RISORSE:

Tre studi su Giosuè 13-22

1 LA TERRA COME DONO

GIOSUE’ 14.1-2; 15. 1 ecc.   

Le parole “Erets” e “gowral”

Introduzione I cristiani Italiani hanno bisogno di comprendere fra le altre cose l’importanza di un sano, cioè biblico concetto della terra. Molte nuove e false spiritualità infatti traggono origine da un concetto errato della terra. Per almeno due motivi anche noi evangelici, pur possedendo sulla carta una sana dottrina della creazione abbiamo spesso una visione non  biblicamente adeguata di questo soggetto. Il primo motivo è l’influenza della filosofia Greca sui Xani per cui vediamo la realtà in termini di idee astratte o se volete di sostanze imprigionate, svalutate dalle forme, piuttosto che vedere la creazione come opera di Dio. Questo infiltra nel Xano l’idea che il problema della creazione non è il peccato ma la terra, la carne ecc per cui la salvezza risiede nel liberarsi da queste forme, nel divenire puro spirito. Il secondo motivo similmente religioso è la forte influenza del pietismo che ci ha abituati a ritirarci dal mondo per non essere del mondo. Il concetto di regno di Dio viene trasferito nella sfera puramente celeste e ideale. Il Pietismo disprezza tutto ciò che è terreno e materiale. Un buon esempio riguarda proprio ciò che molti Xani credono della terra ed del suo futuro. Noi dichiariamo che il modo giusto di interpretare la Bibbia è quello di rispettare il genere letterario, ma per quanto riguarda il futuro della terra siamo molto letteralisti. Il nostro concetto del futuro della terra viene regolarmente da brani escatologici o apocalittici, es. Isa. 65.17; Isa. 66.22; Riv. 21.1; brani nei quali c’è questo concetto quasi misterioso e così mal compreso e mal collocato nella storia di “nuovo” che proietta tutto nella sfera celeste ed ideale, nel non materiale. Questi ed altri brani profetico-escatologici che parlano della terra in modi non immediatamente comprensibili, quindi non interpretabili letteralmente vengono citati letteralmente come futuro storico (cioè dopo il ritorno di Cristo, ma ci sono difficoltà a comprendere questi brani come concernenti la perfezione del regno). Molto più raramente si cita un brano profetico immediatamente chiaro, che quanto a genere letterario fa una vera e propria equazione storica 2 Pt. 3.4-7,13 (leggi)  Pietro insegna che la terra come la conosciamo sarà distrutta perché proprio come al tempo di Noè verrà radicalmente trasformata questa volta non dall’acqua ma dal fuoco. La diversità non è nella sostanza ma nel fatto che dopo “vi abita la giustizia” vs 13. Il Signore introduce l’elemento della discontinuità, non è vero che tutte le cose continuano come dal principio della creazione perché col diluvio la terra fu tratta dall’acqua e formata mediante l’acqua. Come una nuova creazione. Dopo il diluvio la terra non fu mai più come prima, ma era la stessa terra. E proprio come Noè piantò una vigna e bevve del vino così Gesù ha detto che ne “berrà del nuovo con voi nel regno del Padre Mio” Mt 26.29. Quando abitavo in Canada sentivo spesso parlare di rapimento! Adesivi sulle auto dicevano “attenzione! Col rapimento quest’auto rimarrà senza guidatore” Ma nessuno di costoro portava sempre con se un vitigno da piantare nella nuova terra per poter bere del vino con Gesù. Troppi cristiani non aspettano una terra futura dove si coltiva e si pianta ancora e si produce del vino da bere col Signore. Sognano un mondo spirituale nel senso di ideale, astratto, in cui eventualmente se proprio si beve Dio creerà il vino con un miracolo. Ciò che è terreno e materiale è cattivo e deve finire, lo spirito è buono e durerà per sempre. Ma riguardo alla creazione ci viene invece detto “ Allora Dio vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono”. Gen 1.31 Dio ha creato il materiale e lo spirituale ed entrambi erano molto buoni. Naturalmente entrambi sono ora caduti e necessitano la redenzione di X.. Ma erano entrambi molto buoni. Disprezzare la creazione fisica è disprezzare Dio. Vedere la creazione e la terra come Dio la vede e la intende per noi è una necessità religiosa e morale. Come consideriamo la terra ha implicazioni spirituali tremende perché la nostra spiritualità, la nostra risposta alla grazia di Dio o sarà una risposta governata dall’astrazione e quindi da un ritiro dalla terra, oppure pianteremo delle vigne.

13.7 dividi dunque questa terra. 14.1 questa la terra che i figli d’Israele ricevettero in eredità…Terra, “Erets”, spesso tradotto paese.  Erets compare 2504 volte nell’ A.T. (Dio 4186). Dei 6 giorni che Dio impiegò per creare, ben 5 sono stati impiegati per preparare la terra. L’uomo fu creato il sesto giorno dopo che Dio ebbe creato gli altri mammiferi. L’uomo è l’apice della creazione non l’esclusività. Dio gioisce nelle capre e nelle cerve, nell’asino selvatico, nel bufalo, nel cavallo, nello struzzo. Gb 39. Dio gioisce nella terra Gb 38. 4-7. La Bibbia invece ci parla di un solo uomo nel quale Dio si è compiaciuto. La prospettiva biblica non è centrata sull’uomo ma è centrata su Dio e orientata dall’alleanza. La terra è il dono di Dio che dichiara la validità dell’Alleanza:  Gn 12.7; 15.4; 17; 15.7; 13.15-17; 24. 7; 28.13, 31.3 La terra è promessa ad Abramo e Abramo sapeva di possedere Dio nella promessa di possedere la terra, e le sue ossa nella tomba che acquistò testimoniano della sua fede di possedere la terra nel futuro. E noi, desideriamo possedere la terra o questo concetto è troppo materiale per noi? Siamo tutti primogeniti di Dio in X. Ma l’eredità ci fa schifo? L’eredita promessa è troppo materiale per delle persone spirituali? Ma vedete, la terra ratifica l’alleanza, questo significa che se Dio non dona la terra l’alleanza non è operativa, ma altrettanto terribilmente significa che se Dio la dona ma il suo popolo non la riceve, libera, occupa, lavora, fa fruttare e restituisce migliorata alle future generazioni della fede, l’alleanza non è ratificata, non è convalidata. Detto più semplicemente: se io non mi approprio della terra che Dio mi ha donato non voglio appartenere al patto, non voglio essere  un figlio di Dio.

E poi c’è il Deut. Perché Giosuè fu formato ai piedi di un uomo solo. Non si comprende Giosuè. Senza Mosè. Giosuè è un tipo del X per molti motivi. (ad es.Eb. 4) Come Gesù, Giosuè “parla di ciò che ha visto presso il padre suo” Giosuè esegue alla lettera ciò che Dio comandò a Mosè in Nm. & Dt. (leggi 1.8); 4.37-38; 9.5; 10.11 Il Deuteronomio riprende le promesse della Genesi e le amplifica sviluppando un vero e proprio pensiero sistematico della terra e qualcuno, non a torto, ha detto che il Deuteronomio trasforma il concetto della terra in un vero e proprio “santo materialismo”.

La terra come dono. Dono e anticipo, pegno del patto. La terra, Erets,  nella Bibbia 150 volte si usa la frase dare la terra. Nonostante il peccato abbia portato i suoi effetti devastanti anche sulla terra, per il popolo di Dio non è più spine e triboli ma Gs 5.6 “una terra ove scorre il latte e il miele”. La dura terra è dura, faticosa, ma altri l’hanno lavorata e resa fertile e Dio la toglie a loro per darla al Suo popolo. Anzi più enfaticamente Dt. 6. 10- 11 “Quando poi l’Eterno, il tuo DIO, ti avrà fatto entrare nel paese che giurò ai tuoi padri, ad Abrahamo, Isacco e Giacobbe, di darti grandi e belle città che tu non hai costruito,

11 e case piene di ogni bene che tu non hai riempito, pozzi scavati che tu non hai scavato, e vigne e uliveti che tu non hai piantato;”

Altri hanno lavorato.  Isaia 61.6 dice “voi godrete le ricchezze delle nazioni, ”   Gesù dirà della messe: “altri hanno faticato e voi siete entrati nella loro fatica”.

Erets, la terra, citata sette volte in quattro versetti: Dt. 8. 7-10. “perché l’Eterno, il tuo DIO, sta per farti entrare in un buon paese, un paese di corsi d’acqua, di fonti e di sorgenti che sgorgano dalle valli e dai monti; un paese di frumento e di orzo, di vigne, di fichi e di melograni, un paese di ulivi da olio e di miele; un paese dove mangerai pane a volontà, dove non ti mancherà nulla; un paese dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame. Mangerai dunque e ti sazierai, e benedirai l’Eterno, il tuo DIO, a motivo del buon paese che ti ha dato.”

Una terra piena di tutto, buona non solo per l’agricoltura e pastorizia ma piena di minerali e di ricchezze da sviluppare. E mangerai e ti sazierai benedirai l’Eterno. Una terra che richiama l’eden, una terra da lavorare, far fruttare, godere! Quant’è vicino  tutto questo al nostro concetto di terra? Non stanno i Xani peccando quando rifiutano questo dono, rifiutano di lavorare questa terra col pretesto ipocrita di desiderare il cielo? La terra che io vivo, la terra che tu vivi è una terra da lavorare e godere? La vittoria, la conquista, il possesso dell’agricoltura, del lavoro, dell’educazione, della scienza, della tecnologia, della politica sono marchi di satana e il marchio del cristiano è la ritirata, la sconfitta come insegna il pietismo, oppure la vittoria, la conquista di tutte le sfere della bellissima e multiforme vita sotto Dio sono il marchio della nostra appartenenza al patto e del favore di Dio? Rispondiamoci a questa domanda una volta per tutte, non solo in teoria ma anche in pratica, perché non possiamo dire una cosa e farne un’altra.

Giosuè 14.2 “La loro eredità fu decisa a sorte” Gs.15.1 “la parte assegnata in sorte alla tribù dei figli di Giuda…  La parola tradotta sorte è “gowral  che in ebraico significa sia dado, pietruzza usata come dado, che lotto di terreno. Questa parola, con questo doppio significato che la Bibbia vuole unire appare 25 volte in Giosuè. Il metodo che Dio comandò per donare la terra già in Nm.26.55-56 per le tribù e in Nm.33.54 per le famiglie, ha lasciato una traccia linguistica anche nelle culture seguenti. Gowral: significa sorte. (ora sarebbe interessante ampliare su questo fatto: Dio da la terra alle famiglie, non allo stato, ma questo sarà magari per un altro sermone) Nelle due lingue che conosco, in italiano la parola lotto, significa parte divisa, come in lotto di terreno; ha significato anche come nel gioco del lotto, e cioè di un risultato apparentemente casuale, ma coloro che giocano al lotto hanno una “fede”, credono cioè ad una forma di vita spirituale o al fato o caso che controlla l’uscita dei numeri e che può benedirli o trascurarli. Nella lingua inglese ci avviciniamo ancor di più al significato biblico in quanto lot secondo un dizionario significa

  1. 1) dado; 2) l’uso dei dadi per determinare una questione casualmente; 3) la scelta risultata; 4) qualcosa che viene a qualcuno su cui il dado è caduto.
  2. parte, porzione; 2) porzione di terreno;
  3. il modo di vivere di una persona determinata dal fato, dalla  fortuna, un dizionario Xano se esistesse (e siamo colpevoli che non esiste) se esistesse la chiamerebbe la benedizione o predestinazione; “il modo di vivere di una persona determinato dalla predestinazione”.

Nell’ebraico, ma come abbiamo visto anche in altre lingue, l’unità di significato tra dado e la determinazione del modo di vivere ha la sua origine nel dono che Dio fece della terra alle dodici tribù. Infatti nella Bibbia si possono usare quasi intercambiabilmente le parole “eredità” Gs 14.2, “parte assegnata in sorte”  Gs 15.1; “dono” Gs 15.19 meglio tradotto in “benedizione”

Salmo 16.5-6 fa ben comprendere come sorte, luogo, eredità e calice siano fortemente interconnessi. Dio determina il modo di vivere dei suoi figli per mezzo dei suoi doni. Gowral, pietruzza dado.  Gowral è la sorte, e la sorte di chi vince è un lotto di terreno. Ecco che mi diventa più chiara la promessa di Gesù alla chiesa di Pergamo in Riv.2.17  “a chi vince darò una pietruzza bianca, a chi vince darò una gowral bianca con  un nome nuovo”, non sarà forse un nome nuovo per un lotto di terreno nella nuova terra? Il ruolo della terra nella relazione tra Dio ed il suo popolo  si può raffigurare come  il ruolo della terra nell’alleanza tra il Feudatario e i suoi vassalli. Il feudatario concede in dono ai propri vassalli un pezzo di terra da far fruttare e sulla quale i vassalli stessi sono come dei signori. La terra è assolutamente necessaria per rendere operativo il patto tra Feudatario o Signore e i suoi vassalli. Rovesciando la prospettiva i vassalli senza terra non possono servire il loro Signore.

Nel libro di Giosuè Dio dona la terra, ad ogni famiglia una porzione sufficiente per lavorarci e far fruttare i propri talenti secondo il numero dei componenti e secondo il beneplacito della sua volontà. Nella terra, nel lavorarla e farla fruttare il popolo di Dio trova il senso della propria vocazione e del proprio rapporto con Dio. L’uomo è un essere spirituale ma non è fatto solo di spirito. L’uomo è fatto di spirito e di carne, è spirito perché è un essere in relazione con Dio e ha un corpo perché il suo servizio a Dio è coltivare e custodire la terra. Senza il dono della terra il popolo di Dio non ha niente da fare. Per adorare Dio gridando “santo, santo, santo,” ci sono già in cielo i quattro esseri viventi con sei ali e occhi dentro e fuori. Noi siamo stati creati per servirlo e adorarlo prima sulla terra. Negli insegnamenti di Gesù e del N.T. il cielo è sempre il premio finale. È il premio finale di chi ha lavorato per lui sulla terra. Il nuovo cantico (Ap. 5.10) che Giovanni dice di aver udito canta così “tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato ucciso, e col tuo sangue ci hai comprati a Dio da ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e ci hai fatti re e sacerdoti per il nostro Dio, e regneremo sulla ……. terra”. Il pietismo ha stravolto la nostra concezione di parole come terra promessa, benedizione, eredità, sorte, proiettandoli nella sfera aleatoria di una falsa spiritualità, mentre per la Parola di Dio sono certamente anche promesse che troveranno la  totale realizzazione col ritorno di Gesù,  ma poiché Gowral significa sia sorte che lotto di terra, qui ed ora per il popolo di Dio c’è un legame molto forte tra benedizione, eredità, sorte con la terra, proprio questa terra. La parabola di Gesù del figliol prodigo insegna senza ombra di contestazione che essere col Padre significa possedere qui ed ora. Il possesso della terra come oggetto della promessa del patto è  necessario al popolo di Dio come popolo di vassalli. Quei cristani che sognano solo il cielo non commettono solo un errorino teologico, sono ancora prede del peccato di Adamo che non volle essere vassallo, non accettò la responsabilità di sviluppare la storia sulla terra alla gloria di Dio ma volle essere “come Dio”, cioè vivere subito il cielo. Siamo stati creati per amministrare a tutta la creazione l’amore, la cura, la sollecitudine di Dio. Il popolo di Dio è stato fatto uscire dall’Egitto per avere dominio sulla terra. Un vassallo che avesse rinunciato al dominio sulla terra del suo signore e la avesse abbandonata ai nemici avrebbe causato l’intervento del suo signore a ripristinare l’ordine e a sostituire il vassallo. Questo forse il Signore ha cominciato a farlo e la scure alle radici dell’albero si è già sentita con la caduta di due torri. Gesù ha ogni autorità in cielo e in terra e noi possiamo ancora estendere il Suo dominio proclamando la Sua signoria su tutta la terra. In questo serviamo Dio, questa è la nostra religione intesa come l’esplicazione della fede. Ancora oggi la nostra testimonianza è debole, anzi a volte del tutto inefficace perché non siamo dei veri re e sacerdoti che regnano sulla terra.

Dio impiegò cinque giorni a creare la terra e a prepararla a ricevere l’uomo e un solo giorno a creare l’uomo. E lo trasse dalla terra.  L’uomo non potrebbe vantare molta superiorità sulla terra se Dio non lo avesse costituito amministratore su di essa. Questa è la gowral la sorte dell’uomo. Essere amministratore è la sorte di ogni uomo e donna dell’universo. A causa del peccato l’uomo perse la sua relazione con Dio ma anche quella con la terra e fu scacciato dal paradiso per andare in un mondo ostile. Ma ora, in Giosuè Dio rende operativa l’alleanza, Dio dona di nuovo una terra, la dona in sorte. Giosuè segna l’inizio di un progetto pilota limitato alla Palestina che ha per obbiettivo tutta la terra. Gs.4.24; I Re 8.41-42  La parola “sorte” applicata al dono della terra da parte di Dio ha referenza proprio alla pratica biblica di lasciar fare a Dio la scelta gettando i dadi o delle pietruzze. Dio decide la sorte. La Sua decisione toglieva la questione dalle mani dell’uomo e sottolineava la totale fiducia e abbandono nella predestinazione di Dio. Separando il popolo, che non decide la sua sorte, è egli stesso un aspetto della predestinazione di Dio, separandolo dalla decisione, veniva sottolineato il dono sovrano di Dio. Così le parole parte, porzione, calice, eredità sottolineano le varie prospettive da cui si può considerare il dono della sorte, della terra, eredità per esempio sottolinea il dono della terra dalla prospettiva di Dio Padre e noi tutti primogeniti in X. Il dono della terra visto dalla prospettiva della parola sorte enfatizza ancor di più la predestinazione di Dio alla responsabilità delle varie famiglie del popolo di Dio verso il lotto di terra che donò loro. La loro e nostra porzione e la loro e nostra sorte include l’eredità totale di tutte le cose materiali e spirituali, ma l’associazione di sorte con un lotto, con la terra, rende impossibile la sua separazione dal materiale. Gowral significa dado sorte e significa lotto di terra. E la lingua ebraica le unisce. Proprio come il fatto supremo della storia è l’incarnazione, così il requisito della storia è la materializzazione della nostra sorte. Il popolo della fede deve diventare il popolo della terra, perché “la terra è del Signore e tutto ciò che essa contiene; il mondo e i suoi abitanti” (Sa 24.1). Perciò “I mansueti possederanno la terra e godranno di una grande pace” (Sa 37.11; Mt. 5.5) Dalla caduta nell’eden, e ancor più dal 1789 l’uomo rivoluzionario vuole essere l’artefice del proprio destino e Dio glielo permette fino a lasciarlo andare all’inferno, ma al suo popolo Dio dona la terra e l’autorità di farvi succedere la storia. Il popolo di Dio, accettando con responsabilità e operosità la propria sorte dichiara la sovranità di Dio. Ancora una volta è una dichiarazione di fede vissuta solo se imprendo nella terra, nella sorte che Dio ha voluto per me, solo se imprendo nella mia gowral. Il Signore può decidere se abiterò presso il mare o sulle montagne, in un terreno desertico o presso fonti d’acqua, in aperta campagna o in una città. Il signore può decidere se vivrò in un territorio liberato dai nemici o in uno ancora da liberare. Il Signore decide se vivrò in sicurezza o sempre attorniato da nemici. Se  rilocarmi  o se lasciarmi proprio lì come la tribù di Beniamino. Se darmi una porzione conquistata come a Giuda o farmi aspettare per fede come alle altre tribù. Ma in tutti questi elementi di incertezza vi è una certezza: Il Signore ci ha donato la nostra sorte un pezzo di terra, un vero lotto di terra, un vasto pezzo di terra molto esteso con dentro una città ostile, cosa  ne farò? Voglio esserne re e sacerdote e regnare sulla terra o lasciare che il nemico si “sporchi le mani” e abbia il dominio mentre io medito sulle cose in cielo?

2 LA TERRA COME DONO

GIOSUE’ 15.1 : “SECONDO LE LORO FAMIGLIE”  31 volte in Gs.

La storia di Caleb e l’adozione

A me sono stati affidati i cap. 13-22. Trovo però  necessario puntualizzare ciò che accade al capitolo 12 e che viene così puntigliosamente riportato. L’elenco dei re vinti. Il Melek di Gerico, uno. Il melek di Ai, uno. Ecc. La parola tradotta re nell’A.T. è Melek o Molek . Il melek o molek nei popoli pagani è dio incarnato nella persona del re. È un  dio assoluto tale da poter richiedere il sacrificio assoluto. Il sacrificio dei  figli. L’adorazione di molok è proibita in Lev 18.21, 20.2-5. l’adorazione di Molok divinizza il re e lo rende per l’uomo il dio visibile. La spartizione della terra comincerà  dopo la sconfitta dei melek nemici e sarà senza melek.   Leggendo Gs mi sorprendeva il fatto che in questo libro le due istituzioni centrali del regno di Dio, la chiesa e lo stato sembrano rimanere sullo sfondo, come sfumati. La storia nella terra promessa comincia con un ordinamento sociale molto leggero e decentralizzato e mette in evidenza l’individuo e la famiglia. Il libro di Gs mette in evidenza che qualsiasi ordine sociale sotto Dio necessita di individui e famiglie obbedienti e maturi. Per comprendere il significato di famiglia secondo questo libro farò due citazioni: a) Gs. 7.17-18. Ciò che noi chiamiamo famiglia è qui chiamato casa, una famiglia è formata da varie case o famiglie domestiche. b)  La seconda citazione viene da un noto sociologo che ha definito le tre possibilità di essere della famiglia. 1) la famiglia in amministrazione fiduciaria, 2) la famiglia domestica, 3) la famiglia atomistica. La famiglia in amministrazione fiduciaria ha autorità centrale, è il potere basilare nella società e ne decreta l’istituzione. La famiglia in amministrazione considera la propria terra, i suoi possedimenti e le sue opere come una eredità dal passato che deve essere trasmessa la futuro. La ricchezza della famiglia quindi non è per uso privato ma  per la continuazione e lo sviluppo della vita della famiglia.

La famiglia domestica (domus, casa) rappresenta un indebolimento dei poteri della famiglia, con lo stato a guadagnarci (tasse di successione, dipendenza dal welfare ecc.) La famiglia domestica è la transizione verso la famiglia atomizzata, dove lo stato totalitario, Melek, è la vita ed il potere, l’erede principale e controllore dell’eredità, e la fonte di direzione e guida per la società.

Per 29 volte in questo libro si ripete che la terra fu assegnata secondo le loro famiglie. Dio dona la terra alle famiglie e nella Sua legge tutela la famiglia nel suo possedere la terra, le da un lotto di terreno inalienabile. Se per qualche motivo lo perdesse al giubileo potrebbe riscattarlo. La legge non permette che una famiglia rimanga per sempre senza la terra.  Lev 25.23 proibisce la vendita della terra. La terra è il dono che ratifica il patto. Dal lavorare la terra il figliolo di Dio trae le risorse per rendere concreta la propria religione: la decima più dei doni per sostenere il culto e la cultura e il diritto dei poveri di racimolare sul suo raccolto. La terra provvede anche il sostentamento per l’anno sabbatico, per il riposo, per il riscatto. Dalla terra provengono dunque le risorse per far avanzare la giustizia. Il capo famiglia non considera la terra sotto il punto di vista economico, ma come dono, sorte ricevuta da Dio da trattare bene e da trasmettere ai figli. La terra è il campo della religione, è la nostra sorte, e la sorte non è mai una questione economica. Per questo Naboth inorridisce di fronte all’offerta di Achab. I Re 21.2 Achab non vuole rubare la vigna a Naboth. Gli offre in cambio una vigna migliore, o l’equivalente in danaro, cioè di più del suo valore commerciale. Ma la sorte di Naboth non è una questione economica, non può essere ceduta o scambiata perché la sorte è l’interezza della vita sotto Dio per Naboth e per la sua progenie in futuro. La famiglia sotto Dio lo serve lì, nella terra dove Dio l’ha posta. La famiglia non può rimanere senza terra. Nel piano di Dio la famiglia controlla le tre cose più importanti nella società: i figli, la proprietà, l’eredità. Se lo volete notare è proprio su queste tre cose che anche lo stato moderno, melek sta affermando il suo controllo. Sui figli, con la scuola e la sanità, vaccinazioni ecc.; sulla proprietà con una forte tassazione; sull’eredità con la tassazione e l’obbligo all’equità nell’eredità. Così oggi non ci sono più famiglie ma solo case e anche queste sono destinate all’eliminazione in favore della famiglia atomizzata nella quale spesso ereditare è una disgrazia perché non si hanno le risorse per pagarne i costi.

Vediamo ora il racconto biblico di una famiglia “tipo” cui fu allottata la terra. La famiglia di Caleb. Ho deciso di puntare su questo racconto quando alcuni venerdì fa notai che lo Spirito Santo continua a suggerire dei paralleli tra Gs e Atti. Il parallelo è tra l’apostolo Paolo e Caleb. Entambi dichiarano il proprio modo di vivere davanti a Dio usando un idioma Ebraico che significa fare tutta la volontà di Dio, l’idioma è : “andare e venire”, Caleb lo dice 14.11 Paolo Atti 20.25 Ciò che Paolo fece ad Efeso ed ebbe ripercussioni in tutta l’Asia Caleb lo fece nella zona di Hebron ed ebbe ripercussioni in tutta Israele.  Ma veniamo alla storia.

GIOSUE’ 15. 13-19

Caleb, uno dei grandi uomini d’Israele richiese come ricompensa non un lotto di terra già conquistata ma una porzione ancora da conquistare. Certamente non il lotto migliore visto che vi abitavano gli Anakim, i giganti (14.12). Cercando di sottomettersi quel territorio una porzione rimase ancora da conquistare. Caleb offerse in matrimonio la propria figlia Aksah al capitano del suo clan che avesse conquistato Debir. Alla mente moderna questo risulta altamente offensivo. Ancor più offensivo sembra anche a molti Xani l’atteggiamento “non spirituale” di Aksah che culminò con l’aggiunta di terreno al proprio marito. Un atteggiamento di concupiscenza ed egoismo.

Ma guardiamo al testo per quello che dice. Primo Caleb offrì sua figlia come premio al conquistatore di Debir. Era sbagliato? Dal punto di vista moderno, romantico sicuramente si. Le Scritture però non ci vedono niente di male. Torneremo su questo argomento più tardi ma per il momento è sufficiente notare che gli uomini intorno a Caleb erano uomini di fede, coraggio e iniziativa. Che famiglia fratelli. Come Caleb non si accontentavano delle vittorie passate ma avevano un occhio al futuro e al rovesciamento dei nemici esistenti. “Se l’eterno sarà con me io li scaccerò” 14.12 La fede di Caleb era anche la loro fede. Non solo sembrerebbe che Aksah fosse un premio che meritava il rischio della vita ma tutti i giovani uomini coinvolti nella battaglia sarebbero stati mariti più che degni, ed erano tutti uomini di fede. Aksah ebbe un futuro privilegiato, un vero leader di uomini per marito.

Secondo, Il desiderio per dei possedimenti non è in se stesso cattivo ed è infatti buono se i nostri motivi sono santi e lo scopo è quello di estendere il dominio sotto Dio. Quando Aksah domandò a suo marito Othniel di chiedere un campo non fece niente di male, piuttosto del bene. Un comandante di uomini merita una posizione d’autorità, e Othniel si era guadagnato davvero un  premio eccezionale.

Terzo, poiché la terra aveva bisogno d’acqua Aksah andò oltre. Ella stessa chiese a suo padre una fonte come dono ulteriore per aggiungere valore al territorio che era in zona arida. Caleb, uomo di Dio diede Aksah ad Othniel, a Othniel la terra e diede ad Aksah le fonti senza nessuna esitazione come premio dovuto.

Quarto, e più importante, non possiamo comprendere questo testo e la Bibbia senza riconoscere l’importanza delle parole di Aksah: “dammi una benedizione” Il concetto di benedizione  maledizione è centrale nelle Scritture La benedizione include salute, lunga vita, abbondante progenie, ricchezze, onore e vittoria. Ne consegue che maledizione significa malattia e morte, sterilità nelle persone e nel bestiame, perdita del raccolto, povertà, sconfitta e disonore. Ovviamente Dio solo può benedire, la benedizione per l’uomo è una preghiera.  Ma la benedizione viene anche associata con eredità come testimonia Genesi 27. Perciò, quando Aksah dichiara “dammi una benedizione” sta chiaramente chiedendo una eredità. Ella aveva portato alla casa del proprio padre un uomo di valore e un buon capitano e come tale sentiva che lei e Othniel meritavano una eredità importante e una benedizione. Caleb naturalmente fu d’accordo e la presenza di questo racconto nelle Scritture è significativo. Le scritture non lo criticano ma lo pongono nel contesto di un atto eroico e meritorio. Molto chiaramente le Scritture ci insegnano che quando lo meritiamo abbiamo il diritto di chiedere una buona eredità sia dagli uomini che da Dio. Siamo salvati per grazia e ricompensati secondo le opere e le nostre opere richiamano la benedizione. Calvino e altri commentatori vedono Aksah diminuire l’eredità dei propri fratelli. Caleb conosceva la propria famiglia meglio di Calvino o di noi e Caleb non fu affatto riluttante ad aumentare le proprietà di Othniel e di Aksah. Egli comprese che essi meritavano una benedizione maggiore e usò la loro richiesta per dar loro un’eredità. Sembra che abbia dato ad Aksah più fonti di quante ella non ne avesse chieste. Stava benedicendo quelli che meritavano di essere benedetti. Il legame tra benedizione ed eredità è evidente non solo nell’A.T. ma anche nelle beatitudini Mt 5

Tornando ad Aksah, quando chiese a suo padre: “dammi una benedizione” chiese un’eredità. È sbagliato portare il nostro modo di pensare dentro alla  mentalità di quel periodo. Aksah non si sentì turbata o infelice per essere il premio per una battaglia. Anzi ella fu altamente onorata e il più abile di un gruppo di uomini di Dio era ora suo marito. Aksah aveva ricevuto una posizione di onore e di gloria dal proprio padre. A Caleb veniva chiesto di fare di Othniel e dei suoi figli degli eredi, cioè di considerare Othniel un figlio e non solo un genero. Il primo passo fu fatto quando Othniel chiese e ricevette un campo. Il secondo e decisivo passo fu fatto da Aksah. Il campo poteva essere considerato come un premio addizionale per la sua vittoria, ma quando Aksah fece la richiesta della fonte introducendola con le parole “Dammi una benedizione” stava chiedendo di più che un premio per la battaglia, stava chiedendo che lei e Othniel ottenessero lo status di eredi di Caleb. Caleb fu chiaramente molto felice con questa richiesta e generosamente la concedette. Caleb, come leader di uomini, riconobbe in Othniel un leader di uomini e lo fece suo erede. È interessante notare che questo piccolo episodio è abbastanza importante nelle Scrittura da essere ripetuto. Infatti in Gdc 1.11-15 troviamo la stessa storia e Giudici 3.8-11 dice che Otniel divenne il primo giudice di Israele e liberò la nazione dal re di Mesopotamia. Gdc 3.9 lo chiama “liberatore” o “salvatore” d’Israele suscitato dall’Eterno. La fiducia accordata a Othniel da Caleb fu dunque ben ripagata.

Questa storia fa notare un aspetto della legge che spesso si ignora. Normalmente prevaleva la primogenitura. Il primo nato riceveva una doppia porzione della proprietà, assumeva una doppia porzione dei debiti e si assumeva la cura dei vecchi genitori. Dt 21.16-17 Eredità significa successione. Nm 27.8-11 La successione non poteva essere negata al primogenito se era nella fede Dt 21 15-17 ma al figlio ribelle veniva tolta la protezione della famiglia 21.18-21 Doveva essere tagliato via, sradicato.

La Bibbia è interessata alla successione, alla continuità.  La successione in gran parte della  storia ha avuto una caratteristica reazionaria, nel fatto che è governata dal sangue piuttosto che dalla fede. La successione del sangue ha invitato la rivoluzione perché la sostituzione di un potere stupido e arroccato è sempre stata considerata impossibile senza violenza. L’enfasi Biblica nella successione della fede significa che Caleb può considerare Aksah e Othniel i suoi migliori eredi e rafforzarli. Othniel divenne giudice o governatore d’Israele. L’eredità data ad  Othniel da Caleb non significò solamente la benedizione di Aksah e Othniel. Ma tutto Israele fu benedetto. L’eredità permise ad Othniel di formare un forte clan che generazioni più tardi provvide il re Davide una divisione di soldati di 24000 uomini ( I Cr. 27.15)

Il concetto di successione è molto vicina a quello della famiglia. Un termine ebraico per la famiglia  è bet av, la casa del padre. Fondare una famiglia si chiamava anche costruire una casa (Neh 7.4) come risultato, quando Caleb e Aksah pensarono riguardo al matrimonio, nessuno dei due pensò in termini individualistici o di sentimenti romantici. La  famiglia era per loro un investimento per il futuro, significava costruire per oggi e per domani, noi diremo “avevano un progetto”. Perciò una vera successione significò un erede ben piantato nella fede e l’adozione fu usata per assicurare la successione. Rigettare l’idea di adozione e di successione era scegliere la maledizione, era preferire di essere sradicati, tagliati via. Perfino uomini con figli si rivolsero all’adozione come mezzo per proteggere una sana successione. Giacobbe disgustato dei suoi figli adottò i suoi nipoti Manasse ed Efraim come suoi figli. Caleb stesso sembrerebbe un caso di adozione. Abbiamo due genealogie per lui, una lo fa discendente di Perets, figlio di Giuda (Nm 13.6) l’altra un Kenizzeo quindi in relazione ad Esaù. (Gn 36.11,15,42) o ad un antico popolo di quella terra (Gn 15.19). Dio stesso per assicurare la successione del suo regno parla di adottare Salomone per mezzo della sua grazia. (II Sam 7.14)

L’adozione era perciò un concetto familiare per Caleb, nel fatto che egli, un tempo fuori dal popolo, divenne un capo e un rappresentante di Giuda. Nell’adottare Othniel egli si stava muovendo nei termini del principio per cui egli stesso era stato scelto.

La famiglia era quindi interessata ad una sana successione. Questo significava un’enfasi sulla purezza della fede prima che di eredità genetica.

Il concetto del mondo e della vita di Caleb e di Aksah è molto diverso da quello di oggi. Nella prospettiva biblica l’uno e il molteplice hanno eguale importanza ed entrambi sono subordinati a Dio l’assoluto Uno e Molteplice.

Nella prospettiva moderna viene enfatizzato l’individuo atomizzato.  Nella vecchia Cina il sistema della famiglia negava l’individuo in favore della famiglia. Nel mondo moderno, il concetto romantico dell’amore nega la famiglia in favore dell’individuo. Nella prospettiva biblica, ne l’individuo ne il gruppo sono prioritari, Dio è prioritario, e l’individuo ed il gruppo hanno il loro posto come aspetti dell’ordine di Dio. Nella Bibbia il concetto di famiglia di sangue è importante ma al concetto di una sana successione viene data la priorità. La Bibbia fa dell’adozione una dottrina centrale della fede e soppianta la successione del sangue dall’inizio alla fine con successioni nella fede. La vera successione apostolica è da intendersi allo stesso modo.

La settimana scorsa abbiamo sottolineato l’importanza della sorte. In che modo viene data la terra?

Tirando a sorte!

Chi ricorda quando nella bibbia si tirò a sorte per l’ultima volta?   L’ultima volta fu in Atti 1.26 quando le pietruzze furono usate per rimpiazzare Giuda con Mattia per riportare il numero degli apostoli a dodici. Perché erano necessari dodici apostoli? Perché l’uso simbolico di questo numero? A fianco degli apostoli altri funzionarono egualmente bene ed abilmente come proclamatori del Vangelo. Infatti parecchi sono conosciuti per il loro ministero più di molti degli apostoli: Paolo, Sila, Barnaba, Timoteo, Tito ed altri. Perché ai dodici veniva reputato uno statuto speciale? La risposta è che i dodici apostoli rappresentano i veri successori dei dodici figli di Giacobbe come il nuovo Israele di Dio. Perciò non ci fu la necessità di mantenere una successione di dodici apostoli, come i dodici figli di Giacobbe, essi rappresentano l’inizio di una nuova nazione, un nuovo regno di re e sacerdoti a Dio (Ap 1.6). Fu perciò imperativo che gli apostoli confrontassero Israele e il mondo come i dodici uomini dell’Israele di X., la cui parte, porzione, la cui sorte era di dividere il mondo per loro eredità, un compito ancora sotto mandato a tutti quelli che sono nella successione della fede apostolica.

I dadi furono dunque usati per l’ultima volta per selezionare il dodicesimo apostolo, Mattia, per indicare che la nuova terra appartiene al popolo del patto rinnovato, popolo che erediterà la terra non i cieli, erediteranno la terra, la loro porzione, la loro sorte e stabiliranno il regno di X. In giustizia e verità.

3 LA TERRA COME DONO

L’esempio di Caleb

GIOSUE’ 14. 6-15; 15. 13-19 ANIMATI DA UN ALTRO SPIRITO

La settimana scorsa abbiamo sottolineato l’importanza della sorte. In che modo viene data la terra?

Tirando a sorte!

Chi ricorda quando nella Bibbia si tirò a sorte per l’ultima volta?   L’ultima volta fu in Atti 1.26 quando le pietruzze le gowral furono usate per rimpiazzare Giuda con Mattia. Perché erano necessari dodici apostoli? Perché l’uso simbolico di questo numero? A fianco degli apostoli, Paolo, Sila, Barnaba, Timoteo, Tito ed altri erano abili a proclamare il Vangelo. Infatti parecchi sono conosciuti per il loro ministero più di molti degli apostoli: Perché i dodici erano speciali? La risposta è che i dodici apostoli rappresentano i veri successori dei dodici figli di Giacobbe come il nuovo Israele di Dio. Perciò non ci fu la necessità di mantenere una successione di dodici apostoli, come i dodici figli di Giacobbe, essi rappresentano l’inizio di una nuova nazione, un nuovo regno di re e sacerdoti a Dio (Ap 1.6). Fu perciò necessario che gli apostoli confrontassero Israele e il mondo come i dodici uomini dell’Israele di X., la cui parte, porzione, la cui sorte era di dividere il mondo per loro eredità, un compito ancora sotto mandato a tutti quelli che sono nella successione della fede apostolica.

I dadi furono dunque usati per l’ultima volta per selezionare il dodicesimo apostolo, Mattia, per indicare che la nuova terra appartiene al popolo del patto rinnovato, popolo che erediterà la terra non i cieli, erediteranno la terra, la loro porzione, la loro sorte e stabiliranno il regno di X. In giustizia e verità. Poi venne la Pentecoste e non si tirarono mai più i dadi. Dopo la pentecoste lo Spirito Santo dimora nei credenti che se “seguono pienamente l’Eterno” come Caleb faranno le scelte giuste. Gli apostoli cominciarono ad entrare aggressivamente nel mondo per sottomettere i principati e le potestà al dominio di X. Paolo non esagerava quando diceva  (Rm 1.8)  che l’evangelo era udito in “tutto il mondo” e probabilmente non intendeva solo il mondo romano; la tradizione racconta che Tommaso abbia fatto due viaggi missionari in Cina e morì in India.

Questo spirito aggressivo per il regno di Dio nel V.T. si trova in Caleb. Ma Caleb nel V.T. è una persona particolare in quanto pur vivendo molti secoli prima della Pentecoste non si tirano i dadi per lui. Egli può scegliersi il proprio lotto. Egli sembra avere questo diritto in base alla promessa di Dio Dt 1.36 “ a lui e ai suoi figli darò la terra che ha calcato, perché ha pienamente seguito l’Eterno” Questa promessa sembra però riferirsi indistintamente a tutta la terra di Canaan.

Credo che Caleb potè scegliere il proprio lotto perché le Scritture vogliono insegnarci che egli era perfettamente in sintonia con il Signore. Nm 14. 24 svela il segreto di Caleb, (leggi) dice che Caleb era animato da un altro spirito.  Caleb era uno dei pochi dell’A.T. nei quali dimorava lo Spirito Santo.

UNO SPIRITO DI FEDE

Caleb era un uomo ormai anziano che aveva vissuto quarant’anni nel deserto aspettando il compimento della promessa del Signore. La sua fede non era venuta meno. Nonostante avesse sopportato una punizione di quarant’anni che lui stesso non aveva meritato, ma che condivise col popolo cui apparteneva, non era divenuto acido con la vecchiaia come molti vecchi che non gioiscono più nei nuovi progetti. Non solo aveva mantenuto alta la sua fede, ma era perfino riuscito a contagiare la sua famiglia con lo stesso spirito di fede in Dio e di prontezza ad affrontare qualsiasi cosa, anche dei giganti con la certezza della vittoria perché Dio lo aveva promesso. L’eterno gli aveva promesso la terra di Canaan in eredità. Ora, 40 anni dopo, aveva attraversato il Giordano gustando appieno la sacralità del passaggio. Il passaggio che offriva la possibilità di vittoria, di trionfo e di riposo. Ma se il passaggio faceva una  forte richiesta di fede esso non fu che l’inizio dei combattimenti per fede. La vittoria, il trionfo ed il riposo richiedevano ulteriori combattimenti, richiedevano che l’amore per il progetto di Dio fosse più forte dell’amore per la propria stessa vita. Spesso a 40 anni questo ha un significato che non ha più a 80. Ma Caleb non è nostalgico “lo stesso vigore che avevo allora ce l’ho anche adesso, tanto per combattere che per andare e venire”. (Atti 20.25) Caleb non si tira indietro. Caleb ha uno spirito di fede, egli vive integramente quei due versetti  del N.T. che sembrano contraddire l’un l’altro. “Beati i miti perché erediteranno la terra”. “Il regno dei cieli è vicino e i violenti se ne impossessano”. Caleb è un “mite violento” sa essere violento per impossessarsi del regno promesso, ma è mite da essere totalmente sottomesso. Egli non chiede per se un pezzo di terra già conquistata ma uno ancora da conquistare, un lotto difficile, nel quale abitavano già persone molto forti. La sua mitezza si vede anche nel fatto che la città più importante del suo lotto di  terra è Hebron ed egli la conquista, ne scaccia i nemici. Più avanti Gs 20 quando Dio sorteggerà Hebron come città rifugio da condividere coi leviti e darà debir ai figli di Aronne (Gs 21.15) e Caleb non protesta, è mite, completamente sottomesso al progetto di Dio. Caleb è stato animato da un altro spirito. Per  essere integramente sottomessi al progetto, per avere una visione ed una azione per la vittoria nel regno di Dio è necessario essere animati da un altro spirito. “Se uno non è nato di nuovo dallo Spirito non può vedere il regno dei cieli”. È necessario essere animati da uno spirito di fede, uno spirito che crede fermamente in Dio anche davanti ai giganti. Uno spirito che crede veramente che Dio toglie la terra a loro e la da me. Se io credo che Dio è potente da salvarmi ma non credo che è potente da darmi la terra, credo veramente in Dio?

UNO SPIRITO DECISO

“Se l’Eterno sarà con me io li scaccerò”. Ci sono due soggetti e due verbi in questa frase. Come deve essere dolce al credente constatare che l’Eterno ha un progetto in cui l’uomo ha qualcosa da fare. L’uomo senza lo Spirito spesso fa molte cose,  grandi sacrifici, opere tremende, contorsioni cerebrali per salvare se stesso ma non trova riposo perché la salvezza è per grazia. Che patetico. Ma ancor più patetico colui che crede di aver ricevuto la salvezza per grazia ma non muove più un dito. Caleb non ha dubbi, sa cosa deve fare. “io li scaccerò”.

  1. uno spirito deciso è uno spirito di non compromesso. Caleb sa che la lotta è tra i falsi dei e il vero Dio e in questa lotta non ci può essere nessun compromesso. Io li scaccerò. Non convivrò con loro. Non pensa Potrei anche non rischiare la mia vita e nascondermi in mezzo a loro cercando di farmi notare il meno possibile. Difenderò i diritti del regno di Dio solo da quelli della mia statura. Lo farò solo se non rischierò il mio posto di lavoro, se mi potrò nascondere dietro ai miei diritti sindacali. Alzerò la voce solo con quelli che non possono farmi del male. Ma i giganti sembra che nessuno possa scacciarli, non rischierò la vita con loro, potrei farmi male. Aspetterò che li cacci Dio. È sempre molto spirituale e marchio di vera fede pregare e aspettare. Se Dio vuole che io prenda il loro posto me lo farà vedere cacciandoli o facendoli morire. Quante volte si vuole vedere Dio senza muovere un dito. Ma come al passaggio del Giordano chi vuole vedere Dio deve mettere i piedi nell’acqua, se voglio vedere Dio devo rischiare tutto sempre. NO! Io li scaccerò, farò subito sentire la mia presenza, dovunque io vado porto il regno di Dio, loro portano il regno dei falsi dei. Non potremo convivere. Io li scaccerò. Mi impossesserò della città e della campagna, del lavoro e del commercio; delle vie di comunicazione e dell’educazione. Già l’educazione, costerà nientemeno che una parte di Hebron, la mia eredità, forse non tutti potranno possedere qui la loro casa ma  avremo i leviti in Hebron, che privilegio, essi educheranno i nostri figli. La lettera agli Ebrei dice che Giosuè non diede il riposo ad Israele ma Caleb è l’unico che lo pregustò 14.15  solo del suo lotto di terra la Scrittura dice “e il paese non ebbe più guerre”.
  2. Uno spirito deciso è uno spirito che non si accontenta di vittorie passate. 15.15 Di la salì contro gli abitanti di Debir. Il Regno è del Signore e il Signore o è Signore di tutto o è Signore di niente. Che la signoria di Dio si possa accontentare solo di alcune sfere della vita, es. della casa e della chiesa è un pensiero che sembra soddisfare i più ma non Caleb. Caleb sapeva che la lotta è tra i falsi dei e il vero Dio. Sono i falsi dei, che poi non sono, ma sono i falsi dei ad accontentarsi di essere signori di una parte della vita o del territorio. Jahweh a Mortise, Asclepio in zona ospedali e ad abano, Venere in discoteca e in tv, Giunone per il matrimonio, Apollo sulla musica, Minerva all’università, Moloc nella scuola. Sono dei giganti. Molti di questi sembrano aver raggiunto anche per molti Xani uno status di autonomia o neutralità. Penso alla musica o alle scienze. Quanti di noi hanno pensato di poter sottomettere queste aree di vita a Dio? Qualche venerdì fa, nel concludere il libro degli Atti, mentre parlava della franchezza di Paolo Marco diceva che spesso noi abbiamo invece pudore a parlare del regno di X, non riuscivo a fare a meno di chiedermi se noi non siamo forse già contenti delle vittorie passate. Mi chiedevo in questi tre anni di sollecitazioni da parte dello Spirito da Gv.-Atti; Giona, Giosuè, quanti di noi in questi tre anni abbiano cominciato ad estendere la conquista ai loro Debir accettando ruoli e compiti nella società con l’intento di portarvi il regno di Dio. Quanti di noi si sono conquistati un uditorio nella scuola tra i genitori o tra i docenti, quanti hanno conquistato un uditorio assumendo  cariche comunali o di quartiere, quanti hanno conquistato delle promozioni sul lavoro che abbiano consentito loro di portare il regno di Dio nelle relazioni di lavoro, quanti si sono liberati e si sono messi ad imprendere, quanti hanno tentato di scrivere per un giornale. O ci accontentiamo di Hebron. Ci accontentiamo di predicarci tra di noi l’Evengelo.  Non ci sono tra noi molti savi, non molti potenti, non molti nobili…. Ma Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti.   Caleb aveva 85 anni, ma era animato da un altro spirito. Il Signore mi ha dato un lotto di terreno e in questo lotto tutto gli deve essere sottoposto. Caleb non si accontenta delle vittorie già ottenute finchè tutto non sia sottoposto al regno di Dio. In questo Caleb è un tipo del X. (I Cor 15.28).

UNO SPIRITO DI ADOZIONE

Caleb è vecchio ma fa progetti per il futuro. Il regno di Dio non finisce con la sua morte. Primo Caleb offrì sua figlia come premio al conquistatore di Debir. notiamo che gli uomini intorno a Caleb erano uomini di fede, coraggio e iniziativa. Come Caleb non si accontentavano delle vittorie passate ma avevano un occhio al futuro e al rovesciamento dei nemici esistenti. “Se l’eterno sarà con me io li scaccerò” 14.12 La fede di Caleb era anche la loro fede. Non solo sembrerebbe che Aksah fosse un premio che meritava il rischio della vita ma tutti i giovani uomini coinvolti nella battaglia sarebbero stati mariti più che degni, ed erano tutti uomini di fede. Aksah ebbe un futuro privilegiato, un vero leader di uomini per marito.

Secondo, Il desiderio di possedere la terra non è in se stesso cattivo ed è infatti buono se i nostri motivi sono santi e lo scopo è quello di estendere il dominio sotto Dio. Aksah domandò a suo marito Othniel di chiedere un campo perché un comandante di uomini merita una posizione d’autorità, e Othniel si era guadagnato davvero un  premio eccezionale.

Terzo, poiché la terra aveva bisogno d’acqua Aksah andò oltre. Ella stessa chiese a suo padre una fonte come dono ulteriore per aggiungere valore al territorio che era in zona arida. Caleb, uomo di Dio acconsentì senza nessuna esitazione.

Quarto, e più importante, non possiamo comprendere questo testo e la Bibbia senza riconoscere l’importanza delle parole di Aksah: “dammi una benedizione”. Solo Dio può benedire.  Ma  Genesi 27 insegna che benedizione significa anche eredità . Perciò, quando Aksah chiede “dammi una benedizione” sta chiaramente chiedendo una eredità. Ella aveva portato alla casa del proprio padre un uomo di valore e un buon capitano e come tale sentiva che lei e Othniel meritavano una eredità importante e una benedizione. Caleb naturalmente fu d’accordo e la presenza di questo racconto nelle Scritture è significativo. Le scritture non lo criticano ma lo pongono nel contesto di un atto eroico e meritorio. Siamo salvati per grazia e ricompensati secondo le opere e le nostre opere richiamano la benedizione.  Caleb conosceva la propria famiglia non fu affatto riluttante ad aumentare le proprietà di Othniel e di Aksah con una porzione da primogenito. Egli comprese che essi meritavano una benedizione maggiore e usò la loro richiesta per dar loro un’eredità. Sembra che abbia dato ad Aksah più fonti di quante ella non ne avesse chieste. Tornando ad Aksah, quando chiese a suo padre: “dammi una benedizione” chiese un’eredità. Aksah non si sentì turbata o infelice per essere il premio per una battaglia. Anzi ella fu altamente onorata e il più abile di un gruppo di uomini di Dio era ora suo marito. Aksah aveva ricevuto una posizione di onore e di gloria dal proprio padre. Aksah non credeva nell’amore romantico (farfalline nello stomaco) fare famiglia significava costruire per oggi e per domani, noi diremo “aveva un progetto”. Aksah credeva che una famiglia non è finalizzata a sentire delle emozioni oggi ma è un progetto per il futuro. Chiedendo una benedizione chiese a suo padre di fare di Othniel e dei suoi figli degli eredi, cioè di considerare Othniel un figlio e non solo un genero. Il primo passo fu fatto quando Othniel chiese e ricevette un campo. Il secondo e decisivo passo fu fatto da Aksah. Il campo poteva essere considerato come un premio addizionale per la sua vittoria, ma quando Aksah fece la richiesta della fonte introducendola con le parole “Dammi una benedizione” stava chiedendo di più che un premio per la battaglia, stava chiedendo che lei e Othniel ottenessero lo statuto di eredi di Caleb. Caleb fu chiaramente molto felice con questa richiesta e generosamente la concedette. Caleb, come leader di uomini, riconobbe in Othniel un leader di uomini e lo adottò come suo erede. È interessante notare che questo piccolo episodio è abbastanza importante nelle Scritture da essere ripetuto in Gdc 1.11-15 e Giudici 3.8-11 dice che Otniel divenne il primo giudice di Israele e liberò la nazione dal re di Mesopotamia. Gdc 3.9 lo chiama “liberatore” o “salvatore” d’Israele suscitato dall’Eterno. La fiducia accordata a Othniel da Caleb fu dunque ben ripagata.

La Bibbia, il libro che rivela il disegno di Dio, è interessata alla successione, alla continuità.  La successione in gran parte della  storia ha avuto una caratteristica reazionaria, nel fatto che è governata dal sangue piuttosto che dalla fede. La successione del sangue ha invitato la rivoluzione perché la sostituzione di un potere stupido e arroccato è sempre stata considerata impossibile senza violenza. L’enfasi Biblica nella successione della fede significa che Caleb può considerare Aksah e Othniel i suoi migliori eredi e rafforzarli. Othniel divenne giudice o governatore d’Israele. L’eredità data ad  Othniel da Caleb non significò solamente la benedizione di Aksah e Othniel. Ma tutto Israele fu benedetto. L’eredità permise ad Othniel di formare un forte clan che generazioni più tardi provvide il re Davide una divisione di soldati di 24000 uomini ( I Cr. 27.15)

Perciò una vera successione significò un erede ben piantato nella fede e lo spirito di adozione intervenne nella famiglia di Caleb l’adozione fu usata per assicurare la successione.. Perfino uomini con figli si rivolsero all’adozione come mezzo per proteggere una sana successione. Giacobbe disgustato dei suoi figli adottò i suoi nipoti Manasse ed Efraim come suoi figli. Caleb stesso sembrerebbe un caso di adozione. Abbiamo due genealogie per lui, una lo fa discendente di Perets, figlio di Giuda (Nm 13.6) l’altra un Kenizzeo quindi in relazione ad Esaù. (Gn 36.11,15,42) o ad un antico popolo di quella terra (Gn 15.19). L’adozione era perciò un concetto familiare per Caleb, egli stesso, un tempo fuori dal popolo, divenne un capo e un rappresentante di Giuda. In Caleb viveva lo spirito di adozione.  Nell’adottare Othniel egli stava operando  mosso dallo stesso Spirito da Cui egli stesso era stato scelto.

La Bibbia fa dell’adozione una dottrina centrale della fede e soppianta la successione naturale, del sangue con successioni nella fede. La vera successione apostolica, la successione di quelli che possederanno la terra è una successione per fede e per adozione.

Sono animato da un altro spirito? È uno spirito deciso, non compromissorio e non soddisfatto con le vittorie passate? È uno spirito di adozione? Sono io adottato in questa famiglia? Chi voglio favorire con i beni che Dio mi affida? Favorisco i figli nella fede nel possedere la terra al di la del legame del sangue?


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