RISORSE:

È domenica mattina

È domenica mattina. Il mondo va a rotoli. La società tutta vive tempi a dir poco turbolenti e confusi. Le vecchie certezze iniziano a mancare una dopo l’altra.

In tutto questo insopportabile caos vi sono però anche risvolti molto incoraggianti: rinfranca, infatti, vedere i liberi e valenti uomini di Dio impegnati sempre più in frenetiche sedute; dappertutto intenti a parlamentare e giudicare intorno alle pressanti questioni imposte dall’attualità: il virus, la crisi economico-finanziaria, le bilance truccate, la scuola, l’agricoltura, il lavoro, le filiere produttive e di approvvigionamento delle risorse, l’abominio dell’aborto, il genderismo dilagante, la guerra, la tirannide che avanza e così via.[1]

Il popolo di Dio inizia forse a lasciarsi alle spalle il torpore del passato, l‘escapismo e il defetismo dell‘ultimo secolo e mezzo? Che bella sberla che è stato allora il COVID: come se assestata da Dio stesso a quelli di casa Sua!

È chiaro, l’assemblea dei santi, l’ecclesia, sollecitata e sfidata dal “tumultuare delle nazioni” (Sal. 2), ha dovuto per ovvie ragioni ridurre o trascurare lo spropositato impegno rivolto alle tipiche pratiche rituali e liturgiche della chiesa-tempio.[2] Le vecchie strutture e routine sono state sparigliate.

Certo, i culti e le folkloristiche sessioni di lode, le prediche a carattere edificante della domenica e le agapi stereotipate in belle (ma costose) strutture sembrano ancora mancare ad alcuni. Ma diciamoci la verità: si erano rivelate piuttosto sterili e anacronistiche; a malapena utili a curare determinati patemi personali dei salvati, ma non di certo a redimerne e riscattare vittoriosamente tutta la loro anima nell’interezza della vita. E comunque il “vino nuovo bisogna metterlo in otri nuovi”. I pochi nostalgici se ne faranno presto una ragione. I più, invece, grazie a Dio, sentono l’impellenza di ridarsi in maniera intensa all’investigazione e all’approfondimento dell’intero consiglio divino, della Costituzione del Regno dei Cieli: tutti sentono l’urgenza di trovare finalmente risposte e ricette morali, politiche e pratiche ai problemi che attanagliano in modo grave il popolo nella (abominevole) “nuova normalità”.

Che i santi si stiano per destare ed equipaggiare nuovamente per la battaglia? Troppo terreno era stato inspiegabilmente perso o direttamente ceduto al nemico.

L’ecclesia e i suoi saggi anziani – tali adesso perché evidentemente sempre più capaci di “giudicare le cose di questa vita!” (1 Cor. 6:4) – sembrano seriamente determinati, per il tramite della parola-legge – unico riconosciuto standard etico, finalmente nel ridare visione ad un popolo il quale era disgraziatamente da troppo tempo “senza freno” (Pro. 29:18): il governo civile, la famiglia e le corporazioni professionali tutte godranno presto nuovamente dei servigi di una ecclesia che, con riscoperta autorità biblica, inizia nuovamente a profetizzare, ammonire ed ammaestrare (Matteo 28:20).

Che al pietismo evangelicale, ammalatosi di COVID, sia stata somministrata una bella Tachipirina®️ e adesso stia in attesa di stramazzare isolato in qualche bella chiesetta-lazzaretto certificata da Cesare?

Che dire. L’attuale stagione pandemica è sì una vera e propria doccia fredda per tutti i cristiani; alla fine però pare seguirne un brusco ma meraviglioso “risveglio” dei chiamati fuori.

I santi, infatti, sembrano aver saputo riscoprire di dover servire e portare la buona novella alle nazioni nel contesto di un Regno divino (come avevano potuto scordarlo!), tentando, quindi, al grido di “Gesù è il Signore!”, di combattere e abbattere il bestiale Stato usurpatore, autoproclamatosi Dio in terra. Una gente “sale e luce” è intenta adesso alla ri-costruzione di un ordine sociale profetico contro-rivoluzionario strutturato secondo il patto di grazia – un vero modello di società, così come inteso da Dio per l’umanità, concreto e funzionante (corti giudiziarie, ospedali, scuole, fabbriche, cooperative agricole ed alimentari, casse malattia, ecc.), una splendente “città sul monte”, per trarre a gelosia e curiosità le genti di un mondo totalmente diabolico e disfunzionale (Deut. 4:6). Rieccolo, finalmente, il fiero popolo di Dio che, esaminate la Legge e le Scritture, ha cominciato ad individuare i propri errori: è commovente vedere cristiani “assembrarsi” (in barba ai divieti) per pentirsene, formulare le proprio sentenze contro il male e porgere petizioni e suppliche di intervento presso il Padre, incoraggiandosi ed aiutandosi vicendevolmente nel bisogno. Anche i salmi vengono cantati di nuovo. Tutti. Compresi quelli imprecatori.[3]

Stupendo – emozionante!

La plan-demia in fin dei conti ha fatto sì che il cristianesimo, da fornitore di scialuppe di salvataggio per il cielo[4] – quale era sciaguratamente diventato negli ultimi tempi – si riscoprisse produttore di micidiali galee da guerra per una cristianità trionfante. La coscienza e l’identità cristiana va pian pianino ristabilendosi un po‘ dappertutto, ma chiaramente ci sarà ancora molto da combattere, soffrire e… festeggiare. Finalmente!


Scusatemi. Come ho detto, è domenica mattina. Mi son svegliato da poco. Dev’essersi trattato evidentemente di… un sogno!

Ricevo e leggo adesso la solita e-mail pre culto della mia comunità locale: “Si prega gentilmente di…

  • confermare la propria intenzione di frequentazione del servizio di culto;
  • essere muniti di mascherina FFP2 e dirigersi celermente al posto assegnato;
  • osservare il distanziamento di 1,5 m;
  • cantare solamente quando tutte le finestre saranno spalancate;
  • evitare, dopo il culto, di sostare con la fratellanza in ambienti chiusi;
  • rispettare l’avviso – come formulato dagli anziani – di evitare discussioni polemiche circa l’attualità e le misure pandemiche del nostro governo (l’unità armoniosa, in chiesa come nella società, è da preservarsi ad ogni costo!);

Il messaggio è alla fine corredato da tutti gli aggiornamenti delle direttive igienico-sanitarie di papà Stato, in ossequio delle quali la chiesa si piega al fine di „salvare“ il culto e l’adorazione.[5] Per tutto il resto c’è ZOOM!

Beh, che dire. Il pietismo della chiesa pare immune al coronavirus. Non stramazzerà tanto facilmente come nel sogno; anzi pare che stia in ottima salute e abbia, in qualche modo, tratto addirittura nuova linfa dalla crisi degli ultimi anni.

Evidentemente tra virus si solidarizza e ci si rinforza!

Il pietismo, e con esso lo statismo che ne deriva, continua oggi più che mai a sentirsi a proprio agio sul pulpito e tra i banchi.[6] Gli occhi dei più rimangono ammaliati in direzione dell’altare. Un trono, a dire il vero, non manca; ma è quello di Cesare, non certo quello di Cristo Re.[7] Per Gesù rimane un posticino nel cuore – bontà nostra![8]

I risultati di ciò li si vedono poi in piazza, dopo il culto – magari durante la passeggiatina domenicale, tra mille zombie mascherati.

Buona domenica a tutti – buon giorno del Signore.

Andrà tutto bene!

(Luca Francione, 14/11/2021)


[1]Rushdoony a tal proposito afferma: “È triste che i cristiani abbiano dimenticato il significato della parola chiesa nel Nuovo Testamento. Si traduce “ecclesia”, una parola insolita che significava allora città o consiglio o governo di una zona. Ciò significa che la chiesa è stata chiamata ad esistere per diventare, nel tempo, il vero organo di governo di una determinata area. Non doveva raggiungere questa posizione attraverso una rivoluzione o un’attività politica, ma attraverso l’obbedienza alla legge di Dio. Di conseguenza, molto presto Paolo ha invitato la Chiesa a creare i propri tribunali per giudicare tutti i problemi per mezzo della legge di Dio (1 Cor. 6). In base a questa legge, Paolo invita i cristiani a dare generosamente per assistere i bisognosi. La Chiesa primitiva era caratterizzata da una serie di attività: giustizia, carità, istruzione, sanità e altro ancora. La Chiesa era un impero nell’impero, che provvedeva al governo di un numero crescente di persone. Nel culto ci si rafforzava: lì veniva inviato un popolo con l’ordine di marcia al fine di fare tutte le nazioni discepoli di Cristo (Matteo 28:18-20). La Chiesa è un Regno il cui monarca è il Re Gesù Cristo. Ha un piano per la conquista pacifica di tutte le cose e per la rigenerazione degli uomini caduti. Invece di ostilità verso gli uomini e le nazioni, nel nome di Cristo offriamo la pace.” (da Faith and Action: The Collected Articles of R. J. Rushdoony from the Chalcedon Report, 1965-2004, III Vol., aprile 1996);

[2] https://www.recontavern.com/churches-we-are-not-mini-temples/

[3] https://www.tempodiriforma.it/tdr2005/etica/hatred.htm

[4] Dwight L. Moody una volta ebbe a dire: “Considero questo mondo come una nave naufragata. Dio mi ha dato una scialuppa di salvataggio e ha detto: «Moody, salva tutto quello che puoi!»”.

[5] Solitamente, in ambito evangelico, con l’espressione “culto di adorazione” si intende l’atto di frequentare le funzioni domenicali, cantando inni spirituali, ascoltando sermoni, ricevendo i sacramenti, ecc. Interessante, però, osservare come l’inglese worship sia in realtà una contrazione verbale dell’antico inglese worthship, che starebbe per “figura degna di rispetto”, quindi un Signore o un Re; insomma, qualcuno degno davanti al quale inchinarsi (in sottomissione). In ebraico e in greco, le parole tradotte “adorare” significano chiaramente 1. lavoro umile; servizio (habad in ebraico; latreuo in greco) 2. prostrarsi e umiliarsi davanti a un padrone o, comunque, ad un notabile (shachah in ebraico; proskuneo in greco). Ha poca o nessuna relazione con il modo in cui viene usato nelle chiese. Non è correlato a discorsi espositivi eloquenti, intrattenimento con sessioni di lode (musica e canto) complesse o incontri liturgici di altra forma occorrenti in giorni speciali della settimana. Piuttosto, è sincero rispetto e dipendenza globale da un Dio Onnipotente. Da ciò ne deriva che il vero culto cristiano (lavoro e timore/riverenza) non può essere adempiuto primariamente in chiesa cantando (nonostante questa forma possa comunque essere importante). Deve essere fatto quotidianamente a casa, nelle famiglie, nelle comunità (cristiane e civili), nei mercati, sul posto di lavoro, nel pensare, nel fare e nel parlare tutto. Se non si offre questo tipo di adorazione a Dio, globale e universale, che coinvolga il tutto dell’uomo, allora purtroppo si finirà per adorare in automatico (e senza che ne si sia coscienti) falsi dei nella vita di tutti i giorni. Lo standard etico divino, l’obbedienza alla legge di Dio ha da governare e dirigere la nostra adorazione. (Cfr. Tom Wadsworth in https://www.youtube.com/watch?v=33iz753vK-w – comprese le seguenti sei video-lezioni facenti parte della serie);

[6] https://www.cristoregna.it/libri/ammaestrare-le-nazioni/7-perche-il-pietismo-conduce-alla-mondanita/

[7] Altare vs. Trono: a proposito di questa tensione, tipica dell’evangelicalismo moderno, e delle cattive implicazioni da essa derivanti, Rushdoony ci ricorda quanto segue – “È una fede monca e difettosa quella che si ferma all’altare. L’altare significa redenzione. Offre al credente quindi la rinascita. Ma rinascita per cosa? Senza la dimensione della legge, alla vita viene precluso il senso e lo scopo della rinascita. Non sorprende allora che la fede imperniata sull’altare si fissi sul cielo e sul rapimento piuttosto che su Dio. Cerca una fuga dal mondo piuttosto che l’adempimento della chiamata e della parola legge di Dio nel mondo. Non ha conoscenza del trono.” (R. J. Rushdoony, tratto da Le Istituzioni della egge biblica);

[8] “Da Agostino a Kuyper, da Lutero a Barth, gli espositori hanno troppo spesso limitato la promessa di vittoria alla chiesa istituzionale, o ancor peggio, al cuore dell’uomo solamente. Dov’è il cuore di un uomo, là sarà anche il suo regno. Se la sua speranza di vittoria è limitata al suo cuore, allora la sua preoccupazione sarà drasticamente ridotta. Si preoccuperà del suo cuore; quindi della sua posizione personale davanti a Dio, della sua santificazione e della sua relazione con la chiesa in quanto istituzione. Sarà molto meno preoccupato per quel che concerne l’esercizio dell’autorità disciplinata nel cosiddetto regno secolare. Dal punto di vista psicologico è difficile condurre guerra su un campo di battaglia che per definizione appartiene al nemico. Un esercito che manca di fiducia viene sconfitto prim’ancora di scendere in campo. Ecco perché Dio ordinò a Gedeone di annunciare agli israeliti: «Chiunque ha paura e trema, torni indietro e si allontani dal monte Galaad».” (Giudici 7:3). (Gary North, tratto da Backward, Christian Soldiers).


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