelata nelle Sacre Scritture. Questa distinzione, accolta dalla tradizione cattolica, fornì le basi per una teologia politica capace di tenere insieme la filosofia greco-romana, la dottrina cristiana e le strutture dell’autorità imperiale. In tale cornice nacque l’immaginario cattolico medievale, con il Sacro Romano Impero quale espressione concreta di questa sintesi.

2. La risposta riformata alla sintesi scolastica

I riformatori protestanti – in particolare quelli della tradizione riformata – rigettarono con decisione tale sintesi. Calvino, Rutherford e, più tardi, pensatori come Kuyper e Van Til, considerarono l’opera di Tommaso un compromesso pericoloso, perché conferiva alla ragione umana un’autorità indebita rispetto alla suprema Parola di Dio. Van Til spinse la critica ancora oltre, accusando il cattolicesimo di sincretismo: una mescolanza di verità bibliche e filosofia pagana, con conseguenze gravi sia dottrinali che politiche. Tuttavia, proprio in virtù di tale impianto filosofico, la Chiesa cattolica mostrò maggiore apertura ad abbracciare la narrazione della “Civiltà Occidentale”, fondata su Gerusalemme (la fede), Atene (la filosofia) e Roma (il diritto). Nel Novecento, figure come Jacques Maritain e John Courtney Murray promossero questa visione come compatibile con una teoria democratica cattolica. La Chiesa si configurò così come custode di un ordine morale sistematico, in cui la filosofia classica non è nemica della fede, ma alleata.

3. Le ambiguità del protestantesimo moderno

Di conseguenza, la tradizione cattolica, forgiata da Tommaso, ha storicamente sostenuto l’integrazione tra filosofia greca, politica romana e teologia cristiana, contribuendo alla costruzione dell’identità culturale occidentale. Il protestantesimo riformato, al contrario – nella linea da Kuyper a Van Til – ha affermato l’assoluta autorità della Scrittura in ogni ambito, compresi diritto e governo. Tuttavia, non tutti i protestanti si sono mantenuti coerenti con questa posizione. Alcuni ambienti riformati hanno riscoperto il diritto naturale, nel tentativo di elaborare un’etica pubblica condivisibile. Ciò ha favorito l’emergere della cosiddetta teologia dei Due Regni, che separa la realtà in ambiti sacri e secolari: alla Scrittura il primo, alla ragione naturale il secondo. In tal modo, è stata reintrodotta, sebbene in forme rielaborate, proprio quella sintesi che i Riformatori avevano rigettato, attribuendo autonomia alla sfera civile.

4. Dalla scolastica al secolarismo moderno

La sintesi tra cristianesimo e aristotelismo operata da Tommaso trasformò profondamente la visione ecclesiale del diritto e del governo. Egli sostenne che l’uomo, mediante la propria ragione, potesse conoscere leggi morali universali, indipendenti dalla rivelazione. Questa dottrina aprì la via a un’etica sempre più secolarizzata. Nonostante la sua ortodossia teologica, Tommaso aprì la strada a pensatori che, nel tempo, avrebbero separato del tutto la legge naturale dalla Scrittura. Tale processo si avviò con la tarda Scolastica e accelerò nel Rinascimento, giungendo con Grozio, Locke e l’Illuminismo a un diritto naturale del tutto autonomo e umanocentrico. Questo divenne la base teorica della democrazia moderna e del relativismo etico. Anche molti protestanti accolsero inconsapevolmente tale schema, contribuendo alla diffusione della teologia dei Due Regni. Il magistrato civile, in questa prospettiva, divenne autonomo rispetto alla legge di Dio, giustificato dalla grazia comune e dalla legge naturale.

5. La dissoluzione del modello teocratico

La mia riserva verso il cattolicesimo, quindi, non si limita alla dottrina o al culto, ma riguarda anche il suo lascito filosofico. La ricezione tomista ha compromesso la signoria di Cristo in ogni ambito della vita, anche in contesti protestanti. Questo ha finito per indebolire la prima teologia politica riformata, inclusa la visione puritana. I Puritani costruirono società pattizie, dove Cristo regnava su ogni sfera, e la legge rivelata – specialmente quella mosaica – informava tanto lo Stato quanto la Chiesa. Ma con il riaffermarsi del diritto naturale, tale fondamento cominciò a vacillare. Pensatori illuministi come Grozio e Locke, rielaborando categorie tomiste, elaborarono sistemi politici fondati sulla ragione umana, e questa influenza penetrò tra i Puritani di seconda e terza generazione. Nel XVIII secolo, la visione teocratica era ormai declinante, sostituita da un repubblicanesimo laico fondato sui diritti naturali.

6. L’influenza tomista sulla fondazione americana

Questo mutamento segnò profondamente anche i Padri Fondatori americani: Jefferson, Franklin e Madison si distanziarono dal puritanesimo teocratico per abbracciare una repubblica secolare d’ispirazione illuminista. Non si appellarono al Dio biblico, ma alla “natura e al Dio della natura”. La Costituzione statunitense, con l’articolo VI, escluse ogni test religioso, sancendo una netta separazione tra governo e Scrittura. Ciò che nacque come ordine biblico venne smantellato a favore di un giusnaturalismo autonomo, la cui origine filosofica risale alla sintesi tomista. In definitiva, la dottrina cattolica del diritto naturale, tramite Tommaso, ha prodotto un percorso che ha condotto alla dissoluzione della teocrazia cristiana e alla nascita della democrazia liberale moderna. Anche le società protestanti cedettero infine agli ideali illuministi, promettenti libertà senza legge divina.

7. Il protestantesimo riformato in Italia: subalternità e compromesso

Nel contesto italiano, dove il cattolicesimo romano ha egemonizzato la cultura e il discorso politico, il protestantesimo riformato si è sviluppato in marginalità. Dopo l’iniziale impulso della Riforma nel XVI secolo, represso dalla Controriforma, fu solo nel XIX secolo che missionari evangelici contribuirono a ricostruire comunità riformate. Tuttavia, questa recente rinascita non fu accompagnata da una riflessione teologica autonoma. Le chiese evangeliche italiane importarono gran parte del loro pensiero da contesti anglosassoni. Negli ultimi decenni, le chiese presbiteriane italiane – influenzate da ambienti statunitensi come il Westminster Seminary California – si sono fatte promotrici della dottrina dei Due Regni, rielaborata da autori come VanDrunen, Horton e Clark. Questa visione, pur con linguaggio protestante, riproduce un dualismo analogo a quello tomista: la Scrittura governa la Chiesa, la ragione naturale la società.

8. La legge naturale e la neutralità dello Stato

In campo battista, tale impostazione ha trovato terreno fertile anche in istituzioni come l’IFED di Padova e l’ICED di Roma, dove si promuove un’etica pubblica fondata su una legge naturale condivisibile anche da non credenti. Laddove nelle prime fasi tali ambienti mostravano aperture a visioni più genuinamente pattizie dell’etica pubblica, col tempo hanno assunto con crescente convinzione un impianto teoretico basato sulla legge naturale e sulla grazia comune come strumenti sufficienti per ordinare la società civile in modo giusto e pluralista. In tali contesti oggi si promuove una concezione dell’etica pubblica costruita deliberatamente su basi naturali e razionali, ritenute universalmente accessibili e valide anche per i non credenti. Ne consegue una netta delimitazione dell’autorità normativa della Scrittura alla sola sfera ecclesiale, mentre allo Stato viene riconosciuta autonomia etica e giuridica, purché rispetti l’ordine pubblico e la libertà religiosa. La legge mosaica – e più in generale l’idea che la rivelazione abbia qualcosa da dire all’ordine politico – viene trattata al massimo come una fonte di ispirazione morale, priva però di qualsiasi valore prescrittivo o normativo per le istituzioni civili. Il risultato è una teologia politica che, pur mantenendo un linguaggio confessionale e protestante, ha finito per abbracciare in modo quasi acritico categorie mutuate dal pensiero classico e moderno – come il bene comune, la neutralità dello Stato, la prudenza civile – riproponendo in veste riformata un impianto concettuale aristotelico-tomista, impermeabile alla signoria pubblica di Cristo. Una posizione, questa, che non solo marginalizza il ruolo della Scrittura nella sfera pubblica, ma che in pratica rende teologicamente plausibile, se non auspicabile, la permanenza di un ordine politico post-cristiano e pluralista.

Eppure, prima dell’epoca della legge naturale, fu sempre Dio — o comunque una divinità riconosciuta — la fonte del diritto. A Roma, fino alla divinizzazione degli imperatori, la legge aveva origine dalla religione. L’idea di una legge naturale autonoma è stata lo strumento con cui il Nemico ha sottratto a Dio la prerogativa legislativa per conferirla all’uomo. In questo senso, la legge naturale si configura come un colpo di mano teologico, un atto di usurpazione della signoria divina sull’ordine giuridico. Ad oggi, “stati e governi secolari ed umanisti non riconoscono alcuna legge superiore alla propria. Essi sono una legge a sé. E nel fare di sé stessi la più alta legge nel paese, al di là della quale non c’è appello alla legge superiore di Dio, essi si mettono di fatto al posto di Dio rivendicando in tal modo i suoi stessi attributi”; così dice Stephen C. Perks nel suo scritto A cosa paragonare questi tempi?

Ecco perchè, in campo riformato, sarebbe oggi di fondamentale importanza prestare grande attenzione alla chiamata all’azione formulata da Pierre Courthial in Un nuovo giorno di piccoli inizi: “L’umanesimo, che ha fatto dell’uomo il legislatore supremo, deve essere sconfitto dalla Legge di Dio”, riaffermando che soltanto la Parola divina può costituire la vera norma per la vita dei popoli.

«Poiché la legge procederà da me
e io porrò il mio diritto
come luce dei popoli.»
— Isaia 51:4

9. Antitesi riformata: Van Til e la Ricostruzione Cristiana

Non sono però mancati tentativi di opposizione a questa deriva. Cornelius Van Til, nella prima metà del Novecento, sviluppò una critica radicale al giusnaturalismo. La sua apologetica presupposizionalista insisteva sull’antitesi tra sapienza divina e umana, respingendo l’idea che la ragione corrotta dal peccato potesse essere un fondamento neutrale. Tuttavia, negli istituti del Bel Paese il suo pensiero è stato recepito quasi esclusivamente in ambito apologetico, mentre le sue implicazioni per la teologia pubblica sono rimaste largamente inascoltate. Su questa eredità nacque negli Stati Uniti la Ricostruzione Cristiana di R.J. Rushdoony, Greg Bahnsen e Gary North: una visione teonomica dell’ordine sociale fondata sulla legge biblica. In Italia, però, questa prospettiva non ha trovato spazio istituzionale. Alcuni testi circolarono tra anni ’80e ’90 suscitando l’interesse di alcuni gruppi, salvo poi essere “dimenticati” dagli ambienti accademici, attratti da un approccio dialogico e più “rispettabile” fondato sull’etica della creazione.

10. Conclusione: verso una teologia pubblica riformata

Il risultato è che oggi il protestantesimo riformato italiano, pur professando la sovranità di Dio e l’inerranza della Scrittura, ha accettato nei fatti un ordine politico secolarizzato, dove lo Stato è la fonte ultima del diritto. La critica alla modernità secolarista è ormai flebile, e la legge naturale – scollegata dalla rivelazione – è divenuta il cavallo di Troia per reintrodurre la sintesi tomista. Così come negli Stati Uniti l’eredità tomista ha influenzato settori conservatori protestanti, anche in Italia, seppur con tratti differenti, si è prodotta una teologia pubblica debole, culturalmente subalterna. Una teologia riformata autentica, fondata sulla signoria totale di Cristo e sulla validità perenne della Sua legge, resta oggi un’esigenza ancora largamente inascoltata.

Ridattamento in italiano di un testo originale di Andy Hauter (05/06/2025)


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